Magistratura democratica
Prassi e orientamenti

Rilievi in tema di negozio concluso nel procedimento civile telematico

di Giuseppe Buffone , Enrico Consolandi
giudici Tribunale di Milano
I rapporti giuridici “dematerializzati” nell’era telematica
Rilievi in tema di negozio concluso nel procedimento civile telematico
SOMMARIO
 

1. Irresistibile normatività delle nuove tecnologie – 2. Il problema dei negozi conclusi in occasione del processo. 2.1. Negozi processuali. 2.2. Negozi sostanziali. 3. Modalità operative.

[1]. Irresistibile normatività delle nuove tecnologie

In occasione del focus sulla dematerializzazione dei documenti, tenutosi a Roma, nel 20081, a Natalino Irti fu chiesto se il “Diritto governa la tecnica”: il Professore rispose ponendo molte ulteriori domande e terminò la Sua relazione con un punto interrogativo. A chiusura del Suo pensiero, affermò: «è inutile che il legislatore si affanni a circoscrivere, impedire o limitare: la tecnica travolge tutto.

La tecnica ha dentro di sé una irresistibile normatività». Il tema della “forza normativa” della tecnica è un po’ il tema della capacità di trasformazione del progresso e delle nuove tecnologie che riescono a mutare finanche la struttura delle relazioni umane. I nuovi soggetti del “diritto trasformato dalla tecnica” possono mutare il loro aspetto fisiologico, generare senza procreazione, scegliere l’inizio e la fine della vita: è, un po’, come vivere una versione moderna dell’antico lassez faire lassez passer.

Questa nuova permeabilità del Diritto alla tecnica suscita però dei dubbi e impone quasi una rivisitazione della stessa funzione dell’intervento legislativo: si deve inaugurare una nuova stagione dominata dalla deregulation, in cui il diritto non regola ma permette ciò che è possibile oppure si deve restaurare un ordine gerarchico, tra Diritto e tecnica, dando al primo la funzione di definire i limiti della seconda (ammettendo la possibilità di fare solo ciò che è lecito)?

La questione non è solo teorica e presenta, invero, importanti risvolti applicativi. Valga considerare la polifonia interpretativa che si registra nella attuale giurisprudenza italiana in tema di costituzione della parte nel procedimento civile telematico: il dubbio degli operatori è se sia possibile o non il deposito telematico di atti diversi da quelli endoprocedimentali [2].

La tecnica lo consente: ma per il Diritto è lecito? In effetti, è proprio in tema di processo civile che l’impatto della Tecnica presenta un elevato tasso di problematicità. In questo caso, tuttavia, occorre decisamente ammettere come sia stato il Diritto a cedere dinanzi alla tecnica. E’ sufficiente richiamare lo “schema di disegno di legge delega al governo recante disposizioni per l’efficienza del processo civile”, approvato dal Consiglio dei Ministri, in data 29 agosto 2014 in cui il Legislatore  conferisce  all’Esecutivo  il  compito  di  provvedere  «all’adeguamento delle norme processuali all’introduzione del processo civile telematico» (art. 2, n. 8): è la Norma che deve essere adeguata alla Tecnica. Ciò, in realtà, è già in parte avvenuto con la legge 11 agosto 2014 n. 114, di conversione del decreto Legge 24 giugno 2014 n. 90 (v. artt. 44 – 52).  Con  la  citata  decretazione  d’urgenza,  il Legislatore  ha  avviato  un  lavoro  di adeguamento delle norme processuali al nuovo Processo Civile Telematico (PCT) prevedendo che: 1) il verbale d’udienza non sia più sottoscritto dalle persone che, intervenute nel procedimento, rilascino dichiarazioni (art. 126 c.p.c.); 2) il verbale di udienza non sia più sottoscritto dai testimoni che, sentiti dal giudice, rilascino le loro deposizioni (art. 207 c.p.c.).

 

MODIFICHE INTRODOTTE DALLA LEGGE 114/2014

CODICE DI PROCEDURA CIVILE
VECCHIO TESTO
CODICE DI PROCEDURA CIVILE
NUOVO TESTO
Art. 126.
(Contenuto del processo verbale)

Il processo verbale deve contenere l'indicazione  delle  persone intervenute e delle circostanze di luogo e di tempo nelle quali gli atti che documenta sono compiuti; deve inoltre contenere la descrizione delle attività svolte e delle rilevazioni fatte, nonché le dichiarazioni ricevute.

Il processo verbale è sottoscritto dal cancelliere. Se vi sono altri intervenuti, il cancelliere, quando la legge non dispone altrimenti, dà loro lettura del processo verbale e li invita a sottoscriverlo. Se alcuno di essi non può o non vuole sottoscrivere, ne è fatta espressa menzione.
Art. 126.
(Contenuto del processo verbale)

Il processo verbale deve contenere l'indicazione  delle  persone intervenute e delle circostanze di luogo e di tempo nelle quali gli atti che documenta sono compiuti; deve inoltre contenere la descrizione delle attività svolte e delle rilevazioni fatte, nonché le dichiarazioni ricevute.

