Magistratura democratica
Tribuna aperta

Manifestazione del libero pensiero: diritto costituzionalmente garantito o problema di sicurezza pubblica?

di Annalisa Gratteri
attivista di Extinction Rebellion (XR)

1. Introduzione

Con l'aggravarsi della crisi ecoclimatica si sono affacciate in tutto il mondo, e anche in Italia, movimenti dal basso che, di fronte alla incapacità della classe politica di affrontare il problema e all'indifferenza della stessa alle istanze della società civile, hanno adottato pratiche di disobbedienza civile nonviolenta per portare il tema nel dibattito pubblico. In Italia, di fronte alle proteste eclatanti, ma sempre rigorosamente nonviolente di Extinction Rebellion, la politica e le forze dell'ordine, hanno reagito criminalizzando il movimento, attraverso denunce pretestuose, quasi sempre archiviate dalla magistratura, fogli di via e avvisi orali. Creando quindi deliberatamente, attraverso atti amministrativi arbitrari in capo ai Questori, un profilo di pericolosità sociale che sottrae la valutazione delle condotte e la somministrazione delle pene alla magistratura.

 

2. Extinction Rebellion

Extinction Rebellion è un movimento internazionale che si batte per richiamare i governi alle proprie responsabilità e tutelare i cittadini dalle gravi conseguenze dell’intensificarsi della crisi climatica e della sesta estinzione di massa. Lo fa utilizzando la disobbedienza civile radicalmente nonviolenta come strumento di dissenso dopo 40 anni di marce, petizioni e campagne mediatiche e impegni internazionali, le politiche climatiche globali sono andate nella direzione opposta a quelle indicati da tutti i maggiori report dalla comunità scientifica. Da questo bisogno nasce Extinction Rebellion, nel Regno Unito nel 2018, l’anno in cui l’IPCC ha pubblicato il report che dichiarava al mondo che avremmo dovuto cambiare tutto nei prossimi anni, proprio per portare al centro del dibattito pubblico la crisi ecoclimatica e spingere i governi a prendere le misure radicali necessarie a contrastare l'inarrestabile concentrazione di gas climalteranti in atmosfera, la distruzione degli ecosistemi e il conseguente aumento della temperatura media globale.

In Italia il movimento inizia a farsi notare a partire dal 2019 dapprima con azioni soprattutto performative, cercando un dialogo con le Questure e le istituzioni sia a livello locale che nazionale. In quegli anni, in un momento in cui il tema della crisi climatica e delle proteste, soprattutto giovanili, aveva grande visibilità mediatica, la reazione di forze di polizia e della politica era accondiscendente e ricca di dialogo pacifico, senza mai a portare a reali e concrete risposte legislative e politiche. Un approccio tollerante che cambia nel luglio del 2022. Da allora, le azioni dirette nonviolente realizzate da Extinction Rebellion nei confronti di amministrazioni locali, ministeri, banche e aziende che continuano a investire in combustibili fossili, hanno portato a fermi identificativi di ore, denunce pretestuose e fogli di via per decine di attivisti e attiviste, anche per il semplice fatto di esser presenti in piazza a dare volantini o scattare fotografie. A Torino e non solo: a Venezia, Bologna, Roma e altre città di provincia.

Gli ultimi due episodi sono quelli verificatisi a Roma, il 22 novembre 2024, e la più nota vicenda di Brescia, del 13 gennaio 2025.

 

3. Roma

Venerdì mattina, 22 novembre 2024, un centinaio di persone attive in Extinction Rebellion, occupavano in tenda la piazza del Viminale, sede del Ministero dell’Interno, dopo aver scaricato cinque quintali di letame davanti all’ingresso. Le ragioni della protesta erano sintetizzate nello slogan scritto sugli striscioni «L’unica sicurezza è questo clima di merda». Un riferimento duplice: da un lato al peggioramento della situazione climatica, con sempre più frequenti e devastanti alluvioni e lunghi mesi di siccità, dall'altro, al clima politico che vede un restringimento degli spazi democratici di protesta e la criminalizzazione di chi contesta, il cui culmine è il disegno di legge cosiddetto "sicurezza" attualmente in discussione al Senato. L’intento dell'occupazione era presidiare pacificamente il ministero per chiedere una sicurezza diversa e reale: la mitigazione come strumento principale contro l'insicurezza climatica, la messa in sicurezza dei territori, delle infrastrutture, dei contratti lavorativi, del diritto allo studio, del collasso delle strutture sanitarie.

L'intervento delle forze dell'ordine è stato quasi immediato e si è concluso con la rimozione e trasferimento in Questura di 75 persone, private della libertà per oltre 9 ore, al rilascio di 33 fogli di via e, probabilmente, stando a quanto risulta dall'esito delle prime verifiche effettuate presso la Procura della Repubblica, di decine di denunce per manifestazione non preavvisata.

