Magistratura democratica
giurisprudenza di legittimità

Il “ritorno a casa” delle controversie sul sostegno scolastico

di Alfonso Amoroso
avvocato in Roma
La sentenza n. 25011 del 2014 delle Sezioni unite della Cassazione ha fatto chiarezza sulla questione dell’integrazione scolastica degli alunni diversamente abil
Il “ritorno a casa” delle controversie sul sostegno scolastico

1. La sentenza n. 25011 del 2014 della Cassazione a Sezioni unite (pres. Rovelli, rel. Giusti) ha riordinato e fatto chiarezza sull’annosa questione dell’integrazione scolastica degli alunni diversamente abili. La S.C., ribaltando due precedenti decisioni della stessa Cassazione, ha ristabilito il principio che per l’attribuzione di un maggior numero di ore di insegnamento di sostegno il Giudice naturale non è il Giudice amministrativo bensì il Giudice ordinario, andando a confermare la conclusione delle prime sentenze emesse dai Tribunali ordinari.

1.1.- E’ opportuno ripercorrere l’iter motivazionale di questa sentenza:

Occorre premettere che il diritto all'istruzione è parte integrante del riconoscimento e della garanzia dei diritti dei disabili, per il conseguimento di quella pari dignità sociale che consente il pieno sviluppo e l'inclusione della persona umana con disabilità.

Il diritto all'istruzione dei disabili è oggetto di specifica tutela da parte sia dell'ordinamento internazionale che di quello europeo ed interno.

A livello internazionale viene in rilievo la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, resa esecutiva con la legge di autorizzazione alla ratifica 3 marzo 2009, n. 18. L'art. 24 della Convenzione pone a carico degli Stati il compito di dar vita ad un sistema educativo che preveda la loro integrazione scolastica a tutti i livelli e offra, nel corso dell'intera vita, possibilità di istruzione finalizzate: al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell'autostima ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità umana; allo sviluppo, da parte delle persone con disabilità, della propria personalità, dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità fisiche e mentali, fino al loro massimo potenziale; a mettere in grado le persone con disabilità di partecipare effettivamente a una società libera. La stessa disposizione (al par. 2, lett. c) prevede che l'intervento dello Stato e delle strutture pubbliche deve mirare alla modificazione del contesto mediante l'abbattimento delle barriere in esso presenti che impediscono l'integrazione del disabile e la predisposizione di accomodamenti ragionevoli, vale a dire di misure pensate per andare incontro alle esigenze individuali del disabile.

A livello europeo, nel quadro dei valori di rispetto della dignità umana e dell'uguaglianza proclamati nell'art. 2 del Trattato sull'Unione Europea, gli artt. 9 e 10 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione definiscono due criteri-obiettivo nella determinazione delle politiche ed azioni dell'Unione: la promozione di un elevato livello di istruzione e la lotta contro ogni tipo di discriminazione, compresa quella fondata sulla disabilità. Il contrasto alle discriminazioni fondate, tra l'altro, sulla disabilità costituisce oggetto della previsione contenuta nel successivo art. 19 del TFUE. La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea prevede che Ogni persona ha diritto all'istruzione (art. 14), che Tutte le persone sono uguali davanti alla legge (art. 20), che E' vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, ... sulla disabilità (art. 21), e che L'Unione riconosce e rispetta il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l'autonomia, l'inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità (art. 26).

A livello interno, il disegno personalista presente nella nostra Costituzione, nel guardare all'individuo nella specificità delle sue condizioni umane e non secondo il paradigma astratto della soggettività, promuove in favore dei soggetti deboli, tra cui le persone con disabilità, un processo di riduzione delle diseguaglianze e dell'integrazione sociale per garantire loro l'effettivo godimento dei diritti fondamentali.

In attuazione dell'art. 34 Cost. e art. 38 Cost., comma 3, - che costituiscono attuazione dei principi fondamentali, di cui agli artt. 2 e 3 Cost., di pari dignità sociale e di eguaglianza sostanziale, con la solidarietà che funge da motore affinchè le differenze di cui ciascuno è portatore non si trasformino in fattori di inferiorità e di esclusione - la L. 5 febbraio 1992, n. 104, all'art. 12, attribuisce al disabile il diritto soggettivo all'educazione ed all'istruzione nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie.

