Premessa
Il momento che stiamo attraversando, è banale dirlo, è davvero molto delicato: ne avvertiamo la gravità e la decisività anche rispetto al futuro che si prepara. Quella che stiamo vivendo non è solo una emergenza sanitaria, ma come è stato avvertito da molti è anche un’emergenza “libertaria”, come dimostrano i tanti divieti che ci vengono imposti quotidianamente, in grado di incidere su una serie di diritti costituzionalmente garantiti, di cui abbiamo fin qui ordinariamente fruito come fisiologico corredo della vita democratica garantita dallo Stato di diritto.
In questa Rivista è stato di recente e meritoriamente indagato il fondamento normativo del potere utilizzato dal Governo e da alcuni vertici di Enti Locali per limitare i diritti degli individui: rifacendomi a quelle analisi, vorrei qui sottolineare l’importanza, anche e soprattutto per noi giuristi pratici, di evitare quanto più possibile di cedere allo sconforto suscitato dalla situazione, per riuscire a continuare ad esercitare le nostre funzioni senza mai perdere il riferimento ad una doverosa ragionevolezza, capace di guidare l’interpretazione delle norme dettate durante lo stato di emergenza secondo i consueti canoni di logica giuridica propri di uno Stato di diritto.
L’interpretazione dell’attuale quadro normativo non può perciò prescindere dal suo confronto con le fonti superiori tra le quali la nostra Carta Costituzionale e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (Cedu) per verificare in concreto in che modo ed in che misura il principio sacrosanto di tutela della salute giustifichi le modifiche normative imposte anche nel settore giustizia in un bilanciamento di interessi tutti ugualmente protetti.
Questo significa innanzitutto osservare che nell’ambito della gerarchia delle fonti il complesso quadro normativo dettato specificamente per l’emergenza da Covid-19 costituisce lex posterior specialis, ed è perciò senz’altro idoneo a modificare tutte le disposizioni precedenti di pari rango sulle quali incide nel periodo di riferimento.
1. In generale: misure organizzative per il funzionamento della giustizia civile
Ciò premesso, voglio concentrare l’attenzione in maniera specifica su alcune delle misure adottate per garantire il funzionamento della giustizia ed in particolare della giustizia civile – evidenziando che l’interpretazione delle norme non può prescindere dalle palesate necessità di riorganizzare le attività processuali in maniera tale da ridurre al minimo le forme di contatto personale che favoriscono il propagarsi dell’epidemia e di neutralizzare gli effetti negativi che il massivo differimento delle attività processuali potrebbe dispiegare sulla tutela dei diritti.
A tale scopo l’art. 83 dl. n.18/2020, sulla falsariga dell’abrogato art. 2, dl. n. 11/2020, ha previsto misure di emergenza principalmente volte all’organizzazione del servizio, individuando due diverse fasi:
- la prima fase, dal 9 marzo al 15 aprile (ora prorogata all’11 maggio dall’art. 36, co. 1, del decreto-legge 8 aprile 2020 n. 23), per la quale sono dettate disposizioni destinate a fare fronte alle esigenze di immediato intervento per contrastare la diffusione del contagio, consistenti nella sospensione di tutti i termini e nel rinvio d’ufficio delle udienze a data successiva al 15 aprile fatte salve le sole controversie analiticamente indicate nel comma 3 e tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti;
- la seconda fase, dal 12 maggio 2020 al 30 giugno 2020, per la quale è rimessa ai dirigenti degli uffici l’adozione, “di misure organizzative anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico sanitarie dettate dalle autorità al fine di evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone” nel rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute Ministero della salute, anche d’intesa con le Regioni, dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, dal Ministero della giustizia e delle prescrizioni adottate in materia con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.
L’intervento del capo dell’ufficio giudiziario − ora previsto anche per il periodo di sospensione dei termini, limitatamente all’attività giudiziaria non sospesa e ad eccezione della lett. g) − prevede l’adozione di alcune misure volte a limitare l’accesso del pubblico agli uffici giudiziari (lett. a), l’orario di apertura al pubblico degli uffici ovvero, in via residuale e solo per gli uffici che non erogano servizi urgenti, la chiusura al pubblico (lett. b), la regolamentazione dell’accesso ai servizi , nonché l’adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento (lett. c), l’adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze (lett. d), la celebrazione a porte chiuse delle udienze pubbliche (lett. e), il rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020, con le eccezioni indicate al comma 3 (lett. g).
Tra le misure organizzative che i capi degli uffici giudiziari potranno assumere per garantire la ripresa della funzionalità del servizio, il decreto legge introduce espressamente la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Ministero della giustizia (lett. f).