Il processo verbale è sottoscritto dal cancelliere. Se vi sono altri intervenuti, il cancelliere, quando  la legge non dispone altrimenti, dà loro lettura del processo verbale e li invita a sottoscriverlo. Se alcuno di essi non può o non vuole sottoscrivere, ne è fatta espressa menzione.
Art. 207.
(Processo verbale dell'assunzione)

Dell'assunzione dei mezzi di prova si redige processo verbale sotto la direzione del giudice.

Le dichiarazioni delle parti e dei testimoni sono riportate in prima persona e sono lette al dichiarante che le sottoscrive.

Il giudice, quando lo ritiene opportuno, nel riportare le dichiarazioni descrive il contegno della parte e del testimone.
Art. 207.
(Processo verbale dell'assunzione)

Dell'assunzione dei mezzi di prova si redige processo verbale sotto la direzione del giudice.

Le dichiarazioni delle parti e dei testimoni sono riportate in prima persona e sono lette al dichiarante che le sottoscrive.

Il giudice, quando lo ritiene opportuno, nel riportare le dichiarazioni descrive il contegno della parte e del testimone.

 

[2]. Il problema dei negozi conclusi in occasione del processo

L’adeguamento degli artt. 126 e 207 c.p.c. al  PCT ha un effetto di dematerializzazione di tutte le attività processuali condotte in occasione del procedimento civile; talune di queste attività, però, hanno contenuto sostanzialmente pattizio e il processo è solo «l’occasione» per la nascita di questi accordi a contenuto contrattuale o comunque negoziale.

[2.1.]. Negozi processuali

Una  prima  riflessione  va  condotta  con  riguardo  ai  contratti che  hanno  ad oggetto il processo. Come insegna la manualistica classica [3], gli atti di autonomia privata, cui il diritto ricollega effetti giuridici destinati ad attuare la funzione socialmente utile che ne caratterizza il tipo, possono essere perfezionati anche nel campo del diritto processuale dando luogo a negozi cd. processuali o, come definiti dalla Dottrina, negozi di diritto processuale. In queste fattispecie, l’autonomia privata consente alle parti di negoziare aspetti del processo (nei limiti in cui la legge ne consente la disponibilità) e i litiganti (contraenti) generano accordi «sul processo».

In buona sostanza, il negozio processuale costituisce una dichiarazione di volontà che ha per contenuto il regolamento convenzionale di profili del procedimento o dell’intero processo (autorevolmente si include in questa categoria anche il pactum de non petendo o il pactum de foro prorogando). Gli studiosi non esitano a collocare in questa categoria finanche la clausola compromissoria (negozio sostanziale con effetti processuali) e ritengono che i negozi de quibus non abbiano un carattere diverso da qualsiasi altro negozio giuridico, per il sol fatto di avere ad oggetto rapporti giuridici processuali. Ricollegano, insomma, la facoltà delle parti di stipularli, alla generale clausola di autonomia privata (art. 1322 c.c.).

La categoria dei negozi processuali è pacificamente ammessa dalla giurisprudenza (v. ad es., Cass. Civ., SS.UU., 16 marzo 2006 n. 16993 che qualifica il ricorso per saltum come negozio processuale; v. Cass. Civ., sez. III, sentenza 12 novembre 2010 n. 22956). E qui sorge un primo interrogativo: è ammissibile il negozio processuale “dematerializzato”? Ove le parti raggiungano un accordo sul processo, è sufficiente il mero verbale di udienza, redatto con formalità telematiche? Alla domanda dovrebbe essere data risposta affermativa.

Il negozio processuale si traduce in un atto dispositivo del  procedimento che  realizza  la  “strategia  gestionale”  del  difensore  nominato  e, quindi, ricade nei poteri espressamente riservati all’Avvocato dall’art. 84 c.p.c. Non si tratta di disporre del “diritto” oggetto della contesa ma di governare aspetti del processo che quel diritto tendono a tutelare o proteggere. Peraltro, già prima della novella del 2014, le prassi prevalenti erano nel senso della sufficienza della menzione dell’accordo a verbale, senza necessità di sottoscrizione espressa dei difensori o dei litiganti personalmente. Valga considerare l’esempio che segue. All’udienza di prima comparizione ex art. 183 c.p.c., opponente e opposto si accordano nel senso che il creditore (attore sostanziale) non porterà in esecuzione il decreto ingiuntivo ottenuto con formula esecutiva ex art. 642 c.p.c. e il debitore rilascerà in favore della controparte una idonea garanzia, con espressa rinuncia a chiedere la sospensione della ingiunzione