La L. 1 marzo 2006, n. 67 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni), nel promuovere la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali, traccia all'art. 2 una rilevante distinzione tra due possibili forme di violazione di tale parità (la discriminazione diretta, che ricorre quando, per motivi connessi alla disabilità, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata una persona non disabile in situazione analoga; e la discriminazione indiretta, che si ha quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone), e, all'art. 3, affida al giudice ordinario la competenza giurisdizionale avverso gli atti e i comportamenti discriminatori, richiamando (la disciplina dettata dal testo unico delle disposizioni concernenti l'immigrazione e la condizione dello straniero, di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 44 e oggi) le nuove norme sulla tutela antidiscriminatoria previste dal D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 28.

Il diritto all'istruzione dei disabili è dunque ascritto alla categoria dei diritti fondamentali, la cui tutela passa attraverso l'attivarsi della pubblica amministrazione per il suo riconoscimento e la sua garanzia, mediante le doverose misure di integrazione e sostegno atte a rendere possibile ai portatori disabili la frequenza delle scuole, a partire da quella materna. Come ha ricordato la Corte costituzionale (sentenza n. 215 del 1987), "la frequenza scolastica" è, "insieme alle pratiche di cura e riabilitazione ed al proficuo inserimento nella famiglia", "un essenziale fattore di recupero del portatore di handicap e di superamento della sua emarginazione, in un complesso intreccio in cui ciascuno di tali elementi interagisce sull'altro e, se ha evoluzione positiva, può operare in funzione sinergica ai fini del complessivo sviluppo della personalità". E tra le misure di integrazione e sostegno previste dal legislatore onde garantire l'effettività del diritto all'istruzione del disabile vi è la somministrazione delle ore di insegnamento attraverso un docente specializzato: una figura che - assumendo la contitolarità della classe o delle sezioni in cui opera, partecipando a pieno titolo alla programmazione educativa e didattica - è chiamata a compiere la sua attività, non rapportandosi isolatamente con l'alunno disabile, ma a favorirne, in collaborazione con l'insegnante curricolare, l'integrazione con l'intera classe.

La natura fondamentale del diritto all'istruzione del disabile non è di per sè sufficiente a ritenere devolute le controversie che ad esso si riferiscono alla giurisdizione del giudice ordinario, quale giudice naturale dei diritti soggettivi coperti da garanzia costituzionale.

Per un verso, infatti, occorre considerare la presenza nell'ordinamento di una norma - l'art. 133 c.p.a., comma 1, lett. c), - che, in continuità con l'abrogato D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33 attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di pubblici servizi ... relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo.

Per l'altro verso, e più in generale, la categoria dei diritti fondamentali non delimita un'area impenetrabile all'intervento di pubblici poteri autoritativi: questi sono sempre più spesso chiamati, non solo all'assolvimento dei compiti rivolti ad attuare i diritti costituzionalmente garantiti, ma anche ad offrire ad essi una tutela sistemica, nel bilanciamento con le esigenze di funzionalità del servizio pubblico e tenendo conto, ai fini del soddisfacimento dell'interesse generale, del limite delle risorse disponibili secondo le scelte allocative compiute dagli organi competenti.

Sotto questo profilo, la sussistenza di poteri conferiti dalla legge alla pubblica amministrazione anche quando il bene della vita coinvolto è proiezione di un diritto fondamentale, trova conferma sia nel riconoscimento, ad opera della Corte costituzionale, della idoneità del giudice amministrativo "ad offrire piena tutela ai diritti soggettivi, anche costituzionalmente garantiti, coinvolti nell'esercizio della funzione amministrativa" (sentenza n. 140 del 2007); sia nelle previsioni legislative contenute nel codice del processo amministrativo che escludono che la concessione o il diniego della misura cautelare possa essere subordinata a cauzione quando la domanda cautelare attenga a diritti fondamentali della persona o ad altri beni di primario rilievo costituzionale (art. 55), o che, ad esempio, affidano alla giurisdizione esclusiva del giudice speciale le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti della pubblica amministrazione riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere, quand'anche relative a diritti costituzionalmente tutelati (art. 133, comma 1, lett. p) […].

