Magistratura democratica
Europa

Cedu, cancellazione di dati diffamatori dagli archivi Internet

di Francesco Buffa
Consigliere della Corte di Cassazione
Dalla decisione della Corte emerge come le regole che disciplinano la riproduzione di dati su internet, debbano tenere conto delle caratteristiche specifiche della tecnologia
Cedu, cancellazione di dati diffamatori dagli archivi Internet

CEDU, Chambre, Wegrzynowski and Smolczewski v. Polonia, o. 33846/07, 16 luglio 2013.

DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA - ARCHIVI INTERNET – CANCELLAZIONE DEI DATI – ESCLUSIONE – TUTELA DELLA REPUTAZIONE - MODALITA'

CEDU Art. 8, 10

Nella vicenda trattata dalla sentenza in commento, un articolo pubblicato su un quotidiano a diffusione nazionale, e già valutato come diffamatorio da un tribunale, era rimasto accessibile sul sito Internet del giornale, come le persone diffamate avevano scoperto un anno dopo che era stato reso il giudizio in loro favore.

Le persone offese avevano quindi presentato una nuova denuncia, sostenendo che l'articolo diffamatorio era posizionato in modo ben visibile nel motore di ricerca Google e che, chi cercava informazioni su di loro, aveva  facile accesso all'articolo del giornale, in spregio delle decisioni giudiziarie precedenti, ed anzi che l'archivio del giornale consentiva ad un gran numero di persone di leggere il detto articolo, amplificando il danno.

Le persone diffamate avevano quindi chiesto ai giudici nazionali la condanna alla rimozione dei dati diffamatori ed il risarcimento del danno anche non patrimoniale.

I responsabili dell'articolo e del sito si erano difesi sostenendo, tra l'altro, che l'articolo era stato pubblicato e non poteva perciò in alcun modo essere cancellato dalla storia, per cui era stato collocato nell'archivio del sito, aggiungendo che proprio per la collocazione in archivio dell'articolo, i lettori sarebbero stati consapevoli che l'articolo era stato pubblicato solo in passato.

La domanda veniva respinta dai giudici nazionali, sicché le persone diffamate si sono rivolte alla CEDU, sostenendo che i loro diritti al rispetto della sua vita privata e la loro reputazione erano stati violati, in violazione dell'articolo 8 della Convenzione, a seguito della continua presenza sul sito web del giornale di un articolo già ritenuto diffamatorio dal tribunale.

Con la sentenza in epigrafe, la Corte ha svolto interessanti considerazioni generali sulla comunicazione via Internet.

Ha intanto dichiarato che Internet è uno strumento di informazione e di comunicazione che va distinto dai media su carta, soprattutto per quanto riguarda la capacità di memorizzare e trasmettere informazioni.  La rete elettronica è soggetta a diverse normative e controlli, dato che il rischio di danno posto dalla comunicazione via Internet è certamente superiore a quello posto dalla stampa. Pertanto, le regole che disciplinano la riproduzione di dati sulla dalla carta stampata e su Internet possono essere diverse, e queste ultime possono essere regolate in base alle caratteristiche specifiche della tecnologia al fine di garantire la tutela e la promozione dei diritti e delle libertà in questione (cfr. Comitato Editoriale di Pravoye Delo e Shtekel v Ukraine, n. 33014/05).

La Corte ha quindi ammesso che non è compito delle autorità giudiziarie di impegnarsi nella riscrittura della storia, ordinando la rimozione dal dominio pubblico di tutte le tracce di pubblicazioni effettuate in passato, ancorché  ritenute diffamatorie da decisioni giudiziarie definitive, tanto più che rileva secondo la Corte per la valutazione del caso anche la considerazione del legittimo interesse del pubblico a ricevere informazioni con accesso agli archivi pubblici su  Internet, interesse del pari protetto ai sensi dell'articolo 10 della Convenzione.

La Corte ha affermato che le presunte violazioni dei diritti tutelati ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione devono essere corrette da rimedi adeguati previsti dalla normativa nazionale, essendo questa tenuta a bilanciare tra i contrapposti interessi, protetti rispettivamente dagli articoli 8 e 10.

Con riferimento al caso di specie, la Corte ha sottolineato che il richiedente aveva chiesto la totale cancellazione dei dati dagli archivi e non aveva presentato invece una specifica richiesta di rettifica di informazioni, mediante l'aggiunta di un riferimento alle precedenti sentenze a suo favore, al fine di informare il pubblico del riconoscimento del carattere diffamatorio dell'articolo. Tale indicazione aggiuntiva avrebbe infatti permesso di mediare adeguatamente tra gli interessi confligenti in materia.

Tenendo conto di tutte le circostanze del caso di specie, la Corte ha riconosciuto che lo Stato ha rispettato l'obbligo di trovare un equilibrio tra i diritti garantiti dall'articolo 10 e, d'altra parte, l'articolo 8 della Convenzione, e che una limitazione della libertà di espressione per la tutela della reputazione del singolo nelle circostanze del caso di specie sarebbe stata sproporzionata ai sensi dell'articolo 10 della Convenzione (v. Karako v Ungheria, n. 39311/05, § 28, 28 aprile 2009).

La Corte ha quindi ritenuto che non vi è stata alcuna violazione dell'articolo 8 della Convenzione.

19/08/2013
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