Con la cd. “Legge di stabilità 2014” (L. 27 dicembre 2013 n. 147, art. 1 co. 606 lett. b) è stato introdotto l’art. 106 bis del DPR n. 115/2002 che prevede quanto segue:
(Compensi del difensore, dell'ausiliario del magistrato, del consulente tecnico di parte e dell'investigatore privato autorizzato).
1. Gli importi spettanti al difensore, all'ausiliario del magistrato, al consulente tecnico di parte e all'investigatore privato autorizzato sono ridotti di un terzo.
La finalità della disposizione - inserita nel capo IV del titolo II del DPR 115/2002 recante “disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo penale” - è, con ogni evidenza, quella di permettere un risparmio per le “casse” dello Stato attraverso una decurtazione pari ad un terzo degli importi spettanti, nel processo penale, alle figure professionali degli avvocati, consulenti tecnici di parte, investigatori privati autorizzati e, infine, ausiliari del magistrato.[1]
La collocazione della norma nel capo IV del titolo II del suddetto Testo Unico lascia intendere che la riduzione degli importi debba essere praticata unicamente nei casi in cui l’imputato o la persona offesa dal reato siano ammessi al gratuito patrocinio.
La norma, infatti, accosta gli ausiliari del magistrato ad altre figure professionali (avvocati, ecc.) remunerate a carico della collettività solo nel patrocinio statuale; al di fuori del quale lo Stato non sopporta alcuna spesa e non ha, quindi, alcun diretto interesse alla riduzione delle spettanze dei professionisti, liquidate da ciascuna parte secondo i parametri di legge.
Ulteriore conferma a tale tesi può trarsi dai lavori preparatori del disegno di legge di stabilità e, in particolare, dai resoconti della riunione del 4 dicembre 2013 della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati ove, nel quantificare in 10 milioni di euro l’ammontare del risparmio stimato per effetto delle suddette riduzioni, si faceva esclusivo riferimento ai “casi di patrocinio a spese dello Stato” (cfr. relazione del sottosegretario Berretta nella seduta del 4.12.2013).
Ciò chiarito, la suddetta decurtazione dei compensi, se in linea di principio può ritenersi coerente per avvocati, consulenti di parte e investigatori autorizzati, appare, viceversa, alquanto irragionevole e, per quanto si dirà, persino disparitaria, per quanto concerne gli ausiliari del magistrato[2].
Per convincersene, occorre ricordare, anzitutto, che le spese del procedimento penale sono anticipate dall’Erario, ad eccezione di quelle relative ad atti chiesti dalle parti private non ammesse al gratuito patrocinio.[3]
Tra le spese anticipate dall’Erario figurano anche quelle relative agli ausiliari del magistrato, tanto nel gratuito patrocinio che al di fuori di esso[4].
Le spese anticipate sono poi ripetibili nei confronti del soggetto che abbia dato causa al procedimento e che sia rimasto soccombente: e cioè nei confronti dell'imputato condannato o, nei casi di proscioglimento e di assoluzione, nei confronti del querelante, nei modi e nei limiti indicati dalla legge. Presupposto dell’imputazione dell’onere della spesa è, in ogni caso, la pronuncia di una condanna[5].
Va, ancora, precisato che mentre il recupero delle spese nei confronti dell’imputato abbienteè possibile in caso di condanna alle spese (art. 204 DPR cit.),quello nei confronti dell’imputato ammesso al gratuito patrocinio, è consentito solo in caso di revoca del relativo beneficio (art. 112, co. 1 lett d e co. 2) [6].
Diversamente, invece, nell’ipotesi di assoluzione le suddette spese, anticipate dallo Stato, non sono recuperate, non importa se l’imputato sia o non ammesso al gratuito patrocinio a meno che, come già detto, non sia stata pronunciata condanna alle spese del querelante (artt. 427, 542 c.p.p.).
Se così è, allora, è evidente che la disciplina dettata dall’art. 106 bis è fonte di disparità di trattamento.
Infatti mentre l’ausiliario del magistrato nominato in procedimento con imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato subisce, in ogni caso, la decurtazione di un terzo dei compensi, l’ausiliario chiamato a partecipare in un procedimento con imputato “abbiente” non patisce alcuna defalcazione, sebbene in entrambe le ipotesi, a fronte dell’eventuale esito assolutorio, lo Stato non recuperi la spesa sopportata ma, irragionevolmente, penalizzi l’ausiliario in un caso (gratuito patrocinio) e non già nell’altro.
La disparità di trattamento è ancor più evidente nell’ipotesi di nomina dell’interprete in favore dell’imputato alloglotta, a seguito della recentissima novella dell’art. 143 del c.p.p., mediante la quale il legislatore ha previsto la gratuità del diritto all’interprete, a prescindere dall’esito del procedimento e dalle condizioni economiche dell’imputato[7].