[2.2.]. Negozi sostanziali

Problema più delicato è quello dei negozi di diritto sostanziale. Come noto, in occasione del processo, i litiganti possono concludere accordi negoziali a contenuto squisitamente transattivo o aventi natura conciliativa. In genere, tali accordi trovano la loro fisiologica collocazione nel verbale di conciliazione (artt. 185 c.c., 88 disp. att. c.p.c.) ma non è affatto escluso che possano anche semplicemente nascere all’interno del verbale di udienza. Quid juris in questi casi? La modifica delle norme processuali ad opera del DL 90/14 ha avuto come effetto quello di dematerializzare questi rapporti giuridici?

A questo quesito dovrebbe essere offerta soluzione negativa.

Giova anticipare come sul tema sia già intervenuto il Ministero della Giustizia, con una circolare interpretativa del 27 giugno 2014. Si riporta il testo:

L’art. 45, comma 1, lett. a), d.l. n. 90/2014 opera una modifica dell’art. 126 c.p.c., eliminando la necessità della sottoscrizione del verbale d’udienza da parte dei soggetti intervenuti, prescrivendo che del verbale stesso sia data lettura in udienza, ad opera del cancelliere. La lettera c) dello stesso comma, poi, sopprime, all’art. 207, secondo comma, c.p.c., le parole “che le sottoscrive”. In tal modo viene superato il problema di consentire ai soggetti intervenuti, e, in particolare, ai testimoni e alle parti presenti in udienza, che abbiano reso l’interrogatorio, di sottoscrivere il verbale, posto che, come noto, la ‘Consolle’ del magistrato, allo stato attuale, permette la sottoscrizione di atti solo da parte del giudice.

Diverso è, invece, il caso del verbale di conciliazione. Rimane, infatti, in vigore l’art.88 disp. att. c.p.c., a mente del quale “la convenzione conclusa tra le parti per effetto della conciliazione davanti al giudice istruttore è raccolta in separato processo verbale, sottoscritto dalle parti stesse,  dal  giudice  e dal cancelliere”. In  tale ipotesi,  infatti, la mancanza di sottoscrizione autografa delle parti determinerebbe certamente notevoli difficoltà in sede di trascrizione, sicché è altamente probabile che, in questi casi, il giudice provvederà a stampare su carta il verbale in modo da consentirne alle parti la sottoscrizione.

La circolare ministeriale esclude, dunque, che, con riferimento alle conciliazioni, possa operare una completa dematerializzazione delle attività contrattuali con esonero dei litiganti dalla sottoscrizione. Stesso principio è chiaramente estensibile agli altri accordi sostanziali conclusi “a verbale” [4]; i motivi sottesi a questa scelta, però, non afferiscono tout court alle difficoltà riscontrabili in sede esecutiva poiché, in realtà, riguardano la impossibilità, in ipotesi del genere, di ritenere che il patto possa comunque ritenersi valido in assenza di “accordo materiale”. Gli artt. 126 e 207 c.p.c., infatti, riguardano “le dichiarazioni di scienza” delle parti intervenute ma non anche gli scambi delle volontà finalizzati a produrre un contratto (“dichiarazioni di volontà”). A ben vedere, la domanda da porsi per affrontare il problema è, allora, un’altra: è possibile stipulare dei “contratti telematici” usufruendo del PCT? La risposta, come detto, è negativa. Il processo civile telematico non è luogo (virtuale) in cui sia possibile concludere contratti cd. telematici [5].

Questa tipologia di negozi - definiti dalla Dottrina più recente come atti di autonomia stipulati a mezzo di un sistema telematico [6] e collocati nel più ampio genus dei contratti cd. virtuali [7] - nasce, per sua morfologia strutturale, nell’ambito dei servizi di comunicazione resi disponibili da Internet: costituisce una tipica espressione del commercio cd. elettronico. E’ questo particolare habitat che consente il superamento della materialità (cd. paperless contract) e, finanche, dell’accordo [8]. Fuori da questo contesto, però, un contratto virtuale non è ammissibile sol perché il luogo di dialogo dei contraenti è dematerializzato: ciò vale per il PCT. Si supera, così, un equivoco: che il “nuovo” comporti il superamento del “vecchio”.

