Magistratura democratica
Diritti senza confini

Lo stato dell’arte della giurisprudenza di legittimità sui trattenimenti *

di Alberto Pazzi
consigliere della Corte di Cassazione

L’articolo fornisce la rassegna dei più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità in materia di trattenimento, al fine di rappresentare il contesto interpretativo nel quale il decreto Cutro (d.l. n. 20/2023) si viene ad inserire e con cui le nuove norme si dovranno confrontare. 
Il video integrale del seminario Le novità normative del d.l. n. 20/2023 è disponibile sul canale YouTube di Magistratura democratica all'indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=iEnzotKRCe0      

1. Secondo quanto riconosciuto Corte di giustizia, grande sezione, 8 novembre 2022, nelle cause C-704/20 e C-39/21 (e già spiegato, in nuce, da Corte Cost. 105/2001) il trattenimento è istituto di diritto amministrativo correlato alla commissione di un illecito da parte del migrante (ingresso o permanenza nel territorio dello Stato) e finalizzato al suo controllo fisico.

Il trattenimento, poiché viene eseguito in centri finalizzati al rimpatrio, è una misura che comporta la privazione della libertà personale, al di fuori della materia penale, compatibile con gli artt. 13 Cost. e 5 CEDU (detenzione finalizzata al rimpatrio della persona straniera irregolare a condizione che la procedura sia regolare).

Secondo i considerando 15, 16 e 20 della Direttiva 33/2013 ed alla luce di una pluralità di interventi della Corte di Giustizia il trattenimento è misura eccezionale, residuale e non generalizzabile, applicabile in una situazione individuale da cui emerga la necessità dell’adozione di un simile rimedio e la proporzionalità dello stesso rispetto ai fini perseguiti. 

Se così è, allora il problema è (e sarà, ogni qual volta si intenderà far fronte al fenomeno del moltiplicarsi del numero dei migranti attraverso il moltiplicarsi delle forme di trattenimento) quello delle garanzie che devono essere necessariamente legate all’adozione di questa forma di privazione della libertà personale.

Da questi principi la Corte di legittimità ha tratto una serie di conseguenze:

a) l'autorità amministrativa è priva di qualsiasi potere discrezionale e il controllo giurisdizionale si deve estendere al vaglio di specificità dei motivi addotti a sostegno della richiesta, nonché della congruenza di essi rispetto alla finalità di rendere possibile il rimpatrio (v. Cass. 18227/2022, Cass. 6064/2019 e Cass.  18748/2015);

b) il controllo giurisdizionale deve avvenire attraverso una motivazione che non sia di facciata, ma renda realmente percepibili le ragioni per cui la restrizione è stata applicata (Cass. 504/2023, Cass. 35649/2023);

c) debbono essere sempre verificati i presupposti di legittimità del trattenimento, anche rilevando d'ufficio, sulla base degli elementi del fascicolo portato alla conoscenza del giudice, come integrati o chiariti nel corso del contraddittorio espletato dinanzi ad esso, l'eventuale mancato rispetto di taluno di essi, sebbene non dedotto dall'interessato;

d) pertanto, il sindacato giurisdizionale nel giudizio di convalida del decreto di trattenimento, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 14 d. lgs. 286/1998, in relazione all'art. 5, par. 1, CEDU (che consente la detenzione di una persona, a fini di espulsione, a condizione che la procedura sia “regolare”), involge incidentalmente, ai fini della decisione da assumere, anche la «manifesta illegittimità» del provvedimento di espulsione o respingimento (si vedano in questo senso, ex multis, Cass. 18404/2023, Cass. 18128/2022, Cass. 7829/2019, Cass. 5750/2017, Cass. 24415/2015), che costituisce il presupposto a monte del trattenimento.

