Magistratura democratica
Osservatorio internazionale

L’effettività dell’esecuzione in materia civile e commerciale all’attenzione del Fondo Monetario Internazionale: il punto di vista italiano

di Franco De Stefano
Consigliere della Corte di Cassazione, Terza Sezione Civile
L'intervento alla tavola rotonda di Vienna dell'FMI

§ 1. – La tavola rotonda. Introduzione

Il dipartimento legale del Fondo Monetario Internazionale ha organizzato, per la seconda volta, una Tavola Rotonda sull’Effettività dell’Esecuzione in materia civile e commerciale, al fine di acquisire elementi di discussione, approfondimento, analisi e proposte di interventi da esperti di diversi Paesi europei.

Quest’anno hanno preso parte all’evento, che si è svolto a Vienna il 12 e 13 marzo scorso con la formula della discussione continua tra tutti i partecipanti e la presentazione di temi specifici nazionali, esperti della materia di Grecia, Cipro, Portogallo, Ucraina, Polonia, Spagna, Germania e Austria, con rappresentanti della Banca Centrale Europea, della Commissione Europea e della Banca Mondiale, per un totale di ventuno partecipanti.

In particolare, dopo una prima sessione sulle sfide dell’esecuzione civile e commerciale, le due giornate di lavori hanno esaminato i “payment orders” (latamente assimilabili ai domestici decreti ingiuntivi) e ai “garnishment orders” (latamente assimilabili ai nostri pignoramenti presso terzi, soprattutto su conti bancari).

In attesa di un più compiuto resoconto anche delle differenziate posizioni di tutte le nazioni coinvolte, di seguito, è l’intervento dell’esperto italiano, Autore del presente articolo, sulle sfide dell’esecuzione in materia civile e commerciale e sull’esperienza italiana del decreto ingiuntivo (il testo originale dell'intervento, in INGLESE, può leggersi QUI).

Gli altri partecipanti sono stati: un consulente del Ministero della Giustizia portoghese, un dirigente dell’equivalente degli Ufficiali giudiziari portoghesi, due giudici anziani distrettuali ciprioti, un giudice di corte di appello greca, la vicedirettrice del dipartimento degli affari giudiziari ucraino, un giudice di corte amministrativa distrettuale ucraino, il ministro della Giustizia polacco, la vicepresidente della prima corte territoriale polacca interamente automatizzata, un professore di diritto alla Northwestern U. School of Law austriaca, un giudice di corte di appello spagnolo, un giudice del ministero federale tedesco della Giustizia e della Protezione del Consumatore, uno specialista della Banca Mondiale sui rapporti tra economia e settore pubblico, un rappresentante del direttorato della Commissione dell’UE in materia di Giustizia e Consumatori, la responsabile FMI per la zona euro, nonché altri sei componenti dell’Ufficio legale del FMI.

 

§ 2. – Le sfide

Prima di tutto, va sottolineato che l’esecuzione in materia civile e commerciale non involge solo attività propriamente giurisdizionali, perché essa generalmente implica attività materiali e spesso la vendita di beni e la distribuzione di denaro, che sono qualcosa di diverso dalla pronunzia su chi, tra due parti, ha ragione o torto.

Eppure, l’esecuzione è uno strumento di effettività del sistema legale e perciò dello stesso Stato democratico moderno, l’unico che, se efficiente, garantisce i diritti di ognuno, senza distinzione di classe, razza, ricchezza o livello di educazione.

Queste sono alcune delle sfide che, sommessamente, si ritiene i Paesi debbano affrontare per l’effettività dell’esecuzione civile e commerciale:

- la prima: approntare un appropriato sistema di informazioni sui beni e patrimoni degli individui, in modo che ognuno possa avere un chiaro quadro della situazione finanziaria della sua controparte, fin da quando sceglie con chi trattare o quando non ha più altra scelta se non costringerla ad adempiere le sue obbligazioni mediante l’esecuzione;

- la seconda: cercare di rendere l’esecuzione residuale e non immediatamente adeguata, ma solo come ultima risorsa, per esempio introducendo specifiche regole su metodi indiretti (promuovendo o facilitando l’adempimento spontaneo delle obbligazioni da parte del debitore), come le “astreintes” francesi o simili;

- la terza: recuperare l’accettazione da parte dell’opinione pubblica – e anche tra i professionisti  legali (è spesso fraintesa l’inefficienza e la pigrizia come protezione del povero debitore e talvolta perfino i giudici che tentano di portare avanti un processo agile ed efficace sono stati accusati e processati per abuso di poteri) – sull’esecuzione stessa, che non è né una persecuzione o una vessazione né un abuso, ma la sola via, purché siano rispettate alcune regole minime, per assicurare effettività al sistema di ciascuno Stato (democratico), garantendo i diritti anche delle persone più deboli;

