Articoli di Questione Giustizia su cutro
La riforma volutamente restrittiva all’istituto della protezione speciale, recata dal D.L. n. 20/2023 e dalla sua legge di conversione n. 50/2023, a soli due anni dalla precedente che invece ne aveva ampliato i presupposti (D.L. n. 130/2020 e legge n. 173/2020), induce l’interprete a nuove riflessioni per comprendere se e quanto essa abbia inciso sui diritti che presidiano questo diritto fondamentale, che molti altri ne contiene. L’occasione è data dalla pronuncia del Tribunale di Milano in commento, che offre interessanti spunti di analisi sia sull’istituto in generale, sia in relazione a una specifica declinazione della condizione di vulnerabilità riferibile alla prostituzione volontaria, in assenza di effettive reali alternative.
In reazione alla tragedia di Cutro, e al dichiarato fine di porre rimedio ad una presunta inadeguatezza delle sanzioni previste per le diverse ipotesi di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, il legislatore interviene aumentando le pene per tali reati, ed introducendo una nuova fattispecie di «morte come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina». Nelle pagine che seguono illustreremo perché ci pare trattarsi di una riforma priva di alcuna base razionale, dal momento che già secondo la legislazione pre-vigente in caso di vicende come quella di Cutro i responsabili del naufragio potevano essere puniti con sanzioni che raggiungono il limite massimo di 30 anni di reclusione, e che ottiene il solo risultato di impedire l’applicazione di pene proporzionate nei casi di minore gravità, avendo fissato il legislatore il limite di pena minimo di 20 anni quando dal favoreggiamento sia derivata, quale conseguenza non voluta, la morte di più persone.