1. Introduzione
Com’è noto, il dl. 113/2018 (cd. Decreto Sicurezza) del 4 ottobre 2018 n. 113, come convertito con modificazioni dalla legge del 1° dicembre 2018 n. 132, ha abrogato la possibilità di fornire protezione umanitaria secondo quanto previsto dall’Art. 5(6) del Testo Unico Immigrazione (TUI), sostituendola con altri permessi di soggiorno (PdS) nei casi in cui il ritorno del richiedente nel Paese di origine «[…] non sarebbe comunque possibile […], posti i principi fondamentali dell’ordinamento italiano e internazionale»[1]. Tra questi troviamo il PdS per contingente ed eccezionale calamità ai sensi del novello Art. 20bis TUI[2]. La norma lascia indefinito il concetto di “calamità”, aprendo a più interpretazioni in luce delle molteplici e differenti connotazioni che il termine assume nell’ordinamento italiano[3]. Tuttavia, la qualificazione della calamità come «contingente ed eccezionale» suggerisce che questa ricomprenda eventi improvvisi e singolari - quali terremoti, valanghe o inondazioni – ed escluda di conseguenza dal suo ambito di applicazione sia i processi di degrado ambientale, come la desertificazione o l’erosione costiera, sia gli eventi a lenta insorgenza, come la siccità. Secondo quanto disposto dall’Art. 20bis TUI, il PdS per calamità è rilasciato dal Questore per un periodo di sei mesi eventualmente rinnovabile di altri sei al perdurare della situazione di insicurezza nel Paese di origine. Tale PdS permette l’accesso al mercato del lavoro ma non consente la conversione in PdS per motivi di lavoro. Dalla sua entrata in vigore nel 2018, l’Art. 20bis TUI è stato modificato due volte. Il dl. 130/2020 (cd. Decreto Lamorgese) del 21 ottobre 2020, convertito con modificazioni dalla legge del 18 dicembre 2020 n. 173, amplia lo scopo di applicazione del PdS per calamità e rafforza alcune garanzie a esso relative. Nella versione del 2020, infatti, l’Art. 20bis rileva in situazioni di «grave» calamità, non più solamente in circostanze contingenti ed eccezionali[4]. Si prevede inoltre la possibilità di convertire tale permesso in PdS per motivi di lavoro[5]. La norma omette di specificare per quante volte tale PdS può essere rinnovato, inducendo pertanto a pensare che possa essere rinnovato fin tanto che permane la situazione di insicurezza nel Paese di provenienza.
Infine, il dl. del 10 marzo 2023 n. 20 (cd. Decreto Cutro) interviene nuovamente sulla disposizione in parola. L’Art. 20bis viene nuovamente modificato e riportato alla sua versione originale introdotta nel 2018, riducendone lo scopo di applicazione, reintroducendo il limite al rinnovo ed eliminando quindi anche la possibilità di conversione in PdS per motivi di lavoro.
Come rilevato altrove, il PdS per calamità presenta alcune criticità[6]. Queste fanno riferimento alla durata fortemente ridotta della protezione e alla limitata possibilità di rinnovo, alla mancanza di integrazione socio-lavorativa e al ristretto ambito applicativo della disposizione che, rilevando solamente per le calamità contingenti ed eccezionali, non può rispondere al bisogno di protezione di coloro in fuga da altri fattori climatico-ambientali. Infine, il fatto che il rilascio di tale permesso sia in capo al Questore implica una valutazione pienamente oggettiva del bisogno di protezione, priva di qualsiasi elemento soggettivo o comparativo[7].
Nonostante tali problematiche, la norma ha comunque una sua rilevanza. Innanzitutto, questa lega direttamente ed esplicitamente i fattori climatico-ambientali di migrazione al contestuale bisogno di protezione, contribuendo a corroborare l’esistenza di tale nesso a livello legislativo. Inoltre, il PdS per calamità si aggiunge alle altre forme di protezione offerte dall’ordinamento italiano – tra cui si annovera la protezione umanitaria ex Art. 5(6) TUI ancora applicabile dalle autorità giudiziarie ai casi pendenti, la protezione speciale ex Art. 19 TUI e la protezione temporanea ex Art. 20 TUI – che permettono una copertura più esaustiva dei fattori climatico-ambientali di migrazione, nonché maggiori garanzie di tutela.
