Magistratura democratica
Leggi e istituzioni

Piccoli castelli, grandi torri

di Daniela Piana
professoressa ordinaria di scienza politica

Note a valle di uno studio comparato sul valore del giudice costituzionale nei microstati

1. Premessa 

Occuparsi di microstati significa, se fatto sul piano del diritto pubblico comparato, camminare su un solco tracciato e con un ampio potenziale di sviluppo. Studi approfonditi sui profili ordinamentali delle corti costituzionali dei microstati costellano lo scenario di un orizzonte di ricerca che si trova così confortato da un ancoraggio solido alla letteratura. Più periglioso appare muoversi fuori dal tracciato giuridico, pur integrandone il portato, per avventurarsi in una lettura che adotti una prospettiva attenta alle condizioni dell’agire istituzionale e del relazionarsi del giudice delle leggi inteso come attore situato. La “situazione di azione” si caratterizza per tradizione, spazi di possibile innovazione, possibilità di cambiamento connotate da costi e benefici – di natura reputazionale, professionale, ma anche propriamente tecnica – e prospettive future[1].

Le considerazioni che seguono scaturiscono da uno studio comparato ispirato da questa prospettiva di ricerca. Le ricadute sul piano degli orientamenti di riforma e di condizioni da realizzare perché le eventuali riforme o le norme giuridiche divengano formante vivente della società e della politica sono tratteggiate nell’ultimo paragrafo. 

Perché occuparci di microstati? E perché occuparcene in una ottica di promozione e rafforzamento della rule of law? Perché i microstati condividono una caratteristica che appartiene al genus più generale delle entità politiche aventi una natura granulare, per ragioni di storia, di dimensioni geografiche o densità di popolazione, di fragilità istituzionale, di instabilità politica. Appare contro-intuitivo. Eppure dalla lezione della capacità evolutiva ed adattiva dei microstati si evincono lezioni che possono aiutarci a capire come aiutare, accompagnare, supportare, entità politiche sovrane la cui capacità istituzionale può essere indebolita dalla ristrettezza di risorse umane – poche persone disponibili per assicurare la terzietà e la impersonalità – dalla dipendenza economica – una economia fragile o una condizione economica tale da generare asimmetrie di potere negoziale – dalla porosità della sovranità statuale – in relazione alla non completa strutturazione dei poteri dello Stato o alla statualità forte ma ancorata ad una società prossima allo status di comunità. 

È peraltro intendimento di chi scrive avanzare come ipotesi di lavoro di più ampio respiro quella secondo la quale le garanzie – quindi i “torrioni” – siano da potenziarsi proporzionalmente alla comparativamente espansione del peso della variabile micro – legata a professionalità deontologia qualità dell’agency – rispetto alla variabile sistemica di carattere macro. Ciò accade certamente nelle situazioni di azioni in cui le dimensioni sono quelle dei microstati, ma anche quando le variabili strutturali sono deboli nella loro capacità di svolgere effettive funzioni di baluardo. 

Le riflessioni che qui si condividono partono dalla analisi delle possibilità di potenziamento del ruolo che il Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme si trova dinnanzi nel contesto della Repubblica di San Marino. Proprio per le ragioni di cui sopra guardare con occhio attento al caso di San Marino e al suo giudice delle leggi ci permette di capire come intervenire o come proteggere le capacità istituzionali delle corti costituzionali in contesti che per ragioni strutturali o per ragioni storiche rendano il contesto nel quale il giudice costituzionale agisce e si esprime caratterizzato da una de facto o de dicto indebolita terzietà. 

Va altresì esplicitato la griglia da cui si osserva quanto sopra descritto. Gli studiosi di politica comparata si sono da tempo cimentati nell’evincere la logica d’azione e la logica di decisione delle corti costituzionali definendole come dispositivi “baluardi” in entità politiche dove le relazioni fra strutture di potere e fra attori esprimono una domanda di risoluzione di controversie orientata nel rispetto sovraordinato dei diritti fondamentali e dei principi costituzionali. In questa prospettiva comprendere se e come tradizione e innovazione si combinano grazie a o nel contesto della azione del giudice costituzionale appare oggi non solo utile per i microstati, ma in generale per la strategia internazionale di promozione della rule of law[2].

