1. Emergenza sanitaria e famiglie in crisi. Le famiglie in crisi, le famiglie separate, i genitori in conflitto, i bambini, che di tutto ciò fanno le spese, soffrono in modo acuito le conseguenze dell'emergenza sanitaria.
I problemi essenziali ruotano attorno a due assi: a) la tutela giudiziaria nel momento della crisi, quando il bisogno è più vivo; b) l'esercizio del diritto di visita a fronte delle limitazioni al diritto di circolazione.
a) Il dl n. 11/2020 ha previsto, per ragioni di emergenza sanitaria, la sospensione dei procedimenti civili con alcune ben note eccezioni.
I diritti della famiglia e dei suoi membri più vulnerabili non rientrano tout court tra le materie escluse dalla sospensione. Per disegnare i contorni della tutela assicurata si devono mettere insieme i pezzi di una sorta di rompicapo: cause di competenza del tribunale per i minorenni relative a dichiarazioni di adottabilità, procedimenti relativi ai minori stranieri non accompagnati, ai minori allontanati dalla famiglia ed alle situazioni di grave pregiudizio; cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità; procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona; procedimenti per l’adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari; tutte quelle cause per cui il giudice ritiene, d’ufficio o su istanza di parte, sussistenti ragioni di urgenza potendo la ritardata trattazione produrre grave pregiudizio alle parti.
La lista delle eccezioni di cui all'art. 2 dl cit. è più descrittiva che normativa ma – volendo escludere diversità di trattamento tra bambini allontanati dalla famiglia dal TM e dal TO e bambini in situazione di grave pregiudizio davanti al TM e al TO e volendo dare un senso alla distinzione tra alimenti e obbligazioni alimentari (espressione quest'ultima utilizzata dalla convenzione dell'Aia del 2007 sull’esazione internazionale di prestazioni alimentari nei confronti di figli e altri membri della famiglia, dal protocollo dell’Aia del 2007 relativo alla legge applicabile alle obbligazioni alimentari e dal Regolamento (CE) n. 4/2009 - nozione da intendere in senso ampio, comprensivo dei diversi istituti della obbligazione di mantenimento e di quella di alimenti previsti nel nostro ordinamento secondo CGCE 27/2/1997 causa C-220/95, C. Cass Sez. U, Ordinanza n. 21053 del 01/10/2009; Sez. U, Ordinanza n. 11526 del 24/07/2003) – non sembrava porre dubbi l'inclusione della più parte delle cause di separazione e divorzio, delle modifiche alle condizioni di separazione e divorzio, dei procedimenti relativi alla filiazione fuori dal matrimonio.
Inopinatamente nei vari tribunali ordinari vi è stata una levata di scudi; si è ritenuto che alimenti e obbligazioni alimentari fossero la stessa cosa e coincidessero con l'istituto di cui all'articolo 433 e seguenti del CC, un'ipotesi oggi assolutamente residuale nella pratica giurisprudenziale, e che le cause di famiglia potevano essere trattate solo se urgenti, onerando per di più le parti di allegare e provare l'urgenza.
Non a caso la relazione illustrativa al dl n. 18/2020 che, con l'articolo 83, ha sostituito l'articolo 2 del dl n. 11/2020, ha poi affermato che il rinvio non si applica alle cause relative alle obbligazioni alimentari, "locuzione ripresa dalle indicazioni eurounitarie e, in particolare, dal Regolamento 4/2009/CE (art. 1), per non limitare la trattazione alle sole controversie alimentari stricto sensu il cui ambito può essere interpretato in modo più ristretto".
Tale relazione è stata generalmente ignorata, non essendole neppure riconosciuto il rango di lavori preparatori cui far ricorso nell'attività di interpretazione.