- la quarta: riguadagnare la fluidità delle procedure, semplificando e riducendo: i) il numero di regole, proclamando solo alcuni principi generali, come quello che il creditore ha sempre ogni diritto di recuperare il suo credito alle migliori condizioni possibili col minor danno possibile per la controparte, che comunque non può più rimettere in questione quel diritto, avendo solo il diritto di essere protetto dagli abusi; ii) il numero delle persone coinvolte, riducendo il ruolo del giudice a quello di un garante di ultima risorsa, da coinvolgere soltanto in nuove e serie controversie, ma al tempo stesso espandendo il numero degli operatori diversi dal giudice e dal cancelliere, con la cooperazione di numerosi professionisti privati da delegare, ovviamente sotto il controllo del giudice e motivati (anche economicamente), ben addestrati e vigilati;

- la quinta: rendere confacenti le regole alle specifiche caratteristiche e condizioni del mercato, in modo da rendere fruttuosa l’esecuzione: ad es. rivedendo le regole sulle garanzie (prima fra tutte quella sulle ipoteche), mitigando la disuguaglianza e la discriminazione tra i creditori; fornendo istituzioni specializzate professionali che possano acquistare i beni pignorati in cambio di una quota proporzionale per i creditori.

 

§ 3. – L’ordine di pagamento (decreto ingiuntivo): l’esperienza italiana.

§ 3.1. Le riforme legislative processualcivilistiche recenti in materia riguardano l’introduzione del processo telematico obbligatorio in un antico istituto, il “decreto ingiuntivo”, regolato dal codice di procedura civile (regio decreto 28 ottobre 1940, n. 1442) fin dalla sua entrata in vigore il 21.4.1942.

Le sue regole sono state già, ma solo marginalmente, modificate  nel 2002 per renderle più flessibili e adatte ad una eseguibilità immediata parziale.

Fin dal 1942, il decreto ingiuntivo italiano – regolato dagli artt. 633 ss. c.p.c. – ha giocato un ruolo importante nel processo civile italiano, inteso a garantire ad ogni creditore, in speciali circostanze (prima fra tutte, la prova scritta), un ordine eseguibile molto più rapidamente di ogni altro processo civile normale, in modo che lo sviluppo e gli altri gradi non costituiscano una preoccupazione od ostacolo all’esecuzione effettiva.

La sua effettività e credibilità sono restate considerevoli: nonostante almeno diciotto interventi di riforma – certo, su minore o maggiore scala, talvolta anche minima – sul processo civile in generale durante gli ultimi venti anni, deve esserne menzionato appena uno, circa la possibilità di una eseguibilità parziale nel 2002. Ma la misura legislativa più rilevante consiste nella regolamentazione dell’intera prima fase sommaria, che è stata la prima ad essere interamente resa telematica.

Quell’esperienza, anche se solo in alcuni uffici (dotati di appropriate tecnologie informatiche e con sostanziali contributi anche dei Consigli degli Ordini locali, evidentemente interessati nella più rapida celebrazione dei processi civili), rimonta al 2003.

Comunque, solo dal 30.6.14 ogni nuovo affare civile davanti al tribunale (in prima istanza per le cause più importanti ed in grado di appello contro le sentenze del giudice di pace, per cause di minore importanza) è obbligatoriamente computerizzato dovunque, ma solo per la fase introduttiva e per il deposito di ogni altro atto delle parti. Va notato che dal 31.12.14 è obbligatorio anche il deposito computerizzato di ogni atto dei procedimenti davanti ai tribunali anche se iniziati prima del 30.6.14.

§ 3.2. Il [procedimento per] decreto ingiuntivo è un normale giudizio di primo grado, ma strutturato come un processo in due fasi, la prima delle quali è senza contraddittorio, basata su prova scritta: ciò significa, per il creditore, la possibilità di conseguire un titolo eseguibile in pochi giorni, anche se il processo civile normale può comunque iniziare e procedere, ma successivamente e soprattutto ad iniziativa del debitore, in modo che, in mancanza, il decreto stesso diviene [uguale ad] una sentenza definitiva, con autorità di cosa giudicata, senza alcun altro atto.

Il contraddittorio è restaurato notificando il decreto al debitore: ciò che non è un semplice invito a reagire, ma anche la condizione per conferire al decreto stesso l’autorità di sentenza definitiva.