 

2. Dall’esistenza di un necessario legame fra il trattenimento e il provvedimento presupposto che lo giustifica, discendono una serie di conseguenze in termini procedurali:

a) il rapporto di correlazione esistente fra i vari provvedimenti può rendere opportuna la riunione dei procedimenti che li investono, al fine di esaminare, una volta per tutte, il presupposto legittimante il trattenimento (il principio è stato espresso rispetto alla riunione dei diversi procedimenti che investivano il decreto di respingimento reso nei confronti del migrante a seguito del suo sbarco sul territorio nazionale a mente dell’art. 10 comma 2, T.U.I, i successivi provvedimenti di trattenimento adottati il primo ai sensi dell’art. 14 d. lgs. 286/1998, il secondo ex art. 6, comma 3, d. lgs. 142/2015 in ragione della ritenuta pretestuosità della domanda di asilo presentata da chi si trovi già in condizione di trattenimento, il provvedimento di proroga per ulteriori sessanta giorni del periodo del secondo trattenimento disposto ex art. 6, commi 6, 7 e 8, d. lgs. 142/2015; Cass. 31522/2023);

b) ove il provvedimento presupposto sia viziato, vengono meno anche i provvedimenti a valle, che presuppongono la legittimità del primo; pertanto, il venir meno di una delle condizioni imprescindibili per procedere alla convalida del trattenimento (costituita dal fatto che il richiedente asilo si trovasse, legittimamente, in un centro di cui all'art. 14 T.U.I. nel momento in cui il questore ha disposto il trattenimento) comporta che il provvedimento di cd. “riconvalida” impugnato perda la propria base giuridica e debba essere, anch’esso, inevitabilmente cassato senza rinvio, in mancanza di uno dei suoi presupposti;

c) nel caso di respingimento differito questorile, nel caso in cui il trattenimento sia viziato viene meno anche il respingimento a monte: quest’ultimo, infatti, è un provvedimento che giustifica la sua esistenza solo in funzione della sua esecuzione «con accompagnamento alla frontiera», con immediatezza o a seguito di trattenimento per il tempo strettamente necessario (Cass. 10819/2024[1]).

 

3. Esistono particolari obblighi informativi in favore dei migranti condotti nei punti di crisi ed in conseguenza della loro mera presenza all’interno di tali strutture (Cass. 32070/2023; in seguito, ex multis, Cass. 4223/2024, Cass. 10819/2024).

Infatti, l’art. 8 della direttiva 2013/32/UE del 26 giugno 2013 prevede che «qualora vi siano indicazioni che cittadini di paesi terzi o apolidi tenuti in centri di trattenimento o presenti ai valichi di frontiera, comprese le zone di transito alle frontiere esterne, desiderino presentare una domanda di protezione internazionale, gli Stati membri forniscono loro informazioni sulla possibilità di farlo».

L’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (di attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale) stabilisce che «le misure di accoglienza di cui al presente decreto si applicano dal momento della manifestazione della volontà di chiedere la protezione internazionale», mentre il successivo art. 3 regola le modalità con cui sono rese le informazioni ai cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi (prevedendo che «1. L'ufficio di polizia che riceve la domanda provvede ad informare il richiedente sulle condizioni di accoglienza, con la consegna all'interessato dell'opuscolo di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e successive modificazioni. 2. L'opuscolo di cui al comma 1 è consegnato nella prima lingua indicata dal richiedente o, se ciò non è possibile, nella lingua che ragionevolmente si suppone che comprenda tra quelle indicate nell’articolo 10, comma 4, del decreto legislativo 25 gennaio 2008, n. 25, e successive modificazioni. 3. Le informazioni di cui al comma 1 sono fornite, ove necessario con l'ausilio di un interprete o di un mediatore culturale anche presso i centri di accoglienza, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a quindici giorni dalla presentazione della domanda. 4. Le informazioni di cui al presente articolo comprendono i riferimenti dell'UNHCR e delle principali organizzazioni di tutela dei richiedenti protezione internazionale»).

L’art. 10-ter, comma 1, d. lgs. 286/1998, introdotto dall’art. 17, comma 1, d.l. 13/2017, convertito con modificazioni dalla l. 46/2017, prevede, infine, che presso i punti di crisi dove lo straniero rintracciato in occasione dell'attraversamento irregolare della frontiera interna o esterna ovvero giunto nel territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare è condotto per le esigenze di soccorso e di prima assistenza «è assicurata l’informazione sulla procedura di protezione internazionale».