Forse "pentito" di quanto scritto nella relazione, il Governo ha presentato, in sede di conversione in legge del dl n. 18/2020, un maxi-emendamento (n.19.1000), che prevede: all'articolo 83: al comma 3, lettera a), sostituire le parole: «, ai minori allontanati dalla famiglia ed alle situazioni di grave pregiudizio» con le parole: «e ai minori allontanati dalla famiglia quando dal ritardo può derivare un grave pregiudizio e, in genere, procedimenti in cui è urgente e indifferibile la tutela di diritti fondamentali della persona» e, dopo le parole «di matrimonio o di affinità», aggiungere le seguenti: «nei soli casi in cui vi sia pregiudizio per la tutela di bisogni essenziali».
L'intento ampliativo della sospensione è evidente; meno chiare le ragioni; poiché la conversione sarà finalizzata dopo la fine del periodo di sospensione dei procedimenti o nelle sue vicinanze, l'utilità può essere solo quella di legittimare ex post prassi sospensive diffuse.
Mentre si scrive una seconda e sostanziosa proroga della sospensione dei procedimenti giudiziari – fino all'11 maggio 2020 – è stata approvata dal Consiglio dei Ministri e si attende il decreto legge. Nella motivazione di accompagnamento al testo si fa riferimento al "perdurare delle limitazioni imposte per far fronte all'emergenza epidemiologica in atto" (che, peraltro e almeno allo stato, sono fissate al 13 aprile 2020). La scelta della data (11 maggio) si afferma congrua in relazione alla previsione di adozione di misure organizzative da parte dei capi degli uffici (la quale doveva peraltro intervenire entro il 15 aprile … forse il Governo ha notizie di un generalizzato mancato rispetto del termine).
b) Quanto alle problematiche relative all'affidamento dei bambini, al loro collocamento e all'esercizio del diritto di visita, è stato immediatamente chiaro come le restrizioni alla libertà di circolazione e le limitazioni alla possibilità di allontanarsi dalla propria abitazione "se non per spostamenti individuali limitati nel tempo e nello spazio o motivati da esigenze lavorative, da situazioni di necessità o urgenza, da motivi di salute o da altre specifiche ragioni", avrebbero inciso in modo molto rilevante sul diritto di genitori e figli di passare del tempo insieme e godere della reciproca compagnia (diritto tutelato dall'articolo 8 Cedu).
Così, il 13 marzo 2020 il Presidente Ondif – Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia, in un Comunicato, rilevava come nell'avvocatura vi fosse "una diversità di vedute sulla prevalenza del bene pubblico della salute della comunità rispetto al bene della piena bigenitorialità di cui sono titolari in primis i figli minori e ovviamente di riflesso, i loro genitori, a fronte di una casistica che sempre più si manifesta con le sue specificità all'interno degli studi su sollecitazione dei nostri clienti. … Ritengo invece che sia … importante … richiamare l'alto compito sociale dell'Avvocatura, che vorremmo riconosciuto a livello massimo della fonte costituzionale, con il suo carico di suggestioni sul nostro ruolo di tutela dei diritti, ma anche di sensibilità, mai così necessaria, verso la mediazione del conflitto e la collaborazione con il collega avversario alla ricerca di una soluzione concordata e ragionevole".
In un documento adottato lo stesso giorno dal Cnf assieme a tutte le associazioni degli avvocati della famiglia (Ondif, Aiaf, Cammino, Uncm, Ami) gli avvocati si fanno carico di questo ruolo di support: " Continueremo ad ascoltare i clienti e le loro insicurezze e paure e li aiuteremo a trovare la soluzione migliore, quella di buon senso, quella che concede loro di ricordare che sono soprattutto genitori di bambini, ragazzi molto amati e che il bene di quei bambini, di quei ragazzi è qualcosa di prezioso, che va anteposto a qualsiasi conflitto e lacerazione. Ricorderemo loro che i loro figli hanno diritto ad essere tutelati nel miglior modo possibile, avendo a cuore la loro salute prima di qualsiasi altra cosa. Ricorderemo loro che la capacità di essere consapevoli della situazione che stiamo affrontando nel Paese è fondamentale per il loro bene, per il bene dei loro figli e per il bene di tutti."
Le limitate pronunce giurisprudenziali (tutte ampiamente pubblicizzate sul web e sui mezzi di informazione) non sono univoche.
