Magistratura democratica
Giurisprudenza e documenti

Riforma Orlando: primo caso di applicazione retroattiva del nuovo art. 442, secondo comma, cpp

di Federico Piccichè
avvocato del Foro di Monza e membro del Consiglio direttivo della Scuola forense di Monza
Nota a Cass. Pen., Sez. 4, Sent. 15 dicembre 2017 (dep. 11 gennaio 2018), n. 832, Pres. Di Salvo, Rel. Picardi

Con la sentenza, che si annota, la suprema Corte ha deciso che «l’art. 442, secondo comma, cod. proc. pen., come novellato dalla l. n. 103 del 2017, nella parte in cui prevede che, in caso di condanna, la pena che il giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze è diminuita della metà, anziché di un terzo, se si procede per una contravvenzione, pur essendo disposizione processuale, comporta un trattamento sostanziale sanzionatorio più favorevole e si applica come stabilisce l’art. 2, quarto comma, cod. pen., anche alle fattispecie anteriori, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile».

Nel caso di specie, l’imputato aveva proposto ricorso contro la sentenza della Corte di appello di Ancona che aveva confermato quella di condanna, emessa in primo grado con le forme del giudizio abbreviato, per la contravvenzione di guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti.

Nel proprio gravame, con i primi due motivi, il ricorrente aveva dedotto violazione di legge e vizio di motivazione, mentre, con il terzo ed ultimo motivo, che più ci interessa da vicino, il ricorrente aveva sostenuto la retroattività dell’art. 442, secondo comma, cpp, nella nuova formulazione introdotta dalla legge n. 103/2017, con la conseguente necessità di una maggiore riduzione della pena in conseguenza del rito prescelto.

La Corte ha ritenuto infondati i primi due motivi, dal momento che le due sentenze di merito si integravano perfettamente, risultando esaustive e prive di contraddizioni.

Il giudizio di colpevolezza, cui erano pervenuti i giudici di merito, era infatti ampiamente condivisibile, basandosi su un accertamento clinico effettuato tramite prelievo ematico e su alcuni elementi sintomatici, oggettivamente riscontrati dalla polizia giudiziaria nell’imputato, quali loquacità rallentata, occhi lucidi e volto con epidermide arrossata.

La Corte, invece, ha ritenuto fondato l’ultimo motivo, con cui si chiedeva l’applicazione retroattiva del secondo comma dell’art. 442 cpp, così come modificato dalla legge n. 103/2017.

La Corte accoglie la richiesta difensiva ritenendo che l’art. 442, comma 2, cpp, pur individuando una norma di carattere processuale, ha effetti sostanziali «disciplinando la severità della pena da infliggere in caso di condanna secondo il rito abbreviato».

Da qui, come anticipato in apertura, la condivisibile decisione di applicare la nuova disposizione del secondo comma dell’art. 442 cpp, più favorevole al reo, anche alle fattispecie anteriori, riconducendo l’intera operazione applicativa nell’alveo dell’art. 2, quarto comma, cp, con la conseguenza che l’applicazione retroattiva potrà avvenire soltanto a condizione che non sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.

Lo sbarramento derivante dal giudicato dovrebbe scongiurare la presentazione di istanze, in sede esecutiva, tese ad ottenere una maggiore riduzione della pena in base alla nuova disposizione del secondo comma dell’art. 442 cpp, in relazione a quei procedimenti per un reato contravvenzionale, già definiti con le forme del rito abbreviato, in cui è stata disposta in base alla disciplina previgente una riduzione di un terzo, anziché della metà, della pena in concreto inflitta.

La questione potrebbe porsi atteso che, già all’interno della stessa sentenza, che qui si annota, la Corte ha tenuto a sottolineare che, sebbene l’art. 442 cpp si inserisca nell’ambito della disciplina processuale, ha pure profili sostanziali prevedendo «un più favorevole trattamento penale in considerazione di una condotta dell’imputato successiva al reato».

Orbene, tenuto conto della natura sostanziale della diminuente premiale conseguente alla scelta del rito abbreviato, stante appunto la sua ricaduta sul trattamento sanzionatorio [1], potrebbe accadere che un giudice, in sede esecutiva, su istanza di un soggetto condannato in abbreviato per una contravvenzione, venga sollecitato a rideterminare in automatico la pena in concreto inferta in via definitiva e calcolata in base al previgente testo del secondo comma dell’art. 442 cpp.