Ai fini del riparto di giurisdizione, occorre piuttosto muovere dalla verifica se, a seguito della redazione conclusiva, da parte dei soggetti pubblici competenti, del piano educativo individualizzato, contenente l'indicazione delle ore di sostegno necessarie ai fini dell'educazione e dell'istruzione, ci si trovi di fronte, in presenza di una situazione di handicap particolarmente grave, ad un diritto, ad essere seguiti da un docente specializzato, già pienamente conformato, nella sua articolazione concreta, rispetto alle specifiche necessità dell'alunno disabile, o se vi sia ancora per la pubblica amministrazione-autorità spazio discrezionale per diversamente modulare da un punto di vista quantitativo (e quindi per ridurre) gli interventi in favore della salvaguardia del diritto all'istruzione dello studente disabile.

2.- Non si può fare a meno di ripercorrere l’evoluzione della giurisprudenza in questa materia.

La prima pronuncia risale al 17.12.2002 quando il Tribunale di Roma (sez. II, giud. Lamorgese) enunciò esplicitamente alcuni principi che si possono ritrovare nella sentenza ultima della Cassazione di cui sopra e più precisamente:

a) L'assegnazione di insegnante specializzato di sostegno al bambino disabile che frequenta la scuola materna costituisce un diritto riconosciuto dall'art. 13, comma 3, della legge 104/1992 ("sono garantite attività di sostegno…."), la cui inviolabilità discende dall'essere esso strumento necessario per la piena realizzazione del diritto inviolabile all'educazione, allo sviluppo della personalità infantile ed all'istruzione riconosciuto dalla stessa legge n. 104/1992 nell'art. 12, comma 2 ("E' garantito il diritto all'educazione e all'istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna") e comma 4 (l'esercizio del diritto all'educazione e all'istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da difficoltà derivanti da disabilità connesse all'handicap")  e, con riguardo   alle scuole materne, dall'art. 99 del citato D.Lgs. n. 297/1994 (v. anche gli art. 12, comma 5 ss.,della legge n. 104/1992 e 312/315 del decreto legislativo n. 297/1994;

b) il diritto all'educazione, inoltre è riconosciuto dall'art. 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948;

c) il diritto delle persone portatrici di handicap all'educazione, all'integrazione sociale ed alla partecipazione alla vita della comunità ed il diritto dei bambini a crescere in un ambiente favorevole allo sviluppo della personalità e delle loro attitudini, sono riconosciuti dagli art. 15 e 17 della Carta sociale Europea ratificata con legge n.30/1999;

d) il diritto all'inserimento sociale dei disabili, inoltre, è riconosciuto dall'art 26 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, approvata il 7/02/2000.

Poiché il pieno sviluppo della persona umana mediante un proficuo inserimento nella nostra scuola (" L'integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni, nella socializzazione": v. art.12, comma 2, della legge n. 104/1992) è un obiettivo al quale è strumentale il compito della Repubblica di apprestare i mezzi per raggiungerlo e ad esso fa riferimento l'art. 3, comma2, della Costituzione interpretato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 215/1987 in connessione con le disposizioni di cui all'art.2 (che garantisce i diritti inviolabili dell'uomo nelle formazioni sociali qual è, appunto, la scuola), 34 (che garantisce l'effettività dell'Istruzione) e 38 Cost. (che tutela con pienezza il diritto dei disabili all'educazione disponendo che ai compiti a ciò inerenti provvedano gli "organi ed istituti predisposti od integrati dallo Stato"), è evidente che l'organizzazione dell'attività di sostegno da parte delle istituzioni scolastiche non può in via di fatto comprimere o vulnerare quel diritto riconosciuto alla persona da fonti sopranazionali, dalla Costituzione e dalla legislazione ordinaria.

3. Successivamente è intervenuta la Convenzione ONU sui diritti dei disabili e la sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 2010.

