Con la sentenza che si pubblica, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto due rilevanti questioni in relazione al diritto dei cittadini stranieri al riconoscimento della protezione internazionale ed umanitaria, componendo un contrasto che si era determinato all’interno della Prima sezione civile. L’intervento è stato di rilievo cruciale, tenuto conto che da qualche mese, a causa dell’incremento notevolissimo dei ricorsi in questa materia, dovuto alla criticabilissima eliminazione del grado d’appello, è stato deciso, con una scelta davvero poco giustificabile sul piano dell’efficienza e dell’efficacia degli interventi di natura organizzativa, di distribuire tra le sezioni civili (ad eccezione della Sezione Tributaria) la trattazione delle cause che affrontano queste tematiche.
In relazione al primo contrasto, le Sezioni Unite hanno stabilito che l’abrogazione del permesso di natura umanitaria, uno dei capisaldi dell’intervento legislativo contenuto nel dl n. 113 del 2018, non si applica alle domande proposte prima dell’entrata in vigore (5 ottobre 2018) della nuova legge, continuando in queste ipotesi a doversi adottare il paradigma normativo contenuto nell’art. 5 c. 6 d.lgs n. 286 del 1998, ovvero una norma che contiene una clausola generale concernente “i seri motivi di carattere umanitario” da valorizzare in funzione degli obblighi costituzionali ed internazionali assunti dallo Stato Italiano.
Le Sezioni Unite con estrema incisività e chiarezza affermano che:
- la legge abrogata non è del tutto priva di efficacia, trovando applicazione per i fatti che si siano verificati anteriormente all’abrogazione;
- il principio d’irretroattività è volto a tutelare diritti e non fatti. Il divieto di retroattività, di conseguenza, garantisce l’immutabilità della rilevanza giuridica di fatti che già si siano compiutamente verificati o di fattispecie non ancora esaurite;
- il diritto al riconoscimento di una misura di protezione umanitaria, appartenendo al catalogo dei diritti umani, preesiste al suo accertamento che ha natura esclusivamente dichiarativa: il procedimento volto al suo accertamento, di conseguenza, non incide sull’insorgenza del diritto e non sorge, come affermato nell’ordinanza di rimessione, per effetto dello svolgimento del procedimento.
Precisano le Sezioni Unite che la natura dichiarativa dell’accertamento non è indebolita dalla necessità, prevista dalla legge, che la valutazione avvenga sulla base d’informazioni aggiornate, essendo questa caratteristica non un’espressione della natura costitutiva dell’accertamento ma dell’estensione dei poteri istruttori del decisore in questi procedimenti e della peculiarità del regime probatorio che presidia proprio il rango e l’inviolabilità dei diritti in gioco.
Con questa decisione le Sezioni Unite si collocano coerentemente nel solco già tracciato in relazione alla costruzione del diritto d’asilo costituzionale e per la netta affermazione della giurisdizione ordinaria in relazione a tutte le forme atipiche o tipizzate di permesso umanitario preesistenti la novella.
La seconda questione relativa alla rilevanza del grado d’integrazione lavorativa, sociale ed ambientale del richiedente il riconoscimento del diritto al permesso umanitario, è stata risolta dalle S.U. confermando l’orientamento nettamente prevalente della giurisprudenza di legittimità, instaurato dalla pronuncia n. 4455 del 2018.
Le Sezioni Unite hanno confermato che il profilo dell’integrazione non può essere trascurato ma non deve essere esaminato isolatamente, ma attraverso una valutazione comparativa della situazione di effettiva compromissione dei diritti umani fondamentali nel paese di origine. È stato efficacemente sottolineato nella sentenza che la tutela dei diritti umani deve essere “orizzontale” e che la norma elastica contenuta nell’art. 5 c.6 del d.lgs n. 286 del 1998 è lo strumento più adeguato a promuoverne l’evoluzione.
È auspicabile che questa intrinseca attitudine promozionale della protezione umanitaria, ancorché contenuta in una norma abrogata, possa produrre effetti sulla configurabilità, nel nuovo regime giuridico introdotto dal dl n. 113 del 2018, del principio di “non refoulement”, rimasto immutato, e sulla rivitalizzazione del diritto costituzionale d’asilo.
Per ulteriori approfondimenti giurisprudenziali in questa Rivista on-line (rubrica Diritti senza confini), si veda: