Magistratura democratica
Giurisprudenza e documenti

Cassazione, i principi fondamentali di disciplina dell’assegno di divorzio: libertà, autoresponsabilità e pari dignità *

di Marzia Di Bari
giudice della famiglia, Tribunale di Terni
L’interpretazione dell’assegno divorzile, accolta dalle Sezioni Unite (sent. n. 18287/2018), alla luce dei principi costituzionali di libertà, autoresponsabilità e pari dignità, quale strumento di tutela dell’affidamento dei coniugi nel momento dello scioglimento del vincolo, autorizza la lettura del principio europeo di responsabilità in termini di reciprocità e determina il superamento delle criticità insite nell’orientamento inaugurato dalle Sezioni semplici della suprema Corte

1. La decisione

Le Sezioni unite nella sentenza n. 18287 dell’11 luglio 2018 espressamente affermano che i principi fondamentali di disciplina dell’assegno divorzile vanno individuati nella libertà, autoresponsabilità e pari dignità, i quali discendono dai principi costituzionali di cui l’art. 143 cc costituisce declinazione [1].

In particolare, il principio costituzionale di autodeterminazione, di cui al combinato disposto degli artt. 2 e 3 Cost., assume rilievo anche nelle formazioni sociali ove si sviluppa la personalità di ciascun individuo di modo che la libertà di scelta e l’autodeterminazione costituiscono il fondamento costituzionale dell’unione matrimoniale quale, appunto formazione sociale, mentre il canone di uguaglianza, enunciato dall’art. 29 Cost., ineludibilmente rinvia ad una relazione basata su scelte condivise dai coniugi in merito all’indirizzo della vita familiare, anche con riferimento alla ripartizione dei ruoli e dei compiti che ciascuno di loro assume nel rapporto coniugale.

Sul punto, occorre rammentare che il regime personale dei coniugi a seguito della riforma del diritto di famiglia si ispira al principio di parità sostanziale e costituisce espressione della concezione del matrimonio (e del rapporto di coniugio che da tale vincolo scaturisce) in termini di accordo e di intesa dei coniugi funzionali ad assicurare scelte ponderate nell’interesse del nucleo familiare.

La chiara emersione a livello legislativo del principio di eguaglianza dei coniugi, che rinviene diretto fondamento nel sistema costituzionale ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 e 3, nonché 29 e 30 Cost., rappresenta il superamento della pregressa concezione del vincolo coniugale fatta propria dalla precedente legislazione, a mente della quale, notoriamente, la conduzione della famiglia era affidata alla autorità maritale con conseguente collocazione del marito, nella veste di capo-famiglia, in una posizione apicale e di protezione nei confronti della moglie, nonché di responsabile del suo mantenimento in senso ampio e onnicomprensivo [2].

In tale prospettiva, le scelte condivise in attuazione dei principi di autodeterminazione ed autoresponsabilità orientano a monte la scelta dei coniugi di unirsi in matrimonio e a valle il modello di relazione coniugale, la definizione dei ruoli ed il contributo di ciascun coniuge all’attuazione dei diritti doveri di cui all’art. 143 cc, nonché proiettano i loro effetti nel momento dello scioglimento del vincolo, producendo conseguenze che, avuto particolare riguardo alla durata del vincolo, possono avere carattere irreversibile [3].

La lettura dell’adeguatezza dei mezzi, nella interpretazione accolta dalla suprema Corte, è necessariamente condizionata da tali principi di valenza costituzionale e rinvia ad una valutazione comparativa, caso per caso, che riposa in primis sulla analisi delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, da mettere in relazione con gli ulteriori elementi indicati nella prima parte dell’art. 5, comma VI, legge sul divorzio.