3.1. Quest’ultima ha enunciato i seguenti importanti concetti.

Preliminarmente va precisato che i disabili non costituiscono un gruppo omogeneo. Vi sono, infatti, forme diverse di disabilità: alcune hanno carattere lieve ed altre gravi. Per ognuna di esse è necessario, pertanto, individuare meccanismi di rimozione degli ostacoli che tengano conto della tipologia di handicap da cui risulti essere affetta in concreto una persona. Ciascun disabile è coinvolto in un processo di riabilitazione finalizzato ad un suo completo inserimento nella società; processo all’interno del quale l’istruzione e l’integrazione scolastica rivestono un ruolo di primo piano.

Sotto il profilo normativo, il diritto all’istruzione dei disabili è oggetto di specifica tutela da parte sia dell’ordinamento internazionale che di quello interno. In particolare, per quanto attiene alla normativa internazionale, viene in rilievo la recente Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, entrata in vigore sul piano internazionale il 3 maggio 2008 e ratificata e resa esecutiva dall’Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18, il cui art. 24 statuisce che gli Stati Parti «riconoscono il diritto delle persone con disabilità all’istruzione». Diritto, specifica la Convenzione in parola, che deve essere garantito, anche attraverso la predisposizione di accomodamenti ragionevoli, al fine di «andare incontro alle esigenze individuali» del disabile (art. 24, par. 2, lett. c), della Convenzione).

Quanto all’ordinamento interno, in attuazione dell’art. 38, terzo comma, Cost., il diritto all’istruzione dei disabili e l’integrazione scolastica degli stessi sono previsti, in particolare, dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate); legge che, come già osservato da questa Corte, è volta a «perseguire un evidente interesse nazionale, stringente ed infrazionabile, quale è quello di garantire in tutto il territorio nazionale un livello uniforme di realizzazione di diritti costituzionali fondamentali dei soggetti portatori di handicaps» (sentenza n. 406 del 1992).

In particolare, l’art. 12 della citata legge n. 104 del 1992 attribuisce al disabile il diritto soggettivo all’educazione ed all’istruzione a partire dalla scuola materna fino all’università (comma 2). Questa Corte ha già avuto modo di precisare che la partecipazione del disabile «al processo educativo con insegnanti e compagni normodotati costituisce, infatti, un rilevante fattore di socializzazione e può contribuire in modo decisivo a stimolare le potenzialità dello svantaggiato» (sentenza n. 215 del 1987).

Pertanto, il diritto del disabile all’istruzione si configura come un diritto fondamentale. La fruizione di tale diritto è assicurata, in particolare, attraverso «misure di integrazione e sostegno idonee a garantire ai portatori di handicaps la frequenza degli istituti d’istruzione» (sentenza n. 215 del 1987).

Tra le varie misure previste dal legislatore viene in rilievo quella del personale docente specializzato, chiamato per l’appunto ad adempiere alle «ineliminabili (anche sul piano costituzionale) forme di integrazione e di sostegno» a favore degli alunni diversamente abili (sentenza n. 52 del 2000).

Sempre nell’ottica di apprestare un’adeguata tutela dei disabili, in particolare per quelli che si trovano in una condizione di gravità, il legislatore, con la legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), all’art. 40, comma 1, ha previsto la possibilità di assumere, con contratti a tempo determinato, insegnanti di sostegno in deroga al rapporto alunni-docenti stabilito dal successivo comma 3. Il criterio numerico indicato dalla disposizione da ultimo richiamata è stato poi sostituito con il principio delle «effettive esigenze rilevate», introdotto dall’art. 1, comma 605, lett. b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007).

Le disposizioni censurate che prevedono, da un lato, un limite massimo nella determinazione del numero degli insegnanti di sostegno e, dall’altro, l’eliminazione della citata possibilità di assumerli in deroga, si pongono in contrasto con il riportato quadro normativo internazionale, costituzionale e ordinario, nonché con la consolidata giurisprudenza di questa Corte a protezione dei disabili fin qui richiamata.

E’ vero che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, il legislatore nella individuazione delle misure necessarie a tutela dei diritti delle persone disabili gode di discrezionalità (da ultimo, ex plurimis, sentenze n. 431 e 251 del 2008, ordinanza n. 269 del 2009). Si deve tuttavia riaffermare che, sempre secondo la giurisprudenza di questa Corte, detto potere discrezionale non ha carattere assoluto e trova un limite nel «[…] rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati» (sentenza n. 251 del 2008 che richiama sentenza n. 226 del 2000).