Lo svolgimento dell’udienza deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti.
Da un punto di vista operativo, la disposizione stabilisce che prima dell’udienza il giudice fa comunicare ai procuratori delle parti e al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipazione, giorno, ora e modalità di collegamento. All’udienza il giudice dovrà quindi dare atto a verbale delle modalità con cui si accerta dell’identità dei soggetti partecipanti e, ove trattasi di parti, della loro libera volontà. Di tutte le ulteriori operazioni sarà dato atto nel verbale di udienza.
I collegamenti da remoto possono essere organizzati dal giudice utilizzando i programmi attualmente a disposizione dell’Amministrazione, ossia Skype for Business o Teams.
I collegamenti effettuati con i due programmi su p.c. dell’ufficio o personali utilizzano infrastrutture dell’Amministrazione della Giustizia o aree di data center riservate in via esclusiva al Ministero della Giustizia.
Un’altra importante previsione, contenuta nella lett. h), consente ai capi degli uffici giudiziari di disporre lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice.
La previsione di modalità alternative di svolgimento delle udienze è stata favorevolmente sostenuta dal Csm nella circolare dell’11 marzo 2020, nella delibera plenaria del 20 marzo 2020 e, da ultimo, nelle Linee guida agli Uffici Giudiziari in ordine all'emergenza COVID 19 emanate il 26 marzo ed integralmente sostitutive delle precedenti, nelle quali si è raccomandato ai capi degli uffici giudiziari di indicare quale modalità privilegiata per il deposito degli atti quella telematica, nonché di consentire l’esercizio da parte dei giudici della facoltà di cui all’art. 83, comma 7 lett. f ed h), previa eventuale stipula di protocolli con i Consigli dell’ordine degli avvocati locali.
Allo scopo di fornire indicazioni operative ed individuare modalità condivise di partecipazione da remoto di tutti i soggetti del processo, ovvero modalità condivise della gestione dell’udienza a cd. trattazione scritta, il Csm ha allegato due specifici protocolli redatti a seguito di interlocuzione con la Dgsia ed il Cnf (Consiglio Nazionale Forense).
Il Csm al fine di favorire ed incentivare quanto più possibile il lavoro da remoto ha altresì indicato che anche le camere di consiglio si svolgano mediante l’utilizzazione degli applicativi messi a disposizione dalla Dgsia; ha invitato il Ministero della Giustizia e la Scuola Superiore della Magistratura nonché la Dgsia, i Rid e i Magrif per quanto di rispettiva competenza, a voler valutare: la modifica delle norme processuali allo scopo necessaria; l’approntamento urgente di formazione e-learning; ogni intervento utile ad assicurare ai magistrati e al personale di cancelleria gli applicativi necessari e l’assistenza tecnica dedicata, con effettività e urgenza; l’attivazione urgente ai fini della predisposizione della strumentazione tecnica necessaria alla concretizzazione delle misure indicate dalla citata lett. f) dell’art. 83.
Dal canto suo il Ministero della Giustizia ha già provveduto con alcuni provvedimenti del Direttore Generale S.I.A ed in particolare con il decreto del 20 marzo 2020 a dare attuazione al dettato normativo mettendo a disposizione di tutti gli utenti del servizio giustizia l’accesso a software quali Skype for Business e Teams, fornendo tutorial e formazione a distanza ma non assistenza tecnica specifica sulle postazioni personali.
Nelle mailing list dei magistrati in questi giorni si assiste ad un continuo scambio di provvedimenti emanati dai diversi capi di uffici giudiziari nei quali si organizzano le attività giudiziarie anche con l’autorizzazione all’utilizzo di modalità alternative di celebrazione delle udienze secondo uno schema niente affatto uniforme sul territorio nazionale, tanto che allo stato si registra una pluralità di “riti territoriali” difficilmente conciliabile con la necessaria uniformità della giurisdizione.
2. In particolare: le misure organizzative compatibili con il rito lavoro
L’art. 83 dl. n.18/20 non considera specificamente il rito del lavoro, ma non pare discutibile che le udienze del processo del lavoro possano essere considerate alla stregua di udienze civili, di cui, peraltro, costituiscono una species, come dimostra il costante rinvio che gli interpreti fanno alle norme del processo civile per la soluzione di questioni non contemplate dagli articoli del codice di procedura civile specificamente dedicati alle controversie aventi ad oggetto il diritto del lavoro e della previdenza.
Possono quindi senz’altro trovare applicazione anche per il processo del lavoro le disposizioni dell’art. 83 ed in particolare quelle dettate dalle lett. f) e h).