Pur al cospetto del PCT, come per il passato, i contratti conclusi dalle parti, richiederanno la sottoscrizione su supporto materiale. Valga l’esempio seguente. Nell’ambito di una separazione giudiziale, i coniugi decidono di trasformare il rito in consensuale pervenendo a una separazione consensuale in cui stabiliscono che il marito si impegna a trasferire alla moglie un immobile di sua proprietà, dietro il versamento di un corrispettivo minimo non corrispondente al valore di mercato. Quest’accordo – che ha natura effettiva di stipula preliminare conclusa nell’ambito di un negozio cd. di diritto familiare – dovrà essere sottoscritto su supporto cartaceo: il PCT non “muta” la natura e la forma dei contratti conclusi nel processo solo perché l’udienza è divenuta “virtuale”. E’ questo un equivoco che va scongiurato. Il “negoziale” che era materiale prima del PCT, resta materiale anche nel PCT: in altri termini, il fenomeno del contratto virtuale non riguarda i negozi conclusi nei procedimenti civili. 

[3.]. Modalità operative

In caso di “negozio nel processo” (che non è un negozio virtuale) il giudice è tenuto a stampare su carta il verbale in modo da consentirne alle parti la sottoscrizione. Il verbale in formato cartaceo, contenente l’accordo, deve quindi essere depositato nel fascicolo del processo. In questa ipotesi, il verbale può anche essere depositato in modo telematico, ma l’atto originale è quello stampato in forma cartacea.* 

* Relazione tenuta presso la Scuola Superiore della Magistratura nell’ambito del corso su “La dematerializzazione dei rapporti giuridici”

NOTE

1  E. BROGI, M. POTENTE (a cura di), “Il Diritto governa la tecnica” – Focus sulla dematerializzazione dei documenti: atti del seminario CNEL “Il Diritto governa la Tecnica?” Focus sulla dematerializzazione dei documenti: Stato dell’arte e prospettive, tenuto a Roma il 16 dicembre 2008, Roma, 2009

2 A favore della ammissibilità: Trib. Bologna, sez. lav., ordinanza 16 luglio 2014 (est. Maria Luisa Pugliese); Trib. Brescia, sez. lav., ordinanza 7 ottobre 2014 (est. Maria Grazia Cassia); Trib. Milano, sez. IV civ., ordinanza 7 ottobre 2014 (est. Nicola Fascilla). Contro: Trib. Foggia, decreto 10 aprile 2014: Trib. Torino, sez. I., ordinanza 15 luglio 2014 (est. Francesco Eugenio Rizzi); Trib. Pavia, ordinanza 22 luglio 2014 (est. L. Cortellaro); Trib. Padova, ordinanza 1 settembre 2014 (est. Giorgio Bertola);

3 COSTA, Contributo alla teoria dei negozi giuridici processuali, Zanichelli, 1921 ex art. 649 c.p.c. Questo “accordo” processuale delle parti non richiederà la sottoscrizione delle parti o dei difensori. Si tratta di una vicenda squisitamente procedimentale che verrà fotografata dal verbale di udienza.  Questi accordi – che si sviluppano nel PCT – non sono, però, accordi cd. telematici: sono negozi “fotografati” dal verbale di udienza telematico che per produrre i loro effetti non richiedono un supporto materiale. Hanno, cioè, una loro tipicità strutturale compatibile con il sistema telematico del processo civile.

4 Sia consentito richiamare Trib. Milano, sez. IX civ., decreto 6 maggio 2014. L’art. 45 Decreto Legge 24 giugno 2014 n. 90 ha rimosso, dagli artt. 126 e 207 c.p.c., l’obbligo delle parti intervenute nel processo di “sottoscrivere” le  loro  dichiarazioni raccolte nel  verbale  di  udienza, anche  se  acquisite in  sede  di escussione testimoniale. L’esonero della sottoscrizione, tuttavia, non opera là dove si tratti di raccogliere un “accordo” delle parti che abbia natura transattiva (es. nel verbale ex art. 185 c.p.c.: v., correttamente, sul punto, Min. Giustizia, cric. 27 giugno 2014) o conciliativa. In questi casi «il giudice provvederà a stampare su carta il verbale in modo da consentirne alle parti la sottoscrizione» (v. circolare succitata che offre una metodologia applicabile anche in questo caso).

5 Sul tema del contratto telematico, ex multis: AA. VV. Il contratto telematico, in Tratt. Dir. comm. diretto da F. GALGANO, a cura di V. RICCIUTO E N. ZORZI, Padova, 2002; DELFINI, Contratto telematico e commercio elettronico, Milano, 2002; IRTI, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, p. 347 ss.; TOSI, Contratto virtuale. Procedimenti formativi e forme tra tipicità e atipicità, Milano, 2005. V. anche, OPPO, Disumanizzazione del contratto? in Riv. dir. civ., 1998, I, p. 525 ss.

6 TOSI, Contratto Virtuale in Digesto delle discipline privatistiche, voce Contratto Virtuale, Torino 2003.

7 Tosi, Contratti informatici, telematici e virtuali. Nuove forme e procedimenti formativi. Giuffré, 2010, 245

8 SI pensi ai contratti conclusi con il sistema “point & click

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