A fronte di tali considerazioni risulta ancora più sorprendente il fatto che non vi siano studi che presentino dati sulla sua applicazione. Le ricerche condotte dall’autrice per il periodo ottobre 2018 – marzo 2023 e l’aggiornamento per il periodo marzo 2023 – ottobre 2024 mirano a contribuire a colmare tale lacuna e fornire dati indispensabili per permettere una valutazione informata dell’Art. 20bis TUI.
2. Il permesso di soggiorno per calamità: Come è stato applicato dal 2018 al 2024
È importante notare che i dati relativi all’attuazione dell’Art. 20bis TUI non sono pubblicamente accessibili. I dati messi a disposizione dal Ministero dell’Interno non offrono infatti una disaggregazione completa per tipologia di permesso di soggiorno, presentando invece una fotografia aggiornata del numero di richieste di protezione (divise per status di rifugiato, protezione sussidiaria e protezione umanitaria/speciale) avanzate dai richiedenti ed il loro esito.
Per reperire tali dati, l’autrice ha fatto ricorso alla procedura di accesso civico generalizzato che, come disposto dalla Legge 33/2013, permette a chiunque di richiedere informazioni e dati in possesso delle amministrazioni pubbliche.
Da una prima ricerca condotta sull’applicazione del PdS per calamità tra il 4 ottobre 2018, quando è entrato in vigore, e il 31 marzo 2023 emerge che sono stati rilasciati complessivamente 153 PdS per calamità da 44 Questure[8]. I tassi più alti sono stati raggiunti dalle Questure di Bari (36 permessi), Genova (9), Gorizia e Lecce (8), Foggia (7), Messina e Napoli (6), Vercelli (5), Ancona e Reggio Emilia (4). In questo periodo di tempo, 27 Questure hanno rilasciato solamente uno o due PdS per calamità. Benché i beneficiari provenissero da molte regioni del mondo, le nazionalità riceventi il maggior numero di permessi sono state il Pakistan (57 permessi), l’Albania (15), il Bangladesh (14), la Nigeria (13) e la Cina (12). Interessanti sono i casi di due beneficiari di PdS per calamità provenienti rispettivamente dalla Serbia e dalla Federazione Russa. Si registra inoltre un PdS rilasciato a uno straniero proveniente dall’Ucraina e uno dalla Bielorussia.[9]
Una seconda analisi recentemente condotta mira ad estendere la ricerca dal 4 ottobre 2018 fino al 29 ottobre 2024 sì da individuare eventuali aggiornamenti applicativi. Al Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere sono stati chiesti i seguenti dati: il numero di PdS per calamità richiesti e rilasciati in totale dalle Questure nel periodo di riferimento; il numero di PdS per calamità richiesti e rilasciati da ciascuna Questura; il numero di PdS per calamità rinnovati; la tipologia di calamità per la quale sono stati forniti i PdS per calamità; le nazionalità dei beneficiari. La domanda includeva inoltre la richiesta di ricevere dati disaggregati per età (minore/adulto) e sesso (maschio/femmina) dei beneficiari.
Dato che i sistemi in uso dalla Direzione Centrale non permettono di estrapolare i dati disaggregati per età né per tipologia di calamità, non sono stati forniti dati in merito. Tutte le altre richieste sono state accolte e hanno prodotto i risultati di seguito riassunti.
Dal 2018 al 2024 sono state acquisite 311 richieste di PdS per calamità, di cui 69 presentate da donne e 242 da uomini. Tali richieste sono pervenute a 84 Questure. Bari ha ricevuto il maggior numero di domande (47), seguita da Ancona (28), Novara (15), Messina (11), Genova, Lecce e Gorizia (9). Il numero di domande ricevute non sembra collegato alla grandezza della città a cui la Questura si riferisce. Ad esempio, Roma ha registrato solamente 3 richieste nel periodo di riferimento, ossia l’80% in meno rispetto a quelle ricevute da città più piccole come Novara. Le richieste di protezione ex Art. 20bis sono state presentate da 30 nazionalità differenti, in particolar modo da Pakistan (73 richieste), Albania (59), Turchia (32), Bangladesh (27), Nigeria (26), Cina (21), India (9).
In sei anni, 181 PdS per calamità sono stati riconosciuti (o il 58.2%), 28 permessi in più rispetto alla precedente rilevazione.[10] Ciò significa che 130 richieste (o il 41.8%) non sono state accolte. Se guardiamo al dato disaggregato per sesso, 43 beneficiari del PdS per calamità sono femmine, mentre 138 sono maschi. La maggior parte di beneficiari provengono da Pakistan (60 permessi), Turchia (19), Bangladesh e Albania (16), Nigeria (15), Cina (12). Si segnala che, nell’indagine precedente, solamente 3 permessi erano stati forniti a cittadini turchi. Il recente aumento può essere ricondotto al grave terremoto che ha colpito il Paese nel febbraio 2023. Anche in questa analisi emergono provenienze interessanti. Ad esempio, 3 permessi sono stati conferiti a cittadini russi (uno in più rispetto alla rilevazione precedente).