L’evoluzione della normativa interna rende evidente che il legislatore nazionale ha ritenuto, da ultimo, in re ipsa sussistente – nelle ipotesi previste dalla norma appena richiamata - la condizione dell’esistenza di indicazioni che rivelino il desiderio del migrante di presentare domanda di protezione internazionale (nel senso previsto dalla direttiva comunitaria) quale presupposto per fornire a quest’ultimo informazioni sulla possibilità di richiedere asilo, stabilendo, appunto, che allo straniero condotto nei punti di crisi dopo essere stato rintracciato in occasione dell'attraversamento irregolare della frontiera interna o essere giunto sul territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare «è assicurata» – e dunque sempre e incondizionatamente, al momento dell’accoglienza - «l’informazione sulla procedura di protezione internazionale».

Pertanto[2], allo straniero condotto nei punti di crisi dopo essere stato rintracciato in occasione dell'attraversamento irregolare della frontiera interna o essere giunto sul territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare le autorità competenti hanno il dovere di fornire, ai sensi dell’art. 10-ter, comma 1, d. lgs. 286/1998, sempre e incondizionatamente, presso i punti di crisi ed al momento dell’accoglienza, informazioni sulla procedura di protezione internazionale; ciò a pena di nullità dei conseguenti decreti di respingimento e trattenimento, posto che questa attività è funzionale ad assicurare il diritto del migrante di ottenere informazioni sufficienti a consentire di avere un accesso effettivo alle procedure di asilo, dato che proprio la mancanza di informazioni costituisce uno dei principali ostacoli all'accesso a tali procedure (cfr. Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza 23 febbraio 2012, ric. n. 27765/09 Hirsi Jamaa ed altri c. Italia, § 204)[3].

 

4. Infine, la giurisprudenza di legittimità ha fatto una pluralità di puntualizzazioni in merito alla disciplina che regola il nuovo trattenimento, ex art. 6, comma 3, d. lgs. 142/2015, dello straniero già trattenuto che abbia richiesto la protezione internazionale:

a) ove il cittadino straniero, già presente in un C.P.R. in attesa dell'esecuzione di un decreto di espulsione e in forza di trattenimento disposto ex art. 14 d.lgs. 286/1998, sia ivi nuovamente trattenuto ai sensi dell'art. 6, comma 3, d. lgs. 142/2015 per avere presentato una domanda di protezione internazionale, il termine di quarantotto ore per la convalida del secondo trattenimento disposto dal questore non decorre dalla manifestazione di volontà del ricorrente di richiedere la protezione internazionale, ma dall'adozione del suddetto secondo provvedimento restrittivo (Cass. 36522/2023);

b) i termini della procedura accelerata di cui all’art. 28-bis d. lgs. 25/2008, richiamati dall’art. 6 d. lgs. 142/2015, non sono perentori (secondo Cass. 14/2024, Cass. 15/2024 e Cass. 17/2024). 

Il disposto dell’art. 6, comma 6, d. lgs. 142/2015 (secondo cui «il trattenimento o la proroga del trattenimento non possono protrarsi oltre il tempo strettamente necessario all'esame della domanda ai sensi dell'articolo 28-bis, commi 1 e 2, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25») deve perciò essere inteso:

b.1) il trattenimento deve essere contenuto entro il tempo necessario per l’esame della domanda, con la clausola di garanzia della durata massima di 60 giorni fino alla prima decisione sulla domanda;

b.2) il mancato richiamo, nel testo dell’art. 6, comma 6, d. lgs. 142/2015, all’art.28-bis comma 5 (novellato), laddove si prevede il possibile superamento dei termini massimi della procedura accelerata «ove necessario per assicurare un esame adeguato e completo della domanda», non è decisivo, essendo tale ultima disposizione una norma di generale portata che, come sopra rilevato, esprime uno dei principi di fondo che governano l’esame delle domande di protezione internazionale;

b.3) la procedura accelerata davanti la commissione territoriale deve essere conformata all’esame adeguato della domanda, senza però escludere la sindacabilità giurisdizionale del superamento dei termini previsti dai commi 1 e 2 dell’art. 28-bis d. lgs 25/2008, ove venga denunciato l’inutile scorrere di tali termini o l’esistenza di un’inerzia colpevole, così da attivare una valutazione in concreto della necessità di oltrepassare il limite legale, non perentorio, in funzione dell’adeguatezza dell’esame da svolgere;