 

2. Inquadramento e obiettivi del presente studio 

Il presente studio e la nota tecnica ivi inclusa hanno come obiettivo quello di inquadrare all’interno della letteratura scientifica e delle esperienze istituzionali sviluppate negli ordinamenti nazionali nell’ultimo cinquantennio la ratio, il modus operandi e le potenzialità di un percorso specificatamente progettato per la realtà sociopolitica e giuridico-storica della Repubblica di San Marino avente come target di impatto il rafforzamento del presidio costituzionale della rule of law e, per questo tramite, il consolidamento degli effetti di sistema catalizzati dalle recenti riforme avviate in ambito ordinamentale e processuale per la funzione giudiziaria ordinaria. 

Lo studio tiene in ampio conto sia la normativa europea in materia di qualità della giustizia, sia gli standard internazionali di qualità del giudice, sia le più specifiche raccomandazioni che sono scaturite dalle note di osservazione e di valutazione che il Consiglio d’Europa, nelle istanze di GRECO e di MONEYVAL, ha indirizzato concretamente alle istituzioni di governo e di rappresentanza internazionale della Repubblica di San Marino – con particolare attenzione per il periodo 2021-2023. 

Le argomentazioni che seguono sono da intendersi come il precipitato concretizzato in una progettazione ed attuazione istituzionale le cui premesse sono di duplice natura, cui si farà riferimento senza riportarne nella interezza il dettaglio tecnico-argomentativo. Si tratta di studi che hanno analizzato come il controllo di costituzionalità sia stato introdotto a valle di esperienze di riforme sistemiche ovvero in concomitanza con queste nelle aree del mondo che si sono recentemente avviate lungo un percorso di rafforzamento del presidio democratico della società politica. Si tratta inoltre di studi che hanno approfondito i meccanismi e le forme di presidio della legittimazione di tale controllo di costituzionalità da una angolatura disciplinare di tipo sociopolitico, andando ad evidenziare così le dinamiche di interazione fra poteri (da cui il concetto di inter-institutional accountability) e i profili di professionalità e carriera dei componenti degli organi di controllo della costituzionalità (corti costituzionali). 

I livelli di analisi cui si farà dunque riferimento in quanto ampiamente trattati in letteratura sono due. Il primo di natura sistemica, che riguarda il posizionamento dello Stato e della società rispetto alla questione nodale della legittima origine della norma del diritto. Il secondo di natura strategica e micro-individuale, che riguarda la modalità con la quale, esercitando il suo “office” il giudice costituzionale ancora sul piano sostanziale e sul piano giustificativo-argomentativo la sua decisione per legittimarla. La dimensione della collegialità va intesa a questo secondo livello come una delle forme più caratterizzanti della terzietà di tale “office”, ossia della funzione di controllo e di presidio che si intende esercitata sull’intero operato e sull’intero agire del sistema politico. 

Questa nota di inquadramento non ha alcuna pretesa di analisi esaustiva della letteratura e della dottrina sopra menzionata. Non sarebbe a questo conforme lo spazio né lo scopo della nota stessa. Si tratta invece di un inquadramento che si vuole centrato su una analisi funzionale ed empirica dell’istituto di controllo della costituzionalità delle norme ed è con questa ratio che esso va inteso soprattutto in relazione alla giustificazione scientifica sottesa alla proposta che vi si trova condivisa. 

Le premesse del ragionamento sono quindi tratte da una impostazione di carattere scientifico e teorico di tipo empirico che considera come evidenza empirica il modus operandi effettivo dei sistemi politici e che accetta come variabili rilevanti sia i vincoli/opportunità istituzionali formali, sia la cultura come fattore co-partecipante alla elaborazione ed accettazione di comportamenti e decisioni, sia i comportamenti individuali degli attori che rivestono un ruolo istituzionale. 