Sicché l’interprete o il traduttore (figure che, pure, rientrano nell’ambito degli ausiliari del magistrato) subirebbero una decurtazione solo in caso di imputato ammesso al gratuito patrocinio, benché la relativa prestazione sia posta, sempre e comunque, a carico dello Stato.
Al fine di evitare una così manifesta incongruenza potrebbe sostenersi, allora, che la defalcazione dei compensi debba estendersi a tutti i procedimenti penali nei quali vi sia in gioco la prestazione dell’ausiliario (a prescindere, cioè, dall’eventuale ammissione della parte al beneficio statuale).
Sennonché, come si è anticipato, l’inserimento del citato art. 106 bis nel titolo II del DPR 115/2002, recante disposizioni in materia di gratuito patrocinio, e l’accostamento ad altre voci di spesa, poste a carico dello Stato solo nel gratuito patrocinio (onorari di avvocati e spese di c.t.p), portano ad escludere recisamente la sostenibilità di una simile interpretazione, che, pur consentendo di eliminare quella denunciata disparità di trattamento, andrebbe ben al di là delle intenzioni del legislatore.
L’incongruenza risultante dalla novella legislativa non appare neppure superabile, ad avviso di chi scrive, mediante il ricorso ad un’interpretazione adeguatrice, che limiti la decurtazione unicamente ai casi di condanna dell’imputato ammesso al gratuito patrocinio, lasciando fuori i procedimenti esitati nell’assoluzione.
Infatti al momento della liquidazione della prestazione non è detto che il procedimento pendente innanzi all’autorità giudiziaria procedente si sia concluso e che, dunque, ne sia noto l’esito. Si pensi alla liquidazione della consulenza tecnica disposta dal P.M. nella fase delle indagini preliminari o ancora alla perizia disposta dal Gup in sede di udienza preliminare.
Non appare certamente possibile, inoltre, ipotizzare una “sospensione” della liquidazione in attesa della definizione del procedimento, così ledendo l’interesse dell’ausiliario a vedersi remunerata, nei tempi previsti, la prestazione effettuata.
Falliti i tentativi di ovviare, in via interpretativa, agli effetti palesemente incongrui connessi all’introduzione della decurtazione dei compensi, non resta, dunque, che verificare se ed in quali termini il suddetto trattamento disparitario possa ritenersi giustificato o, in altre parole, compatibile con il quadro costituzionale.
Opportuno richiamo va fatto, sul punto, ad una recente pronuncia della Corte Costituzionale (Ordinanza n. 270 del 2012), avente ad oggetto la censura di illegittimità costituzionale dell’art. 130 del DPR. n. 115/2002 in tema di liquidazione dei compensi di avvocati in materia civile.
In tale pronuncia il Giudice delle leggi, dichiarando infondata la questione di costituzionalità, ha escluso che sussista disparità di trattamento fra avvocati che, parimenti operando di fronte agli organi della giurisdizione civile, vedono i loro compensi ridotti della metà nell’ipotesi in cui la liquidazione giudiziale concerna difese apprestate nei confronti di soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato.
Ciò sulla scorta della ritenuta natura pubblicistica della disciplina relativa ai soggetti non abbienti, che giustificherebbe la deroga e lo speciale trattamento.[8]
La giustificazione razionale di una disciplina differenziata viene ricavata non tanto dalla disomogeneità delle situazioni messe a raffronto quanto dall’esistenza di un valore supremo (il rilievo pubblicistico del gratuito patrocinio) che si pone alla base della disciplina particolare, escludendone ogni irragionevolezza.
Se questa è la ratio decidendi che ha fondato la citata pronuncia, non sembra, tuttavia, che un simile ragionamento possa trasfondersi, sic et simpliciter, al campo delle liquidazioni dei compensi degli ausiliari del magistrato.
Infatti quei connotati “pubblicistici” (su cui la Corte Costituzionale ha fatto leva per giustificare il deteriore trattamento degli avvocati civilisti chiamati a patrocinare cause nelle quali le parti siano ammesse al gratuito patrocinio) sussistono, nel processo penale, tanto nel gratuito patrocinio che non, poiché la nomina dell’ausiliario risponde, di per sé, all’interesse pubblico legato alla necessità dell’accertamento dei fatti penalmente rilevanti, in nome del quale lo Stato anticipa la spesa occorrente per la remunerazione dell’ausiliario del magistrato per recuperarla unicamente in caso di condanna dell’imputato. In questa logica, allora, le condizioni economiche dell’imputato non rilevano affatto poiché, nell’uno come nell’altro caso, gli esborsi occorrenti per indennizzare l’ausiliario del magistrato sono a carico dell’Erario (che non li recupera, come già detto, in caso di assoluzione dell’imputato e in nessun caso nelle ipotesi di traduzione di atti ed attività di interprete).
Traendo le fila del discorso, dunque, sembra corretto concludere che sussiste un vizio di illegittimità costituzionale nella norma (art. 106 T.U. spese di giustizia) che istituisce una parziale disparità di trattamento tra soggetti – gli ausiliari del magistrato - che operano in situazioni del tutto sovrapponibili.
