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La giustizia penale alla prova dell’urgenza 

di Gabriele Mazzotta
Procuratore aggiunto, Firenze
Considerazioni più pratiche che teoriche sulle misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 nel settore della giustizia penale di cui all’art. 83 del decreto legge 18/2020

 Premessa


La diffusione di una malattia sta prostrando gli Stati; ognuno si confronta con il proprio sistema e con quanto ha saputo seminare nell’organizzazione della vita pubblica, con le direzioni strategiche dei propri investimenti.

Verrà, anche nel nostro Paese, il momento in cui occorrerà ragionare sulle disfunzioni di interi settori sensibili per la vita di una comunità: la pubblica amministrazione, la giustizia, l’educazione formativa e, primariamente (perché il virus sta testando la tenuta delle modalità di tutela della salute) la sanità.

Oggi stiamo verificando quanto valgono i principi e quanto valgono i comportamenti.

Molti opinionisti in questi giorni si sono lanciati in operazioni speculative sulle ragioni dell’esistenza e della sua fragilità, sugli errori delle filosofie valoriali agganciate al sistema economico che tendenzialmente impoverisce la qualità del servizio pubblico. L’estremità del male sollecita interrogativi preoccupati sulla stessa tenuta del diritto e sull’efficacia delle sue regole, sul senso del carcere come luogo di scarto non riciclabile.

Anche su tutto questo si può nutrire la speranza che maturi un pensiero profondo alimentato dal bisogno della chiarezza.

Al momento non sembra consigliabile impegnarsi in qualcosa di più di un proposito da realizzare a tempo debito, ossia quando la tempesta sarà finita; perché ora è con la tempesta che bisogna misurarsi.

E se i salvagenti sono pochi, le sartie spezzate, il timone difettoso per omessa manutenzione, non è utile imprecare contro se stessi o contro chi non ha adeguatamente verificato la messa a punto degli ingranaggi; è piuttosto assolutamente necessario agire al meglio con gli strumenti che si hanno a disposizione e tra questi, in primo luogo, il proprio senso di responsabilità.

La mancanza del quale mostra semmai quanto possa essere pericoloso immaginare di poterla sopperire con il diritto o meglio con l’uso della forza legittimato dalla regola dell’emergenza. In questa direzione il diritto non può che vietare e intimidire con la sanzione, ma l’accertamento della violazione della regola e l’irrogazione della sanzione non riparano né prevengono il contagio.

Non è certo sbagliato porre argini al comportamento disfunzionale riponendo fiducia nella valenza di prevenzione generale della norma.

Ma se, in una situazione emergenziale come quella attuale, occorre punire per mettere lo stesso trasgressore al riparo da un nemico invisibile, significa che fino a ieri l’umanità, con tutti gli sforzi compiuti, non ha percorso un grande cammino nella sua storia oppure in questo suo procedere ha sprecato migliaia di chilometri.

Chissà se, passata la paura e intervenute le guarigioni, si potrà provare a mettere un po’ d’ordine separando ciò che è essenziale da ciò che non lo è, separando ciò che ha un significato vero da ciò che è solo retorica, separando ciò che è utile per la comunità da ciò che è superfluo, separando ciò che forma l’individuo da ciò che lo degrada a essere nocivo.

Quanto abbiamo saputo prenderci cura di noi stessi?

Forse in queste ore nel provare a salvarci riusciremo a comprenderlo.

Nell’imminenza spicciola della realtà quotidiana dei nostri uffici abbiamo il compito di scongiurare il rischio del contagio, e, perciò, è richiesto in capo agli operatori della giustizia un approccio ragionevole alle norme dettate a contenere, nell’emergenza, le attività giudiziarie, tuttavia pensandone una ripresa, nella loro proiezione futura, graduabile sulla base dei valori in gioco e degli avvenimenti in costante evoluzione.

1. Sintesi della disciplina dell’emergenza nel settore penale

Può essere utile provare una sintesi ragionata dell’art. 83 decreto legge 18/2020 che, nella materia di giustizia penale, consegna una complessa disciplina articolata in regole ed eccezioni.

I REGOLA GENERALE: Le udienze relative a procedimenti civili e penali fissate nel periodo dal 9 marzo al 15 aprile 2020 sono rinviate a data successiva al 15 aprile 2020 (comma 1, art. 83 dl 18/2020).