La nota tecnica allegata fa discendere da queste premesse una proposta di carattere attuativo, dove sono evidenziati sia gli istituti da introdursi, sia il metodo di introduzione degli stessi. Si sottolinea che questo studio non dà conto della vasta letteratura comparata, cui si limita a fare riferimento per i diversi passaggi di rilievo ai fini della argomentazione proposta a suffragare il progetto di riforma.

È di grande rilievo il fatto che il rafforzamento del presidio della rule of law, sia da pensarsi nel contesto della rappresentanza della Repubblica di San Marino nel contesto della Commissione di Venezia. 

Il valore conoscitivo dello studio di caso va dunque rilevato nel contesto di una ricerca, di cui questo lavoro rappresenta uno degli esiti, che si è avvalsa di una metodologia propriamente mista, combinando gli strumenti della analisi empirica del funzionamento delle istituzioni e dei processi di cambiamento istituzionale in una chiave comparata con gli strumenti dell’approfondimento qualitativo volti a tratteggiare nel dettaglio le interazioni fra dimensioni di un modello che si vuole non solo multifunzionale ma anche multilivello. È infatti plurale la funzionalità delle istituzioni della rule of law che intervengono lungo tutto il percorso di creazione, adozione, implementazione e promozione valoriale delle norme del diritto, così come è multilivello l’arena nella quale si trovano gli attori che di quelle norme si fanno garanti e interpreti nel rispetto delle previsioni normative costituzionali nazionali e orientate dai valori della rule of law democratica europea. Così dunque uno studio di caso getta luce su quegli snodi funzionali che, pur esistendo, in quanto funzioni, in tutti i paesi e in tutti i sistemi nazionali, acquisiscono, nel caso dei microstati cui il caso appartiene, una specifica forma di comportamento istituzionale il quale si declina in quella arena multilivello non solo fra microstato e livello europeo, ma anche in via orizzontale, fra microstati e fra ciascun microstato e gli altri Stati di cui condivide orientamenti culturali prossimi. 

 

3. La funzione di presidio e di istituzionalizzazione della rule of law in una prospettiva sociopolitica

Nelle società moderne la legislazione e la regolazione sono un fatto istituzionale la cui autorevolezza dipende dalle procedure con cui una istanza pubblica ne definisce termini, perimetro e metodi di attuazione. Lo Stato si qualifica così come protagonista, da allora, di una realtà politica e giuridica che fissa in modo astratto le regole per tutti. La società nondimeno lungi dall’essere inattiva o meno significativa nell’esercizio del potere. Attori economici, istituzioni finanziarie, organizzazioni di intermediazione e rappresentanza professionale, dinamiche di mercato, intervengono formando regolarità di comportamenti e metodi con cui ogni cultura risolve problemi. Fra questi la creazione di pathways e di modi istituzionalizzati – quindi non dipendenti dalla arbitrarietà del momento – di creare ricchezza, di distribuire beni e servizi, di assicurare la equità nell’accesso a questi e, architrave ovvero fondamento di tutto ciò, la effettiva tutela dei diritti. Perché questo sia possibile, al di là delle enormi differenze che esistono fra sistemi costituzionali e scelte ordinamentali, la stella polare per tutti è tendere ad avere garanzie certe, chiare, intelligibili, capaci di funzionare come un effettivo baluardo contro gli abusi di potere e le potenziali sovversioni del primato della regola del diritto dovute alle asimmetrie di potere che la realtà fisiologicamente crea in ogni società e in ogni Stato. 