Si potrà perciò prevedere che le udienze che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti possano essere svolte mediante collegamenti da remoto, con modalità definite con apposito provvedimento, alla stregua del disposto dell’art. 83, co. 7, lett. f).
Ove, invece, sia sufficiente la sola presenza dei difensori le udienze potranno svolgersi mediante scambio e deposito telematico di note scritte, con successiva adozione fuori udienza del provvedimento (art. 83, co. 7, lett. h).
Restano escluse dalla trattazione “alternativa” le udienze che prevedono la partecipazione di testimoni, interpreti e consulenti tecnici ossia di soggetti diversi dalle parti e dai loro difensori (salvo quanto si dirà circa la possibilità di conferimento telematico degli incarichi peritali).
La domanda è se per l’applicazione delle modalità alternative di svolgimento delle udienze del rito lavoro siano necessari degli specifici adattamenti.
Sicuramente non vi sono ostacoli alla celebrazione delle udienze del rito lavoro con la modalità da remoto, utilizzabile per le udienze alle quali è necessario partecipi anche la parte personalmente, in sostanza le udienze in cui la parte deve o può avere un ruolo attivo (interrogatorio libero, interrogatorio formale, giuramento ecc.).
Le udienze da remoto rappresentano una vera rivoluzione per l’attività giudiziaria, sicuramente in grado, secondo chi scrive, di salvaguardare tutti gli interessi in gioco: salute e tutela della specificità del rito lavoro, fondata sui principi di oralità e di concentrazione.
Tuttavia, allo stato, in assenza di qualsivoglia sperimentazione del sistema non vi sono sufficienti certezze circa l’adeguatezza dei mezzi - software e hardware- a disposizione dei giudici, né può dirsi che la formazione sia sufficiente: soprattutto, non vi è garanzia dell’adeguatezza dell’assistenza tecnica necessaria a gestire eventuali problematiche da remoto.
Sicuramente di più agevole utilizzo appare lo strumento dell’udienza cartolare prevista dalla lett. h), qualora non sia necessaria la partecipazione personale delle parti, ma solo dei loro difensori e perciò in casi ancora più limitati di quelli previsti per la celebrazione delle udienze in videoconferenza.
Si tratta perciò di uno strumento organizzativo residuale, che però ben si adatta alla tecnologia e al livello di conoscenza dell’informatica giuridica ormai proprio di tutti gli operatori della giustizia abituati a gestire da tempo il processo civile telematico.
Nella sostanza, il sistema dell’udienza cartolare può facilmente essere inteso come una modalità alternativa alla partecipazione personale dei difensori che surrogano il loro diritto di essere sentiti con la produzione di note scritte.
Le incertezze maggiori sull’utilizzo dell’udienza cartolare nel rito del lavoro nascono dalla sua compatibilità con il principio dell’oralità e con le caratteristiche dell’udienza disciplinata dall’art. 420 cpc, ove non è mai esclusa la partecipazione personale delle parti.
La tenuta del sistema dell’udienza cartolare nel rito del lavoro può e deve essere perciò valutata secondo canoni costituzionali in relazione ai quali il principio di oralità del processo del lavoro non ha comunque rango costituzionale ed appare quindi suscettibile di essere limitato temporalmente per garantire tutela a beni costituzionalmente protetti, quali il diritto alla salute.
La conferma della ammissibilità dell’udienza cartolare anche per il rito del lavoro è data altresì dall’assoluto rispetto di altri principi di rango costituzionale quali la garanzia del contradditorio e del diritto di difesa assicurata dallo scambio di note scritte e della celerità del processo che altrimenti potrebbe subire un necessario rinvio.
Per tale motivo il rispetto dei principi costituzionali consente a mio parere di giustificare altresì la deroga prevista dall’art. 83, co, 7 lett. h) alla lettura del dispositivo laddove la norma prevede la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice, consentendo l’adozione del dispositivo fuori udienza mediante deposito.
L’esonero dalla lettura del dispositivo (o della motivazione contestuale) nella pubblica udienza potrebbe infatti essere giustificato dalla deroga temporanea dell’art. 83 alle regole processuali del rito del lavoro senza intaccare alcun principio costituzionale.
E’ ben vero che la norma -pur riferendosi a tutte le udienze civili - disciplina lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, prevedendo la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice, ma questa modalità ben può essere assolta anche al di fuori dell’udienza pubblica di cui all’art. 429 cpc sostituendo la lettura del dispositivo o della motivazione contestuale con il loro deposito nell’applicativo consolle.
