Magistratura democratica
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Un bilancio della COP 28

di Luca Saltalamacchia
avvocato del Foro di Napoli

1. Introduzione 

Oggi si sente parlare molto di cambiamento climatico e delle sue conseguenze. Spesso però le informazioni fornite sono parziali, perché presuppongono la conoscenza di altre informazioni, a volte anche estremamente complesse, che si danno per scontate, e che invece scontate non sono.

Ad esempio, nonostante tutti ne parlino, non molti comprendono perché la temperatura del pianeta si stia progressivamente innalzando, per quale motivo questo è un problema molto serio e cosa si potrebbe fare per affrontarlo in maniera costruttiva.

Perché la temperatura globale sta aumentando?

Esistono molecole gassose presenti nell’atmosfera terrestre che hanno la capacità di intrappolare una parte delle radiazioni infrarosse prodotte dal pianeta e dirette verso lo spazio. Maggiore è la concentrazione di questi gas (comunemente definiti “gas ad effetto serra” o “gas serra”) in atmosfera, maggiore è la loro capacità di intrappolare i raggi infrarossi diretti verso lo spazio, generando un riscaldamento della superficie terrestre (il “riscaldamento globale”).  

Quali sono questi gas?  

I più comuni sono l’anidride carbonica (CO2) ed il metano (CH4), quest’ultimo meno diffuso del primo, ma con una capacità di “cattura” dei raggi infrarossi molto più alta del primo. Questo rende le emissioni di metano nel breve periodo molto più dannose. Per contro, le molecole di anidride carbonica permangono in atmosfera per millenni, e continuano a catturare raggi infrarossi durante tutto il loro ciclo vitale; di fatto, oggi esistono in atmosfera molecole di CO2 rilasciate secoli fa che continuano a contribuire all’innalzamento delle temperature; le molecole di metano, invece, permangono in atmosfera per pochi anni.

Questo stato di cose è noto alla comunità scientifica da decenni; è altresì nota alla comunità degli Stati, la quale nel 1992 approvò la Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (in inglese United Nations Framework Convention on Climate Change, da cui l’acronimo spesso utilizzato di UNFCCC). Da allora, tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, ben 198, l’hanno ratificata, per cui il suo contenuto è unanimemente accettato.

L’UNFCCC fornisce la definizione giuridica dei cambiamenti climatici: per l’art. 1, comma 2, essi consistono in «qualsiasi cambiamento di clima attribuito direttamente o indirettamente ad attività umane, il quale altera la composizione dell’atmosfera mondiale e si aggiunge alla variabilità naturale del clima osservata in periodi di tempo comparabili».  

La convenzione ha anche cura di precisare che le attività antropiche alterano il sistema climatico attraverso i “gas ad effetto serra”, così definiti dal comma 1 dell’art. 1: «i gas di origine naturale o prodotti da attività umana, che fanno parte dell’atmosfera e assorbono e riflettono i raggi infrarossi».  

L’art. 2 definisce lo scopo della Convenzione, che è quello di «stabilizzare… le concentrazioni di gas ad effetto serra nell’atmosfera a un livello tale che sia esclusa qualsiasi pericolosa interferenza delle attività umane sul sistema climatico».

Quale sia la soglia di questa «pericolosa interferenza» non viene precisato nella convenzione, così come non viene indicato nessun obbligo dettagliato in capo agli Stati. Negli anni successivi, la comunità scientifica ha individuato questa soglia, individuandola nel surriscaldamento della temperatura media globale superiore a 1,5°C rispetto ai livelli dell’era preindustriale (1865-1870), in quanto un superamento di questa soglia innescherà cambiamenti radicali, che non cancelleranno all’improvviso l’uomo dalla faccia della terra, ma porteranno a nuovi equilibri che modificheranno in maniera irreversibile il clima, le condizioni di vita e gli ecosistemi a cui siamo oggi abituati.  

In altre parole, le conseguenze del cambiamento climatico (si pensi che solo le ondate di calore causano ogni anno più di 5 milioni di morti[1] e che a livello globale si prevedono 83 milioni di morti in eccesso collegati al riscaldamento globale entro il 2100[2]) costituiscono una minaccia gravissima al godimento di diritti primari e fondamentali, quali il diritto alla vita, al cibo ed all’acqua, alla salute, all’ambiente salubre, al rispetto della vita familiare, e tanti altri.