La rule of law è la premessa, il metodo, e il risultato di queste garanzie e del loro ciclo di vita evolutivo, perché attraverso l’azione di una magistratura indipendente, di una giurisdizione di qualità, di tutele costituzionali, di procedure trasparenti e impersonali, assicura che nessuna posizione di potere possa “catturare” lo spazio della res publica nel quale si radica quel collante sociale che è appunto la law in action. Ora, molto poco si è riflettuto sul fatto che la dimensione dello spazio entro cui si muovono gli attori sociali e Statuali fa la differenza agli effetti dei costi di monitoraggio, dei tempi di cambiamento – in senso positivo o negativo – dei tempi di correzione di errori – compresi gli illeciti – delle reali comportamentali e funzionali posture di indipendenza e di terzietà che si possono de facto creare e mantenere. Riteniamo però che oggi sia oltremodo necessario riportare la variabile “size” (grandezza) dello Stato all’interno delle discussioni e delle elaborazioni di valutazione e di standardizzazione della qualità che sono portate avanti nelle prestigiose sedi delle comunità epistemiche e giuridiche internazionali.

Le specificità di un microstato riguardano soprattutto la tipologia e la entità dei rischi cui viene sottoposto l’assetto proprio del sistema demo-costituzionale, che combina la separazione dei poteri con la non disponibilità dei diritti fondamentali. Si tratta di due aspetti che si coniugano, l’uno essendo condizione dell’altro, ma anche conseguenza della effettività dell’esercizio di questi, nell’assicurare l’esercizio di un potere sottoposto a limiti e ad obblighi di accountability, sia di natura orizzontale – fra poteri – sia di natura verticale – fra governati e governanti. La dimensione del microstato rende più vulnerabile la autonomia del singolo potere rispetto ad altri poteri sia sociali sia politici. La forma precipua di tale vulnus è quella della personalizzazione ovvero dell’esercizio improprio del potere. 

È avendo questi principi generali come architrave del ragionamento che uno studio specifico dedicato al controllo di costituzionalità nella Repubblica di San Marino è elaborato. 

Nella letteratura e in dottrina, nell’ambito degli studi di diritto costituzionale e di politica comparata, la questione sottesa alla istituzione e alla promozione di una istanza – concentrata o diffusa – avente come funzione distintiva quella di esercitare il controllo di costituzionalità dell’attività normativa che trova legittimazione nella istanza legislativa si situa, al di là delle scuole di pensiero, all’incrocio del bilanciamento di due principi. Il primo principio riguarda la necessaria legittimazione democratica dell’esercizio del potere, essendo di questa emanazione la adozione di norme giuridiche di rango primario. Il secondo principio riguarda la tutela di qualsiasi espressione della società che non sia né rappresentata hic et nunc nella maggioranza legiferante né consensuale in futuro rispetto alle norme precedentemente adottate, né ancora altrimenti protetta dal rischio di uso distorsivo del potere legislativo quand’anche fosse per via elettorale legittimato. 

Il bilanciamento di questi due principi trova configurazioni diverse nei diversi sistemi politici e di certo risente sia della legacy e della tradizione storico-culturale, sia della struttura della forma di governo, sia ancora della congiuntura nella quale il bilanciamento, prima de jure e poi de facto, trova, rispettivamente, il suo precipitato concreto nella adozione di specifici meccanismi di controllo di costituzionalità delle norme e nei comportamenti istituzionali. 

Assegnare al disegno costituzionale tutto l’onere delle garanzie è empiricamente non sostenibile, ancorché è evidente che quello sia la condizione preliminare e necessaria perché ogni forma di comportamento si possa attuare. 

Tre ragioni di carattere empirico rafforzano questa primo presupposto del ragionamento qui tratteggiato. 