In totale, 52 Questure hanno rilasciato permessi ex Art. 20bis TUI dal 2018 al 2024. Di queste, 32 hanno rilasciato solamente uno o due permessi nel periodo di riferimento, con un incremento di 5 Questure in più rispetto alla prima indagine. Bari, Genova e Gorizia rimangono le Questure che hanno fornito più permessi (rispettivamente 41, 9, 9). Seguono Lecce (8 permessi rilasciati), Foggia e Napoli (7), Messina (6), Vercelli e Novara (5), Sassari, Rieti, Ancona, Reggio Emilia e Mantova (4).
Infine, 70 PdS sono stati rinnovati. Sorprende che Bari e Genova, due delle Questure che hanno fornito il maggior numero di permessi, non abbiano rinnovato alcun PdS, mentre Gorizia ha rinnovato un solo permesso. Foggia e Reggio Emilia hanno rinnovato tutti i PdS per calamità rilasciati. Napoli ne ha rinnovati 4 su 7, Ancona 3 su 4. La maggior parte dei rinnovi ha riguardato cittadini provenienti dal Pakistan (32 rinnovi), Bangladesh (8), Nigeria (7), Turchia (6). Delle 70 pratiche di rinnovo ex Art. 20bis, 5 riguardavano donne e 65 uomini.
3. Riflessioni conclusive
Per come concepito nell’ordinamento italiano, il PdS per calamità non può, in sé, fornire sufficienti risposte al bisogno di protezione relativo a fattori climatico-ambientali di migrazione. Tuttavia, esso costituisce un importante tassello nell’ambito delle soluzioni legislative adottate dallo Stato italiano per far fronte al fenomeno. A livello teorico, inoltre, la norma riconosce un legame diretto e specifico tra condizioni climatico-ambientali, i movimenti migratori e il bisogno di protezione. Le ricerche condotte dall’autrice offrono dati inediti circa l’applicazione dell’Art. 20bis TUI nell’arco di sei anni, a partire dalla sua entrata in vigore fino a fine ottobre 2024.
Dalle indagini condotte emergono alcune riflessioni. Innanzitutto, poco più di 300 richieste di PdS per calamità sono pervenute alle Questure, autorità competenti al rilascio di tale tipologia di permessi, in sei anni. Ciò mette chiaramente in luce il fatto che la previsione di uno specifico PdS per cause climatico-ambientali di migrazione non apre la strada a “invasioni” o “flussi massicci” di migranti. Inoltre, 23 Questure hanno ricevuto solamente una o due richieste ex Art. 20bis dal 2018 al 2024. Tale numero esiguo può essere almeno in parte ricondotto alla mancanza di conoscenza da parte dei migranti e/o dei rappresentanti legali dell’esistenza di uno specifico PdS che può essere richiesto parallelamente alla protezione internazionale.
181 PdS per calamità sono stati rilasciati dalle Questure dal 2018 al 2024. Ciò significa 30 permessi all’anno su tutto il territorio nazionale. Il dato ribadisce il numero esiguo di soggetti intitolati a beneficiare di tale norma.
Se guardiamo a quanti PdS per calamità sono stati richiesti e quanti sono stati rilasciati per nazionalità, vediamo che, nella maggior parte dei casi, più della metà delle richieste sono state accettate. Ad esempio, l’82% delle richieste presentate da cittadini pakistani sono state accolte; 59% per Turchia e Bangladesh; 57% per Nigeria e Cina. Al contrario, solamente il 27% delle richieste inoltrate da cittadini albanesi hanno ricevuto esito positivo. I dati sulla provenienza e sull’accoglimento delle richieste ci restituiscono un quadro sufficientemente dettagliato delle nazionalità più esposte agli effetti del cambiamento climatico, tra cui spiccano i Paesi del sud-est asiatico, Africa, ma anche Europa (tra cui Turchia e Albania). Infine, la disaggregazione per sesso mostra chiaramente che la stragrande maggioranza di richiedenti e beneficiari del PdS per calamità sono uomini.
