Magistratura democratica
Magistratura e società

Salvini come Eichmann?*

di Alessandro Simoni
professore di sistemi giuridici comparati, Università di Firenze
Il contratto di Governo e le esternazioni del ministro dell'Interno sembrano voler riproporre, a dieci anni esatti dall'”emergenza nomadi”, una presunzione di pericolosità su base etnica basata su grossolani stereotipi, ora riproposti anche in forme “eleganti” ammantate di “realismo” e “oggettività”. Per non farsi disorientare dal restyling di vecchie banalità, è importante aver presenti i termini effettivi del problema e gli antefatti storici

Le esternazioni del vicepremier Matteo Salvini su un possibile censimento dei Rom non giungono inattese, visto che di Rom esplicitamente si parla nel contratto di Governo in una sezione dedicata ai “campi nomadi”. Salvini non è nuovo a dichiarazioni forti sul tema, tanto che la vera novità sarebbe quella dell’emissione di un provvedimento nella nuova veste di uomo di governo, appurato che la “questione Rom” è idonea a generare consenso.

Le reazioni sono state pure prevedibili, con alcuni commentatori che hanno richiamato lo sterminio nazista. Si va poi affermando un filone intermedio secondo il quale non sarebbe questione di razzismo, ma di reazione a un’oggettiva realtà di involuzione criminale e sfruttamento minorile, la cui negazione sarebbe dovuta a un colpevole silenzio, in deferenza al politicamente corretto, sostenuto da immarcescibili intellettuali di sinistra. Siamo, ovviamente, all’interno di una linea argomentativa ormai dominante in molti ambiti tra i “conservatori eleganti”, che qui ha tuttavia effetti lievemente surreali, considerato che quello del Rom criminale è l’unico stereotipo etnico che può essere espresso apertamente in qualunque ambiente.

Sono però altri i silenzi e le amnesie che fanno girare a vuoto il dibattito. Stupisce innanzitutto il fatto che quasi nessuno abbia voluto ricordare che esattamente dieci anni fa andò in scena lo stesso copione, con le ordinanze “emergenza nomadi” promosse da Roberto Maroni, poi giudicate illegittime dalle giurisdizioni amministrative. Ricordare l’esperimento di Maroni è utile, perché consente di mettere a fuoco il problema chiave, ossia che per malizia, prudenza o ignoranza le proposte politiche si concentrano unicamente sulla frazione del mondo Rom che vive in condizione di visibile marginalità, criminale o meno. La realtà che i Rom sono un insieme variegato di persone dai confini tutt’altro che ben definiti, che si confonde con le comunità dei cittadini dei Paesi di origine, Italia, Romania, stati ex jugoslavi e quant’altro, sembra troppo complessa o scomoda da affrontare. La donna con la gonna a fiori che mendica è considerata certamente Rom, l’uomo che abita in un condominio e fa il muratore certamente no.

Il presidente del Consiglio e il presidente della Corte costituzionale hanno subito specificato che un censimento etnico sarebbe illegittimo. Dichiarazioni rassicuranti sul piano dei principi, ma di scarso impatto pratico, perché identificare le persone “di etnia Rom” che non vivono in “campi nomadi” sarebbe impossibile prima che incostituzionale.

Identificare i Rom con gli abitanti dei campi nomadi serve certamente a alimentare gli stereotipi popolari, ma è lecito pensare che la confusione sia funzionale a legittimare – come tentò di fare Maroni  un diritto speciale per chi vive in certi luoghi, fingendo che questo non avvenga su base etnica. Riflettiamo un attimo sul punto. Molti campi nomadi sono luoghi socialmente degradati, con dinamiche tuttavia molto simili a quelle che caratterizzano certe periferie urbane, a volte le stesse dove sono dislocati i campi. Semplicemente, i campi sono luoghi in cui prevale la presenza di persone che corrispondono a una certa immagine di diversità incasellata (gli “zingari”), facilmente riconoscibile e distinguibile. Nessun governante proporrebbe regole ad hoc sul controllo degli abitanti (non Rom) dei peggiori inferni suburbani d’Italia, anche dove i tassi di criminalità sono altissimi.

Riflettere sul fatto che il problema politico è quello della reazione al Rom visibile o, con un termine oggi di moda, “percepito” sarebbe utile anche a chi vuole prendere posizione rispetto alle esternazioni di Salvini.

Salvini non è Eichmann, per il semplice motivo che regimi vessatori di diritto speciale o di “non diritto” per gli “zingari” sono stati a lungo sperimentati in Europa ben prima delle svolte totalitarie, come illustrato di recente da una storica americana, Jennifer Illuzzi, proprio con riferimento all’Italia e alla Germania tra il 1861 e il 1914 (Lives Outside the Law). La caduta dei totalitarismi non rappresentò sempre una svolta. In Francia tra il 1912 e il 1969 una legge imponeva ai “nomadi” di munirsi di un “libretto antropometrico”, il cui titolare era sottoposto a una lunga serie di obblighi fortemente limitativi della libertà personale.

Le dichiarazioni di Salvini e il contratto di Governo non contengono il germe di nuove leggi razziali, ma “semplicemente” mirano a creare una categoria di persone alle quali le istituzioni attribuirebbero una presunzione di pericolosità a prescindere dal loro comportamento individuale. Quali che siano i problemi, una soluzione del genere dovrebbe essere considerata pacificamente incompatibile con il nostro modello di stato di diritto, anche da chi non è un intellettuale di sinistra.

[*] In copertina: Vincent van Gogh, La carovana di zingari vicino Arles, 1888, Olio su tela (Musée d'Orsay, Parigi). Fonte: it.wikipedia.org

06/07/2018
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