Un primo provvedimento dell'11 marzo 2020 del Tribunale di Milano ha negato la sospensione del diritto di visita confermando la valenza dei provvedimenti sull'affidamento in atto.
Il Presidente della Corte d'Appello di Bari, con decreto reso inaudita altera parte il 26 marzo 2020 (e udienza fissata per la conferma modifica o revoca il 29 maggio 2020), ha accolto l'istanza della madre di sospendere il diritto di visita del padre residente in altro Comune, dato il vigente divieto di spostarsi in comuni diversi dal proprio e per il rischio che il minore sia esposto a contagio mettendo in pericolo al suo ritorno chi si trova nell'abitazione del genitore collocatario, ritenendo recessivo il diritto di visita a fronte del diritto alla salute. Possibilità di chiamate video e telefono.
Sulla stessa linea il Tribunale di Napoli, che, con 26 marzo 2020, ha affermato che, dati i divieti alla circolazione imposti dalla normativa sia nazionale sia regionale, la disciplina delle visite non possa più prevedere gli spostamenti dei minori e che la frequentazione genitori-figli potrà essere assicurata con colloqui da remoto anche mediante videochiamata.
Il Tribunale di Bari, con ordinanza presidenziale 27 marzo 2020, dopo aver adottato i provvedimenti sull'affidamento condiviso e il diritto di visita, ha accolto la richiesta della madre "di sospensione degli incontri padre/figli fino a quando non sarà superata l'attuale emergenza epidemiologica in atto, ritenendo subvalente il diritto di visita rispetto al diritto alla salute dei figli, potendo il padre – che lavora in un call center – essere un possibile veicolo di infezione; il giudice ha altresì negato valore al vademecum governativo del 11 marzo 2020 – che consente lo spostamento per visitare i figli secondo quanto previsto in sede giudiziaria, qualificandolo come necessario - non trattandosi di fonte normativa. E' stato riconosciuto al padre il diritto di avere contatti telefonici o telematici.
Il Tribunale di Trento, con decreto collegiale del 31 marzo 2020 emesso inaudita altera parte in un procedimento per la modifica delle condizioni di divorzio, preso atto del divieto di viaggiare da un Comune all'altro e ritenuto che l'esercizio del diritto di visita non integrasse alcuna delle eccezioni a tale divieto, ha sospeso le frequentazioni padre/figlia e previsto il diritto a telefonate o videochiamate giornaliere
Più attento al diritto alla vita familiare il Tribunale di Verona, che, decreto del 27 marzo 2020, ha deciso che una minore, collocata presso il padre in un Comune diverso da quello di residenza della madre, rimanga in via alternata di quindici giorni in quindici giorni presso ciascuno durante il periodo di emergenza sanitaria, onerando onerato il padre di andare a prendere e riportare la minore presso la madre priva di patente, con previsione che ciascun genitore potrà contattare quotidianamente la figlia, quando si trova presso l’altro, via skype.
Il Ministero dell'Interno è intervenuto a sua volta; prima inserendo nel modello di autodichiarazione gli spostamenti nello stesso Comune e i piccoli spostamenti in Comuni diversi per ragioni legate all'affidamento dei minori tra gli stati di "necessità" che derogano il divieto di circolazione, poi con una circolare esplicativa, la n. 15350/117(2) Uff. III, prevedendo che, "per quanto riguarda gli spostamenti di persone fisiche, è da intendersi consentito, ad un solo genitore, camminare con i propri figli minori in quanto tale attività può essere ricondotta , purché in prossimità della propria abitazione. La stessa attività può essere svolta, inoltre, amenti motivati da situazioni di necessità o per motivi di salute.".
Si registrano anche interventi rilevanti dei Presidenti delle Regioni. Ad es., la Regione Puglia, con provvedimento 2 aprile 2020 n. 16, oltre a sospendere una serie di attività assistenziali e di supporto dei servizi sociali, centri famiglia, prestazioni di sportello del centro antiviolenza, inserimenti in case rifugio, incontri in spazi neutri, ha previsto la sospensione del rientro in famiglia dei minori inseriti in comunità educative e strutture di accoglienza, salve singole autorizzazioni del tribunale, TM o TO, in presenza di "grave e non altrimenti superabile disagio per il minore".