Alcune questioni dirimenti rimangono aperte: 1) I soggetti beneficiari del PdS per calamità sono migranti appena arrivati in Italia a seguito di una calamità occorsa nel Paese di origine oppure sono soggetti già presenti sul territorio nazionale che non possono far sicuro ritorno in virtù di mutamenti nelle condizioni climatico-ambientali nella zona di origine del richiedente (bisogno di protezione sur place)?; 2) Quali eventi sono considerati calamità ai sensi dell’Art. 20bis?; 3) Quali fonti vengono consultate dalle Questure in sede di accoglimento o rigetto della domanda di PdS per calamità?; 4) Quali percorsi di regolarizzazione vengono intrapresi dai beneficiari di tale permesso una volta terminata la sua validità?
L’autrice si augura che le ricerche in corso da lei sviluppate possano fornire una risposta a queste domande, senza ambizione di esaustività, al fine di offrire un quadro più chiaro e dettagliato delle disposizioni disponibili nel nostro ordinamento.
[1] Dossier Senato n. 66/2, Decreto-legge immigrazione e sicurezza pubblica. D.L. 113/2018 - A.C. 1346, 9 novembre 2018, p. 7, https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/18/DOSSIER/0/1081229/index.html
[2] Per una disamina più approfondita, si rinvia a C. Scissa, La protezione per calamità: Una breve ricostruzione dal 1996 ad oggi, in Forum di Quaderni Costituzionali, 1/2021 https://www.forumcostituzionale.it/wordpress/?p=15705.
[3] C. Scissa, Alla ricerca di un fil rouge tra le molteplici nozioni di “calamità” nell’ordinamento italiano, in Rivista di Diritto Agrario, Vol. 3/2021.
[4] F. Negozio, What legal options for environmental and climate-displaced people under the Italian protection system? Complementary protection on humanitarian grounds v. ad hoc regimes, in Refugee Law Initiative Blog, 2022, https://rli.blogs.sas.ac.uk/2022/09/30/what-legal-options-for-environmental-and-climate-displaced-people-under-the-italian-protection-system/; C. Scissa, A. Brambilla, Migranti ambientali nel diritto italiano: Un’evoluzione storico-normativa, in S. Altiero e M. Marano (a cura di) Crisi Ambientale e Migrazioni Forzate: Nuovi esodi al tempo dei cambiamenti climatici, A Sud, 2023, https://asud.net/wp-content/uploads/2023/06/crisi-ambientale-e-migrazioni-forzate-2023-WEB.pdf
[5] W. Chiaromonte, Migrazioni ambientali, protezione internazionale e inclusione lavorativa: la prospettiva nazionale, in Lavoro e Diritto, n. 1/2022.
[6] C. Scissa, Populismo e Migrazione Ambientale: Lo strano binomio italiano, in Il Cambiamento Climatico Non Conosce Frontiere. Superare le sfide della protezione e potenziare le risposte politiche alla Migrazione Climatica. Un caso studio dal Gambia, ActionAid International Italia, 2024, https://actionaid-it.imgix.net/uploads/2024/06/Rapporto_gambia_cambiamento_climatico.pdf
[7] M. Di Filippo, La protezione dei migranti ambientali nel dialogo tra diritto internazionale e ordinamento italiano, in Diritti Umani e Diritto Internazionale, n.2/2023, https://www.rivisteweb.it/doi/10.12829/108061
[8] Per maggiori informazioni si rimanda a C. Scissa, S. Martin, Migration in the context of climate and environmental changes within Central Asia and to the EU and Russian Federation, International Organization for Migration, 2024, pp. 25 e ss, https://environmentalmigration.iom.int/sites/g/files/tmzbdl1411/files/documents/2024-05/pub2023-041-el-migration-in-the-context-of-climate-ca-eu-rf_0.pdf; C. Scissa, An innovative analysis of Italy’s protection against disaster displacement: Numbers and profiles of the beneficiaries, in Refugee Law Initiative Blog, May 2023, https://rli.blogs.sas.ac.uk/2023/05/05/an-innovative-analysis-of-italys-protection-against-disaster-displacement-numbers-and-profiles-of-the-beneficiaries/.
[9] La ricerca includeva, inoltre, una domanda specifica sul sesso dei beneficiari del PdS per calamità. In questa prima fase, tuttavia, le istituzioni non hanno fornito dati in merito.
[10] Tale dato non è completo, in quanto non tiene conto dei PdS per calamità che possono essere stati riconosciuti dalle autorità giudiziarie.