In piazza. In piazza del Viminale, dopo pochissimi minuti, sono intervenute decine e decine di agenti per sgomberare immediatamente la piazza. Tutte le persone sono state trascinate con forza e violenza fuori dalle tende, le quali sono state distrutte, tagliate e poi sequestrate. Gli striscioni sono stati strappati per impedire che qualsiasi messaggio potesse essere esposto. È stata chiusa la piazza impedendo a chiunque di avvicinarsi, comprese le decine di giornalisti a cui è stato impedito di riprendere da vicino ciò che stava accadendo. «Sono un giornalista, questo è diritto di cronaca» hanno provato a dire agli agenti alcuni dei presenti. «La piazza è chiusa, non potete entrare nemmeno voi. State fuori» hanno risposto.

Trasporto in Questura. Dopo circa 2 ore dall'inizio delle operazioni di sgombero, 73 persone sono state trascinate di peso su due pullman della Polizia, nonostante avessero tutte con sé il documento di identità.

Tutte le persone sono state trasferite in via Teofilo Patini, all'Ufficio Immigrazione, un ufficio adibito a operazioni amministrative e non a operazioni di polizia giudiziaria. Gli avvocati hanno provato per tutto il pomeriggio a mettersi in contatto con i funzionari responsabili per verificare lo stato delle persone e la regolarità delle operazioni, ma non è stato possibile: gli uffici sono infatti chiusi al pomeriggio e nessuno risponde al telefono, nonostante i legali abbiano provato a rivolgersi anche agli uffici della Questura centrale. Alle persone trattenute è stato impedito di utilizzare i propri telefoni, sono state prese le impronte digitali e sono state effettuate le fotosegnalazioni, nonostante gli agenti ripetessero che le persone non si trovavano in stato di fermo. Il PM è stato avvisato solo alle 17: ben 4 ore dopo il trasferimento in Questura e solo grazie all’incessante richiesta da parte dei fermati.

Poco dopo le 22, dopo oltre 9 ore negli Uffici Immigrazione della Questura, l'ultima delle persone trattenute in stato di fermo è stata rilasciata. 33 di loro sono state espulse da Roma con fogli di via da 6 mesi a 2 anni e 6 mesi, con l'obbligo surreale di lasciare la città entro 2 ore. Due delle persone espulse hanno anche un contratto lavorativo in città e, nonostante abbiano fatto notare che dare loro un foglio di via sarebbe stato illegittimo, gli agenti hanno proceduto ugualmente e hanno risposto: «Chiudetevi in casa fino a quando il foglio di via non sarà annullato», violando quindi consapevolmente i criteri necessari per l’applicazione delle misure di prevenzione. 

 

4. Brescia

Questa modalità di intervento e gestione dell’ordine pubblico, si è ripetuta a Brescia, il 13 gennaio. Una manifestazione nonviolenta di blocco degli ingressi di Leonardo, la principale azienda produttrice di armi in Europa, durante la quale una ventina di persone si sono incatenate tra loro, hanno dipinto scritte con vernice lavabile e incollato manifesti al muro perimetrale dell’azienda. Manifestazione interrotta dalle forze dell’ordine dopo mezz’ora, con il trasferimento in Questura di 21 persone, private di telefoni, effetti personali, senza la possibilità di comunicare con i legali. Ad aggravare questo quadro si aggiunge il trattamento degradante inflitto a sette delle ragazze fermate: costrette a spogliarsi e fare piegamenti sulle gambe, per una perquisizione che la Questura di Brescia motiva parlando di resistenza a pubblico ufficiale, oltraggio a pubblico ufficiale e rifiuto di indicazioni sulla propria identità personale. Affermazioni che non trovano riscontro nei racconti dei fermati e nei video di quella mattina. Nei verbali si legge inoltre che alle persone perquisite fosse stato comunicato che potevano avvalersi di un avvocato o di una persona di fiducia, ma che le attiviste hanno rifiutato la possibilità. Tutte negano che questa possibilità sia stata loro offerta. E rimane l'interrogativo più grande: perché questa modalità di perquisizione è stata imposta solo alle ragazze?

Il fermo in questura, anche in questo caso durato molte ore, si è concluso con le 21 persone denunciate per adunata sediziosa aggravata (artt. 655 e 112 c.p.), e tra loro: 6 per imbrattamento (art. 639 c.p.), 2 per accensioni ed esplosioni pericolose (i fumogeni da stadio), 1 per manifestazione non preavvisata (art. 18 TULPS). E 17 fogli di via, da 6 a 18 mesi.