La cacofonia dei provvedimenti normativi amministrativi e giudiziari è ampliata dai commenti dei social e dei talk-show.
2. Problemi di giustizia e problemi di legalità. L'ingiustizia profonda che esala dalla mancanza di tutela non ha bisogno di essere tratteggiata a parole.
Sul piano della legalità, dai due problemi sopra indicati e dalle soluzioni in atto emergono quattro criticità: 2a) la non trattazione dei procedimenti in materia di famiglia e minori; 2b) la violazione del diritto di visita; 2c) il (non) bilanciamento tra diritti fondamentali; 2d) l'intervento del Ministero dell'Interno in materia di famiglia.
2a. La non trattazione dei procedimenti in materia di famiglia e minori davanti al Tribunale Ordinario. Separazioni, divorzi, provvedimenti sull'affidamento, provvedimenti sul mantenimento, misure sull'esecuzione di quei provvedimenti non possono rimanere congelati in una bolla di mancanza di "cura".
Un rinvio generalizzato – salvi i casi in cui le parti riescano a convincere il giudice dell'esistenza di una "vera" urgenza e non di quella generica connessa alla materia – significa mesi se non un anno di mancanza di tutela. Stiamo infatti parlando di procedimenti iscritti verosimilmente tra ottobre e dicembre (secondo lo stato di salute dei tribunali) e di una massa di udienze (almeno una presidenziale alla settimana, una o due udienze collegiali al mese, una udienza di separazioni consensuali al mese a giudice per non parlare della fase di trattazione contenziosa), che, anche se verrà eliminata la sospensione feriale e verranno tenute udienze in più dopo la fine dell'emergenza (quindi dopo il 1° luglio 2020), verranno ricalendarizzate per lo più tra ottobre e dicembre 2020, se non oltre, o provocheranno (secondo gli stili di case management) un'ondata di spostamenti in avanti di tutte le cause già fissate.
Abbiamo già detto che la lettera della norma non lo consente e non si può che fare un appello al Governo affinché non ne indebolisca l'impianto, lanciando un messaggio agli uffici giudiziari che si ripercuoterebbe sulle misure che sono in corso di adozione per la c.d. "fase 2", quella successiva alla sospensione.
Si tenga conto, tra l'altro, che la sospensione di questi procedimenti integra certamente una violazione dell'articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell'uomo, diritto alla vita familiare, sotto il profilo procedurale.
Il Governo non ha ritenuto di notificare la dichiarazione dello stato di emergenza al Segretario Generale del Consiglio d'Europa informandolo delle misure adottate e dei motivi che le hanno determinate, forse facendo affidamento sul fatto che l'emergenza interessa anche altri Paesi, ma certamente sottovalutando l'entità e l'impatto comparativamente più forte delle misure adottate in Italia e le situazioni che si sono determinate in alcuni settori del nostro ordinamento (come nel sistema carcerario) mentre altre già stanno emergendo (aumento della violenza domestica, settore nel quale abbiamo riportato una condanna per violazione degli articoli 2 e 14 Cedu, l'inadeguatezza delle misure di protezione della vittima essendo legata anche a ragioni di genere; mi riferisco al caso Talpis).
Allorquando non si applica l'articolo 15 della Convenzione e sia dedotta davanti alla Corte una violazione dell'articolo 8, lo Stato deve dimostrare che l'ingerenza dell'autorità pubblica nella vita familiare è prevista dalla legge e costituisce una misura che, in una società democratica, è necessaria per (inter alia) la protezione della salute. Poiché lo Stato non ha solo un'obbligazione negativa di astensione ma anche un'obbligazione positiva di garantire ai consociati il godimento del diritto alla vita familiare, questo, per giurisprudenza costante, include anche la predisposizione di una tutela giurisdizionale adeguata ed effettiva.