La prima attiene alla natura poliedrica e plurale della fonte della normatività del diritto. In un’epoca in cui la larga parte della dottrina aveva aderito ad una impostazione monista orientata a vedere perimetro di validazione e di sostanza della normatività del diritto coincidente con la normatività positiva e formale, Santi Romano pone al centro della dottrina ai più alti livelli istituzionali la tesi secondo cui più ancora di quanto non sia la norma positiva, ubi societas, ibi ius, derivandone la ineludibile conseguenza che la normatività capace di orientare l’agire e l’esercizio delle libertà si incardina su istituzioni, sociali e statuali (invece che soltanto statuali). La società dunque va considerata come a) fonte e b) humus di rafforzamento dei meccanismi di rule making e rule enforcement aventi un impatto diretto sia sulla domanda di diritto positivo – laddove esista una debolezza, una lacunosità, una erosione di credibilità del diritto non stato-centrico - sia sull’esercizio di un controllo tacito, tale da influenza la estensione e la intensità del vacuum di controllo esercitato sia a livello individuale sia a livello sistemico. In tal senso il giudice costituzionale va inteso nella sua dimensione individuale e collegiale. Il controllo di costituzionalità deve attenersi nell’ambito del rispetto del diritto, senza incorrere nelle forme di distorsione di attivismo giudiziario, ampiamente trattate in letteratura comparata. 

Se ne desumono due corollari: 

1. Le istituzioni formali non possono completamente assorbire le istituzioni informali. I gradi di combinazione delle due forme dipendono dalla cultura e dal contesto. 

2. Il contesto si qualifica per i costi di monitoraggio fra gli attori istituzionali, per il grado di continuità delle istituzioni formali e informali, per il tipo di esperienze pregresse che hanno lasciato una traccia nella memoria del sistema. 

Chiameremo il “contesto” situazione di azione. 

La seconda premessa di ordine empirico che interessa qui considerare riguarda la qualificazione del concetto di agire. In questo contesto preme considerare un agire di elaborazione del pensiero e della deliberazione, una presa di decisione e una strutturazione della argomentazione che ha come “pubblico” di riferimento una comunità epistemica e professionale la cui caratteristica dominante è funzione della professionalità del reclutamento magistratuale e forense, ancorché della socializzazione dottrinale, ovvero della più o meno ampia presenza di una dimensione extra sistemica – come quella di ordinamenti stranieri – che sia considerata come riferimento reputazionale, professionale, istituzionale, ovvero le tre cose insieme. In altri termini per potere comprendere quali istituti debbano essere introdotti al fine di rafforzare il presidio della rule of law occorre disaggregare le funzioni dell’"agire" del giudice costituzionale perché su ciascuna funzione componente agiranno diversi meccanismi di controllo-verifica-rispondenza che chiameremo accountability

La terza premessa riguarda proprio il concetto di controllo che declineremo in questo studio come concetto di accountability. In questo senso esso si qualifica come la aspettativa fondata su base conoscitiva e di legacy della sanzione e del riconoscimento di comportamenti che violano norme condivise ovvero che rafforzano queste. Tali norme, ed è questo un punto cruciale dello studio, non sono solo di natura formale e di diritto positivo[3].

La accountability si ritiene sia declinata su cinque aspetti. 

1. Rispetto alle norme formali del diritto positivo statuale

2. Rispetto ai meccanismi formali di carriera

3. Rispetto alle forme di socializzazione professionale 

4. Rispetto alle norme di qualità organizzativa e gestionale 

5. Rispetto alle norme di trasparenza e leggibilità del pubblico. 

Avendo queste premesse assunte, si aggiungono gli elementi specifici riguardanti il fatto che un presidio di controllo di costituzionalità specializzato (Corte costituzionale) è un organo separato che funge da guardiano della costituzione di un dato paese da garante della costituzionalità, della legalità e delle libertà e dei diritti dei cittadini all'interno dell'ordinamento giuridico nazionale. Lo schema di premesse empiriche sopra riportato deriva da una ampia e approfondita letteratura scaturita da ricerca sociopolitica avente come fenomeno da studiare quello del reale ed effettivo comportamento delle corti nel contesto in cui operano, anche in chiave diacronica. Lo schema complesso e molteplice sopra illustrato ci costringe a evidenziare diversi fattori che sembrano giocare un ruolo sia a livello macro che micro (il livello del ragionamento individuale) nel facilitare o contrastare la scelta di fare riferimento esplicitamente e intenzionalmente al diritto straniero nella giurisprudenza costituzionale: 

1. Cultura giuridica. Questo è il fattore più sfuggente da misurare e valutare empiricamente. Ma un’analisi qualitativa dei programmi offerti agli studiosi di diritto (nelle scuole universitarie e di specializzazione) e dei legami culturali che i giudici hanno con altre professioni legali (gli avvocati) può fornire informazioni molto approfondite su questo punto. 