II REGOLA GENERALE: dal 9 marzo al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali (comma 2, art. 83, dl 18/2020).

Ove il termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo. Quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, è differita l’udienza o l’attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto (comma 2, art. 83 dl 18/2020).

Sono sospesi anche il corso della prescrizione e i termini di cui agli artt. 303 e 308 del cpp, salvo che l’interessato o il suo difensore non abbiano richiesto che si preceda alla celebrazione del procedimento (comma 4, art. 83, dl 18/2020).

Da queste due regole si ricava il principio, e al tempo stesso l’informazione a tutti i cittadini, che fino al 15 aprile 2020 i tribunali (salve le urgenze e talune eccezioni) non operano, sono chiusi, non garantiscono alcuna forma di accoglienza. Si crea cioè uno spazio bianco, che, come meglio precisato nei successivi commi del dl cit., dovrà essere utilizzato, da parte di chi opera all’interno degli Uffici giudiziari per la pianificazione delle attività a date successive al 15 aprile 2020.

Tale spazio bianco, tuttavia, soffre di alcune eccezioni.

Nel settore penale tali eccezioni sono di tre tipi:

 I ECCEZIONE: celebrazione necessaria dei seguenti procedimenti (comma 3, lett. b, art. 83, dl 18/2020):

  • procedimenti di convalida arresto o fermo;
  • procedimenti nei quali nel periodo di sospensione (9 marzo/15 aprile) scadono i termini di cui all’art. 304 cpp (ossia i termini di sospensione di durata massima della custodia cautelare);
  • procedimenti in cui è stata applicata la misura di sicurezza detentiva o in cui è pendente la richiesta per la sua applicazione.

II ECCEZIONE: celebrazione ravvicinata, ossia qualora l’interessato (detenuto, imputato, proposto) o suo difensore, richiedano che si proceda, nei seguenti casi (nn. 1,2 e 3 della lett. b) comma 3, dl cit.):

  • Procedimenti a carico di persone detenute[1];
  • Procedimenti in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza[2];
  • Procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione o nei quali sono disposte misure di prevenzione[3];

III ECCEZIONE: i procedimenti che presentano carattere d’urgenza per la necessità di assumere prove indifferibili[4].

2. Il governo delle eccezioni

Se la prima eccezione non presenta difficoltà interpretative di sorta, perché i procedimenti in essa contemplati vengono incanalati nell’ordinario iter di trattazione, più problematiche le situazioni riconducibili agli ambiti della II e III eccezione.

Le ragioni che rendono più difficilmente comprensibili i percorsi di tali eccezioni sono principalmente due:

  • la prima dipende dalla scelta rimessa all’interessato o al suo difensore se optare per l’uscita dal regime del rinvio e della sospensione dei termini processuali;
  • la seconda riguarda il riferimento ai procedimenti in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza.

La scelta di rimettere all’interessato o al suo difensore l’adozione del regime processuale straordinario ovvero ordinario presenta il grosso limite formale della mancanza di previsione di un termine entro il quale quella scelta può essere compiuta.

La soluzione, perciò, potrebbe essere nel senso di ritenere che l’istanza l’interessato o il suo difensore possa avanzare fino al momento in cui si sarebbe dovuta compiere l’attività processuale secondo il suo iter ordinario.

La formulazione di tale istanza manifestata solo a partire da tale momento, tuttavia, non potrebbe radicare il diritto dell’interessato allo svolgimento di quell’attività nel tempo che era stato originariamente previsto, per la semplice ragione che fino all’esplicitazione della dichiarazione dell’interessato il relativo procedimento è assoggettato al periodo di sospensione legale (9 marzo/15 aprile) che solo l’istanza dell’interessato può rimuovere, rimanendo salva la celebrazione dell’udienza nei limiti in cui la stessa sia possibile svolgere per l’eventuale presenza di tutti i soggetti necessari.