Potrebbe lo Stato italiano fondatamente affermare che la sospensione e il rinvio in massa di tutti i procedimenti in materia di famiglia e minori sono (stati) necessari per proteggere il diritto alla salute in uno Stato democratico.
La risposta è semplice ed è, a mio avviso, negativa. Non solo la Giustizia è una funzione fondamentale di uno Stato democratico, che deve funzionare in qualunque situazione, anche "in caso di guerra o in caso di un altro pericolo pubblico che minaccia la vita della nazione", ma una trattazione dei giudizi aventi ad oggetto diritti umani è possibile, senza aggravare la situazione generale di pericolo per la salute pubblica.
Il dl n. 11/2020 e poi il dl n. 18/2020 hanno, saggiamente, previsto la possibilità di trattazione scritta anziché orale e la possibilità di trattazione da remoto, due modalità che possono trovare piena applicazione nella materia. L'attività ridotta dei Servizi Sociali e la drastica riduzione degli ascolti dei bambini a ipotesi di assoluta necessità sono due ostacoli rilevanti all'ottimale trattazione e decisione dei giudizi. Poiché, peraltro, l'ottimo è nemico del bene ed è meglio una tutela parziale e se del caso solo anticipatoria rispetto all'assenza di tutela, i procedimenti in esame possono essere trattati come segue, alla luce del combinato disposto delle norme del Codice Civile e di Procedura Civile e delle norme dell'emergenza:
A) Le cause di separazione consensuale e di divorzio congiunto possono essere trattate in forma scritta; a tal fine il Presidente sostituisce l'udienza con la trattazione scritta disponendo che le parti depositino una dichiarazione in PCT con la quale: rinunciano alla comparizione personale; dichiarano che non vi è nessuna possibilità di riconciliazione; nelle cause di divorzio, dichiarano che dalla separazione non hanno ripreso la convivenza. Poiché la comparizione dei coniugi e il tentativo di conciliazione non incidono sulla procedibilità dell'azione (v. Cass., 17336/2010, 11059/2001), la modalità di trattazione non incide sui diritti delle parti né fa sorgere questioni – in caso di separazione – sulla decorrenza del termine per il divorzio (che, in caso di contestazione, decorrerà comunque dal decreto di omologa)
B) La fase presidenziale delle cause di separazione e divorzio contenziosi può essere trattata: - in forma scritta, se le questioni prospettate dalle parti sono di facile soluzione; - con udienza a distanza con o senza la partecipazione delle parti a seconda della natura delle questioni (di fatto o di diritto) da affrontare; - con udienza tradizionale nei casi difficili e non differibili (le rigide regole di accesso al tribunale, la presenza ridottissima del personale amministrativo e dei magistrati, le misure di igiene e protezione adottate eliminano rischi sanitari allo svolgimento di un numero limitato di udienze); ugualmente può operarsi per i procedimenti camerali di competenza del collegio;
C) La trattazione scritta disposta dal giudice non esclude mai che si possa successivamente passare ad una fase orale, da remoto o "de visu"; anche in casi complessi, una fase scritta o da remoto aiuta a individuare il nocciolo del conflitto e consente l'adozione di provvedimenti temporanei e urgenti che possono essere modificati confermati o revocati in una udienza tradizionale, se del caso successiva alla fine dell'emergenza; in questo modo si possono regolare gli elementi critici per ogni famiglia in crisi - l'affidamento dei figli, il diritto di visita, l'assegnazione della casa coniugale/familiare, il mantenimento – evitando l'inasprimento del conflitto ed il suo possibile sbocco in situazioni di grave danno per il minore, e talvolta anche per la moglie/madre. Si tratta di costruire un meccanismo a elementi variabili, disponibili in modi diversi a seconda delle esigenze della famiglia e dell'andamento della crisi sanitaria.
2b + 2c) Il diritto di visita. Il diritto alla bigenitorialità e il diritto di visita sono una componente essenziale del diritto alla vita familiare.