Risulta, pertanto, evidente che le norme impugnate hanno inciso proprio sull’indicato «nucleo indefettibile di garanzie» che questa Corte ha già individuato quale limite invalicabile all’intervento normativo discrezionale del legislatore.

La scelta operata da quest’ultimo, in particolare quella di sopprimere la riserva che consentiva di assumere insegnanti di sostegno a tempo determinato, non trova alcuna giustificazione nel nostro ordinamento, posto che detta riserva costituisce uno degli strumenti attraverso i quali è reso effettivo il diritto fondamentale all’istruzione del disabile grave.

La ratio della norma, che prevede la possibilità di stabilire ore aggiuntive di sostegno, è, infatti, quella di apprestare una specifica forma di tutela ai disabili che si trovino in condizione di particolare gravità; si tratta dunque di un intervento mirato, che trova applicazione una volta esperite tutte le possibilità previste dalla normativa vigente e che, giova precisare, non si estende a tutti i disabili a prescindere dal grado di disabilità, bensì tiene in debita considerazione la specifica tipologia di handicap da cui è affetta la persona de qua.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, le disposizioni impugnate si appalesano irragionevoli e sono, pertanto, illegittime nella parte in cui, stabilendo un limite massimo invalicabile relativamente al numero delle ore di insegnamento di sostegno, comportano automaticamente l’impossibilità di avvalersi, in deroga al rapporto tra studenti e docenti stabilito dalla normativa statale, di insegnanti specializzati che assicurino al disabile grave il miglioramento della sua situazione nell’ambito sociale e scolastico.

4. Questo stesso richiamo della Corte Costituzionale rimanda alla giurisprudenza del Tribunale di Roma che, successivamente al 2007, aveva criticato la prima sentenza della Cassazione, a sezione unite (n. 1144/2007), che aveva affermato la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla base delle seguenti considerazioni:

- "il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 33, devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, tra le altre, le controversie riguardanti le attività e le prestazioni rese nell'espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito della pubblica istruzione, con esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati... ";

- "il servizio di sostegno scolastico ai minori portatori di handicap non costituisce oggetto di un contratto di utenza di diritto privato tra l'istituto scolastico, obbligato alla prestazione, e i genitori del minore, ma è previsto dalla legge e consegue direttamente al provvedimento di ammissione alla scuola dell'obbligo";

- "non ha pregio il rilievo che sono rimesse al giudice ordinario le controversie aventi a oggetto il risarcimento del danno alla persona, ivi comprese quelle derivanti dalla lesione di un diritto fondamentale, poiché il giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, dispone anche il risarcimento del danno ingiusto".

4.1. Questa impostazione era stata criticata dal Tribunale di Roma (sez. II, giud. Lamorgese) nel 2007 con le seguenti argomentazioni:

