1. Il quadro normativo
Un impressionante profluvio di fonti normative ha inondato il nostro ordinamento in meno di due mesi per gestire l’epidemia di COVID-19. A monte di questa alluvione sta la dichiarazione dello stato di emergenza, proclamato con la Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 (Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili), ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. c) del d.lgs n. 1 del 2018 (Codice della Protezione civile). La Delibera del Consiglio dei Ministri dichiara che è in atto il tipo di evento emergenziale più grave tra quelli previsti dalla normativa sulla protezione civile: la lett. c) si riferisce infatti alle «emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo ai sensi dell’articolo 24». E l’art. 24 prevede che con la dichiarazione dello stato di emergenza il Consiglio dei ministri autorizzi l’emanazione delle ordinanze di protezione civile di cui all’articolo 25, che possono essere adottate «in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e con le modalità indicati nella deliberazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea. Le ordinanze sono emanate acquisita l’intesa delle Regioni e Province autonome territorialmente interessate e, ove rechino deroghe alle leggi vigenti, devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere specificamente motivate»[1]. A ciò ha fatto seguito la prima delle numerose ordinanze adottate dal Capo del Dipartimento della protezione civile del 3 febbraio 2020 che, tra l’altro, all’art. 3, ha indicato una lunga serie di disposizioni che possono essere derogate per la realizzazione delle attività indicate nell’ordinanza stessa.
La Costituzione italiana non prevede l’ipotesi dello stato d’emergenza né quella, assai diversa, dello stato d’eccezione[2]. Prevede solo lo «stato di guerra», che deve essere deliberato dalle Camere, le quali «conferiscono al Governo i poteri necessari» (art. 78 Cost.). Al di fuori di questa ipotesi, quando ricorrono «casi straordinari di necessità e d’urgenza», il Governo adotta decreti-legge, che devono essere presentati il giorno stesso per la conversione alle Camere, le quali, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni (art. 77 Cost.).
La dichiarazione dello stato d’emergenza è dunque fondata sulla normativa di rango primario adottata in materia di protezione civile. Alla dichiarazione dello stato d’emergenza del 31 gennaio ha fatto seguito l’adozione di cinque decreti-legge [decreto-legge 23 febbraio 2020 n. 6 (Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020 n. 13; decreto-legge 2 marzo 2020 n. 9 (Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19); decreto-legge 8 marzo 2020 n. 11 (Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria); decreto-legge 9 marzo 2020 n. 14 (Disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all’emergenza COVID-19); decreto-legge 16 marzo 2020 cd. #CuraItalia, in corso di pubblicazione]; di sette Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri [Dpcm 23 febbraio 2020 (Disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19); Dpcm 25 febbraio 2020 (Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19); Dpcm 1 marzo 2020 (Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19); Dpcm 4 marzo 2020 (Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19); Dpcm 8 marzo 2020 (Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19); Dpcm 9 marzo 2020 (Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19); Dpcm 11 marzo 2020 (Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19)]; di decine di ordinanze e di circolari del Ministro della Salute; di un Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 24 febbraio 2020 (Sospensione dei termini per l’adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti interessati dall’emergenza epidemiologica da COVID-19); di una Direttiva del Ministro dell’Interno n. 14606 dell’8 marzo 2020 destinata ai Prefetti per l’attuazione delle misure di contenimento, e di una serie di circolari contenenti precisazioni interpretative e applicative; di decine di ordinanze del Capo del Dipartimento della Protezione civile[3]; di decine di ordinanze regionali[4] e di migliaia di ordinanze comunali.