Il giudice dell’esecuzione verrebbe così a trovarsi nelle condizioni di poter garantire, effettuando un banale calcolo aritmetico, attraverso una modifica in melius del giudicato, l’esecuzione di una pena conforme ai nuovi criteri legali introdotti dalla riforma Orlando, senza con questo correre il rischio di rimettere in discussione, sul piano valutativo e discrezionale, la scelta decisoria, ormai passata in giudicato, adottata dal giudice della cognizione in merito ai fatti accertati nella sentenza definitiva, atteso che il calcolo della maggiore riduzione non comporterebbe «alcun profilo di discrezionalità».

Tuttavia un’istanza del tipo di quella sopra indicata verrebbe molto verosimilmente dichiarata inammissibile dal giudice dell’esecuzione, essendosi basata la scelta del legislatore di novellare il secondo comma dell’art. 442 cpp su un giudizio di inopportunità e non di illegittimità del precedente trattamento sanzionatorio, sicché «si potrà, allora, discutere sul mantenimento, de iure condendo, della regola dell’intangibilità del giudicato in simili ipotesi; ma certo non si potrà qualificare in termini di illegittimità l’esecuzione di una pena inflitta dal giudice della cognizione sulla base di una normativa giudicata successivamente inopportuna, ma non − appunto − illegittima» [2].

 


[1] Nella sentenza in commento si evidenzia che la disposizione concernente la diminuente per il rito abbreviato, incidendo sul trattamento sanzionatorio concreto, ha natura sostanziale, mentre le disposizioni concernenti i presupposti, i termini e le modalità di accesso al rito hanno natura processuale.

[2] Le parole sono tratte da F. Viganò, Retroattività della legge penale più favorevole, in www.penalecontemporaneo.it, 20 dicembre 2013, p. 15.

20/02/2018
Altri articoli di Federico Piccichè
Se ti piace questo articolo e trovi interessante la nostra rivista, iscriviti alla newsletter per ricevere gli aggiornamenti sulle nuove pubblicazioni.
La disciplina delle intercettazioni dalla riforma Orlando del 2017 fino alla proposta di legge AC1822 Zanettin-Bongiorno sul sequestro degli smartphone Alla continua ricerca di un possibile equilibrio/bilanciamento tra riservatezza ed esigenze processuali

Nel cantiere sempre aperto della giustizia penale si annunciano continue riforme in materia di intercettazioni, che rischiano di vanificare questo importante strumento di ricerca della prova e di spostare l’asse del bilanciamento tra la tutela della riservatezza e le esigenze processuali a favore della prima.

27/11/2025
Audizione alla Commissione giustizia della Camera dei Deputati sul disegno di legge AC n. 1693 Modifica dell’articolo 609-bis del codice penale in materia di violenza sessuale e di libera manifestazione del consenso

In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, pubblichiamo il testo dell’Audizione alla Commissione giustizia della Camera dei Deputati sul disegno di legge AC n. 1693 Modifica dell’articolo 609-bis del codice penale in materia di violenza sessuale e di libera manifestazione del consenso di Paola Di Nicola Travaglini e di Francesco Menditto. La riforma, approvata all’unanimità dalla Camera, in attesa del varo definitivo da parte del Senato, ha il merito di formalizzare il punto di approdo della giurisprudenza, soprattutto di legittimità, per cui deve riconoscersi violenza sessuale in ogni caso in cui non sia stato manifestato il chiaro, inequivoco, e permanente consenso al rapporto. Non si tratta solo di una modifica formale, ma della diversa attenzione rivolta non più a chi subisce, ma piuttosto a chi aggredisce: non sarà più la vittima a dover provare di avere reagito, ma il colpevole a dover dimostrare che l’atto era liberamente voluto da entrambi. Un rovesciamento di prospettiva che rappresenta un notevole passo avanti nella difesa delle vittime di violenza.