La Suprema Corte, al fine di ritenere insussistente la giurisdizione ordinaria, sembra fare diretta applicazione dell'art. 33 co. 2 letta e) d.lgs. n. 80/1998 (sostituito dall'art. 7 della legge n. 205/2000) che, nell'attribuire alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controverse afferenti alla materia dei servizi pubblici (in particolare quelle "riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e della pubblica istruzione"), poneva come unica eccezione le controversie relative ai (cioè "con esclusione dei") "rapporti individuali di utenza con soggetti privati" che erano riservate al giudice ordinario. Tuttavia, il predetto co. 2 dell'art. 33 è stato dichiarato incostituzionale dalla già citata sentenza n. 204/2004 ed è caduto per intero, contrariamente al co. 1 che è stato riformulato dalla Corte costituzionale. Ne consegue che il riferimento alla categoria dei rapporti individuali di utenza, oggi, non ha più alcuna rilevanza ai fini del riparto delle giurisdizioni ("essendo venuta meno la previsione della giurisdizione del giudice ordinario sulle controversie relative a rapporti individuali di utenza che determinava la giurisdizione ordinaria nel vigore della norma prima della declaratoria di illegittimità": v. Cass. n.13447/2005). Senza considerare che, già prima della sentenza n. 204/2004, l'art. 33 co. 2 lett. e) del d.lgs. cit. era interpretato nel senso di riservare al giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto i rapporti individuali di utenza nei confronti anche dei soggetti pubblici erogatori di pubblici servizi (v. Cass. n. 558/2000). Del resto, si è già detto che il diritto degli utenti avente ad oggetto l'erogazione dei servizi pubblici ha natura `fondamentale" e di ciò sembra consapevole anche la Cassazione nella sentenza n. 1144/2007 quando afferma che il servizio di sostegno scolastico "è previsto dalla legge e consegue direttamente al provvedimento di ammissione alla scuola dell'obbligo". Quanto all'argomento relativo al risarcimento del danno, si ribadisce che il medesimo art. 33 co. 2 lett. e) riservava al giudice ordinario precisamente le "controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona" qual è appunto quello che i ricorrenti hanno dichiarato di volere richiedere nel giudizio di merito. L'intero co. 2, comunque, è venuto meno a seguito della sentenza n. 204/2004 e l'effetto diretto ed immediato di ciò non può che essere la riespansione della giurisdizione del giudice ordinario mentre l'interpretazione seguita dalla sentenza n. 1144/2007 non solo trascura la portata e gli effetti della sentenza n. 204/2004 (che significativamente omette di citare) ma, paradossalmente, potrebbe determinare una limitazione della giurisdizione ordinaria addirittura maggiore rispetto a quella prevista nella originaria disposizione normativa dichiarata incostituzionale.

L'art. 113 co. 2 Cost., nel vietare che la tutela giurisdizionale possa essere esclusa o limitata nei confronti della P.A., esprime precisamente il principio che i diritti soggettivi (pur se in ipotesi connessi ad interessi legittimi) non possono subire alcuna limitazione nel livello di tutela laddove siano fatti valere nei confronti della P.A. Si intende in questa sede dare dimostrazione che la devoluzione della presente controversia al giudice amministrativo determinerebbe per il minore e per i suoi genitori una tutela dimidiata. E' sufficiente esaminare la decisione del Cons. St. n. 1134/2005 emessa in un caso assolutamente analogo (i genitori del minore lamentavano l'insufficienza di sei ore settimanali di sostegno scolastico rispetto alle diciotto ore previste). Il massimo organo della giustizia amministrativa, riformando la decisione del Tar (che, si noti, aveva rigettato il ricorso…), pur avendo affermato l'esistenza del "diritto del minore" al sostegno scolastico, pur avendo accertato l'insufficienza delle sei ore di sostegno attribuite al minore, pur avendo dichiarato "la violazione di legge sostanziata in un illegittimo comportamento" da parte della P.A. ed annullato le determinazioni assunte, anziché provvedere (come comunemente fa il giudice ordinario) ad ordinare alla P.A. di assegnare al minore il numero di ore di sostegno scolastico necessarie a garantire la tutela del diritto azionato (determinato mediante adeguati accertamenti istruttori), si è limitato a fare "salvo gli opportuni provvedimenti dell'Amministrazione" "volti ad assicurare la realizzazione del diritto del minore in questione all'assegnazione del richiesto docente di sostegno nel rispetto della vigente normativa". Nonostante la decisione di accoglimento del ricorso, la concreta determinazione del numero di ore di sostegno scolastico da attribuire al minore è rimessa alla discrezionalità della P.A.

