Magistratura democratica

Articoli di Questione Giustizia su libertà manifestazione pensiero

Magistrato e cittadino: l’imparzialità dell’interprete in discussione

Dopo la fase del costituzionalismo politico che, superando la concezione dell’applicazione burocratica del diritto, aveva immesso la giurisdizione nell’attuazione dell’indirizzo politico-costituzionale, ponendo all’inizio dell’interpretazione del diritto i valori dell’interprete, nell’odierna stagione del costituzionalismo per principi l’imparzialità dell’interprete è affidata all’assunzione di un dovere di indipendenza da se stesso. Che il magistrato debba anche apparire imparziale non significa però astenersi dal prendere parte al dibattito democratico, cui il magistrato partecipa esprimendo le proprie scelte politiche al pari di ogni cittadino, ma significa essere ed apparire indipendente da formazioni politiche e soggetti operanti nel settore economico o finanziario, perché la sostanza dell’imparzialità è l’indipendenza.

22/11/2023
Appunti comparatistici sulla (apparenza della) imparzialità giudiziaria

E' diffusa presso ogni sistema giuridico la preoccupazione che sia sempre rispettato il canone dell'imparzialità dell'opera giudiziale affinché ai cittadini che vi si rivolgono la Giustizia -oltre ad essere rettamente amministrata -appaia circondata da garanzie sostanziali e processuali tali da sottarla al rischio di impropri condizionamenti legati alla persona ed ai comportamenti dei Giudici. L'esperienza giuridica inglese è particolarmente ricca di un pensiero, sviluppatosi sia in dottrina sia in giurisprudenza, modellato nel senso di creare come presupposto della violazione del canone stesso circostanze che ispirino nel cittadino anche il semplice, seppur ragionevole, timore che l'attività giudiziale non sia l'espressione della scienza e coscienza di chi la pone in essere. In particolare, tale presupposto si ritiene realizzato allorché risalti un nesso diretto tra le condizioni soggettive del Giudice e la decisione adottata nel singolo caso, escludendo l'automatica presunzione che il modo di esprimere la propria personalità mediante le libertà riconosciute dall'ordinamento sia di per sé indice sintomatico dell'allontanamento dalla via dell'imparzialità effettiva o anche semplicemente percepita. In altri termini, il diritto di common law europeo pretende sempre la severa dimostrazione, ai fini di una pronuncia caducatoria di provvedimenti giurisdizionali impugnati per la ricorrenza di un “bias” inteso come assenza nell'animo del giudicante di pregiudizi in contrasto con i suoi doveri funzionali, dell'immediata e provata incidenza sull'atto del suo stato soggettivo quale si ricava da comportamenti concreti e da specifici interessi in relazione alla questione oggetto del processo. Importanti e decisive indicazioni provengono dal grado più elevato della giurisprudenza del Regno Unito. La lezione che se ne ricava ben può orientare anche il dibattito nell'ordinamento italiano e consentire di ritenere, in perfetta sintonia con le regole codicistiche in materia di astensione e ricusazione, che solo la concreta riferibilità alla singola fattispecie da esaminare di circostanze riguardanti la persona del Giudice che inequivocabilmente disvelino un atteggiamento contrario ai doveri di imparzialità univocamente desumibile dal contenuto intrinseco del provvedimento possa giustificare la seguente conclusione. Da un canto, che sia rimasto inosservato l'obbligo di astensione e, d'altro canto, che la decisione possa dirsi affetta da un pregiudizio in misura tale da esporla al rischio della successiva caducazione in quanto immediato prodotto di tale improprio atteggiamento mentale.
Soltanto il rigorosamente verificato difetto di questi requisiti, e non altri sintomi esteriori quali le convinzioni personali rimaste ai margini del provvedimento, si rivela indice affidabile e consentito dell'avvenuta delusione dell'aspettativa collettiva di un'amministrazione imparziale della Giustizia, anche sotto l'aspetto dell'apparenza.