Trattandosi di un diritto umano protetto sia dalla Costituzione che dalla Convenzione Edu e dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea, la sua compressione può derivare solo dalla legge e non da un atto di normazione secondaria o da un atto amministrativo.
La legge – il dl n. 19/2020 – prevede che possono introdursi "limitazioni alla possibilità di allontanarsi dalla propria residenza, domicilio o dimora se non per spostamenti individuali limitati nel tempo e nello spazio o motivati da esigenze lavorative, da situazioni di necessità o urgenza, da motivi di salute o da altre specifiche ragioni"; le previsioni di dettaglio sono rimesse all'esecutivo (che emana Dpcm, v. art 2 dl n. 19/2020), sono limitate nel tempo e, in quanto atti amministrativi, sono soggette al controllo giurisdizionale.
Nessuno dei vari Dpcm adottati esclude l'esercizio del diritto di visita tra le ragioni legittime di spostamento. Del resto, se una persona può uscire e circolare per andare in farmacia, in una parafarmacia, al supermercato, dal giornalaio, dal tabaccaio, in banca, al consorzio agrario, …, perché mai non dovrebbe poter circolare per stare con i propri figli?
Nessun Dpcm prevede che ci si possa spostare all'interno di un Comune ma non da un Comune all'altro; il principio che emerge dalla normativa (comprese le circolari del Ministro dell'Interno) è piuttosto che gli spostamenti giustificati e possibili (perché non si è in quarantena e non si presentano sintomi di contagio) devono essere limitati al territorio più ristretto nel quale il bisogno dell'individuo può essere soddisfatto; così, se ho un supermercato X accanto a casa o nel mio Comune non posso andare più lontano per recarmi nel supermercato Y ma se mio figlio abita in altro Comune il mio e il suo diritto si soddisfa solo con lo spostamento "transfrontaliero". In tal senso depongono le FAQ pubblicate sul sito del Ministero dell'Interno e lo stesso modulo di autocertificazione.
Se allora lo spostamento da parte del genitore sano (sia quello collocatario prevalente che l'altro genitore) per realizzare il diritto di visita è legittimo, perché tante resistenze? Se queste trovano una spiegazione in vecchie conflittualità che approfittano del virus per scatenarsi, più difficile è comprendere le ragioni delle sospensioni giudiziali del diritto. Tanto è vero che per giustificarle si fa ricorso o a un divieto di circolazione che si dice non superabile neppure tramite l'esercizio di un diritto fondamentale oppure si invoca il diritto alla salute a volte del minore, a volte del collocatario prevalente (nei casi conosciuti sempre la mamma), a volte delle persone che vivono con lui.
Orbene, posto che il bilanciamento tra diritto alla salute pubblica e diritti individuali a soddisfazione necessaria è già stato fatto dal legislatore primario e secondario nel senso che il diritto di visita si può esercitare, il bilanciamento tra diritto alla vita familiare e diritto alla salute del singolo non può essere effettuato per stereotipi o facendo ricorso alla situazione generale; dovrebbe valutarsi l'esistenza di un pericolo concreto per la salute dei soggetti coinvolti nella vicenda, analizzando tutti gli elementi di rischio dall'uno e dall'altro lato (i genitori lavorano entrambi? Escono quotidianamente e per quali esigenze? Da chi è composto il nucleo dei conviventi nelle due case? Le persone ulteriori ai genitori escono? Lavorano? Sono portatori di un fattore di rischio di infezione alto? Le condizioni igieniche sono diverse nelle due case? Perché? ….) e solo laddove fosse accertato un rischio attuale e concreto per il singolo, si potrebbe ritenere il diritto alla salute individuale (non previsto dalla Cedu), in connessione con l'interesse prevalente del minore, elemento ostativo al diritto di visita.