5. E’ opportuno ricordare che, precedentemente all’ultima sentenza delle Sezioni Unite, sulla annosa questione era intervenuta anche la Corte D’Appello di Roma (sez. I, 6.9.2013) che aveva anch’essa precisato quanto segue: Non si ignora che la giurisprudenza di legittimità si è espressa nel senso che appartenga alla Giurisdizione esclusiva del G.A. la domanda avente in oggetto il servizio di sostegno scolastico ai minori portatori di handicap e l’eventuale diritto al risarcimento del danno collegato ad un servizio insufficiente (Cass S.U. 25.3.2009 n. 7103). Ciò in quanto, ai sensi dell’art 33 d.lgs. 80/1998, come inciso dalla sentenza della Corte Costituzionale 204/2004, si tratta di questione concernente provvedimenti adottati dalla P.A. nell’esercizio di poteri autoritativi e discrezionali in materia di pubblici servizi, nella quale si mette in discussione la correttezza del potere amministrativo, esercitato nell’organizzazione del servizio, laddove si chieda l’aumento del numero di ore di supporto concesso al minore […] Invero le questioni concernenti l’organizzazione del servizio scolastico ed il numero di ore di sostegno che, in quanto manifestazione dell’esercizio di poteri autoritativi, rientrano nella giurisdizione esclusiva del G.A., non costituiscono la causa petendi dei diritti fatti valere, bensì solo “il precipitato”, l’applicazione concreta della garanzia del diritto allo studio ed alla educazione, anche per gli inabili, ai sensi degli artt 34, 38 III comma e 3 III comma Cost., al fine ultimo del migliore sviluppo della persona umana e della sua partecipazione alla vita del Paese.

6. Il rischio, evidenziato in modo quasi profetico nella citata ordinanza del Tribunale di Roma, di ineffettività della tutela giurisdizionale somministrata dai giudici amministrativi alle persone disabili, si è materializzato in una recente sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa (n. 617 del 2014) che afferma quanto segue.  

Vale osservare, preliminarmente, che l’insieme dei principi e delle disposizioni che definiscono il quadro di sostegno della legge n. 104/1992, se per un verso offrono, sotto il profilo del sostegno e della cura offerti ai disabili ed alle famiglie di appartenenza, una delle più compiute manifestazioni del disegno del progetto di Stato sociale disegnato dalla nostra Costituzione, a partire da quegli articoli (3, 32, 34 e 38 Cost.) ex adverso invocati dalla difesa di parte appellante, per altro verso, tale quadro, proprio perché reso possibile da consistenti volumi di spesa pubblica, è destinato a subire inevitabilmente gli svolgimenti congiunturali che possono interessare tale aggregato, soprattutto in un periodo come il presente, che si connota da una crisi di durata e gravità straordinari. Sicché, se è vero, come periodicamente ribadito anche dalla giurisprudenza, che la “educazione ed istruzione”, piuttosto che la ‘salute’ quale “diritto fondamentale dell’individuo” ( l’unico, invero, al quale è riconosciuto esplicitamente tale rango dalla Costituzione), specie se riferiti - come accade in relazione alla fattispecie de qua - alla cura dei minori handicappati, costituiscono altrettanti diritti personali e sociali oggetto di tutela rafforzata, è anche vero che la tutela c.d. ‘incondizionata’ della salute, ribadita dal primo Giudice per concedere il sostegno nella misura richiesta dai genitori - depurata dalla forte caratura ideologica che ne ha accompagnato la sua rappresentazione politica e giuridica (anche nella cit. sentenza n. 80/2010 della Corte Costituzionale), oltre che mai realizzata nei fatti, sia in termini di prevenzione che di cura, non può per altro verso non subire oscillazioni, specialmente in tempi di crisi finanziaria acuta, come accade per la stagione attuale di finanza pubblica, che inevitabilmente si riverberano sulle scelte dell’Amministrazione, ogni qualvolta questa è chiamata a dover ponderarne la misura. Come invero è accaduto nella vicenda dalla quale ha tratto origine la presente controversia, allorquando l’amministrazione scolastica ha proceduto a ‘dimezzare’ le ore di sostegno, sulla base di una scelta per la cui valutazione occorre tener presenti, oltre quanto finora detto sulla incidenza della crisi della finanza pubblica sulla misura delle prestazioni sociali, anche di altre due circostanze, a giudizio di questo Consiglio non meno rilevanti per il giudizio finale: a) il fatto che la misura della protezione accordata ai sensi della legge n. 104/1992 – e ciò soprattutto sta emergendo in questo tempo di crisi – è stata spesso il frutto di una determinazione condiscendente a vari interessi, che, poi, ad una più oculato controllo, sia in fatto che in diritto, si è dimostrata indebitamente determinata b) il fatto – sovente non considerato - che l’assistenza pubblica ai minori, in tutte le forme con cui questa può essere prestata, è da reputare in via di principio ‘sussidiaria’, o, comunque, non sostitutiva rispetto agli obblighi di assistenza ed educazione che prioritariamente incombono sui genitori che su di essi esercitano la potestà.

