Magistratura democratica

Introduzione.
Il peso dell’attività delle banche sulla giustizia civile... e dintorni

di Luca Minniti

Il dibattito pubblico in questi anni ha individuato nella inadeguatezza e scarsa efficienza della giustizia civile una delle cause della scarsa competitività del mercato della moneta, addebitando in via sostanzialmente esclusiva alla giustizia civile la difficoltà di recupero dei crediti degli enti creditizi ed in generale l’eccessività dei costi transattivi del sistema bancario[1].

La pubblicistica non è però ancora riuscita a distinguere in modo approfondito in quale misura il deterioramento dei crediti bancari sia conseguenza dell’inefficienza dei sistemi di recupero coattivo sui quali il legislatore è di recente (e ripetutamente) intervenuto, così rispondendo alle richieste del mondo bancario, e quanto invece sia stato e sia ancora addebitabile ad un errato esercizio della funzione creditizia da parte delle banche (conseguenza ad es. di inadeguata valutazione della condizione dei beneficiari, di conflitti di interessi nella erogazione del credito e tra erogazione del credito e attività di recupero del credito, di imprudente stima delle garanzie)[2].

Peraltro la recente scelta legislativa che nelle procedure esecutive rischia di favorire la svalutazione incontrollata del patrimonio del debitore attraverso la esternalizzazione delle sofferenze non sembra favorire i comportamenti virtuosi del sistema bancario anche se risponde alla esigenza di rapidità e certezza del sistema del credito.

Va poi considerato che oggi la nuova disciplina europea di risoluzione delle crisi bancarie prevede un sistema che prescinde dall’accertamento dell’insolvenza e distribuisce la perdita in una fase temporale anticipata rispetto a quella in cui il patrimonio sarebbe stato liquidato anche se il peso del salvataggio delle banche italiane è stato smisurato e difficilmente comprensibile mentre la condotta delle autorità competenti è apparsa tutt’altro che incisiva.

Ma c’è un altro punto di vista dal quale osservare il rapporto tra banche e giustizia civile e che aiuta a comprenderne la complessità.

L’Obiettivo che presentiamo nel raccogliere una pluralità di riflessioni rivolte a sondare le molteplici ricadute che, in questi ultimi due decenni, l’attività bancaria ha prodotto sul contenzioso giudiziario, mostra con tutta evidenza la portata molto significativa degli effetti dell’attività bancaria sul sistema della giustizia civile.

Il quadro che ne emerge è certamente articolato ma non per questo poco eloquente.

Non può sottovalutarsi che l’attività bancaria ha prodotto sulla giustizia civile, a partire dalla fine del secolo scorso, un impatto davvero molto ingente, per certi versi abnorme, come conseguenza vuoi della espansione della economia finanziaria vuoi dei fenomeni di crisi che hanno investito il mondo dell’economia reale e della funzione creditizia.

E la portata del fenomeno è assai rilevante non solo in termini di numero di procedimenti giudiziari ma anche per la portata qualitativa del contenzioso che ha coinvolto istituti fondamentali del diritto civile anche quando il valore della controversia non ha superato soglie significative e meritevoli dell’intervento giurisdizionale.

È noto infatti che, a partire dalla fine degli anni ‘90, i fronti del conflitto giudiziario si siano moltiplicati in misura davvero considerevole e, per quanto si dirà, non solamente sul terreno tradizionale delle insolvenze civili e commerciali che hanno esposto in modo significativo le imprese bancarie a rilevanti perdite per deterioramento dei crediti.

In primo luogo, pur prescindendo dall’impatto finanziario del fenomeno anche in termini di perdita di credibilità del sistema di gestione del risparmio, all’osservatore del contenzioso civile non può sfuggire l’impatto giudiziario davvero considerevole prodotto dalla lunga stagione del diffuso collocamento di strumenti finanziari in larga parte inadeguati. Fenomeno da cui è scaturita una impennata molto significativa del contenzioso in gran parte seriale e dall’esito prevedibile (a partire dalle azioni proposte dagli acquirenti delle obbligazioni Parmalat, Cirio, Argentina, o dei prodotti Myway, Foryou et similia).

Al contempo, in parallelo rispetto al filone di contenzioso in materia finanziaria, l’intero rapporto banca cliente è stato messo in discussione con il faticoso superamento della tradizionale efficacia normativa delle Norme bancarie uniformi.

In questo ambito il cuore dei rapporti bancari è stato sottoposto a radicale e ripetuta verifica giudiziale (a partire dalla verifica della legittimità del risalente anatocismo bancario sino ai limiti posti alla determinazione dei tassi di interesse ed alla verifica del fondamento di costi accessori gravanti sul cliente della banca) con esiti, peraltro, in molti ambiti ancora non definitivi, in particolare in punto di ricadute civilistiche dell’usura bancaria.

E tanto incalzante è stato il conflitto tra banca e cliente che il legislatore è dovuto correre ai ripari con la previsione di un ulteriore e diverso luogo di risoluzione delle controversie: l’arbitro bancario e finanziario.

Nella lettura delle problematiche affrontate dalla giurisprudenza si può leggere una intensa pagina del dialogo tra legislazione e giurisdizione, dove ai giudici, come spesso di recente è accaduto, è attribuito un ruolo di adeguamento della regola alla mutata realtà materiale e poi, a seguito dell’intervento legislativo, di riordino sistematico del diritto positivo. Con una scansione, in due ravvicinati tempi, dell’intervento giudiziario posto a cavallo dell’intervento legislativo che ha connotato molti settori dell’ordinamento.

