Dopo i libri interessanti legati ai temi del processo penale, della sua pubblicità, dei diritti dell'imputato e, più in generale della difesa tecnica, Gianaria e Mittone continuano a raccontarci la realtà vista con l'occhio infornato e critico del difensore.
Il tema affrontato oggi è quello del conflitto fra culture che si manifesta in episodi illeciti. Un conflitto inevitabile nel mondo multietnico e che il volume affronta guardando sia alla risposta legislativa sia a quella della giurisprudenza.
Esempi specifici e considerazioni generali si alternano e si completano, muovendo da vicende lontane nel tempo e spaziando nelle diverse realtà occidentali, dagli Usa a casa nostra.
Non manca nel volume una interessante e ben argomentata distinzione fra il reato "culturale" e quello "per convinzione". Il primo tipico di una "subcultura" (nel senso di minoritaria rispetto a quella dominante") che si esprime in condotte avvertite dall'autore come lecite, o addirittura doverose, indipendentemente della legge vigente nel Paese; il secondo proprio di chi agisce intenzionalmente contro quella legge e la cultura dominante: "Se alla formazione che delinque per convinzione ci si associa, a quella culturalmente orientata si appartiene" (pag. 37). E, ancora, mentre il reato culturale difende il presente o l'eredità di un passato, il reato per convinzione intende "affrettare il futuro" anche quando è commesso per finalità o ragioni religiose (pag.41).
Grande attenzione è dedicata dal volume al tema delle condotte degli immigrati e alle diverse risposte di sistema che hanno conosciuto in Europa, dove il modello francese, di assimilazione, si distingue da quello adottato da Gran Bretagna e alcuni Paesi nordici, caratterizzato da una opzione multiculturalista. Le diverse opzioni non sono prive di conseguenze sulle scelte che la giurisprudenza opera rispetto ai reati "culturali" commessi dalle persone immigrate, come emerge dai capitoli settimo e ottavo, dedicati a casi giudiziari emblematici della risposta che i sistemi statunitensi e europei hanno dato nel tempo.
L'ultima parte è dedicata all'Italia e al suo sistema giudiziario. Quindi alcune conclusioni.
Non voglio togliere ai lettori il piacere di scoprire queste parti, che tirano le fila di un discorso articolato, ma una notazione merita di essere richiamata.
Mi riferisco al passaggio in cui gli autori affrontano il tema posto dalla diversità di soluzioni giurisprudenziali e si chiedono se non sarebbe preferibile contare su uno "statuto normativo del migrante". La domanda riceve una risposta negativa: "La legge è rigida, greve, inelastica: fornisce gli schemi, lancia moniti ma non ha tra le sue corde la capacità di attualizzare l'astratto"; meglio la flessibilità del giudiziario, la sua capacità di bilanciare gli interessi in gioco e sperimentare "un equilibrio finale accettabile".
Tutto bene per la giurisdizione, dunque, se due avvocati colti e consapevoli esprimono una tale apertura di credito ? Non mancano certo le difficoltà e l'irrompere di problemi aperti (quale il ruolo del mediatore culturale e dell'antropologo nell'ambito del processo), ma la legge e la sua effettività si misurano nel crogiuolo della vita e delle corti. Esattamente i luoghi che trasformano la fissità della regola in una soluzione che può essere al passo con i bisogni delle persone e delle società.
Per poi chiudere con la ricca bibliografia che gli autori mettono a disposizione dei lettori in modo organizzato e fruibile.
F. Gianaria e A. Mittone, Culture alla sbarra. Una riflessione sui reati multiculturali. Giulio Einaudi Editore,Torino, 2014, pagg.137, euro 12.
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