7. La sentenza della Cassazione n. 25011/2014 non è solo pregevole per la forma espositiva e la tecnica motivazionale, ma è molto importante e condivisibile nel merito. E’ per questo che, leggendola, non posso fare a meno di ripensare all’ordinanza del Tribunale di Roma del dicembre 2002 che spianò la strada che oggi è possibile percorrere per la migliore tutela dei diritti fondamentali di tanti ragazzi disabili.   

  

29/01/2015
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I diritti non sono la fine della storia

Il Moderno si distingue da altre epoche storiche non per le dichiarazioni dei diritti, ma per la politica come capacità di decidere del proprio destino, secondo le vie della democrazia, intesa come eguale non solo partecipazione ma anche considerazione delle ragioni di tutti, e senza inoltre violare le stesse dichiarazioni dei diritti. Il principio di autodeterminazione deve oggi affrontare la sfida del Postmoderno, quale dominio assoluto di tecnica e diritto, ma non può fronteggiare quella sfida se la politica democratica non torni ad essere l’esperienza vissuta dalla generalità di donne e uomini di una comunità. 

21/09/2023
Diritti umani, diritto disumano

La relazione al convegno di Magistratura democratica Un mare di vergogna, svoltosi a Reggio Calabria l’1-2.10.2021

25/10/2021
La tutela dei diritti umani in Turchia ai tempi del Sultano

Per comprendere il concreto impatto della deriva in corso in Turchia occorre prescindere da semplificazioni che non tengano conto delle specificità del contesto culturale e della presenza di molteplici istituzioni nazionali formalmente chiamate alla tutela dei diritti fondamentali. La drammatica situazione del paese, all’ombra delle formule standardizzate dei rapporti internazionali, è riassunta in uno sguardo complessivo alla luce di due separate esperienze, a distanza di qualche anno, di quotidiana interazione con giuristi, funzionari e semplici cittadini turchi di un consulente della UE.

04/05/2021
Rischio virus in carcere. Idee e proposte dei professori di diritto penale
Il documento dell'Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale
24/03/2020
La protezione umanitaria nel solco della Costituzione
Una cittadina nigeriana che ha subito violenze sessuali ed è stata indotta alla prostituzione in Libia chiede protezione umanitaria. Nella pronuncia annotata, la rappresentazione credibile di un vissuto così traumatico e lacerante si impone nel giudizio di vulnerabilità, rispetto alla valutazione comparativa del paese di rimpatrio ed alla consumazione della privazione della dignità e della libertà personale nel paese di transito, la Libia
05/03/2020
Il Caso Matammud. Un modello terrifico di gestione dei centri d’accoglimento profughi in Libia
La sentenza della Corte di assise di Milano rappresenta la realtà dei “campi di raccolta” dei migranti in Libia, un dato di conoscenza imprescindibile nella costruzione delle politiche migratorie europee
25/09/2018
Il Protocollo n. 16 addizionale alla Convenzione Edu è pronto per entrare in vigore
Il 12 aprile scorso, con la ratifica ad opera della Francia, si è perfezionato l’iter del Protocollo n. 16 addizionale alla Convenzione Edu ed il Protocollo può entrare in vigore con decorrenza dal 1° agosto prossimo. Il Protocollo introduce il nuovo istituto del parere consultivo, che i giudici nazionali superiori possono chiedere alla Corte Edu in merito a questioni di principio riguardanti l'interpretazione o l'applicazione dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione. La prassi chiarirà l’effettiva utilità ed opportunità del ricorso al nuovo strumento.
02/05/2018
Campi libici, l'inferno nel deserto. La sentenza della Corte di assise di Milano
La qualità delle indagini e della loro resa dibattimentale, insieme alla ritenuta credibilità delle dichiarazioni delle persone offese, ha confermato, secondo i giudici dell’assise, un contesto di privazione della libertà dei migranti e di violenze di ogni tipo che scolpisce una realtà che per la sorte dei diritti umani è fondamentale non ignorare.
03/04/2018