Nel rito del lavoro non è perciò esclusa la redazione del dispositivo ed il suo deposito ovvero della motivazione contestuale tramite pct in esito all’udienza.
Escluderei la previsione di deposito di motivazione e dispositivo entro 10 giorni dalla discussione mutuata dal cd. Rito Fornero (art. 1, co. 60 l. n.92/12), pur da alcuni sostenuta, perché innanzitutto necessiterebbe dell’interpretazione analogica di norme emanate per tipologie particolari di cause e comunque finirebbe per aggravare il lavoro delle cancellerie, tenute a mutare il rito per ogni fascicolo su consolle al fine di consentire la lavorazione dell’evento.
3. Qualche possibile applicazione pratica
Una volta verificata la realizzabilità dell’udienza cartolare nel rito del lavoro occorre evidenziarne le possibili modalità di gestione, sottolineando preliminarmente che la trattazione scritta dell’udienza richiede la piena osservanza del principio di leale collaborazione fra le parti e di queste ultime con il giudice, nonché di quelli di piena attuazione del diritto di difesa e di rispetto del contraddittorio.
Il Csm con le ultime linee guida ha dato ampie istruzioni ed ha approntato anche due modelli di protocollo da stilare con gli organismi forensi allo scopo di garantire quanto più possibile l’uniformità dell’organizzazione del servizio sul territorio di ogni circondario o distretto.
Sarebbe allo scopo necessario che in simili protocolli fosse contenuta anche qualche previsione specifica per il rito del lavoro.
Senza pretesa di esaustività, potrebbe ad esempio essere previsto – con riferimento alla prima udienza di discussione di cui all’art. 420 cpc nella quale le parti devono comparire per rendere il libero interrogatorio ed il giudice deve espletare il tentativo di conciliazione – che siano adottati accorgimenti che consentano ai difensori di richiedere al giudice la successiva presenza delle parti personalmente allo scopo di coltivare ipotesi conciliative con l'ausilio dell'autorità giudiziaria laddove ve ne siano concretamente le condizioni ovvero qualora tale presenza sia ritenuta necessaria, in relazione alla natura ed all’oggetto della controversia, ai fini dell’espletamento dell’interrogatorio libero o per altro motivo.
Nel caso in cui i difensori, all’uopo sollecitati, non richiedano l’intervento personale delle parti, potrà senz’altro ritenersi il consenso alla trattazione documentale della causa.
Esiste, infatti, anche nel rito del lavoro, una molteplicità di controversie, soprattutto di natura previdenziale o comunque squisitamente documentali, in relazione alle quali la partecipazione personale delle parti di fatto non avviene in quanto superflua e che, come tali, ben potrebbero beneficiare della modalità di trattazione alternativa prevista dalla lett. h).
Per i motivi anzidetti la modalità cartolare appare poi sicuramente utilizzabile laddove le attività tipiche della prima udienza siano state già espletate e l’udienza sia rinviata per la sola discussione, ferma restando, comunque, la possibilità per le parti di richiedere la celebrazione dell’udienza per consentire nuovamente alle parti di essere presenti.
Sotto altro profilo deve inoltre essere considerato che la trattazione scritta comporta un inevitabile aggravio per le attività di cancelleria, che vengono svolte da un ridotto contingente di personale amministrativo in servizio turnario, per cui è opportuno contenere quanto più possibile il numero degli atti da depositare telematicamente.
Anche le udienze cartolari o da remoto su Teams, infatti, necessitano di uno standard di attività di cancelleria di accettazione depositi e provvedimenti che gli attuali presidi non consentono essendo - allo stato – esclusa la possibilità per il personale di cancelleria di utilizzare il sistema Sicid al di fuori della rete interna, rendendo così vana ogni possibilità di utilizzare proficuamente lo smart working.
Per tale motivo sarà preferibile chiedere il deposito di note congiunte da parte dei difensori e solo ove le parti vogliano produrre note disgiunte concedere termini sfalsati ed eventualmente anche doppio termine (nel caso in cui siano sollevate eccezioni) per garantire al massimo il rispetto del principio del contradditorio e l’esercizio del diritto di difesa.
Ad opinione di scrive, sarebbe opportuno anche avvisare i difensori che, in ipotesi di mancato deposito delle note scritte entro il termine stabilito, la causa verrà rinviata ex art. 309 cpc, essendo il mancato deposito equiparabile alla non comparizione.
In caso contrario, infatti, si porrebbe il problema della possibile interpretazione difforme della mancata comparizione con pericolose ricadute pratiche sul piano della certezza del diritto.
Sul punto le linee guida del Csm nulla dicono, ma l’inserimento potrebbe essere fatto all’interno dei protocolli con gli avvocati in modo da garantire maggior certezza a tutti gli operatori.