2. L'autorità e il prestigio della corte. I tribunali istituiti in paesi in cui il diritto nazionale non è considerato la fonte esclusiva delle norme sono più propensi a considerare la giurisprudenza extrasistemica come un’alternativa legittima. In concreto, ciò avviene in quei Paesi in cui le norme giuridiche ereditate sono state considerate segnate da elementi di criticità (tale valutazione può essere sia endogena, sia esogena al sistema sociopolitico). Le democrazie che sono state osservate da attori esterni mostrano un grado più elevato di apertura alla giurisprudenza extra-sistemica. Questo ceteris paribus (il caso della Corte Suprema del Regno Unito) introduce una variabile aggiuntiva, vale a dire il fattore "common law". In queste condizioni, le corti costituzionali, al fine di rafforzare l'accettabilità delle loro decisioni, possono effettivamente decidere di citare giurisprudenza extra-sistemica giudicare casi che si rivelano particolarmente controversi all’interno del sistema politico. In tale decisione, anche la logica della consequenzialità gioca un ruolo. Le corti costituzionali dimostrano di agire razionalmente considerando il rapporto costi/benefici nel caso in cui opterebbero per una decisione che si basa anche su norme giuridiche non nazionali, rispetto al caso in cui opterebbero per una decisione che si basa esclusivamente su norme giuridiche non nazionali. norme giuridiche nazionali. Vi è poi una specificità. Laddove le istituzioni informali abbiano rilievo particolarmente elevato l’ancoraggio esterno risulta essere altrettanto benefico. 

3. Il profilo professionale degli assistenti dei giudici. Le parole del giudice francese Guy Canivet sono particolarmente rivelatrici. La pratica di citare decisioni prese in altri paesi può essere particolarmente fuorviante e distorta se non avviene sulla base di una solida conoscenza dei paesi in cui le decisioni sono prese. le norme vengono sviluppate e radicate. In altri termini, per utilizzare il “metodo comparato” nella giustizia costituzionale è necessaria una dotazione aggiuntiva di risorse – sia cognitive che organizzative. Importante è anche il profilo professionale dei cancellieri nominati presso la Corte costituzionale. 

4. I gradi delle risorse gestionali e organizzative. Il personale dei servizi legali non partecipa al lavoro preliminare che definisce la base giuridica utilizzata dal tribunale nelle sue deliberazioni finali. 

La pratica dei rinvii extrasistemici dipende dalla tipologia della causa giudicata e anche dal rapporto individuale che esiste tra giudice e relatore e, eventualmente, dal rapporto instaurato da ciascun giudice con gli altri giudici presenti in tribunale. Ciò concorda con la posizione assunta in cui si parla di ponti individuali istituiti oltre i confini nazionali. Altri sottolineano la logica funzionale che sta al di là di questo sviluppo: problemi costituzionali simili portano le corti costituzionali verso modi di ragionamento simili. 

Tuttavia, le forze funzionali sembrano essere mescolato con forze più strategiche e cognitive che agiscono insieme: "Alcuni giudici fanno riferimento alla giurisprudenza straniera molto spesso, altri usano tali riferimenti meno spesso e altri molto raramente". 

Un filtro ultimo nel processo di ragionamento extra-sistemico sembra essere rappresentato dalla adeguatezza delle argomentazioni costituzionali sviluppate dal giudice straniero. I tribunali – soprattutto quelli con esperienza limitata – potrebbero preferire trarre dall’eredità di altri tribunali la legittimità per giudicare, aggiungendo argomenti supplementari al fine di rafforzare la rilevanza e l’autorità delle loro decisioni. 