b.4) la durata dell’esame della domanda di protezione del trattenuto e degli atti necessari può essere oggetto di sindacato giurisdizionale, ma il parametro normativo non è quello, caratterizzato dalla non perentorietà dei termini, relativo alla durata massima della procedura accelerata, ma quello, più flessibile ma non per questo rimesso alla discrezionalità incontrollata ed incontrollabile dell’autorità amministrativa, della funzionalità all’esame adeguato della domanda, all’interno del perimetro massimo consentito per il trattenimento ex art. 6, commi 6, 7 e 8 d. lgs. 142/2015;

b.5) il lasso di tempo che intercorre tra la trasmissione degli atti relativi alla domanda di protezione alla commissione territoriale e l’esame e decisione sulla domanda di protezione internazionale è sindacabile in concreto, ma assumendo come parametro il principio generale secondo il quale non si può estendere il trattenimento oltre il tempo necessario all’esame della domanda; 

b.6) ai fini della nullità del trattenimento non può rilevare l’asserita mancata informazione al trattenuto del ritardo; la previsione espressa dell’informativa contenuta nell’art. 27, comma 3, d. lgs. 25/2008 non può costituire una condizione di validità del trattenimento, perché ciò non è previsto dalla norma, né è evincibile dalla ratio ad essa sottesa, da cogliersi nell’intento di assicurare al richiedente protezione internazionale una piena informazione e conoscenza dei diritti processuali di cui è ammesso a godere e di colmare l’asimmetria informativa di cui questi soffre a causa della condizione di straniero, tendenzialmente non conoscitore della lingua italiana.

c) il trattenimento del richiedente protezione internazionale già trattenuto presso un C.P.R., disposto dal Questore ex art. 6 d. lgs. 142/2015, ove sia presentato il ricorso giurisdizionale ex art. 35-bis, comma 4, d. lgs. 25/2008, volto a ottenere la sospensiva del provvedimento di diniego adottato dalla commissione territoriale, può determinare due diverse conseguenze: 

i) se l'istanza di sospensiva viene accolta, lo straniero è autorizzato a rimanere nel territorio nazionale in pendenza del ricorso giurisdizionale, ancorché trattenuto alle condizioni di legge per il medesimo titolo; 

ii) se, invece, l'istanza di sospensiva viene respinta, cade il titolo di trattenimento ex art. 6 citato e diventa esecutivo il provvedimento della commissione territoriale, non potendosi perciò ritenere legittima la proroga dello stesso trattenimento, ma dovendo la condizione di soggiorno irregolare essere oggetto di autonomo provvedimento espulsivo e delle misure di attuazione consequenziali (Cass. 2378/2024).