In particolare, oltre alla indicata dichiarazione dello stato d’emergenza, la fonte del diritto che, a monte, dovrebbe fondare la lunga catena degli atti normativi adottati successivamente è il decreto legge 23 febbraio 2020 n. 6 (Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020 n. 13:
- gli artt. 1 e 2 autorizzano, in via generale[5], le autorità competenti «ad adottare ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica»;
- l’art. 1, comma 2, elenca poi espressamente, ma non tassativamente, né specificamente, una serie di misure che possono essere adottate e che incidono sull’esercizio di diritti e libertà costituzionali, quali la libertà di circolazione e soggiorno (art. 16 Cost.)[6], la libertà di riunione (art. 17 Cost.) e la libertà di professare la propria fede religiosa (art. 19 Cost.)[7], il diritto all’istruzione e alla cultura (artt. 9-33-34 Cost.)[8], la libertà personale (art. 13)[9]; la libertà d’iniziativa economica privata (art. 41 Cost.)[10], il diritto al lavoro (artt. 4 e 35 ss. Cost)[11], nonché sull’attività della pubblica amministrazione[12];
- l’art. 3, comma 1, indica le forme attraverso le quali le misure di contenimento possono essere adottate: «uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentito il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri Ministri competenti per materia, nonché i Presidenti delle regioni competenti, nel caso in cui riguardino esclusivamente una sola regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, nel caso in cui riguardino il territorio nazionale».
- l’art. 3, comma 1, prevede, in assenza dei Dpcm di cui sopra e nei casi di estrema necessità ed urgenza, che le misure di contenimento possano essere adottate dal Ministro della salute, dai Presidenti di regione e dai sindaci, ai sensi dell’art. 32 della l. 23 dicembre 1978 n. 833, dell’art. 117 del d. lgs. 31 marzo 1998 n. 112 e dell’art. 50 del T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.
- l’art. 3, comma 3, fa salvi gli effetti delle ordinanze contingibili e urgenti già adottate dal Ministro della salute prima dell’entrata in vigore del decreto stesso: tali ordinanze avevano già previsto limitazioni alla libertà personale, alla libertà di circolazione e soggiorno, al diritto di riservatezza[13];
- l’art. 3, commi 4 e 5, infine, richiamando l’art. 650 cp per le ipotesi di violazione delle misure di contenimento, affida ai prefetti l’esecuzione delle misure stesse, avvalendosi delle Forze di polizia e, ove occorra, delle Forze armate.
Questo primo decreto-legge aveva dunque già previsto e autorizzato ex ante e in via generale tutte le misure restrittive – nella loro massima potenziale incisività – che poi i Dpcm ex post hanno via via adottato, accrescendo di volta in volta l’estensione qualitativa e quantitativa delle misure stesse.
2. Le criticità
Dal punto di vista giuridico-costituzionale il modo con cui la situazione è stata gestita sinora, e presumibilmente continuerà a essere gestita nelle prossime settimane, non ha fatto altro che esasperare tendenze in corso nel nostro ordinamento da parecchio tempo, e di cui l’esercizio del potere nello stato d’emergenza, la sua centralizzazione, la sua personalizzazione e la sua tecnicizzazione sono solo i sintomi più evidenti[14].
Il dato comune a tutte queste tendenze è senz’altro l’eclissi della politica, in un circolo vizioso senza fine nel quale tale eclissi costituisce al medesimo tempo la causa e l’effetto del fenomeno: lo stato comatoso nel quale si trova la politica alimenta le tendenze segnalate e a loro volta queste tendenze mortificano ulteriormente la politica[15].
In questa vicenda il Parlamento ha fatto la sua comparsa per convertire in legge il decreto-legge madre, da cui è derivata a cascata tutta la catena degli altri atti normativi che sono stati adottati, e per autorizzare a maggioranza assoluta ex art. 81 Cost. lo scostamento di bilancio[16].