Cosicché, qualora nel periodo di sospensione ricada un’udienza relativa a un procedimento[5] rientrante in una delle eccezioni operanti su istanza di parte, la formulazione di quest’ultima rimuove, ma solo a partire dal momento in cui viene espressa, il regime del rinvio e della sospensione dei termini: se, ad esempio, il procedimento, per il quale si ritenga sussistere l’urgenza all’acquisizione di una prova, dovesse risultare fissato all’udienza del 13 aprile e l’interessato fino a tale data non abbia formulato alcuna istanza, lo stesso non potrà pretendere che l’udienza venga celebrata in quel giorno, perché tutte le attività prodromiche e funzionali allo svolgimento di quell’udienza sono state per legge sospese. L’interessato, perciò, formulerà la sua istanza che il giudice dovrà valutare consentendo la riattivazione dell’udienza sospesa, riesumandola con una sua fissazione compatibile con l’urgenza (se ritenuta sussistente) che l’interessato gli abbia prospettato.

Tale meccanismo può suscitare qualche perplessità in riferimento alla categoria (anch’essa soggetta a eccezione su istanza dell’interessato o del suo difensore) dei “procedimenti in cui sono applicate misure di cautelari o di sicurezza”.

L’ampiezza della formula induce alla necessità di considerare non solo la varietà delle tipologie di tali misure, ma anche delle tipologie dei procedimenti in cui le stesse sono inscritte.

Intanto occorrerebbe considerare le misure di sicurezza[6], perché la loro inclusione nella categoria dei procedimenti attivabili a istanza dell’interessato crea un’eccezione all’eccezione, secondo la quale i “procedimenti in cui è stata applicata la misura di sicurezza detentiva o in cui è pendente la richiesta per la sua applicazione” sono sottratti obbligatoriamente al regime di rinvio e sospensione; a tale eccezione, che include anche i procedimenti di “applicazione provvisoria di misure di sicurezza” detentive (artt. 312, 313 cpp) fanno eccezione i procedimenti in cui sono applicate misure di sicurezza (anche in via provvisoria) non detentive e patrimoniali, i quali sono sottratti al regime di rinvio e sospensione solo su istanza dell’interessato.

Anche le misure cautelari si distinguono in misure personali e reali.

Le prime possono a loro volta consistere in misure coercitive (divieto di espatrio, obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, allontanamento dalla casa familiare, divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, divieto e obbligo di dimora, arresti domiciliari, custodia cautelare in carcere) o in misure interdittive (sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale, sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio e servizio, divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali). Le misura cautelari reali possono consistere nel sequestro conservativo e nel sequestro preventivo.

Al di là dell’utilizzo in senso non tecnico della parola “procedimenti”, la misura cautelare (personale o reale) può essere applicata nel procedimento attivato presso il giudice delle indagini preliminari sulla base della richiesta del pubblico ministero ovvero nel corso del processo di cognizione. La misura cautelare (personale o reale) può essere attivata contestualmente o all’esito del giudizio della convalida dell’arresto e del fermo.

Come s’è detto i procedimenti di convalida di arresto e fermo sono sottratti al regime di sospensione e rinvio, rientrando tra i procedimenti a celebrazione obbligatoria; ne consegue che, ad esempio, al loro interno potrà essere pure effettuato l’interrogatorio di garanzia, di cui all’art. 294 cpp.

Ogni qual volta, però, risulti applicata una misura cautelare personale al di fuori delle situazioni di convalida di arresto e fermo, come possono essere garantiti i termini di cui all’art. 294 cpp?

Il problema può evidentemente porsi nei casi in cui risulti eseguita una misura cautelare personale a ridosso oppure nel corso del periodo di rinvio e sospensione dei termini.

Si tratta della situazione che probabilmente è destinata a mettere in seria difficoltà, in particolare, l’ufficio del giudice delle indagini preliminari a fronte dell’esigenza di equilibrare il diritto alla salute della collettività, al quale è preordinato il regime straordinario, con il diritto della libertà personale.

Sarebbe, peraltro, lecito ritenere che il legislatore abbia ritenuto di contemperare tali diritti qualora pervengano a possibile conflitto, rimettendo allo stesso interessato o al suo difensore la scelta di uscire dal regime straordinario per ricondurre sul binario della disciplina ordinaria la propria situazione processuale.

In assenza di tale personale indicazione e fino alla sua esplicitazione formale si sarebbe portati a credere che anche i termini di cui all’art. 294 cpp dovrebbero rientrare nel regime di sospensione. Qualora, perciò, tale termine dovesse avere inizio durante il periodo di sospensione:

  • esso decorrerà dal momento in cui l’interessato ha formulato richiesta di procedere;
  • esso decorrerà dalla fine del periodo di sospensione (e dunque dal 16 aprile), in assenza, nell’ambito di detto periodo, dell’istanza dell’interessato.