 

4. Alcune riflessioni orientate all’intendimento del riformatore 

Le premesse che sono state poste nella parte iniziale di questo lavoro si rendono applicative nel contesto della riflessione sul Comitato dei Garanti della Repubblica di San Marino. Due condizioni di contesto (“situazione di azione”) vanno qui considerate per portare il sistema sociopolitico verso un funzionamento che sia capace non solo di compliance rispetto agli standard internazionali di rule of law, ma anche di consolidamento e di istituzionalizzazione. 

Si dà “istituzionalizzazione”, con Hungtinton, quando una norma diventa non solo un obbligo, ossia un vincolo, ma anche un valore. Essa diventa costruttiva della identità dell’agire istituzionale. In altri termini diventa il formante socio-giuridico della cultura del giudice e del suo operare all’interno della giurisdizione. 

Nel contesto della Repubblica di San Marino tre variabili hanno rilievo: 

· Il bilanciamento fra Stato e società, ossia fra istituzioni formali e istituzioni informali, con grande rilievo per le seconde. La Repubblica di San Marino, radicata ad una lunga tradizione di indipendenza e di repubblicanesimo, vive la dimensione della società come una fonte di norme. Tale elemento si qualifica come un potenziale elemento di accountability pubblica e professionale. Laddove la situazione di contesto debba avere vissuto l’esperienza di vulnus alla indipendenza della norma e dell’agire del giudice si profila una situazione nella quale uno Stato di piccole dimensioni risente di un bisogno funzionale di un ancoraggio rafforzato ad un controllo di costituzionalità della norma giuridica primaria e secondaria. 

· Il rilievo del profilo professionale del giudice, ancorché del giurista, fortemente orientato a tenere conto storicamente del portato esterno alla Repubblica di San Marino e certamente oggi orientato a guardare al plesso culturale del Consiglio d’Europa come quello della comunità epistemica di riferimento. 

· La congiuntura storica recente che ha visto il sistema politico sammarinese nella necessità di impegnarsi in un percorso di cambiamento capace di dare verso l’interno e verso l’esterno del sistema il chiaro ed inequivocabile segnale di un ripristino inderogabile e di una ragionevole aspettativa di accountability forte rispetto alle cinque dimensioni di accountability sopra menzionate. 

Il Comitato dei Garanti è il riflesso strutturato attraverso le norme del diritto ordinamentale della risposta alla domanda funzionale che ogni sistema sociopolitico che aderisce e che internalizza nelle sue istituzioni i principi democratici e costituzionali orienta verso la comunità di esperti del diritto: come fare sì che le regole, costruite ed attuate nel dispetto del primato della regola sulla arbitrarietà decisionale, siano tutelate dinnanzi a tutte le istanze che il potere decisionale detengono, anche quando tali istanze siano state legittimate nell’esercizio del loro potere da una procedura di carattere elettorale. Primato della rule in senso anticiclico elettorale e ancoraggio di quella rule alla sola forma di normatività che è capace di mantenere nel tempo astrattezza (contrapposta alla personalizzazione), comprensione per trasversalità del suo linguaggio (incluso quello dei comportamenti consuetudinari), autorevolezza per qualità della professionalità e della procedura che la ha generata (le due componenti, professionalità giuridica e procedura formalizzata, sono da coniugarsi, perché disgiunte sarebbero soggette ad una deminutio). Se così inteso allora il Comitato dei Garanti è una istituzione necessaria, ineludibile, completamento della riforma ordinamentale che la Repubblica di San Marino ha voluto darsi sin dal 2021.