Da un punto di vista formale la gestione dell’emergenza ha senz’altro sottoposto alcune disposizioni costituzionali a un’indubbia tensione, sotto molteplici profili, che coinvolgono per lo più le procedure con le quali sono stati introdotti via via i limiti sempre più stringenti alle libertà e ai diritti costituzionali. In particolare, le riserve di legge previste negli artt. 13 ss. Cost. richiederebbero, se non una vera e propria legge ordinaria, quanto meno specifici decreti-legge: il necessario bilanciamento tra interessi di rilievo costituzionale in conflitto è attività imprescindibile del Parlamento in situazioni ordinarie e del Governo nelle forme indicate nell’art. 77 Cost. – che implicano e rendono possibili controlli del Presidente della Repubblica, del Parlamento e della Corte costituzionale – in situazioni straordinarie. I decreti del Presidente del Consiglio dei ministri con cui via via sono state introdotte le misure restrittive non consentono tali controlli e, nel caso di specie, trovano un fondamento non sempre diretto, certo e preciso nel decreto-legge a monte. D’altra parte si tratta di strumenti giuridicamente assai fragili, in quanto impugnabili dinanzi al giudice amministrativo, e in alcune espressioni testuali – evocative più di raccomandazioni e inviti che di veri e propri obblighi e divieti – sono forieri di numerosi dubbi interpretativi.
Inoltre poiché nel passaggio dalle misure più generali a quelle attuative è stato di certo essenziale il ruolo dei tecnici, quali ispiratori delle decisioni via via adottate, le modalità di nomina del comitato tecnico-scientifico e degli altri tecnici coinvolti nella vicenda, sono da considerarsi determinanti, anche alla luce del dibattito che ha visto gli scienziati confrontarsi in una vivace dialettica sull’interpretazione del fenomeno in atto e sulle strategie per contrastarlo. In questa vicenda i dati scientifici rilevano sotto il profilo della possibilità di valutare la proporzionalità e la ragionevolezza delle misure adottate rispetto agli scopi perseguiti.
Sulla base di tali considerazioni, alcuni costituzionalisti hanno parlato di «eclissi delle libertà costituzionali»[17]. Da un punto di vista più generale, il filosofo Agamben ha invocato lo stato d’eccezione: «si manifesta ancora una volta la tendenza crescente a usare lo stato di eccezione come paradigma normale di governo. Il decreto-legge subito approvato dal governo “per ragioni di igiene e di sicurezza pubblica” si risolve infatti in una vera e propria militarizzazione “dei comuni e delle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un’area già interessata dal contagio di virus”. Una formula cosi vaga e indeterminata permetterà di estendere rapidamente lo stato di eccezione in tutte le regioni, poiché è quasi impossibile che degli altri casi non si verifichino altrove (…). L’altro fattore, non meno inquietante, è lo stato di paura che in questi anni si è evidentemente diffuso nelle coscienze degli individui e che si traduce in un vero e proprio bisogno di stati di panico collettivo, al quale l’epidemia offre ancora una volta il pretesto ideale. Così, in un perverso circolo vizioso, la limitazione della libertà imposta dai governi viene accettata in nome di un desiderio di sicurezza che è stato indotto dagli stessi governi che ora intervengono per soddisfarlo»[18].
3. Fiat iustitia et pereat mundus oppure Fiat iustitia ne pereat mundus?
Solo il tempo ci dirà se la strategia del rigore messa in campo dal nostro Paese per far fronte allo stato d’emergenza in corso – anche attraverso procedure la cui legittimità non può essere sempre rigorosamente argomentata da un punto di vista strettamente formale – è stata la scelta giusta. Per ora si può solo osservare che tra i due modelli messi in campo dagli Stati che sono stati colpiti dall’epidemia, o che saranno messi in campo dagli Stati che presumibilmente saranno colpiti nel breve periodo dall’epidemia, il nostro Paese ha optato per un modello che rispecchia uno stile etico e un modo d’intendere l’interesse nazionale che fanno leva, in ultima analisi, sul principio di solidarietà. Il modello opposto, che sceglie consapevolmente di sacrificare una quota importante della popolazione, fa un calcolo costi/benefici che è stato paragonato a uno stile strategico squisitamente bellico: non adottando misure restrittive, o adottando solo misure parzialmente restrittive, in quanto giudicate dannose per l’economia, quest’ultimo modello punta tutto sulla cura dei malati, pur nella consapevolezza che nessun sistema sanitario sarebbe in grado di prestare le cure necessarie a tutti i contagiati dal virus. Il modello al quale si sta ispirando il nostro Paese, già sperimentato non a caso in Cina, riflette una scelta strategica fondata sull’idea per la quale il senso dell’appartenenza comunitaria prevale sull’individualismo esasperato[19].