Si può ritenere che tale disciplina che posponga nel tempo il diritto del soggetto sottoposto a misura cautelare personale a rendere l’interrogatorio e il correlativo obbligo giuridico del giudice di svolgerlo sia lesivo della libertà personale?

Si dovrebbe rispondere negativamente perché in termini non irragionevoli in una situazione di assoluta straordinarietà lo Stato, nell’interesse dello stesso prevenuto, ha rimesso a quest’ultimo di scegliere liberamente se sottoporsi ad interrogatorio nei tempi ordinari previsti dal codice di rito oppure se rinviare tale adempimento alla cessazione del periodo convenzionalmente ritenuto di rischio epidemiologico.

E in tale tipo di valutazione l’interessato potrà ad esempio considerare se l’ufficio giudiziario si sia organizzato secondo quanto prescritto nel comma 12 dell’art. 83 dl 18/2020 ossia garantendo “...la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare...mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della Giustizia...”[7].

Il bilanciamento di tali contrapposti interessi regola anche la disciplina inerente alla sospensione o al decorso dei termini di prescrizione e di fase delle misure cautelari personali.

Se, infatti, il procedimento non sia attivato dall’istanza dell’interessato (e/o del suo difensore) e, dunque, rimanga imbrigliato nel periodo di sospensione legale, anche i relativi termini di prescrizione e dei termini di fase cautelare rimangono congelati.

Lo scongelamento si riattiva solo dal momento in cui l’interessato richieda che si proceda.

3. L’allungamento dei termini di fase delle misure cautelari

È tollerabile, in mancanza di tale istanza, l’allungamento dei termini di fase di cui agli artt. 303 e 308 cpp?

Anche a tale interrogativo si dovrebbe rispondere positivamente, perché nella soluzione normativa si rintraccia una presunzione iuris tantum della volontà dell’interessato al rinvio del processo a causa del rischio di diffusione epidemiologica, costruendo al rovescio la necessità di istanza nella direzione opposta (come invece nel regime ordinario delle sospensioni dei termini di fase di cui all’art. 304 cpp, I comma, lett. b). Per tal modo, la disciplina nel suo complesso sembra costruire una causa di sospensione del termine di fase rispondente sia alla tutela delle ragioni di carattere generale sia alla tutela delle ragioni del singolo prevenuto, rimettendo a quest’ultimo la scelta di rimuovere l’operatività della sospensione del suo diritto alla libertà personale, qualora egli stesso, nella contingenza del caso, lo valuti come preminente al (o compatibile con il) proprio diritto alla salute, in tale evenienza accettando le precauzioni che l’ordinamento attiva per il contenimento del rischio epidemiologico.

Occorrerebbe, inoltre, chiedersi se la misura dell’allungamento dei termini di fase sia essa stessa legittima alla luce della complessiva disciplina dei termini di fase.

Anche su tale profilo, però, sembrerebbe di doversi azzardare una risposta positiva.

Il tempo di congelamento dei termini di fase, infatti, è codificato (almeno sino a oggi) in un arco complessivo di 38 giorni (9 marzo/15 aprile), tale da non costituire il rischio di un superamento complessivo della durata della custodia cautelare come fissata nel comma 4 dell’art. 303 cpp e neppure del parametro di cui al comma 6 dell’art. 304 cpp, norma di chiusura e limite invalicabile nel regime di sospensione dei termini di fase.

I termini di fase della custodia cautelare possono pure sovrapporsi ad altre tipologie di termini come, ad esempio, ai termini stabiliti per le indagini preliminari, gli uni e gli altri soggetti al regime di sospensione di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 83 dl 18/2020.

Si faccia, ad esempio, il caso di procedimento iscritto il 15 settembre 2019, il cui termine d’indagine preliminare scada il 15 marzo 2020 e si consideri che il 17 dicembre 2019 sia stata eseguita nei confronti dell’indagato misura cautelare di custodia in carcere per un reato punito con pena non superiore nel massimo a sei anni, cosicché alla data del 17 marzo andrebbe a scadere il termine di fase.

Entrambi tali termini, sulla base del periodo di sospensione, sarebbero destinati ad allungarsi ciascuno di 38 giorni, salvo che l’interessato non formuli istanza di procedere, momento dal quale i termini riprenderanno a decorrere per l’una e l’altra occorrenza processuale.