Il quadro appena delineato e lo specifico contesto, connesso con la congiuntura favorevole data dalla finestra di opportunità di visibilità positiva acquisita presso il Consiglio d’Europa dalla esperienza di riforma ordinamentale e processuale della Repubblica di San Marino suffragano la proposta di una riforma di potenziamento. Altresì si ritiene che proprio dalla discussione delle prospettive che ispirano tale potenziamento debbano scaturire delle traiettorie di riflessione comparata sui microstati, i quali vanno intesi come casi aventi delle specificità storiche e culturali sub-genus tali da giustificare uno studio comparato per mappare i pesi relativi nei singolo paesi dell’effettività delle forme di accountability cui il dispositivo istituzionale che noi abbiamo classificato come corte suprema costituzionale è soggetto e rispondente. 


 
[1] Senza entrare nel dettaglio della letteratura di riferimento che ispira lo studio di cui qui sono presentati alcuni risultati, vale la pena esplicitare per il lettore che la tradizione di politica comparata e di analisi empirica delle istituzioni ha ampiamente trattato del tema delle corti costituzionali e delle corti supreme soprattutto con una prospettiva centrata sull’attore e quindi in un quadro analitiche si qualifica come “istituzionalista”. Ne siano qui esempio i lavori di T. Ginzburg, Constitutional courts in new democracies, Chicago, CUP, 2001, di Jon K. Skiple, Gunnar Grendstad, William R. Shaffer, Eric N. Waltenburg, Supreme Court Justices' Economic Behavior: A Multilevel Model Analysis, volume 39, p. 73–94, di Kim L. Scheppele, The Constitutional Role of Transnational Courts: Principled Legal Ideas in Three-Dimensional Political Space, 28 Penn St. Int'l L. Rev. 451 (2010), non essendo questi riferimenti in alcun modo esaustivi né appieno rappresentativi di una letturatura amplissima. Sugli aspetti relativi alla nomina ai profili professionali e agli orientamenti culturali dei giudici costituzionali ci permettiamo di fare riferimento anche a D. Piana, C. Guarnieri, Bringing the Outside inside Macro and Micro Factors to Put the Dialogue among Highest Courts into its Right Context, in Utrecht Law Review, 2012, 8, pp. 139–157.

[2] La letteratura sul tema della promozione della rule of law è altrettanto vasta quanto ampio e plurale il dispiego di risorse e di azioni avviate dalle organizzazioni internazionali e transnazionali sia di natura governativa sia di natura non governativa. Si rende conto qui soltanto di alcuni lavori di ricerca, indicati come esemplificativi – ma non esaustivi, né potrebbero esserlo per ragioni di spazio e obiettivi del presente lavoro – della combinazione di ricerca empirica, analisi quantitative e analisi qualitative, riferimento all’area culturale europea e con esiti che sono euristicamente salienti per il presente lavoro. A. Magen, e L. Morlino (eds.), International Actors Democratisation and the Rule of Law. Anchoring Democracy? London, Routledge, 2008. M. Cremona (ed.), Structural Principles in EU External Relations Law, Oxford: Hart Publishing, 2018. I. Govaere, Interconnecting Legal Systems and the Autonomous EU Legal Order: a Balloon Dynamic, in I. Govaere, S. Garben (eds.), The Interface Between EU and International Law: Contemporary Reflections, Oxford: Hart Publishing, 2019, pp. 19-43. L. Pech, Rule of Law as a guiding principle of the EU’s external action, CLEER Working Papers 2021/3; P. Van Elsuwege, O. Burlyuk, Exporting the Rule of Law to the EU’s Eastern Neighbourhood: Reconciling Coherence and Differentiation, in S. Poli (ed.), The European Neighbourhood Policy. Values and Principles, Routledge, 2018, pp. 176-182; C. Dallara, D. Piana, Networking the Rule of Law. How Change Agents Reshape Judicial Governance in the EU, London, Routledge, 2015.

[3] Si noti che la pluralità delle forme di accountability è coerente e conseguente rispetto all’idea di fondo secondo la quale nessuna “torre” nessuna garanzia ha possibilità empirica di dare risposta esaustiva alla domanda del sistema politico di bilanciare e perimetrare l’esercizio del potere.

16/09/2024
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