Comunque, anche se il decreto, non immediatamente eseguibile, è opposto, alla prima udienza davanti al giudice dopo la notifica di un normale atto di citazione da parte del debitore, il giudice può stabilire una provvisoria eseguibilità fino alla sentenza di primo grado, se i diritti del creditore appaiono fondati.

Inoltre, se il processo civile ordinario termina senza una sentenza definitiva, comunque il decreto consegue la forza di cosa giudicata. Spetta allora al debitore reagire e mantenere valido il procedimento dopo la sua reazione.

Il decreto ingiuntivo è molto diffuso negli affari civili e commerciali e vi fanno ricorso soprattutto i venditori di beni o fornitori di servizi per il saldo del corrispettivo, sia stato il contratto portato a termine o no: ciò a cui l’acquirente o il cliente generalmente oppone una domanda riconvenzionale per inadempimento della controparte (come nel caso di vizi della merce).

Fin dalla principale riforma del 1995 della procedura civile, ogni giudice di ogni tribunale è competente ad emettere un decreto ingiuntivo, mentre per il passato il solo capo dell’ufficio aveva giurisdizione. Da solo, quindi, ogni giudice assegnatario di un [ricorso per] decreto ingiuntivo provvede alla sua emissione.

§ 3.3. La prima fase è interamente computerizzata.

Il ricorrente agisce solo da remoto. Né il cancelliere, né il giudice assegnatario avranno mai carte o altri documenti scritti tra le mani, ma tratteranno il fascicolo – esaminando pure gli allegati – direttamente dalla loro postazione di lavoro (un programma speciale chiamato “consolle del magistrato”); ed egli interagirà col creditore sempre e solo da remoto, ad es. se la prova è ritenuta insufficiente e se sembra giusto invitare il ricorrente ad integrare i documenti depositati a sostegno della sua domanda. Alla fine, il giudice emette da remoto il decreto ingiuntivo e lo manda attraverso il programma ufficiale appropriato alla Cancelleria dalla sua postazione di lavoro.

Non c’è alcun sito ufficiale da visitare per iscrivere a ruolo: ogni ricorrente deve creare l’atto introduttivo con caratteristiche standardizzate (regolate da un decreto ministeriale), obbligatorie anche per la procura (necessariamente separata, perché deve essere firmata in originale), nonché la nota di iscrizione (che deve rispettare le specifiche del programma degli uffici giudiziari per popolare adeguatamente i suoi database) e ogni altro allegato.

§ 3.4. Uno sguardo al decreto ingiuntivo telematico.

Possono essere descritti quattro passaggi, dalla prospettiva dell’utente:

- il primo: creare il fascicolo elettronico, con l’atto introduttivo (“ricorso”), la procura, la nota di iscrizione a ruolo e i documenti allegati;

- il secondo: mandare tutto alla competente cancelleria;

- il terzo: l’emissione del decreto ingiuntivo;

- il quarto: dopo l’emissione del decreto.

§ 3.4.A. Creare l’atto introduttivo e i suoi allegati.

È usato un normale programma di videoscrittura, ma il file – a pena di inammissibilità – deve essere trasformato, quando completo, in un formato pdf nativo, senza immagini, macro, campi variabile ed altri elementi attivi e così via …; e comunque specifiche tecniche sono stabilite in un decreto ministeriale. Quindi, tutti i documenti cartacei – tra cui la procura, generalmente da firmare in originale e su carta – devono essere scansionati e digitalizzati in formati elettronici specifici (pdf, pdf/a, rtf, txt, xml, tiff, jpg, gif, zip oppure rar; ma il pdf è preferibile), in modo da non eccedere il peso totale di 30 MB; ed anche la nota di iscrizione va digitalizzata, anche se la maggior parte dei programmi la compongono e redigono in via automatica, come pure trattano ed editano la prova del contributo unificato (spese di ufficio).

§ 3.4.B. Invio alla Cancelleria competente.

L’invio e il deposito del ricorso e dei suoi necessari allegati va effettuato attraverso collegamento telematico o comunque in via telematica, senza la necessità di conferma di questi passi procedurali per posta o con consegna fisica di tali documenti.

Ogni utente ha bisogno di uno specifico programma, sia freeware che a pagamento da parte di privati fornitori, che prepara una “busta elettronica”, che contiene tutti questi atti e che deve essere infine munita – a pena di inammissibilità – di una firma elettronica certificata appena prima di essere spedita.

Lo stesso programma in genere fornisce una videoscrittura e la creazione del file nel richiesto formato nativo pdf; e comunque è programmato per inviare le buste agli specifici indirizzi ufficiali di ogni ufficio giudiziario.