Qualora, però, il tempo dell’emergenza dovrebbe allungarsi ulteriormente sarebbe il caso di ricercare soluzioni che non sacrifichino più del dovuto i tempi di durata delle misure cautelari.

 4. La pianificazione delle attività per il periodo successivo al 15 aprile 2020 

La sintesi ragionata del regime di rinvio delle attività processuali e di sospensioni dei termini consente di rilevare il non semplice governo della loro pianificazione per le fasi successive al 15 aprile 2020.

Per quanto riguarda le situazioni pacificamente rientranti nel periodo di sospensione il I comma dell’art. 83 del dl in commento ci dice che tutte le udienze comprese nel periodo tra il 9 marzo e il 15 aprile 2020 sono rinviate a data successiva al 15 aprile.

Non sussiste nessuna difficoltà, almeno teorica, a comprendere la chiara eccezione a tale disciplina, ossia ai procedimenti suscettibili di trattazione obbligatoria nel periodo dal 9 marzo al 15 aprile.

Più difficile sembrerebbe, invece, la programmazione delle udienze soggette alla possibilità che l’interessato o il suo difensore formulino richiesta di celebrazione.

Come s’è detto, per tali procedimenti fino alla formulazione di tale richiesta, le udienze rimangono congelate.

Dalla lettura delle norme sembrerebbe di dovere ricavare che il legislatore abbia voluto creare un tempo di circa 38 giorni da utilizzare solo per lo svolgimento dei procedimenti non differibili e per organizzare la distribuzione dei procedimenti attivabili a richiesta e dei procedimenti suscettibili di semplice rinvio, garantendo, entro tale periodo, la sospensione dei termini processuali (comma 2, art. 83, dl cit.) nonché dei termini di prescrizione e di fase cautelare di cui agli artt. 303 e 308 cpp (comma 4, art. 83, dl cit.), riattivandoli solo dal momento in cui l’interessato o il suo difensore richiedano di procedere nei casi consentiti e costituti dalle eccezioni di cui ai nn. 1,2 e 3 della lett. b) comma 3, dl cit.).

Si è, però, dovuto ritenere da parte del legislatore che la summa divisio tra procedimenti rinviabili tout court e procedimenti suscettibili di trattazione anticipata su richiesta dell’interessato dovessero essere organizzati, nei limiti del possibile, in contenitori differenti.

Probabilmente per tale ragione è stata fornita un’ulteriore indicazione temporale, quella del 30 giugno del 2020, all’interno della quale provare a garantire la celebrazione soltanto dei processi a trattazione per così dire “privilegiata” (ossia su richiesta dell’interessato nell’ambito delle situazione d’eccezione sopra indicate – 1,2 e 3 della lett. b, comma 3, dl cit.-)[8] e dei processi a trattazione obbligatoria (lett. b, prima parte, comma 3, dl cit.); tutti gli altri procedimenti rientranti nel periodo di congelamento tra il 9 marzo e il 15 aprile 2020 sarebbero invece suscettibili di rinvio a una data successiva al 30 giugno 2020.

Tale sorta di pianificazione del calendario delle udienze è inserita tra le misure organizzative demandate ai capi degli uffici come descritte nei commi 6 e 7 dell’art. 83 dl cit.. Tra tali misure affiora, nella lett. g) del coma 7 dell’art. 83 “la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020...con le eccezioni indicate al comma 3”.

Tali ultime eccezioni, perciò, qualora non risolte all’interno del primo periodo di sospensione (fino al 15 aprile) dovrebbero trovare accoglienza nel periodo compreso fino al 30 giugno 2020.

E fino a tale data (ovvero fino alla data del rinvio se a questa anteriore) sia per i procedimenti che dovessero essere ricollocati entro di essa sia per i processi che dovessero essere rinviati a una data ancora successiva rimangono sospesi i termini di cui agli artt. 303, 308, 309, comma 9, 311, commi 5 e 5 bis, e 324, comma 7 del cpp e agli artt. 24, comma 2, e 27, comma 6 del codice antimafia (comma 9, art. 83).