Certo l’Italia si è mossa a dir poco in modo goffo, e forse non pienamente consapevole dell’etica che il modello perseguito presuppone. Questo non può però giustificare il dilagare di un’altra malattia, questa assai diffusa tra i giuristi del nostro tempo, che avanza argomenti formalistici in una situazione nella quale una popolazione, che fino all’altro giorno mostrava comportamenti generali per lo più anarcoidi, sembra mostrare ora timidi segni di solidarietà. È il «cretinismo parlamentare» quella «infermità che riempie gli sfortunati che ne sono vittime della convinzione solenne che tutto il mondo, la sua storia e il suo avvenire, sono retti e determinati dalla maggioranza dei voti di quel particolare consèsso rappresentativo che ha l’onore di annoverarli tra i suoi membri, e che qualsiasi cosa accada fuori delle pareti di questo edificio – guerre, rivoluzioni, costruzioni di ferrovie, colonizzazione di intieri nuovi continenti, scoperta dell’oro di California, canali dell’America centrale, eserciti russi, e tutto quanto ancora può in qualsiasi modo pretendere di esercitare un’influenza sui destini dell’umanità – non conta nulla in confronto con gli eventi incommensurabili legati all’importante questione, qualunque essa sia, che in quel momento occupa l’attenzione dell’onorevole loro assemblea»[20].
Timidi segni di solidarietà, sì, e non erano affatto scontati. Soprattutto non era scontato il fatto di poter rendere immediatamente effettivi comportamenti virtuosi attraverso atti normativi fortemente limitativi delle libertà fondamentali: «Nessuna persona di buon senso crederà che un semplice mutamento di una o più leggi potrebbe bastare perché un cittadino inglese del secolo XX venisse a trovarsi, verso il sovrano, nella stessa condizione dei sudditi dell’imperatore dell’Uganda»[21].
Stiamo assistendo a piccoli segnali di interiorizzazione di una «lezione tremendissima del virus», che «ci introduce nella porta stretta della fratellanza senza la quale libertà e uguaglianza sarebbero parole monche. In questo strano e surreale isolamento noi stabiliamo una inedita connessione con la vita del fratello sconosciuto e con quella più ampia della polis. In questo modo siamo davvero pienamente sociali, siamo davvero pienamente liberi»[22].
[1] Un’altra delibera del Consiglio dei ministri è stata adottata il 5 marzo 2020 per disporre «un ulteriore stanziamento per la realizzazione degli interventi in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili».
[2] Benché in queste ore l’enfasi generale coinvolge anche l’uso del linguaggio, e persino del linguaggio specialistico, è noto che si tratta di due categorie ben diverse, riferendosi la prima alla ricorrenza di eventi calamitosi, la seconda alla rottura del pactum politico, concetto chiave della dottrina politica di Carl Schmitt.
[3] Tra le quali si segnala in particolare l’ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione civile del 3 febbraio 2020 con la quale si è altresì provveduto a nominare un Comitato tecnico-scientifico, che «può essere integrato in relazione a specifiche esigenze»: «Per la realizzazione degli interventi di cui alla presente ordinanza, il Capo del Dipartimento della protezione civile si avvale di un Comitato tecnico-scientifico, istituito con proprio provvedimento, composto dal segretario generale del Ministero della salute, dal direttore generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute, dal direttore dell’ufficio di coordinamento degli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera del Ministero della salute, dal direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le malattie infettive «Lazzaro Spallanzani», dal Presidente dell’Istituto superiore di sanità, da un rappresentante della Commissione salute designato dal Presidente della Conferenza delle regioni e province autonome e dal coordinatore dell’ufficio promozione e integrazione del Servizio nazionale della protezione civile del Dipartimento della protezione civile, con funzioni di coordinatore del Comitato» (art. 2). L’ordinanza contiene inoltre un lungo elenco di fonti di rango primario che possono essere derogate per la realizzazione delle attività indicate nell’ordinanza stessa (art. 3).