 

2. Cos’è una COP? 

L’UNFCCC istituisce cinque organismi, tra cui la Conferenza delle Parti (in acronimo, COP), vero organo decisionale previsto all’art. 7: una adunata di tutti gli Stati aderenti alla convenzione, che sono presenti attraverso i propri delegati. Alla COP vengono riconosciute funzioni importantissime, quali quella di determinare le priorità dell’azione climatica, esaminare gli impegni adottati dai singoli Stati e dalla comunità degli Stati nel suo complesso, promuovere la negoziazione e l’assunzione di impegni da parte degli Stati, favorire il dialogo tra gli stessi e gli attori non statali, tra cui gli esponenti della società civile, sviluppare le metodologie per il calcolo degli inventari nazionali dei gas serra e per assicurare l’efficacia degli sforzi da adottarsi per limitare le emissioni, ed altre.

Le riunioni della COP si tengono ogni anno (in genere verso la fine dell’anno) e sono il vero motore propulsore della Convenzione. In seno alla COP sono stati adottati i provvedimenti e gli accordi più importanti sul clima, come l’Accordo di Parigi nel 2015.  

Accanto alle riunioni cui partecipano i delegati degli Stati, in occasione delle varie COP vengono organizzate dalla società civile una serie di incontri paralleli, i quali ovviamente non hanno alcun rilievo dal punto di vista “formale”, ma che hanno una notevole importanza dal punto di vista della sensibilizzazione.

Le decisioni adottate in seno alla COP hanno valore giuridico perché rese da un organo dell’UNFCCC, e quindi costituiscono una integrazione della stessa.

 

3. Perché la COP 28 era tanto attesa? 

Le COP dialogano e si intrecciano con i lavori prodotti dalla comunità scientifica, in particolare con quelli dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) costituito sotto l’egida dell’ONU dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) e dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) nel 1988.  

L’IPCC periodicamente pubblica dei report che mettono insieme gli studi che l’intera comunità scientifica ha prodotto sui vari aspetti collegati al cambiamento climatico[3]. Questi studi, quindi, non tralasciano nessuna “voce”, nessun contributo, nessuna tesi, ed hanno una finalità essenzialmente riepilogativa di tutto ciò che l’intera comunità scientifica ha prodotto su specifici temi del cambiamento climatico (quali, ad esempio, le misure da adottare per ridurre l’innalzamento delle temperature, gli impatti del cambiamento climatico, come funziona il sistema climatico). Peraltro, i suoi report vengono approvati dai delegati degli Stati, per cui essi non costituiscono semplicemente una mera “opinione” di un gruppo di scienziati, bensì la sintesi di tutto quanto è stato prodotto dalla comunità scientifica nel suo complesso, avallata dalla comunità degli Stati.

Sia i report dell’IPCC che gli accordi internazionali sul clima contengono un’unica ricetta per contrastare efficacemente il riscaldamento globale: ridurre la concentrazione di gas serra in atmosfera, soprattutto di anidride carbonica e metano, prodotti principalmente dai combustibili fossili. E’ evidente che se si vuole ridurre la concentrazione dei gas serra, si deve ridurre l’uso dei combustibili fossili.

Purtroppo, dagli anni 90 in poi – cioè dall’approvazione dell’UNFCCC – le concentrazioni di questi due gas sono sempre aumentate, tant’è che l’IPCC nel suo ultimo rapporto (Assessment Report n. 6), finito di pubblicare nel marzo del 2023[4], ha ammesso che sarà difficile che l’aumento della temperatura globale venga contenuta entro 1,5°C o anche entro 2°C per fine secolo, e che le politiche climatiche attualmente implementate dagli stati porteranno la temperatura media della Terra ad aumentare di 3,2 gradi entro 2100.  