 

5. Conseguenze legali

Questi reati non corrispondono alla condotta delle persone in piazza, dai più assurdi, come accensioni e esplosioni pericolose, a quelli che possono apparire più ragionevoli, come manifestazione non preavvisata. Qualunque sarà l'esito delle indagini in questi due specifici casi, quanto accaduto finora alle persone indagate a seguito di proteste di Extinction Rebellion lascia immaginare che potrebbe concludersi con un'archiviazione, come successo ormai molte volte e presso diverse Procure. Le archiviazioni sono ormai molte, e quasi sempre con motivazioni articolate che evidenziano l'inconsistenza delle accuse e rimarcano il diritto a manifestare il proprio pensiero. 

Se ne riportano alcune, significative perché sottolineano da un lato la natura pretestuosa delle denunce, in particolare nel caso dell'accensione di fumogeni, della violenza privata e della denuncia per possesso abusivo di armi, dove le armi sono coltellini multiuso. E dall'altro rimarcano la necessità di tutelare il diritto alla manifestazione del libero pensiero, come nel caso della protesta al G20 di Venezia, e della natura profondamente nonviolenta delle proteste realizzate da Extinction Rebellion. 

- Il 19 settembre 2019, 8 persone, a Torino, salgono sulle colonne di piazza Castello e accendono un fumogeno ciascuna. Vengono denunciate dalla Questura per manifestazione non preavvisata (art. 18 TUPLS), inosservanza di un ordine dell'autorità (art. 650 c.p.) e per accensioni e esplosioni pericolose (art. 703 c.p.). A un anno di distanza arriva l'archiviazione con una motivazione che confuta tutte le accuse. In particolare, si legge che «non integra la contravvenzione di accensioni e esplosioni pericolose l'aver acceso un unico fumogeno, che non ha comportato il minimo rischio e non è stato lanciato contro le persone presenti».

- L'8 luglio 2021, a Venezia, durante il G20 Economia e Finanza, una cinquantina di persone si siedono e incollano le mani in terra, di fronte all'ingresso dell'Arsenale, dove si teneva il meeting ministeriale, senza bloccare l'ingresso. La denuncia per manifestazione non preavvisata viene archiviata perché «la manifestazione è stata estemporanea e di breve durata; i manifestanti non erano armati (...); lo scopo della manifestazione era di interesse sociale e politico, soprattutto in relazione alla celebrazione dell'importante summit internazionale in corso a Venezia». 

- Il 22 maggio 2023, a Torino, durante il Salone del Libro, una trentina di persone, appartenenti anche a Non Una di meno e Fridays for Future, interrompono la ministra Roccella con fischi e urla, durante la presentazione del suo libro. L'assessore regionale alle politiche sociali, Maurizio Marrone, denuncia per violenza privata 23 persone, denunce archiviate con la seguente motivazione: «Non è stata posta in essere alcuna minaccia né alcun comportamento coattivo neppure latamente intimidatorio, se non intonare cori e sovrastare con la propria voce la voce dei relatori. (...) Non pare sufficiente il mero effetto coattivo ottenuto dalle manifestanti con la loro presenza fisica e la loro voce a disturbo della presentazione per ritenere integrato il reato in questione».

- Il 29 aprile 2024, infine, durante il G7 Energia, clima e ambiente tenutosi a Venaria, alcune persone salgono sul tetto della Facoltà di Biologia dell’Università degli Studi di Torino, prospicente l'NhHotel che ospita i ministri, e espongono un grande striscione che dice: "Il re è nudo, il G7 è una truffa". Due persone che avevano nello zaino corde e altro materiale a supporto di chi era sul tetto, vengono fermate, perquisite e denunciate per possesso abusivo di armi. Nello zaino avevano infatti un coltellino multiuso. L'archiviazione arriva puntuale: «Infatti è circostanza che può dirsi acclarata e nota anche agli operanti che i due indagati siano appartenenti al movimento di opinione Extinction Rebellion che, in passato e ancora nel presente, organizza manifestazioni piuttosto "scenografiche" e finora del tutto non violente, caratterizzate da scalate a edifici per appendere striscioni (...). Appare pertanto ragionevole che i due coltellini multiuso, la cui appartenenza alla categoria delle armi improprie è già di per sé discutibile, fossero portati dagli indagati per un giustificato motivo (...). Ne consegue che, in un corretto ed equilibrato bilanciamento dei valori costituzionalmente garantiti, quello della tutela dell'ordine pubblico e quello della tutela della legittima e, si ripete, non violenta manifestazione del pensiero, non può dirsi integrata la fattispecie contestata».

Denunce che non reggono al vaglio dei Pubblici Ministeri, quindi, e il cui fine sembra essere non tanto portare a processo i responsabili, ma piuttosto intimidire, dissuadere dal continuare a manifestare con Extinction Rebellion, creare un'immagine pubblica del movimento e dei suoi attivisti come ecovandali e ecoterroristi. E costruire una storia di pregiudizi di polizia che possa essere usata per giustificare l'emissione di fogli di via da parte dei Questori.