12/10/2023
Il caso Apostolico: essere e apparire imparziali nell’epoca dell’emergenza migratoria

E’ ancora possibile, nell’epoca della emergenza migratoria, ragionare dell’imparzialità dei magistrati andando oltre le aggressioni, le mistificazioni e l’elogio del silenzio e dell’ipocrisia?

10/10/2023
Le rivendicazioni delle donne e le proteste in Iran: le radici femminili della rivolta

Quando Anna Karenina entra in scena, nel romanzo, «dei piccoli anelli di riccioli neri le scappavano fuori sulla nuca e sulle tempie». Analogo gesto, un capello fuori posto, pochi giorni fa in Iran è costato la vita alla ventiduenne Masha Amini, arrestata e uccisa dalla “polizia morale” perché indossava il velo in maniera inappropriata. È stata la scintilla perché in Iran – protagoniste le donne sotto lo slogan “Woman Life Freedom” – divampasse una protesta che non accenna a smettere e che sta ponendo le basi di una rivolta per ottenere un Iran democratico.
Per raccontare i fatti, inquadrarli nella storia iraniana e nelle complesse tematiche del femminismo islamico, dell’esegesi patriarcale del Corano e dei movimenti di rivolta iraniani, descrivere l’obbrobrio della “polizia morale”, Questione Giustizia ha atteso di poter dare la parola alle donne iraniane. 

05/10/2022
La libertà di espressione dei magistrati e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo

Relazione all'incontro Justice et liberté d'expression - La liberté d'expression des magistrats et ses évolutions récentes sur les réseaux sociaux, organizzato dall'Ecole Nationale de la Magistrature (ENM) e dal Conseil supérieur de la magistrature (CSM), con il sostegno dell'Unione europea, 12 e 13 maggio 2022 - Formazione in presenza, edificio dell'Ecole de Formation du Barreau (EFB), Issy-les-Moulineaux, Francia

09/06/2022
La lezione di Samuel Paty: l'urgenza di dare un senso alla laicità per garantire la libertà di educazione

Un anno fa, un professore di storia e geografia è stato decapitato da un giovane islamista a pochi passi dal suo collegio: il suo crimine è stato quello di essersi avvicinato al tema della libertà di espressione utilizzando come materiale didattico le caricature di Maometto. Questo evento ci pone di fronte a un dilemma: possiamo scegliere, in nome della pacifica convivenza tra le varie “comunità”, di eufemizzare la portata di certi insegnamenti che potrebbero offendere alcuni studenti e le loro famiglie? Questa concezione della cosiddetta laicità aperta o inclusiva porta a una riduzione della libertà di espressione e di educazione; un'altra strada è possibile: riscoprire il senso della laicità, non come superato catechismo repubblicano ma come strumento al servizio dell'emancipazione degli individui. Riaffermare il primato della libertà di espressione sulle convinzioni religiose è un lavoro che deve essere svolto nella "casa comune" che la Scuola deve ridiventare.

22/10/2021
Le argomentazioni discutibili dei laici “soft”, tra etica e diritto

Nel confronto di idee che ha fatto seguito all’orrenda decapitazione dell’insegnante francese Samuel Paty, ha sempre più peso, in Francia come in Italia, la posizione che considera la laicità “alla francese” troppo radicale e provocatoria, e chiede che venga temperata e ridimensionata. Ma il problema che pongono gli interventi francesi e italiani a favore di una laicità soft è che non definiscono in cosa tale laicità meno “aggressiva” dovrebbe consistere e quali misure la realizzerebbero. 

17/12/2020
Il disegno di legge in materia di omo-lesbo-bi-transfobia e abilismo. L’analisi delle nuove fattispecie incriminatrici. Verso un diritto penale antidiscriminatorio?

Nel contributo qui pubblicato si esamina il c.d. d.d.l. Zan (in materia di omo-lesbo-bi-transfobia) dall’angolo visuale penalistico; si considera pertanto il rilievo costituzionale del bene giuridico protetto con le nuove previsioni incriminatrici, delineando quindi la fisionomia e i contenuti delle fattispecie che si intende introdurre con la novella. Il contributo si chiude con una interessante riflessione sull’uso del diritto penale in chiave antidiscriminatoria.

26/11/2020