25/11/2025
Fine vita: il suicidio assistito in Europa e la palude italiana

A fronte dell’infinito confronto, esistenziale e filosofico, sui temi della libertà di vivere e della libertà di morire, è emersa in Europa una nuova domanda sociale: quella di una libertà del morire che sia tutelata dall’ordinamento giuridico non solo come “libertà da” e come espressione di autodeterminazione ma anche come un vero e proprio “diritto sociale” che assicuri l’assistenza di strutture pubbliche nel momento della morte volontaria. In questi ultimi anni, in alcuni Paesi europei sono stati compiuti significativi passi verso un nuovo regime del fine vita mentre in altri vi sono cantieri aperti ormai ad un passo dalla positiva chiusura dei lavori. Il Regno Unito sta approvando una nuova legge destinata a superare il Suicide Act del 1961. In Germania la Corte costituzionale, con una decisione del 2020, ha affermato che esiste un diritto all’autodeterminazione a morire ed a chiedere e ricevere aiuto da parte di terzi per l’attuazione del proposito suicidario. In Francia una nuova normativa, in corso di approvazione, è stata preceduta e preparata da un importante esperimento di democrazia deliberativa come l’istituzione di una Convention Citoyenne Cese sur la fin de vie, formata per sorteggio e chiamata a fornire un meditato e informato parere sul fine vita. La situazione del nostro Paese resta invece caratterizzata da una notevole dose di ipocrisia e da un altrettanto elevato tasso di confusione istituzionale. La radicale negazione dell’esistenza di un diritto a morire proveniente dalla maggioranza di governo coesiste infatti con il riconoscimento di diverse possibilità legittime di porre fine volontariamente alla propria vita in particolari situazioni: rifiuto delle cure, sedazione profonda, suicidio assistito in presenza delle condizioni previste dalle pronunce della Corte costituzionale. Dal canto suo il legislatore nazionale è stato sin qui paralizzato da veti e contrasti ed appare incapace di rispondere alla domanda, che sale con crescente intensità dalla società civile, di tutelare il diritto “doloroso” di porre fine ad una esistenza divenuta intollerabile. In questa situazione stagnante la domanda sociale di libertà del morire si è trovata di fronte solo l’arcigna disciplina del fine vita dettata dagli artt. 579 e 580 di un codice penale concepito in epoca fascista. Da questo impatto sono scaturite le forme di disobbedienza civile consistenti nel prestare aiuto, sfidando le norme penali, a chi in condizioni estreme aspirava ad una fine dignitosa. E, a seguire, i giudizi penali nei confronti dei disobbedienti e le questioni di legittimità costituzionale sollevate nel corso dei processi dai giudici che hanno innescato i numerosi interventi della Corte costituzionale, sinora decisivi nel disegnare la disciplina del fine vita. Da ultimo un tentativo di superare l’inerzia del parlamento è stato compiuto da due Regioni - Toscana e Sardegna - che hanno approvato leggi sul fine vita, individuando come requisiti per accedere all’assistenza al suicidio quelli previsti dalla sentenza della Corte costituzionale nella sentenza n. 242 del 2019 e disegnando procedure per ottenere la prestazione assistenziale richiesta. La reazione del governo è consistita nell’impugnare la legge regionale toscana ritenuta esorbitante dalle competenze regionali e lesiva di competenze esclusive dello Stato. Reazione non priva di qualche fondamento giacchè la prospettiva di regimi del fine vita differenziati su base regionale appare criticabile sotto il profilo giuridico e non certo desiderabile nella pratica, ma singolare quando provenga dal uno Stato che sinora si è dimostrato incapace di dettare una normativa rispondente alle istanze di riconoscimento di libertà e di diritti sul fine vita che provengono dalla società italiana. 

19/11/2025
Maternità in carcere alla luce del “Decreto Sicurezza” 48/2025: trattamento o esclusione?

Un saggio a tutto tondo sulla maternità in carcere e sulla detenzione femminile, riletti alla luce delle regressive modifiche contenute nel c.d. Decreto Sicurezza 48 del 2025

09/10/2025
La denuncia riservata. Spunti per un parziale cambio di passo nella legislazione antimafia

Riflessioni a partire dal volume di Arturo Capone La denuncia riservata. Genesi e metodo delle mafie, limiti della legislazione antimafia e spunti per una strategia processuale di contrasto (Giappichelli, 2025)

22/09/2025
Dare senso all'indicibile

Guardando Elisa, film di Leonardo Di Costanzo

20/09/2025