I 17 fogli di via di Brescia e i 33 fogli di via del 22 novembre seguono quelli dati sempre a Roma nell'ottobre del 2023, a Torino a novembre 2023, a Venezia a dicembre 2023 e a Bologna a luglio 2024. Extinction Rebellion ha contestato la legittimità dei fogli via presso i TAR di Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Lazio, chiedendone la sospensiva. Solo il tribunale amministrativo del Piemonte l'ha concessa e ha poi annullato i fogli stessi, mentre le altre discussioni nel merito avranno luogo, a seconda dei casi, a partire dal gennaio 2025.

E tuttavia la motivazione del TAR Piemonte merita di essere citata. I fogli di via sono stati annullati per: 1) eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto e illogicità della motivazione; 2) perché il ricorrente non è dedito alla commissione di reati, non ha precedenti condanne penali ed inoltre il procedimento penale inerente alla manifestazione presso il centro congressi dell’Oval del Lingotto è stato archiviato; 3) non può ammettersi che sicurezza e tranquillità pubblica siano state in qualche modo turbate da quello che può definirsi in linguaggio colloquiale un comportamento “al di sopra delle righe”, ma semplicemente una manifestazione del pensiero, sì eclatante, ma del tutto non violenta in adesione al movimento ambientalista cui fanno parte la ricorrente e gli altri partecipanti alla manifestazione: lo scopo era fondamentalmente quello di “gridare forte il proprio pensiero non violento” dinanzi ad un meeting che asseritamente valorizzava altri credi, ma non è certamente questa la sede per assegnare ragione a questo o quello, ma sicuramente per distinguere l’azione del movimento Extinction Rebellion, movimento che nulla ha a che spartire con associazioni oggi comunemente definite “antagoniste”.

Violazione dei fogli di via. Nonostante questa pronuncia favorevole del TAR Piemonte, a fronte di un indirizzo dei TAR complessivamente finora poco favorevole e all'impossibilità di sostenere l'ingente spesa di decine di ricorsi, la quasi totalità delle persone colpite da foglio di via a Roma il 22 novembre, hanno deciso di violare pubblicamente l'obbligo di lasciare la città il giorno dopo, partecipando al corteo di Non Una di Meno convocato per il sabato pomeriggio nella capitale.

La mattina di sabato 23 novembre, infatti, Extinction Rebellion ha annunciato pubblicamente la violazione dei fogli di via nel corso di una conferenza stampa al Parco della Resistenza a Piramide. 

La maggior parte delle persone espulse da Roma, assieme alle altre che avevano partecipato alla manifestazione al Viminale, non hanno quindi lasciato la città e hanno annunciato che avrebbero violato queste misure in ogni città d’Italia, come scelta consapevole di disobbedienza civile a un provvedimento ingiusto e illegittimo.

 

6. Conclusione

Un atto di disobbedienza civile, che probabilmente porterà a denunce penali, la cui ratio è quella di sottrarre all'arbitrarietà dei Questori la valutazione sulla pericolosità sociale e per la sicurezza pubblica di persone che semplicemente utilizzano la presenza fisica del proprio corpo e la nonviolenza radicale come forma di protesta. Persone che non hanno condanne che giustifichino l’applicazione del codice antimafia e spesso non hanno nemmeno mai avuto denunce o segnalazioni. E che vengono accusate di condotte che più e più volte sono state giudicate penalmente irrilevanti dai magistrati di numerose Procure, valutazione poi condivisa dai magistrati del Tribunale nei provvedimenti di archiviazione, ma che, rimanendo registrati nei database delle forze dell'ordine, vengo decontestualizzati e usati dalle Questure per impedire l'esercizio del diritto democratico di protesta.

Infatti, le motivazioni riportate sui fogli di via a giustificazione della valutazione di un comportamento che «attenta alla sicurezza pubblica» fanno riferimento una storia di pregiudizi di polizia. Si legge infatti «risulta che la persona sopraindicata annovera pregiudizi di polizia per i reati di violenza privata, invasione di terreni o edifici e violazione della normativa sulle riunioni in luogo pubblico» seguito tra parentesi dagli anni a cui fanno riferimento tali pregiudizi di polizia. Nonostante, appunto, quelle denunce siano ormai state archiviate.

Una valutazione sottratta alla giustizia ordinaria, che priva i cittadini della possibilità di difendersi in tribunale, esponendo la propria versione di quanto accaduto. Lasciando come unica via percorribile quella della giustizia amministrativa, certamente più costosa e basata su valutazioni procedurali, più che di merito.

17/02/2025
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12/10/2023