Le risposte in ordine sparso degli Stati membri dell’Unione europea alla pandemia dichiarata dall’Oms fanno risaltare ancora una volta l’insufficienza di risposte nazionali a problemi globalizzati, e come la costruzione dell’Unione rimanga in mezzo al guado tra la natura di organizzazione regionale di integrazione economica legata al modello della cooperazione inter-governativa ed una propulsione verso un modello federale ancora lontano.
È significativo – lo si sottolinea per evidenziarne il valore simbolico, senza ovviamente entrare nel merito dell’efficacia delle misure sanitarie necessitate dalla situazione – che, mentre la pandemia veniva dichiarata da un organismo delle Nazioni Unite[1], sia stata bloccata la libertà fondamentale più caratteristica dell’Unione, ossia la libertà di circolazione delle persone (per vero non soltanto a livello europeo, ma anche in ambiti locali assai più circoscritti), e che, unitamente alla sospensione di fatto dell’area Schengen, si siano avviate consultazioni per gestire la crisi economica e finanziaria inevitabile conseguenza della pandemia.
Poiché i progressi dell’Unione europea storicamente sono anche legati a shock esterni[2], ci si può chiedere (e forse auspicare che) se il generale ripensamento dei modelli attuali che la pandemia (ed il suo sperabile tempestivo controllo) lascerà in eredità comprenderà una revisione ed ampliamento delle competenze sociali dell’UE, a partire dal tema, in questo momento più pressante, del governo della salute pubblica.
Allo stato, sembra da registrarsi uno iato, o piuttosto un deficit di attuazione, tra le previsioni in materia della Carta dei Diritti Fondamentali Ue ed i Trattati.
La Carta assicura (art. 35 nel titolo sulla "Solidarietà") il diritto di ogni persona "di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche", alle condizioni stabilite da legislazioni e prassi nazionali con la garanzia di un "livello elevato di protezione della salute umana".
Sin dai primi commenti alla carta di Nizza si è sottolineata[3] la diversa prospettiva della disposizione dell’art. 35 rispetto al diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost.: il diritto fondamentale europeo alla protezione della salute si configura come un vero e proprio diritto sociale, e si articola nell’erogazione pubblica di cure al malato e nella prevenzione sanitaria, anche in termini di salubrità dell’ambiente e sicurezza delle condizioni di lavoro.
Il capitolo (titolo XIV) sulla sanità pubblica del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue) è però rappresentato da un solo articolo (art. 168), che ribadisce che nella "definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana", per poi spiegare che:
- l’azione dell’Unione completa le politiche nazionali quanto al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all’eliminazione delle fonti di pericolo per la salute fisica e mentale, comprese "la lotta contro i grandi flagelli, … la ricerca sulle loro cause, la loro propagazione e la loro prevenzione, nonché l’informazione e l’educazione in materia sanitaria, nonché la sorveglianza, l’allarme e la lotta contro gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero";
- l’Unione incoraggia la cooperazione tra gli Stati membri e, ove necessario, appoggia la loro azione, in particolare incoraggiando la cooperazione tra gli Stati membri per migliorare la complementarietà dei loro servizi sanitari nelle regioni di frontiera;
- gli Stati membri coordinano tra loro, in collegamento con la Commissione, le rispettive politiche ed i rispettivi programmi nel settore;
- la Commissione può prendere iniziative utili a promuovere detto coordinamento (definizione di orientamenti e indicatori, scambi di migliori pratiche, preparazione di elementi necessari per il controllo e la valutazione periodici);
- il Parlamento europeo è pienamente informato.
Misure legislative europee, in deroga alla generale competenza di sostegno prevista in materia, nella forma della competenza concorrente, possono essere adottate dal co-legislatore europeo, "per affrontare i problemi comuni di sicurezza" in materia di qualità e sicurezza di sangue ed emoderivati, nei settori veterinario e fitosanitario, in materia di qualità e sicurezza dei medicinali e dei dispositivi di impiego medico.
Sempre deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, il Parlamento europeo ed il Consiglio (comma 5) possono anche adottare "misure di incentivazione per proteggere e migliorare la salute umana, in particolare per lottare contro i grandi flagelli che si propagano oltre frontiera (e) misure concernenti la sorveglianza, l’allarme e la lotta contro gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero”.
Inoltre (comma 6), il Consiglio, su proposta della Commissione, può altresì adottare raccomandazioni per i fini in questione.
Viene espressamente chiarito che l’azione dell’Unione "rispetta le responsabilità degli Stati membri per la definizione della loro politica sanitaria e per l’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica. Le responsabilità degli Stati membri includono la gestione dei servizi sanitari e dell’assistenza medica e l’assegnazione delle risorse loro destinate".
La competenza in materia di sanità pubblica, in base ai principi di attribuzione e sussidiarietà, è perciò chiaramente limitata a compiti di coordinamento delle competenze nazionali (in molti Stati, compresa l’Italia, in realtà articolate a livello regionale): si tratta di una competenza di sostegno ai sensi dell’art. 6 TFUE (quindi né esclusiva ai sensi dell’art. 3, né concorrente, se non in misura eventuale e residuale, ai sensi dell’art. 4), incentrata principalmente sulle problematiche transfrontaliere (intese nel senso correlato alla libertà di circolazione piuttosto che a quello collegato all’estensione della minaccia).
Infatti, sul sito della Dg Sante della Commissione europea, viene precisato che: "L’azione dell’Ue in materia di salute ha come obiettivi il miglioramento della sanità pubblica, la prevenzione delle malattie e dei rischi per la salute, compresi quelli legati allo stile di vita, nonché favorire la ricerca. L’UE non definisce le politiche sanitarie, né l’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica. La sua azione serve invece a integrare le politiche nazionali e a sostenere la cooperazione tra gli Stati membri nel settore della sanità pubblica"[4].