Questione diversa è quella dell'interesse del minore a un ambiente sereno rassicurante e stabile in un momento in cui, attraverso i media, anche i bambini piccoli risentono di un clima di tristezza e dolore. Se i genitori vivono relativamente vicini e i bambini hanno una frequentazione importante con entrambi, la soluzione migliore è certamente quella di una permanenza prolungata alternata nelle due case. Se i genitori vivono lontani e i bambini si recano da uno dei due sporadicamente, ad esempio per un fine settimana ogni quindici giorni, e non hanno un ambiante accogliente e a loro misura (ad es. una camera tutta per loro) presso l'altro genitore, potrà essere valutata attentamente l'opportunità di una sospensione temporanea sostituita con ampio diritto di videochiamate giornaliere.
2d) Gli interventi del Ministero dell'Interno. La famiglia è una parte sensibile della società, lo Stato può adottare un atteggiamento interventista o agnostico o lasciarne la regolamentazione a istanze diverse, di tipo sociale, familista o religioso. Se però decide di intervenire sia a disciplinarne la vita e le relazioni che i momenti di crisi, la regolamentazione è affidata alla legge e la verifica del rispetto della legge è affidata al giudice. Il fatto che sia affidata al giudice è chiaro segno della giurisdizionalità dell'attività che si compie, quand'anche si parli nella pratica di giurisdizione volontaria.
Il fatto che sia il Ministero dell'Interno ad intervenire per dire quando un genitore può visitare un figlio o se un bambino, che magari dorme tutte le notti nel lettore in questo periodo di paure collettive, può uscire per una passeggiata con uno solo o entrambi i genitori, è un'anomalia a cui il legislatore dovrebbe rimediare al più presto, in sede di conversione del dl n. 18 o 19/2020, dettando regole chiare e affidandone il controllo al giudice della famiglia.
3. Un'osservazione finale guardando al futuro. Non sarà sfuggito a nessuno che quando si fa l'elogio degli "eroi" piccoli e grandi di questa triste epopea che stiamo vivendo in testa ci sono ovviamente gli operatori della sanità ma poi seguono, in ordine sparso e secondo i gusti, commesse dei supermercati, farmacisti, forze dell'ordine. I Carabinieri, con la loro comprensione della società che viene da lontano, un po' per vocazione e un po' forse per bilanciare l' "antipatia" che i controlli potrebbero indurre, sono in prima linea ad aiutare i deboli, ad ascoltare le vittime delle violenze domestiche, a riscuotere la pensione degli ultrasettantacinquenni soli e a portargliela a casa assieme a un sorriso e ad una parola di supporto. I giudici, un tempo anch'essi tanto amati, non li nomina nessuna. E' come se la giustizia non esistesse. Forse perché – sotto l'egida della salute pubblica – abbiamo preferito ritirarci su una torre eburnea e da lì aspettare che la bufera passi.
Se non vogliamo che il ruolo del giudice nella società contemporanea esca completamente mutato da questa crisi dell'umanità, si deve agire. Subito.
Post Scriptum
Quando il pezzo era già pronto per la pubblicazione è stato approvato in Senato il Ddl di conversione in legge del dl n. 18/2020. Oltre ad aver esteso la sospensione dei procedimenti giudiziari fino all'11 maggio 2020 e il ricorso alle udienze da remoto, è stato aggiunto all'articolo 83 un comma 7 bis che recita: « Salvo che il giudice disponga diversamente, per il periodo compreso tra il 16 aprile e il 31 maggio 2020, gli incontri tra genitori e figli in spazio neutro, ovvero alla presenza di operatori del servizio socio-assistenziale, disposti con provvedimento giudiziale, sono sostituiti con collegamenti da remoto che permettano la comunicazione audio e video tra il genitore, i figli e l’operatore specializzato, secondo le modalità individuate dal responsabile del servizio socio-assistenziale e comunicate al giudice procedente. Nel caso in cui non sia possibile assicurare il collegamento da remoto gli incontri sono sospesi ».
Poiché il legislatore ha sentito la necessità di regolamentare l'ipotesi degli incontri c.d. assistiti o protetti, se ne può dedurre che in tutti gli altri casi il diritto di visita deve essere attuato secondo le modalità previste dal giudice. Ed eventualmente con gli specifici accorgimenti dettati per l'emergenza.