In concreto, l’operazione demandata all’organo giurisdizionale si snoda nei seguenti passaggi logici [4]:

- verifica dell’esistenza dello squilibrio economico-patrimoniale tra le parti;

- positivo accertamento del nesso causale tra squilibrio economico e scelte familiari, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età del richiedente;

- verifica della possibilità, effettiva e concreta, del richiedente di superare tale divario mediante il recupero ed il consolidamento della propria attività professionale (i.e. valutazione di reversibilità dello squilibrio), nella quale decisivo rilievo assume l’età dell’istante;

- nelle ipotesi di accertato ed irreversibile squilibrio economico-patrimoniale eziologicamente correlato alle scelte condivise dei coniugi, riconoscimento dell’assegno divorzile nella cui quantificazione si deve tener conto del contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, avuto particolare riguardo «alle aspettative professionali ed economiche sacrificate in relazione alla durata del matrimonio ed all’età del richiedente».

Dunque, la durata del matrimonio assume rilievo quale fattore di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio, mentre l’età costituisce elemento da valorizzare in un’ottica prognostica ai fini della concreta possibilità di recuperare il pregiudizio professionale ed economico derivante dall’assunzione dell’impegno endo-familiare.

La suprema Corte, quindi, supera il tradizionale giudizio bifasico, abbandonando la ripartizione tra criteri attributivi e determinativi in favore del criterio composito assistenziale-compensativo, ed introducendo un concetto di adeguatezza dei mezzi da valutare in concreto quale possibilità di beneficiare di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare.

Preme rimarcare che la decisione in esame espressamente pone l’onere probatorio del nesso eziologico tra squilibrio e scelte condivise a carico del richiedente l’assegno, precisando che viene in rilievo un rigoroso accertamento probatorio, da soddisfare anche mediante il ricorso alle presunzioni e fatta salva la prova contraria del coniuge onerato.

2. I possibili scenari

Senza pretesa di completezza ed in estrema sintesi, è possibile ipotizzare i seguenti scenari.

Nei matrimoni di breve durata non allietati da nascita di prole, troverà applicazione in via prevalente il principio di autoresponsabilità e la valorizzazione della persona singola nella misura in cui la breve durata del matrimonio e la giovane età dei coniugi difficilmente consentiranno di ravvisare lo squilibrio economico-patrimoniale irreversibile ed eziologicamente correlato alle scelte condivise.

Parimenti nei matrimoni contratti in tarda età, troverà applicazione il principio di autoresponsabilità in ragione della difficoltà di ravvisare la causa della disparità nelle scelte condivise.

Nei matrimoni celebrati in giovane età, caratterizzati da lunga durata e con rigida ripartizione dei ruoli (avuto particolare al ruolo endofamiliare assunto da un coniuge), occorrerà verificare la causa dello squilibrio e valorizzare il ruolo rivestito dal coniuge che in via prevalente ha destinato le proprie energie personali al nucleo familiare, penalizzando la propria realizzazione professionale, secondo i rigorosi criteri sopra evidenziati, in applicazione della libertà, pari dignità ed autoresponsabilità di entrambi i coniugi che determina la necessità di tutela dell’affidamento correlato alle scelte condivise.

Nei matrimoni di breve durata, con rigida ripartizione dei ruoli ed esigenze di accudimento di prole minore in capo al genitore collocatario in via prevalente, occorrerà valutare anche in una prospettiva prognostica le risorse che quest’ultimo dovrà destinare alla prole, con possibilità di riconoscere un sostegno anche di natura temporanea che non elide il dovere del coniuge di giovane età di attivarsi al fine di rendersi autonomo.

3. La dottrina anticipatoria della funzione compensativa

La funzione, anche, compensativa dell’assegno divorzile affermata dalle Sezioni unite era già stata valorizzata da autorevole dottrina.

In particolare, è stato evidenziato [5] come la nota modifica dell’orientamento costante della suprema Corte introdotta con la sentenza del maggio del 2017, pur condivisibile in sostanza per il futuro (ancorché non nel metodo in ragione della mancata rimessione della questione alle Sezioni unite), presentasse delle zone d’ombra nella misura in cui, per un verso, non chiariva se l’indipendenza fosse parametro da valutare in astratto o in concreto, e, per altro verso, potenzialmente apriva un vulnus di tutela con riferimento ai soggetti, che, in ragione di matrimoni di lunga durata, avessero orientato le proprie scelte in favore della famiglia, sacrificando la propria realizzazione professionale, ovvero, anche nelle ipotesi di matrimoni di breve durata, fossero impegnati in esigenze di accudimento della prole minore con conseguente limitazione della possibilità di dare compiuta attuazione all’impegno di realizzazione in ambito extra-familiare.