5. Brevissime conclusioni

In definitiva, allo stato delle misure normative a oggi adottate, occorrerebbe procedere, almeno per una messa in ordine delle udienze dibattimentali, secondo i seguenti criteri:

  • ricognizione, in riferimento al periodo dal 9 marzo al 15 aprile, dei procedimenti a trattazione obbligatoria;
  • ricognizione, in riferimento al medesimo periodo, dei procedimenti suscettibili di trattazione a richiesta dell’interessato;
  • individuazione all’interno delle Procure dei procedimenti in cui le misure cautelare in carcere siano suscettibili di richiesta di revoca o modifica in senso più favorevole;
  • programmazione razionalizzata dei rinvii; sarebbe, perciò, auspicabile che:
  • i processi a trattazione obbligatoria venissero condotti fino al 15 aprile attivando tutti i presidi indicati nel comma 12 dell’art. 83 del dl 18/2020;
  • I processi a trattazione anticipata su richiesta dell’interessato venissero fissati non oltre la data del 30 giugno 2020 e svolti anch’essi attivando tutti i presidi indicati nel comma 12 dell’art. 83 del dl 18/2020;
  • In tale prospettiva tutti gli altri processi venissero fissati a data successiva al 30 giugno 2020.
  • allestimento delle strutture per consentire la celebrazione dei processi con i soggetti in “custodia cautelare” e con i soggetti detenuti;
  • attivazione di tutti i presidi necessari al contenimento del contatto interpersonale e all’impedimento di assembramenti.

 

In tali operazioni l’attività ricognitiva è di prioritaria importanza e consente di testare l’efficacia dei dati informativi sul Sicp e su Siri, il cui effettivo aggiornamento è condizione imprescindibile a garantire una facile ed esaustiva acquisizione delle informazioni necessarie.

Sulla base di tali precondizioni una loro consultazione periodica sarebbe di sicuro ausilio per una più efficace articolazione nelle soluzioni organizzative ottimali soprattutto con riguardo al dibattimento (pure nel futuro in una situazione normalizzata).

Sennonché, quanto sembra trapelare sulla completezza dei dati raccolti nel sistema informatico non induce a essere tranquilli, rendendo la ricerca complicata e oggetto di molteplici riscontri per la sua attendibilità.

Forse anche su questa piccola disfunzione il virus ci sta costringendo a ragionare.

Ma proprio ora, almeno negli ambiti in cui si può, è necessario pensare a impostare il periodo fino al 30 giugno e le fasi successive con criteri di organizzazione più ordinati e funzionali; occorre operare con una visione metodologica in cui si riesca a distinguere ciò può essere rinviato nel tempo per fare spazio nell’imminenza a tutte le situazioni in cui sono in gioco diritti fondamentali.

E non sembra esserci molto tempo da perdere, perché neppure sappiamo se le misure straordinarie non debbano essere reiterate; proprio per questo è indispensabile che nessuno demorda e che tutti agiscano con senso di responsabilità per limitare oltre che il contagio anche il rischio del caos

 

[1] Neppure il dl 18/2020 ha chiarito se “per persone detenute” debbano intendersi anche le persone sottoposte a giudizio di cognizione, ma che stiano scontando una pena già definitivamente irrogata in altra causa. Da alcuni si è osservato che i procedimenti a carico di persone detenute siano solo i procedimenti d’esecuzione o i procedimenti innanzi alla magistratura di sorveglianza (nel corso della riunione settore penale dell’11 marzo 2020, indetta dal Presidente del Tribunale di Firenze, ad esempio, ha prevalso l’interpretazione secondo la quale per persone detenute debbano intendersi solo i soggetti detenuti per il processo per il quale si procede). In tale direzione potrebbe militare l’argomento basato sulla non felice formulazione della norma di cui al n. 1) della lett. b) del comma 3) dell’art. 83 il dl 18/2020, che sembrerebbe escludere per il detenuto la stessa legittimazione a formulare la richiesta di celebrazione del procedimento nei casi in cui vi sia stata a suo carico una sospensione cautelativa delle misure alternative ai sensi dell’art. 51-ter dell’ordinamento penitenziario. In effetti la salvezza della norma è poco comprensibile: proprio il condannato, ammesso ad una delle misure alternative alla detenzione, in quanto raggiunto da un provvedimento di sospensione del magistrato di sorveglianza in ragione dell’apprezzamento di comportamenti tali da giustificare la revoca della misura alternativa, avrebbe interesse a una solerte definizione della sua situazione pregiudicante.