Pur senza addentrarsi nella complessa tematica concernente natura e limiti del giudizio di irragionevolezza della legge[9] per violazione del principio di uguaglianza, pare sufficiente osservare che la giurisprudenza della Corte Costituzionale è, da tempo, attestata sul rilievo che “l’imperativo di razionalità impone al legislatore di equiparare il trattamento giuridico di situazioni analoghe”.[10]
La regola di giudizio seguita dalla Corte può riassumersi nell’enunciato in base al quale: “si ha violazione dell’art. 3 della Costituzione quando situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso, mentre non si manifesta tale contrasto quando alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non sostanzialmente identiche, essendo insindacabile la discrezionalità del legislatore” cfr. Corte Cost sent. n. 340 del 28.10.2004).[11]
Nel caso in esame la diversificata disciplina giuridica di situazioni sostanzialmente identiche ed equiparabili e la conseguente previsione di un ingiustificato differenziato trattamento economico degli ausiliari del magistrato comporterebbe, pertanto, la violazione dell’art. 3 della Costituzione, che fa divieto di trattare situazioni identiche in modo differente.
Alla stregua di quanto osservato, invero, la prevista decurtazione dei compensi degli ausiliari nei soli casi di ammissione al gratuito patrocinio non appare, infatti, giustificabile con la discrezionalità spettante al legislatore nel dettare le norme processuali, poiché tale discrezionalità rimane pur sempre soggetta, come più volte affermato dalla Corte Costituzionale, al limite della “non irrazionale predisposizione degli strumenti di tutela”, superato il quale la scelta legislativa finisce inevitabilmente per sconfinare nell’arbitrarietà o nell’irragionevolezza, e la singola norma che ne costituisce manifestazione diviene, di conseguenza, costituzionalmente illegittima.
[1] Occorre, tuttavia, precisare che relativamente al compenso degli avvocati la prevista riduzione di un terzo va a sostituirsi al precedente abbattimento della metà, in sostanza operando un aumento e non già una diminuzione delle spettanze.
[2] Ai sensi dell’art. 3 del DPR n. 115/2002 "ausiliario del magistrato" e' il perito, il consulente tecnico, l'interprete, il traduttore e qualunque altro soggetto competente, in una determinata arte o professione o comunque idoneo al compimento di atti, che il magistrato o il funzionario addetto all'ufficio puo' nominare a norma di legge.
[3] In via generale, ai sensi dell’art. 4 del DPR 115/2002, le spese del processo penale sono anticipate dall'erario. Inoltre gli onorari, le spese e le indennità di trasferta e le spese per l'adempimento dell'incarico degli ausiliari del magistrato, anticipate dallo Stato, sono ripetibili (art. 5).
[4] Nel gratuito patrocinio sono anticipate dallo Stato (art. 107 del DPR. n. 115/2002) “le indennita' e le spese di viaggio per trasferte, nonche' le spese sostenute per l'adempimento dell'incarico, e l'onorario ad ausiliari del magistrato, a consulenti tecnici di parte e a investigatori privati autorizzati”.
[6] Peraltro, le spese per la consulenza tecnica e la perizia sono recuperate per intero (cfr. art. 205 TU cit.)
[7] Il D.Lgs. n. 32 del 2014 ha modificato l’art. 5, lett. d) del D.P.R. n. 115/2002 escludendo la ripetibilità dei compensi degli interpreti ed i traduttori nominati nei casi previsti dall’art. 143 del cpp. Sulla modifica cfr. Mitja Gialuz: “Il decreto legislativo di attuazione della direttiva sull’assistenza linguistica (n. 32 del 2014): un’occasione sprecata per modernizzare l’ordinamento italiano”, in Diritto Penale Contemporaneo, aprile 2014.
[8] La citata decisione si richiama, del resto, a precedenti arresti conformi, quali l’ordinanza n. 387 del 2004, la sentenza n. 114 del 1964, ordinanza n. 446 del 2007.
[9] Per un’ approfondita illustrazione dei termini della questione teorica cfr: A. Ruggeri, A. Spadaro: “Lineamenti di Giustizia Costituzionale”, Giappichelli Editore, 2014, pp. 133 e ss.; v. anche: Marta Cartabia, “I principi di ragionevolezza e proporzionalità nella giurisprudenza costituzionale italiana”, Roma, Palazzo della Consulta 24-26 ottobre 2013 - Conferenza trilaterale delle Corte costituzionali italiana, portoghese e spagnola.
[10] Cfr. conferenza stampa del Presidente della Corte Costituzionale del 2 aprile 2004, Prof. Gustavo Zagrebelsky.
[11] Cfr. Relazione tenuta in occasione della conferenza stampa del 20 gennaio 2005 dal Presidente della Corte Costituzionale, Prof. Valerio Onida.