Ancora, autorevole dottrina [6] ha rimarcato la necessità di valorizzare la prospettiva compensatoria dell’assegno di divorzio ossia diretta al riequilibrio della condizione patrimoniale tra i coniugi anche in ragione della «fuga dalla comunione legale» che, quale regime patrimoniale ordinario della famiglia, costituiva nell’intento del legislatore uno strumento di attuazione della garanzia patrimoniale tra i coniugi.

Infine, è stata evidenziata l’inadeguatezza della funzione assistenziale a fornire esaustiva tutela al coniuge cd. debole il quale nell’evoluzione sociale più che assistenza «pretende una giusta ricompensa per i sacrifici spesso assai rilevanti compiuti» [7], così da valorizzare l’affidamento della parte che in ragione delle scelte condivise correlate al rapporto ha effettuato (o dovrà effettuare) rinunce, anche in relazione alle esigenze di accudimento della prole minore.

4. L’evoluzione del diritto di famiglia verso una dimensione privatistica

Nella analisi della tematica in esame deve necessariamente essere valutato il condizionamento derivante dalla evoluzione sociale della concezione della famiglia.

Il superamento del modello tradizionale [8] che individuava la famiglia quale luogo di elezione della stabilità ed indissolubilità − in un’ottica in cui l’unione era funzionale alla discendenza ed alla creazione di un gruppo strumentale alla tutela di interessi anche economici correlati alla predominanza dell’agricoltura − a fronte della industrializzazione, che ha affermato i diversi principi «della mobilità, della disponibilità al lavoro ed al consumo», ha inciso indubbiamente sulla individuazione degli scopi perseguiti dall’unione familiare.

Ne è scaturita la valorizzazione della dimensione della autonomia e dei diritti individuali, anche in ragione dell’apporto assicurato dal welfare pubblico, ed il graduale abbandono della tendenziale indissolubilità del vincolo.

Tale approdo se, per un verso, impone di considerare l’efficacia estintiva del divorzio, anche sotto il profilo patrimoniale, per altro verso, non incide sull’esigenza di scongiurare il rischio che tale mutato assetto di interessi determini una situazione ingiustificata di disparità patrimoniale in ragione della quale il fallimento dell’unione coniugale, di fatto, ricada solamente su una parte.

5. Cenni di diritto comparato

Nella prospettiva del diritto comparato, gli ordinamenti stranieri attuali in massima parte perseguono l’obiettivo di garantire un contemperamento tra l’efficacia estintiva del vincolo propria del divorzio e l’esigenza di assicurare una condizione di eguaglianza delle parti [9].

Sin dal 2004, il sistema francese, da un lato, prevede che il divorzio determina la cessazione del dovere di assistenza e, dall’altro, introduce meccanismi compensatori che consentono di attribuire una prestazione forfettaria, la quale normalmente viene corrisposta una tantum (tenuto conto, tra l’altro della durata del matrimonio, dell’età dei coniugi, delle condizioni economiche di entrambi e delle conseguenze derivanti dalla destinazione prevalente delle risorse alla famiglia e della prole), e − solo nell’ipotesi di impossibilità di adempiere in un’unica soluzione − con un versamento periodico con limite massimo di otto annualità.

Negli ordinamenti di common Law [10], il clean break (ossia l’esigenza di chiusura definitiva del rapporto) viene temperato da strumenti tesi a garantire che ciascuna parte lasci il matrimonio in termini di eguaglianza finanziaria mediante l’introduzione del cd. equitable distribution system, il quale prevede la attribuzione di una somma una tantum (lump sum) attraverso il cd. needs based approach ovvero la ripartizione paritaria delle ricchezze (cd. sharing principle), con il ricorso eccezionale alla possibilità di prevedere che l’adempimento avvenga secondo le modalità della prestazione periodica.