Scelte legislative di delimitazione delle competenze, dunque, degli Stati membri, univoche, che vanno ricordate quando venga contestato un certo attendismo dell’Unione nella presente emergenza, anche dal punto di vista della solidarietà, ovvero delineata l’emersione (a livello globale) di diversi modelli di affrontarla[5].
Tuttavia, anche in un’ottica federalista, preso atto che la politica della salute è strutturata nel Trattato di Lisbona come competenza di sostegno o di incoraggiamento, si è prospettata una certa carenza di reattività della Commissione nella proposta a Consiglio e Parlamento di quelle misure legislative urgenti "per proteggere e migliorare la salute umana, in particolare per lottare contro i grandi flagelli che si propagano oltre frontiera" prefigurate dall’art. 168, comma 5, TFUE, così come nell’utilizzo delle previsioni dell’art. 196 Tfue in materia di protezione civile, che incoraggiano la cooperazione tra gli Stati membri al fine di rafforzare l’efficacia dei sistemi di prevenzione e di protezione dalle calamità naturali o provocate dall’uomo, a promuovere una cooperazione operativa rapida ed efficace all’interno dell’Unione tra i servizi di protezione civile nazionali, ed a favorire la coerenza delle azioni intraprese a livello internazionale in materia di protezione civile[6]. Rimane, comunque, anche quella sulla protezione civile, una competenza di sostegno, ed il comma 2 dell’art. 196 Tfue esclude “qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri".
Ed appunto nel senso di una proposta di ristrutturazione istituzionale, determinata dalla necessità di una singola risposta europea alla pandemia in corso, si muove l’appello di prominent Europeans for EU answer to coronavirus threat [7] che richiede una revisione dei trattati per rendere la materia della salute pubblica e della lotta contro le epidemie una competenza condivisa, con l’occasione fornendo all’Unione risorse fiscali proprie.
Insomma, la pandemia, la lotta contro la quale comprime diritti fondamentali ed apre nuovi scenari di democrazia del XXI secolo, è spunto di riflessioni di ampio respiro[8].
In questo contesto, nel confronto dell’Unione europea con lo scenario sanitario mondiale, vi è da chiedersi se sia ancora adeguata la natura dell’Ue come organizzazione economica di integrazione regionale. Come Reio, infatti, ossia come organizzazione costituita da Stati sovrani di una determinata regione, alla quale gli Stati membri hanno trasferito alcune competenze, l’Ue opera nel sistema delle Nazioni Unite[9], inclusa l’Oms.
Al di là delle sigle, la pandemia dimostra l’inadeguatezza di una Unione con una dimensione sociale che rimane ridotta e rigidamente nazionale.
Forse l’intensità dello shock, ambientale ed economico, e l’evidenza della vulnerabilità globale interconnessa, saranno l’occasione di una risposta dell’Unione europea ai suoi cittadini ed abitanti.
[1] www.who.int/dg/speeches/detail/who-director-general-s-opening-remarks-at-the-media-briefing-on-covid-19---11-march-2020;
www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=4209 .
[2] Ad esempio la messa in opera del mandato d’arresto europeo è comunemente riconosciuta in nesso crono-causale con la tragedia dell’11 settembre 2001: v. per tutti, L. SALAZAR, La decisione quadro sul mandato d’arresto europeo: genesi, contenuto e finalità del nuovo sistema normativo – nov. 2003, www.unife.it/giurisprudenza/giurisprudenza/studiare/diritto-penale-europeo/materiale-didattico/l-salazar-mandato-darresto-europeo.pdf .
[3] A. Costanzo, Commento art. 35, in La Carta dei Diritti dell’Unione europea – Casi e materiali, a cura di G. Bisogni, G. Bronzini; V. Piccone, Taranto 2009.
[4]
https://eur-lex.europa.eu/summary/chapter/public_health.htmlroot_default=SUM_1_CODED%3D29&locale=it .
[5] R. Buffagni, Epidemia coronavirus, due approcci strategici a confronto, www.sinistrainrete.info/societa/17186-roberto-buffagni-epidemia-coronavirus-due-approcci-strategici-a-confronto.html .
[6] V. Movimento europeo, Newsletter n.7/2020 – Coronavirus: necessaria e urgente una risposta europea https://movimentoeuropeo.it/component/content/article/9-uncategorised/948-newsletter-n-7-2020-coronavirus-necessaria-e-urgente-una-risposta-europea#Iniziative .
[7] Promosso dai prof. R. Castaldi e D. Innerarity, primi firmatari Romano Prodi, Enrico Letta, José Luis Rodrìguez Zapatero – www.euractiv.com/section/future-eu/opinion/prominent-europeans-call-for-a-european-answer-to-the-coronavirus-threat/ .
[8] Vedi, in questa rivista, I. Massa Pinto, La tremendissima lezione del covid-19 anche ai giuristi, http://questionegiustizia.it/articolo/la-tremendissima-lezione-del-covid-19-anche-ai-giuristi_18-03-2020.php .
Cfr., inoltre, nell’uspicio di una politica fiscale comune, L. Reichlin, Covid-19 is an opportunity for Europe – www.socialeurope.eu/covid-19-is-an-opportunity-for-europe; M. Delmas-Marty, A’ l’ère du coronavirus, gouverner la mondialisation par le droit – https://legrandcontinent.eu/fr/2020/03/18/coronavirus-mondialisation-droit-delmas-marty/ .
[9] V., ad es., art. 2, lett. j, United Nations Convention against Transnational Organised Crime (Convenzione di Palermo, 2000); art. 44 Convention on the Rights of Persons with Disabilities (Crpd, New York 2006).