[4] Tra le quali si segnalano, per la loro invasività, l’ordinanza n. 15 del 2020 della Regione Campania che, ai sensi dell’art. 32, comma 3, della legge n. 833 del 1978 e dell’art. 50 del Tuel, prevede limiti alla libertà di circolazione persino più rigorosi rispetto alla normativa statale; l’ordinanza n. 111 del 2020 della Regione Valle d’Aosta che, tra l’altro, «invita i turisti, gli ospiti, i villeggianti e tutte le altre persone presenti sul territorio regionale che non hanno la propria residenza in Valle d’Aosta a prendere in considerazione il rientro alla propria residenza, in funzione di una maggior garanzia di assistenza sanitaria, affinché in caso di necessità, possano affidarsi alle cure del proprio medico di base o del pediatra di libera scelta».
[5] L’art. 1, comma 1, limita le misure alle aree nelle quali sia risultata positiva almeno una persona per la quale non si conosca la fonte di trasmissione o comunque nelle quali vi sia un caso non riconducibile a una persona proveniente da un’area già interessata dal contagio; poi però l’art. 2 estende le misure indicate nell’art. 1, ed eventualmente quelle «ulteriori» che potranno essere adottate, «anche fuori dei casi di cui all’art. 1, comma1».
[6] Art. 1, comma 2, lett. a) divieto di allontanamento dal comune o dall’area interessata da parte di tutti gli individui comunque presenti nel comune o nell’area; b) divieto di accesso al comune o all’area interessata; lett. f) sospensione dei viaggi d’istruzione organizzati dalle istituzioni scolastiche del sistema nazionale d’istruzione, sia sul territorio nazionale sia all’estero; lett. m) limitazione all’accesso o sospensione dei servizi del trasporto di merci e di persone terrestre, aereo, ferroviario, marittimo e nelle acque interne, su rete nazionale, nonché di trasporto pubblico locale, anche non di linea.
[7] Art. 1, comma 2, lett. c) sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico.
[8] Art. 1, comma 2, lett. d) sospensione dei servizi educativi dell’infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, compresa quella universitaria, salvo le attività formative svolte a distanza; e) sospensione dei servizi di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all’articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché dell’efficacia delle disposizioni regolamentari sull’accesso libero o gratuito a tali istituti e luoghi.
[9] Art. 1, comma 2, lett. h) applicazione della misura della quarantena con sorveglianza attiva agli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva; e, con profili che coinvolgono anche la riservatezza, lett. i) previsione dell’obbligo da parte degli individui che hanno fatto ingresso in Italia da zone a rischio epidemiologico, come identificate dall’Organizzazione mondiale della sanità, di comunicare tale circostanza al Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria competente per territorio, che provvede a comunicarlo all’autorità sanitaria competente per l’adozione della misura di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva; lett. l) previsione che l’accesso ai servizi pubblici essenziali e agli esercizi commerciali per l’acquisto di beni di prima necessità sia condizionato all’utilizzo di dispositivi di protezione individuale o all’adozione di particolari misure di cautela individuate dall’autorità competente.
[10] Art. 1, comma 2, lett. j) chiusura di tutte le attività commerciali, esclusi gli esercizi commerciali per l’acquisto dei beni di prima necessità; lett. n) sospensione delle attività lavorative per le imprese, a esclusione di quelle che erogano servizi essenziali e di pubblica utilità e di quelle che possono essere svolte in modalità domiciliare.
[11] Art. 1, comma 2, lett. o) sospensione o limitazione dello svolgimento delle attività lavorative nel comune o nell’area interessata nonché delle attività lavorative degli abitanti di detti comuni o aree svolte al di fuori del comune o dell’area indicata, salvo specifiche deroghe, anche in ordine ai presupposti, ai limiti e alle modalità di svolgimento del lavoro agile.