È noto infatti che nel campo che abbiamo scelto di porre all’attenzione dei lettori il percorso di adeguamento sistematico intrapreso dalla giurisprudenza è stato poi condizionato da plurimi interventi normativi, anche rapidi e non sempre coerenti nel loro succedersi: ripetute modifiche che hanno costretto e costringono ancora la giurisprudenza a faticose rincorse ed aggiustamenti.

Si tratta con evidenza di un ennesimo ancorché peculiare capitolo della controversa storia del rapporto tra giudice e legge cui abbiamo dedicato il numero monografico n. 4/2016 di questa Rivista.

In questo proliferare di conflitti giudiziari è però emerso un filo che lega la trama delle diverse tipologie di controversie da individuarsi nel nesso, davvero stringente, tra diseguaglianza economica e diseguaglianza della conoscenza: due facce interdipendenti che nel rapporto bancario connotano con vividezza il conflitto tra la banca ed i suoi differenti clienti. Va considerato che, anche in questo ambito commerciale, un numero sempre maggiore di beni immateriali entrano nel commercio come effetto di una sempre maggiore complessità dell’attività dell’impresa bancaria, dei suoi prodotti e servizi, mostrando come la ignoranza del cliente, quand’anche coinvolto nel corso della sua attività professionale richieda efficaci e tempestivi rimedi giudiziali non circoscrivibili alla tutela del solo consumatore. Mentre la strada intrapresa dal legislatore appare talvolta orientata ad incrementare la disciplina di dettaglio con rischi di burocratizzazione del rapporto negoziale e scivolate neoformaliste inidonee a rendere effettiva la tutela.

La realtà giudiziaria mostra infatti come il potere della conoscenza diseguale, anche in questo settore dell’economia, richieda di esser bilanciato di volta in volta in misura differente da un articolato dovere di informazione, sempre sottoposto al controllo giudiziale di adeguatezza delle conoscenze in concreto condivise dai contraenti. Laddove poi il nesso tra opacità negoziale e squilibrio economico costringe l’interprete a valorizzare le interferenze tra gli strumenti di tutela posti a rimedio dell’una e dell’altro per adeguare il sistema al nuovo elevato standard eurounitario della effettività della tutela.

Cosicché l’asimmetria delle posizioni che entrano in gioco nel rapporto bancario è apparsa tale da giustificare tanto legittimazioni disuguali all’azione (come nella peculiare ma efficace procedura davanti all’Arbitro bancario finanziario) quanto rimedi unilaterali come le nullità di protezione, o vere e proprie sottrazioni all’autonomia negoziale di schemi contrattuali (nell’ambito dei servizi finanziari) ritenuti per legge inadeguati e perciò interdetti a taluni contraenti.

E tanto potente appare la diseguaglianza tra le parti del rapporto bancario che nell’esercizio del controllo giurisdizionale sulle modalità di esercizio dell’autonomia privata il giudice è costretto a spingersi sino al nocciolo della discrezionalità dell’impresa bancaria attraverso il sindacato della “meritevolezza di credito” e della stessa remunerazione della prestazione. Terreno sul quale ancora oggi permangono alcune significative incognite giudiziali che producono incertezza e contenzioso seriale.

Mentre sul piano della verifica della effettività della tutela si pone il problema della qualità dell’intervento giudiziale in tutte quelle ipotesi in cui la eventuale illiceità della condotta della impresa bancaria, in primo luogo nell’esercizio del recesso, rischia di determinare effetti irrimediabilmente pregiudizievoli, rispetto ai quali la tutela risarcitoria appare non idonea a preservare il bene tutelato.

Un terreno particolarmente delicato della tenuta del principio di eguaglianza è poi quello delle procedure concorsuali dove l’esigenza di risanamento dell’impresa, ritenuta primaria dal legislatore, ha giustificato appositi interventi normativi rivolti a ridurre i rischi che nelle operazioni di salvataggio le banche tradizionalmente erano restie a correre, non senza mettere a rischio la par condicio creditorum.

Infine merita un cenno la problematica della interazione tra attività bancaria e misure di prevenzione patrimoniali nella nuova disciplina delineata dal d.lgs n. 159/2011 dove invece è l’interesse pubblico ad esigere il vincolo sull’attività di provenienza illecita ed a condizionare il rischio di perdere la garanzia patrimoniale per i creditori che con l’impresa inquinata hanno avuto rapporti.

Per queste ragioni ci siamo posti l’obiettivo di raccogliere contributi che consentissero di rappresentare il cammino che l’ordinamento ha intrapreso sul difficile terreno del rapporto tra banca e cliente.

Consapevoli che questo campo di intervento della giustizia civile continuerà ad esser uno dei banchi di prova della tenuta del principio di eguaglianza nel diritto privato e con la speranza che l’equilibrata opera della giurisdizione contribuisca a porre rimedio, almeno in parte, agli squilibri ed alle inefficienze dimostrati dal mercato del credito e dei servizi finanziari.

[1] Ufficio Parlamentare di Bilancio Focus tematico n. 5 del 22 luglio 2016 reperibile in www.upbilancio.it/wp-content/uploads/2016/07/Focus_5.pdf.

[2] Efficacemente sul punto Carmelo Barbagallo, I crediti deteriorati delle banche italiane: problematiche e tendenze recenti reperibile in www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-vari/int-var-2017/Barbagallo_CISL_06062017.pdf, Roma 6 giugno 2017.