Leggi e istituzioni
E' ufficialmente aperta la stagione della giurisdizione climatica nel nostro ordinamento. Lo scorso 21 luglio, nel cuore di un'estate dal caldo record, è stata pubblicata l’ordinanza n. 20381 con cui la Corte di Cassazione, per la prima volta, ha affermato che, a certe condizioni, il giudice ordinario italiano è competente a decidere le cause in materia climatica. La particolarità del tema trattato e l'importanza che, verosimilmente, questo provvedimento andrà acquisendo via via nel tempo rendono opportuna una riflessione di primo approfondimento.
L’adozione del vocabolario emergenziale per descrivere la situazione del carcere è un errore, pericoloso perché impoverisce il dibattito culturale sul penitenziario e lo iscrive nei binari del pensiero corto, di uno specialismo riduttivo.
Un saggio a tutto tondo sulla maternità in carcere e sulla detenzione femminile, riletti alla luce delle regressive modifiche contenute nel c.d. Decreto Sicurezza 48 del 2025
Il lavoro può idealmente dividersi in due parti. Nei par. da 1 a 3 si tratta della fondatezza delle accuse mosse da Giorgia Meloni al Manifesto di Ventotene, cercando non di giustificare, ma di spiegare le contraddizioni del Manifesto, alla luce sia del contesto storico in cui fu redatto, sia della vicenda intellettuale degli Autori. Si evidenzia anche come le critiche mosse da Meloni non siano affatto nuove, risalgano all’epoca della sua redazione e si riferiscano a parti del Manifesto che gli stessi Autori consideravano superate. Nei par. da 4 a 7 si formula una ipotesi sul significato politico della diatriba avviata da Meloni. La si collega a posizioni intellettuali vicine o almeno non dissonanti. Si mettono a raffronto le proposte federaliste del Manifesto e di Friedrich von Hayek, per ragionare sulle opposizioni ideali keynesismo/liberismo, Costituzione nazionale/Trattati europei, ideologia/politica economica.
Prendendo le mosse dalle personali esperienze professionali dell’autrice l’articolo da un lato recensisce il libro di Grazia Ofelia Cesaro (ed. Feltrinelli), avvocata notissima nel mondo del diritto di famiglia e minorile per la sua grande competenza e professionalità, dall’altro considera i risultati non certo positivi per il settore minorile della recente riforma processuale civile (la c.d. riforma Cartabia civile, di cui alla legge delega n.206/2021, attuata con D. Leg.vo 149/2022, modificata dal D. Leg.vo 164/2024) e le prospettive di futuro di una riforma ordinamentale dalla impossibile concreta attuazione.
Riflessioni a partire dal volume di Arturo Capone La denuncia riservata. Genesi e metodo delle mafie, limiti della legislazione antimafia e spunti per una strategia processuale di contrasto (Giappichelli, 2025)
Nell’articolo l’autore offre un’articolata analisi del volume Il diritto di famiglia nella società contemporanea. Teoria e metodo di Maria Rosaria Marella (Jovene, Napoli, 2025), restituendone con profondità argomentativa la complessità metodologica e l’impatto politico. Si evidenzia come l’opera, lontana da una ricognizione puramente normativa, rappresenti un esercizio di critica giuridica capace di decostruire le principali dicotomie del diritto moderno (pubblico/privato, famiglia/mercato, status/contratto), rivelandone la funzione ideologica e distributiva. L’autore mette in luce la matrice interdisciplinare del metodo adottato – che intreccia giusrealismo, femminismo intersezionale e post-strutturalismo – e ne mostra l’efficacia nell’analizzare dispositivi normativi come il principio dell’interesse del minore, la responsabilità civile endofamiliare, il lavoro di cura non remunerato e la gerarchia tra forme di coniugalità. La lettura valorizza l’opera marelliana come contributo teorico fondamentale per ripensare il diritto di famiglia non solo come tecnica regolativa, ma come campo di produzione di soggettività e di redistribuzione del potere.
Le slides della lezione tenutasi a Roma il 15 luglio 2025 al corso per magistrati neodirettivi e neo-semidirettivi
Il contributo analizza criticamente l’art. 43 del decreto-legge n. 36/2022, che ha istituito un Fondo ristori per le vittime italiane dei crimini commessi dalle forze armate del Terzo Reich, anche alla luce della sentenza n. 159/2023 della Corte costituzionale. L’Autore si interroga sulla tensione tra il diritto alla verità delle vittime e l’esigenza di evitare la “tribunalizzazione” della storia, riflettendo sul ruolo del processo come spazio di giustizia simbolica e memoria collettiva nei casi di crimini storici internazionali.
A breve commento della sentenza n. 96/2025 della Corte costituzionale
Il contributo esamina il delitto di cui all’art. 12-bis del testo unico immigrazione, introdotto dal decreto-legge n. 20/2023 all’indomani del tragicamente noto naufragio di Cutro. L’analisi rivela criticità attinenti sia alla prevedibile inefficacia della nuova figura di reato, rispetto al dichiarato obiettivo di contrastare le forme più gravi di traffico di migranti; sia alla manifesta sproporzione dei minimi edittali, rispetto alle condotte connotate da minore disvalore, come quelle riconducibili ai c.d. migranti-scafisti.
Le proposizioni - coordinate giuridicamente, politicamente, storicamente - contenute nell’articolo 11 della Costituzione, sono frutto di una significativa elaborazione in Assemblea costituente; il legame tra esse e l’insieme delle norme e dei principi costituzionali dovrebbe fondare la proiezione dell’opera e delle scelte della Repubblica in una dimensione sovranazionale di tutela dei diritti e di difesa dei beni comuni dell’umanità
Uno sguardo di insieme sul recente intervento legislativo in materia di tutela penale della sicurezza pubblica solleva una serie di questioni: sul piano del metodo, in ragione della scelta di intervenire con decreto-legge, quando un disegno di legge sostanzialmente identico era all’esame del Parlamento; sul piano dei contenuti, in considerazione della filosofia di fondo – ispirata a logiche securitarie – che informa l’intero impianto normativo. Il contributo si sofferma su tali snodi, sollecitando più di una riflessione su temi cruciali per le democrazie contemporanee: la scarsa capacità selettiva del proteiforme concetto di sicurezza pubblica; lo spazio che una società democratica è in grado di assicurare al dissenso e alla marginalità sociale; la funzione del diritto penale in una società democratica, con il rischio che esso assuma sempre più una funzione simbolico-deterrente; lo spostamento dal diritto penale del fatto al diritto penale d’autore; una idea di legalità penale che rischia di essere sempre più sganciata dal costituzionalismo.