Infine, la riforma del 2008 del sistema tedesco [11] tende, parimenti, alla equità dell’assetto di interessi conseguente al divorzio, scongiurando il rischio che il matrimonio divenga «una sorta di assicurazione per la vita», mediante la valorizzazione dell’autoresponsabilità, nei termini di impegno a conseguire l’autonomia economica, il carattere temporaneo dell’assistenza post-coniugale quale aiuto a superare un momento di criticità correlato al mutato assetto di interessi, ed, infine, il mancato utilizzo del criterio del tenore di vita.

In particolare, la regola vigente è costituita dal principio di responsabilità e solo in via di eccezione, con carattere temporaneo e per far fronte a specifiche e peculiari esigenze di assistenza qualificata (avanzata età, malattia ovvero altre insuperabili difficoltà a provvedere al proprio mantenimento, nonché presenza di prole di età ricompresa sino al terzo anno), introduce la possibilità di assistenza, ferma la applicazione di un regime dell’onere della prova secondo il quale è il coniuge istante che deve dare compiuta dimostrazione degli sforzi profusi per conseguire l’indipendenza economica.

Infine, la Commission of European Family Law, istituita il 1° settembre 2001 a Utrecht, nell’elaborazione dei cd. Principi di diritto europeo della famiglia sul divorzio e mantenimento tra ex coniugi, afferma in termini generali il principio di autoresponsabilità («salvo quanto disposto dai Principi seguenti, dopo il divorzio ciascun coniuge provvede ai propri bisogni») ed il carattere di regola temporaneo del supporto nella ricorrenza di determinati presupposti.

6. Il punto di equilibrio delle Sezioni unite

La decisione in commento delle Sezioni unite ha il pregio di superare gli evidenti limiti insiti nel criterio del tenore di vita (e del correlato profilo di locupletazioni ingiustificate) ed, al contempo, di scongiurare i rischi interpretativi connessi alle “zone d’ombra” della decisione di maggio, invero superabili mediante una lettura costituzionalmente orientata del dato normativo, avuto particolare riguardo all’utilizzo del parametro dell’indipendenza economica in concreto ed alle precisazioni fornite dalle Sezioni semplici della Cassazione.

Al riguardo, si segnala come la I Sezione della Cassazione, con due decisioni del gennaio del 2018, definite «una sorta di apripista per le Sezioni unite» [12], abbia espressamente richiamato l’importanza della valutazione caso per caso in relazione alle specifiche esigenze del nucleo familiare e la necessità di assicurare un’esistenza dignitosa in relazione alle caratteristiche della fattispecie concreta, avuto particolare riguardo all’età, alle condizioni di salute e di istruzione del richiedente, così da scongiurare il rischio di una interpretazione astratta dell’indipendenza economica.

Al contempo, la giurisprudenza di merito [13] ha avuto modo di effettuare un equo contemperamento degli interessi in gioco, assegnando rilievo alla funzione riequilibratrice in relazione al contesto familiare di riferimento, avuto particolare riguardo alla posizione sociale del richiedente, alla lunga durata del matrimonio, all’età del coniuge, all’importanza del contributo personale fornito dalla moglie, al contesto sociale, ed alla possibilità di poter condurre un’esistenza tale da escludere ogni possibile pregiudizio all’equilibrio esistenziale.

In conclusione, le Sezioni unite, nel ribadire l’immanenza al sistema del principio di autoresponsabilità, consentono (ed impongono) la valutazione della persona quale «singolo con un passato», attribuendo rilievo alle scelte condivise con il coniuge che siano suscettibili di incidere, in maniera irreversibile, sul futuro, con concreti e rigorosamente comprovati effetti sulla ripartizione delle risorse tra le parti, idonei ad introdurre la necessità di un correttivo in funzione di riequilibrio della situazione di riferimento nel rispetto dei principi di eguaglianza e di pari dignità [14].

 



[*] Testo della relazione tenuta nel corso del convegno organizzato dall’Aiaf intitolato La sentenza n. 18287/18 della Cassazione Sezioni unite sull’assegno divorzile: novità o ritorno al passato? (Spoleto, Hotel Albornoz - 27 settembre 2018).