[12] Art. 1, comma 2, lett. g) sospensione delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale; lett. k) chiusura o limitazione dell’attività degli uffici pubblici, degli esercenti attività di pubblica utilità e servizi pubblici essenziali di cui agli articoli 1 e 2 della legge 12 giugno 1990, n. 146, specificamente individuati.
[13] Ordinanza 25 gennaio 2020 (Misure profilattiche contro il nuovo Coronavirus 2019-nCov); Ordinanza 30 gennaio 2020 (Misure profilattiche contro il nuovo Coronavirus 2019-nCov); Ordinanza 21 febbraio 2020 (Ulteriori misure profilattiche contro la diffusione della malattia infettiva COVID-19); 5 ordinanze del 23 febbraio 2020 (Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19) adottate d’intesa con i Presidenti delle regioni Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna (si noti che sono state adottate nello stesso giorno del decreto legge n. 6, ma fanno erroneamente riferimento a un decreto con lo stesso numero ma adottato il giorno precedente!); Ordinanza 24 febbraio 2020 (Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19) adottata d’intesa con il Presidente della Regione Liguria. A queste ordinanze si aggiunge una grande quantità di circolari (tra cui: Circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020, Circolare n. 5889 del 25 febbraio 2020, Circolare n. 6360 del 27 febbraio 2020, Circolare n. 7922 del 9 marzo 2020).
[14] La letteratura sul punto è sterminata. Si ricordi solo come già negli anni Ottanta del secolo scorso M. Dogliani, Indirizzo politico. Riflessioni su regole e regolarità nel diritto costituzionale, Jovene, Napoli, 1985, pp. 15 ss., individuava tra le cause dell’abbandono della concezione espansiva della costituzione «il diritto delle emergenze».
[15] Per non parlare dell’assenza di una politica comune europea o, per alcuni temi che coinvolgono beni pubblici globali, come nel caso di specie, di una politica a livello globale. In argomento M. Pianta, Le conseguenze economiche del coronavirus, Sbilanciamoci.info, 13 marzo 2020.
[16] Su cui cfr. C. Buzzacchi, Scostamento di bilancio da coronavirus, in laCostituzione.info, 13 marzo 2020.
[17] M. Ainis, Il bisticcio del potere, La Repubblica, 3 marzo 2020; esprimono un atteggiamento critico anche L. Cuocolo, Intervista, Genova24.it, 11 marzo 2020; M. Olivetti, Coronavirus. Così le norme contro il virus possono rievocare il «dictator», Avvenire, 11 marzo 2020, F. Clementi, Coronavirus, quando l’emergenza restringe le libertà meglio un decreto legge che un Dpcm, Il Sole 24Ore, 13 marzo 2020; L. Casarotti, L’emergenza per decreto, jacobinitalia.it, 13 marzo 2020; M. Plutino, I decreti di Conte sul Coronavirus, Il Riformista, 14 marzo 2020.
[18] G. Agamben, Lo stato d’eccezione provocato da un’emergenza immotivata, Il Manifesto, 25 febbraio 2020. Di Agamben si veda naturalmente Lo stato di eccezione, Bollati Boringhieri, Torino, 2003. In senso adesivo L. Brandoli, La paura ai tempi del coronavirus, The Vision, 3 marzo 2020; in senso fortemente critico cfr. D. Grasso, Agamben, il coronavirus e lo stato di eccezione, in minima&moralia, 27 febbraio 2020.
[19] Cfr. R. Buffagni, Epidemia coronavirus: due approcci strategici a confronto, in italiaemondo.it, 14 marzo 2020.
[20] Marx-Engels, Rivoluzione e controrivoluzione in Germania, 27 luglio 1852? o settembre 1851?, in Opere scelte, Edizioni Mosca, vol. 2, p. 112.
[21] V.E. Orlando, Sulla teoria dei “Diritti pubblici subiettivi” di Jellinek, in Diritto pubblico generale, Giuffrè, Milano, 1954, p. 282.
[22] M. Recalcati, La nuova fratellanza riscoperta sotto la minaccia del virus covid-19, la Repubblica, 14 marzo 2020.