Apparirebbe, pertanto, riduttivo ritenere che per detenuti in senso stretto siano da intendere solo i soggetti coinvolti in procedimenti esecutivi a fronte di imputati, i quali risultano sottoposti a misura di custodia cautelare in carcere. Non si può infatti trascurare la posizione del detenuto per altra causa, il quale ben può avere uno specifico interesse ad alleggerire il suo status di detenuto a una anticipata definizione del proprio giudizio in corso (V., infra, nota 8).

[2] Le misure cautelari sono sia quelle personali sia quelle reali e le misure di sicurezza (evocate nel n. 2 della lett. b, comma 3, dl n. 18/2020) sono solo quelle non detentive, perché i procedimenti in cui risultino applicate misure di sicurezza detentive sono soggette alla disciplina della celebrazione obbligatoria (dunque sottratte alla regola del rinvio).

[3] Anche per tali casi il dl continua a menzionare la categoria generale delle misure di prevenzione senza alcuna distinzione tra quelle reali e quelle personali. Occorre, peraltro, rilevare che i procedimenti inerenti alle misure di prevenzione sono procedimenti diversi dai processi dibattimentali, cosicché laddove si tratti della celebrazione di questi ultimi non si dovrebbe porre una questione di possibilità del loro rinvio proprio per l’autonomia e indipendenza tra il procedimento di prevenzione e quello penale ordinario. E, infatti, in tale ultima situazione, non si tratta di soggetto imputato o di soggetto detenuto, ma di soggetto proposto. Si può pertanto suggerire di considerare che il proposto o il suo difensore siano legittimati a richiedere l’immediata celebrazione del procedimento di prevenzione e non del processo penale nei confronti di soggetto che risulti pure sottoposto contestualmente a misura di prevenzione (reale o personale).

[4] La richiesta anche in tali ipotesi può essere formulata dalla parte (che potrebbe essere anche il pm) e il giudice (giudice indagini preliminari, giudice monocratico dibattimento, presidente del collegio), con provvedimento motivato e non impugnabile, decreta la sussistenza/insussistenza dell’urgenza. La richiesta (in mancanza della previsione di un termine entro il quale formularla) può essere proposta fino all’udienza, anche se il riferimento al fatto che, qualora si tratti di udienza collegiale la decisione sulla richiesta è di competenza del presidente del collegio, farebbe pensare che la richiesta debba formularsi prima dell’udienza e dunque fuori della stessa (altrimenti non si vede perché su di essa non debba decidere il collegio nella sua interezza). Si potrebbe peraltro ritenere che qualora l’udienza originariamente prevista ricada nel periodo di sospensione e dunque venga rinviata, perché non risulta presentata alcuna richiesta da parte dell’interessato, quest’ultimo, anche successivamente, potrebbe formulare un’istanza di trattazione urgente.

[5] Il legislatore nel decreto legge utilizza sempre il termine procedimento e mai il termine processo; si deve ritenere che il primo termine (“procedimento”) sia stato considerato come omnicomprensivo anche del secondo (“processo”).

[6] Le misure di sicurezza possono essere personali e patrimoniali. Le prime si distinguono in detentive (assegnazione a una colonia agricola o a una casa di lavoro, ricovero in una casa di cura e di custodia, ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, ricovero in un riformatorio giudiziario) non detentive (libertà vigilata, divieto di soggiorno in uno o più comuni, espulsione dello straniero dallo Stato). Le misure di sicurezza patrimoniali possono consistere nella cauzione di buona condotta e nella confisca.

[7] “Custodia cautelare” è termine che ricomprende situazione coercitive tra loro assai differenti: custodia in carcere, custodia in luogo di cura, arresti domiciliari, divieto e obbligo di dimora, divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, allontanamento dalla casa familiare, obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, sospensione dall’esercizio della potestà genitoriale, sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio, divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali.

[8] Anche il soggetto detenuto in espiazione pena, il quale risulti imputato in un giudizio ancora in corso potrebbe formulare, in ragione del suo stato di detenzione e rappresentando lo specifico interesse a una trattazione anticipata del giudizio, istanza di celebrazione, la quale dovrà essere valutata dal giudice in funzione della decisione di calibrare la relativa fissazione dell’udienza (entro il 15 aprile ovvero entro il 30 giugno).

28/03/2020
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