Sono formate quattro ricevute da allegare al documento elettronicamente formato e da conservare per gli sviluppi del procedimento. La terza, che conferma che il sistema elettronico della cancelleria ha ricevuto la busta, è la più importante, cui riferirsi per la verifica dei termini.

§ 3.4.C. L’emissione del decreto: il giudice esamina i documenti elettronicamente inviati alla sua postazione di lavoro personale ed emette – se non è richiesta ulteriore prova – il decreto ingiuntivo, usando un programma specifico fornito dal Ministero della Giustizia: la cancelleria invia elettronicamente comunicazione di tale emissione.

§ 3.4.D. Dopo l’emissione. L’avvocato del ricorrente può allora, sempre elettronicamente, richiedere una copia del decreto ingiuntivo, che è firmato elettronicamente dalla cancelleria; ricevutala in forma elettronica, l’avvocato dovrà trasformarla in un documento fisico, certificandone l’autenticità. Successivamente, egli può notificare le copie di quello, scegliendo il metodo normale, per mezzo di un ufficiale giudiziario, o, in alternativo, in via elettronica, ma soltanto con firma certificato. Nello stesso modo il ricorrente può richiedere, ottenere ed infine notificare un certificato di conseguita esecutorietà del decreto.

§ 3.5. Sono state poste in essere attività di formazione per avvocati e personale (cancellieri e giudici), generalmente organizzate dagli organismi di rappresentanza di ciascuno (cioè, per i cancellieri, i loro sindacati), o spesso dal Ministro della Giustizia o dalla Scuola Superiore della Magistratura, sostenuti da alcuni siti pubblici o privati. Comunque, nessuno di questi è inteso come dedicato esclusivamente al decreto ingiuntivo e specialmente a quello telematico.

Non è previsto alcun costo addizionale, perché oggi non c’è alternativa al processo telematico. I costi per ogni decreto ingiuntivo sono stati già riportati nella presentazione [della mattinata] in merito ad una pretesa di modesta entità (€ 3.000).

I vantaggi sono tangibili e facilmente riconoscibili da tutti: nessun accesso agli uffici, nessuna carta da mandare o muovere; ogni giudice che lavora in tempo reale ed in teoria pochi minuti possono bastare da quando il fascicolo elettronico è stato reso disponibile sulla sua postazione personale di lavoro.

Quindi, un uso migliore e più razionale delle risorse umane e razionali.

§ 3.6. Statistiche: non sono disponibili tassi di recupero e sono inutili comparazioni tra processo civile telematico ed ordinario, perché oggi il primo è il metodo obbligatorio e non c’è altra via per iscrivere a ruolo un ricorso per decreto ingiuntivo.

Ad ogni buon conto, deve tenersi in considerazione che il processo civile italiano ha sofferto per lungo tempo di inadeguatezza ed ineffettività, nonostante un’ininterrotta serie di riforme processuali e con una nuova proposta di legge prossima ad essere presentata in Parlamento in questi giorni dal Governo, i cui risultati stanno cominciando a manifestarsi. Infatti, ciò ha naturalmente un impatto negativo sul decreto ingiuntivo, se approda alla fase due, che è un normale processo civile di primo grado (anche se con regole leggermente differenti, più vantaggiose per il creditore, come detto sopra).

Per la fase preliminare, comunque, anche se così poco tempo è passato dall’obbligatorietà della sua modalità telematica, il beneficio di tale innovazione sono oltre ogni disputa, perché essa rende ancora più agile la fase e perciò permette al creditore di ottenere presto uno strumento che consente l’esecuzione, anche in pochi giorni, in difetto di un’opposizione del debitore: ciò che è molto importante nello stato generale del processo civile italiano.

In conclusione e sommessamente, il più dipende dalla struttura desiderata per l’istituto: se un semplice invito a reagire, da neutralizzarsi con una semplice dichiarazione di opposizione da parte del debitore, oppure qualcosa di più sofisticato, che può assicurare al creditore l’ottenimento di un titolo eseguibile con speciali caratteristiche e con procedure più semplice, come ricompensa per speciali condizioni del suo credito o per l’oggetto della prova disponibile.

Ma nel complesso la computerizzazione del decreto ingiuntivo è un’esperienza davvero significativa, da raccomandare; e probabilmente anche da migliorare, con siti ufficiali da creare e visitare per assicurare ad ogni utente uguali condizioni e nessun costo aggiuntivo e per rendere la procedura sempre più facile ad impiegarsi.

 

06/05/2015
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