[1] Vds. Cass., cit., consultabile in Leggi d’Italia Legale, in motivazione per l’espressa enunciazione in merito alla necessità di interpretare «le caratteristiche dell’assegno di divorzio» alla luce dei principi costituzionali ispiratori che vengono individuati in quelli di «libertà, autoresponsabilità e pari dignità».

[2] Cfr. C. M. Bianca, La famiglia e le successioni, Milano, 2001.

[3] Prof. F. Tommaseo, Le Sezioni Unite danno una nuova lettura dell’art. 5, comma 6, della legge sul divorzio, in Leggi D’Italia, In primo piano, 12 luglio 2018.

[4] Per la puntuale indicazione di detti passaggi logici, vds. amplius, A. Simeone, Il nuovo assegno di divorzio dopo le Sezioni Unite: ritorno al futuro?, in Ilfamiliarista.it, fasc., 17 luglio 2018.

[5] F. Danovi, La Cassazione e l’assegno di divorzio: en attendant Godot (ovvero le Sezioni Unite), in Fam. e Dir., n. 1/2018, p. 51; F. Danovi, La meritevolezza dell’assegno di divorzio va valutata nel concreto svolgimento della vita coniugale, in Fam. E Dir., n. 4/2018, p. 360.

[6] M. Sesta, La solidarietà post-coniugale tra funzione assistenziale ed esigenze compensatorie, in Fam. e Dir., n.5/2018, p. 509.

[7] C. Rimini, Assegno di divorzio: Non è solidarietà, non è assistenza ciò che l’ex coniuge va cercando, in Corr. Giur., n. 3/2018, p. 319.

[8] M. Sesta, La solidarietà post-coniugale tra funzione assistenziale ed esigenze compensatorie, cit.

[9] M. Sesta, La solidarietà post-coniugale tra funzione assistenziale ed esigenze compensatorie, cit., al riguardo evidenzia che «il panorama» offerto da altri ordinamenti è caratterizzato «dal perseguimento del duplice obiettivo, da un lato, di tagliare i ponti tra gli ex coniugi, ma dall’altro, di fare in modo che essi escano dal matrimonio in situazione di parità» ed approfondisce il regime vigente nel sistema francese e quello dei regimi di common law.

[10] E. Al Mureden, Berlusconi v. Lario: autosufficienza e tenore di vita coniugale in un Big Money Case italiano, in Fam. e Dir., n. 4/2018, per l’approfondimento della «solidarietà post-coniugale nell’equitable distribution system inglese».

[11] S. Patti, Obbligo di mantenimento: nuove tendenze, in Fam. Pers. Succ., n. 5/2008, p. 392, per l’approfondimento della applicazione del principio di responsabilità nella normativa tedesca; E. Andreola, I nuovi presupposti dell’assegno divorzile: la “distonia” dei giudici di merito, in Corr. Giur., n. 5/2018, p. 633.

[12] A. Figone, Assegno divorzile e valutazione ponderata dell’autosufficienza economica: un apripista per le Sezioni Unite?, in Fam. e Diritto, n. 4/2018, p. 321.

[13] D. Piantanida, L’assegno di divorzio dopo la svolta della Cassazione: orientamenti (e disorientamenti) nella giurisprudenza di merito, in Fam. e Dir., n. 1/2018, p. 65, per l’approfondita disamina della giurisprudenza di merito successiva alla pronuncia di maggio del 2017 della suprema Corte;

[14] A. Simeone, Il nuovo assegno di divorzio dopo le Sezioni Unite: ritorno al futuro?, cit., al riguardo, evidenzia: «La Cassazione ha così (…) recuperato il passato e lo ha proiettato nel futuro, con l’obiettivo di tutelare sia il breadwinner (il coniuge che lavora) sia l’home maker (quello che si sacrifica all’interno della casa), escludendo, da un lato, rendite parassitarie, ma anche evitando che le conseguenze della rottura possano ricadere solo sulla parte economicamente più debole».

04/12/2018
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