Nelle linee guida è invece prevista la non necessità della redazione del verbale di udienza.
Un problema particolare, foriero di possibili conseguenze sul piano processuale, può porsi con riferimento all’applicabilità delle modalità di cui alla lett. h) ai procedimenti con una parte non costituita, poiché tale parte potrebbe non venire a conoscenza del provvedimento che dispone la trattazione scritta, ad es. in ipotesi di differimento dell’udienza rispetto a quella originariamente fissata, essendo la comunicazione tramite pct ovviamente circoscritta alle parti costituite e rimanendo l’accesso fisico in cancelleria estremamente limitato anche nella seconda fase.
C’è da interrogarsi, ancora, sulla possibilità di adottare le modalità di cui alla lett. h) (ma discorso non dissimile può farsi per l’udienza in videoconferenza), al di là della formulazione letterale dell’art. 83, per i giuramenti dei ctu.
Al riguardo, è da ritenere che, con il consenso delle parti, non sia preclusa tale possibilità.
Il giuramento “telematico” del ctu è già stato ritenuto possibile in una delibera del Csm relativa alle buone prassi in materia di esecuzioni immobiliari (vedi delibera del’11 ottobre 2017: “Può certamente dirsi conforme all’evoluzione ordinamentale, ormai incentrata sull’utilizzo generalizzato del deposito telematico degli atti, la prassi di alcuni uffici, tesa a consentire che il giuramento dello stimatore avvenga tramite deposito di atto telematico, senza comparizione dal giudice o presso la cancelleria. Il modello per l’accettazione dell’incarico e il giuramento potrebbe essere reso disponibile sul sito del tribunale nonché, se del caso, allegato alla circolare inviata agli ausiliari e relativa ai compiti loro ascritti”).
Tuttavia tale modalità oltre ad essere in palese contrasto con la necessità di contenere il lavoro delle cancellerie, può rivelarsi in concreto di dubbia utilità, in quanto non sarebbe possibile stabilire (a normativa invariata sulle restrizioni negli spostamenti) tempi certi per le visite.
Lasciatemi concludere con la considerazione che in un momento così doloroso per il Paese, sono sicura che la Giustizia del Lavoro, nonostante le tante difficoltà, saprà comunque offrire un fondamentale contributo di efficienza e di solidarietà a servizio dei cittadini e delle imprese, un contributo all’altezza della professionalità e della generosità dei magistrati, degli avvocati e di tutto il personale amministrativo.
E’ richiesto a tutti uno sforzo che le stime mediche non indicano di brevissimo periodo perché, anche all’esito della c.d. fase di distanziamento sociale, sarà necessaria una riorganizzazione del lavoro nel rispetto dei livelli di rischio individuati dall’Inail in tre parametri: prossimità (distanziamento di almeno un metro da tenere per le persone), potenzialità di esposizione al virus nel contesto lavorativo, aggregazione sociale.
Non tutti i nostri uffici giudiziari sono idonei a garantire la sicurezza degli operatori e degli utenti. Dovranno pertanto essere individuati dei programmi di lavoro capaci di coniugare il necessario rispetto degli standard minimi di sicurezza con l’esigenza di garantire il servizio giustizia, che giustamente va considerato un servizio essenziale e non rinunciabile.
L’adattamento può sicuramente passare attraverso l’utilizzo ed il potenziamento dello smart working che già oggi può avvalersi di innovazioni tecnologiche e dell’automazione di alcuni processi organizzativi che concretizzano una importante risorsa anche nel nostro contesto lavorativo.
Occorre perciò che a tutti i livelli siano favoriti i processi organizzativi, sia di natura tecnologica sia di natura logistica, in grado di garantire al massimo la tutela della salute degli operatori: strumenti flessibili e mirati, quale il ricorso ad una maggiore turnazione del personale in servizio anche in orario pomeridiano, in modo da evitare concentrazioni ed assembramenti sia all’interno degli uffici, sia nei trasferimenti da e per l’abitazione.
Non sarà facile, molte abitudini dovranno essere abbandonate, ma ciò non significherà necessariamente un peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro: potranno essere raggiunti molti traguardi positivi, se l’azione di tutti sarà regolata da senso di responsabilità e disponibilità al confronto.
Secondo questo spirito, in tanti − ed a diversi livelli − si stanno mobilitando per chiedere al Ministro della Giustizia l’adozione di misure organizzative idonee a superare l’emergenza di oggi e quella di domani. Tra questi, alcuni giudici del lavoro nell’appello al Ministro allegato.