 
[1] Secondo tale ordinanza il questore, a mente dell’art. 10, comma 2, T.U.I., dispone il respingimento con accompagnamento alla frontiera nei confronti degli stranieri che, entrando nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, sono fermati all’ingresso o subito dopo (lett. a) o che, nelle medesime circostanze, sono stati temporaneamente ammessi nel territorio dello Stato per necessità di pubblico soccorso (lett. b). Il successivo art. 14, comma 1, prevede poi che, quando non è possibile eseguire con immediatezza il respingimento a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l'effettuazione dell'allontanamento, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza per i rimpatri più vicino. Il provvedimento questorile di respingimento differito incide sulla libertà personale, perché è eseguito con immediatezza con accompagnamento alla frontiera ovvero, in caso di situazioni ostative, è seguito dal trattenimento (per dirla con le parole della Corte Costituzionale, sentenza n. 275/2017, §3 del considerato in diritto, «l'ordine di accompagnamento coattivo, che assiste il respingimento, deve invece, per la sua natura di atto urgente, essere eseguito con immediatezza, e per questa ragione fondatamente il giudice rimettente ha ritenuto che il provvedimento dia luogo, con la sua emissione, a una restrizione della libertà personale dello straniero, tutelata dall'art. 13 Cost.»). Giova precisare che il provvedimento con cui, a mente dell’art. 14, comma 5-bis, d. lgs. 286/1998, il questore, dopo aver disposto il respingimento con accompagnamento alla frontiera, allo scopo di porre fine al soggiorno illegale, ordini allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di sette giorni «non affianca il precedente, per quanto concerne l'accompagnamento coattivo, ma lo supera, sostituendo tale forma esecutiva con l'ordine di lasciare entro un breve termine il territorio dello Stato. In questo modo viene ugualmente perseguito lo scopo di porre fine al soggiorno illegale dello straniero, senza però operare una restrizione della sua libertà personale» (cfr. Corte Cost. 275/2017). In mancanza dell'ordine di lasciare il territorio dello Stato e permanendo il provvedimento di respingimento con accompagnamento coattivo, nell’ipotesi in cui il trattenimento venga meno (e con esso la possibilità di eseguire il respingimento), come nel caso di specie in conseguenza della precedente statuizione, il respingimento subisce la sua stessa sorte, perché è un provvedimento che giustifica la sua esistenza solo in funzione della sua esecuzione «con accompagnamento alla frontiera», con immediatezza o a seguito di trattenimento per il tempo strettamente necessario. In altri termini non è concepibile l’esistenza, di per sé e soltanto, di un respingimento, perché (come rende evidente la parola stessa) un simile provvedimento trova la sua ragion d’essere nella sua esecuzione. Pertanto, una volta eliminato il trattenimento che doveva necessariamente accompagnare il decreto di respingimento, occorre di conseguenza cassare senza rinvio l’ordinanza pronunciata a conclusione del procedimento di opposizione al medesimo decreto, dato che il processo non poteva essere proseguito in mancanza della misura complementare al provvedimento opposto.

[2] Aggiornando la giurisprudenza (Cass. 10743/2017) formatasi a seguito dell’entrata in vigore degli artt. 1, comma 2, e 3 d. lgs. 142/2015 (di attuazione della Direttiva del Consiglio CEE 26/06/2013 num. 32 art. 8) e adeguando la stessa all’evoluzione normativa nel frattempo intervenuta.

[3] Aggiunge Cass. 10895/2024 che «nella prospettiva delineata dal quadro normativo sopra indicato non è concludente quanto osservato dal giudice di pace nell’ordinanza impugnata, sia perché è irrilevante che nel foglio notizie si prospetti una ragione di espatrio (quella per motivi di lavoro) diversa da quella dell’asilo, giacché il citato art. 10-ter, comma 1, impone comunque di fornire l’informativa quanto alla procedura di protezione internazionale, sia perché tale prescrizione obbedisce a una logica ben precisa, non potendosi escludere che chi sia alla ricerca di un’occupazione in Italia si trovi nella condizione che la legge valorizza ai fini del riconoscimento del diritto di asilo (il che spiega l’esigenza di rimuovere l’ostacolo costituito dalla mancata conoscenza della procedura attraverso cui conseguire il pertinente titolo di soggiorno). Ancora più inconsistente è il rilievo fondato sulla mancata proposizione della domanda di protezione internazionale; tale evenienza non può, difatti, mai giustificare la reticenza dell’amministrazione quanto ai ragguagli di cui al citato art. 10-ter, comma 1: e ciò in quanto, proprio in base a detta norma, la scelta dello straniero di non proporre domanda di protezione internazionale deve essere una scelta informata (supportata, quindi, dall’acquisita cognizione sia dell’esistenza di un diritto di asilo riconosciuto dall’ordinamento italiano, sia degli strumenti procedimentali attraverso cui tale diritto riceve concreta tutela)».

[*]

Il contributo è parte dello Speciale QG 3/2024, di prossima pubblicazione, che raccoglie gli atti del seminario Le novità normative del d.l. n. 20/2023. Trattenimenti, procedure accelerate, domande reiterate, protezione nazionale, svoltosi il 20 marzo 2024 presso l'Aula Giallombardo della Corte di Cassazione.

19/07/2024
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Il video integrale del seminario Le novità normative del d.l. n. 20/2023 è disponibile sul canale YouTube di Magistratura democratica all'indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=iEnzotKRCe0      

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Il video integrale dell'evento è disponibile sul canale YouTube di Magistratura democratica all'indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=iEnzotKRCe0    

18/07/2024