La COP 28[5] è giunta in questo momento topico, dopo anni di impegni “generici” e dichiarazioni di intenti molto blande presi dalla comunità degli Stati, dopo plurimi riconoscimenti da parte della comunità scientifica della inefficacia delle misure di contrasto al riscaldamento globale (che ha portato il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres a dichiarare che la Terra è passata da una fase di riscaldamento globale «all’era della ebollizione globale»[6]), dopo circa 3.000 contenziosi climatici partiti in tutto il mondo contro Stati ed imprese, dopo varie COP dall’esito decisamente deludente, dopo l’allargamento delle proteste da parte della società civile.

Ci si attendeva molto da questa COP, svoltasi dal 30 novembre al 13 dicembre 2023 a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, non nata sotto i migliori auspici. Si pensi che gli Emirati sono un paese le cui sorti economiche sono molto dipendenti dall’estrazione e commercializzazione dei combustibili fossili (i killer del pianeta), che la stessa è stata presieduta dal Sultano Ahmed al-Jaber, amministratore delegato di Abu Dhabi National Oil Company (in acronimo ADNOC, la principale compagnia petrolifera degli Emirati), e che hanno partecipato ai vari tavoli di discussione un numero impressionante di lobbisti del fossile (oltre 2000[7]). In proporzione, più di dieci per ogni Stato parte della Conferenza!

 

4. Quali sono i risultati della COP 28? 

Il documento finale della COP, denominato Decision -/CMA.5 Outcome of the first global stocktake[8], ha un contenuto molto variegato. E’ difficile farne una valutazione complessiva in poche righe.

Limitando il discorso agli espetti più delicati, la valutazione che ne viene fatta non è univoca. Secondo molti Stati ed istituzioni internazionali, la portata di questa decisione è storica; per la società civile, ed in particolare per gli attivisti climatici, è l’ennesima occasione persa, perché non è stato preso alcun impegno specifico a carico degli Stati in termini di riduzione dei gas serra.

Questo è sostanzialmente vero, ma è altrettanto vero che in questo documento si leggono alcune cose che costituiscono una novità assoluta nel panorama delle COP.

Innanzi tutto, viene fatta una valutazione degli sforzi sinora fatti dalla comunità degli Stati, concludendo con un giudizio chiaramente negativo, visto che viene dato atto che non si è ancora sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di contenimento delle temperature globali previsto dall’Accordo di Parigi[9].

Nella decisione, inoltre, la COP «esprime preoccupazione per il fatto che il budget di carbonio compatibile con il raggiungimento dell’obiettivo di temperatura dell’Accordo di Parigi è ormai esiguo e si sta rapidamente esaurendo e riconosce che le emissioni nette cumulative storiche di anidride carbonica rappresentano già circa i quattro quinti del budget totale di carbonio per una probabilità del 50% di limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C»[10], il che significa che è stato già consumato l’80% delle emissioni di gas serra consentite se si vuole avere il 50% di possibilità – quindi, non la certezza assoluta (costituita dal 100%), ma solo il 50%! – di contenere l’aumento delle temperature entro 1,5°.

Per cercare di centrare questo obiettivo, la COP prevede di «abbandonare i combustibili fossili nei sistemi energetici, in modo giusto, ordinato ed equo, accelerando l'azione in questo decennio critico, in modo da raggiungere lo zero netto entro il 2050 in linea con la scienza»[11].

E’ la prima volta che nell’ambito di una COP viene espressa la necessità di abbandonare l’uso dei combustibili fossili. Sotto questo punto di vista, si tratta di una novità assoluta, che – se letta ed applicata in buona fede[12] – dovrebbe guidare gli Stati verso scelte di politica climatica più efficaci rispetto a quelle adottate finora.

Gli Stati parti della COP hanno quindi concordato sulla necessità di abbandonare i combustibili fossili “pubblicamente”, ma non “chiaramente”. Per gli attivisti climatici, notevoli preoccupazioni destano infatti le parole «in modo giusto, ordinato ed equo» che dovrebbero accompagnare l’uscita dal fossile.  

Chi stabilirà qual è il «modo giusto, ordinato ed equo»?  

«Giusto» rispetto a cosa?  

La transizione ecologica sarà senz’altro una “rivoluzione”. In che senso dovrà avvenire «in modo ordinato»?    

Quale parametro sarà applicato per determinarne il modo «equo»?

Ci sarà da lavorare molto per evitare che una decisione storica venga annacquata e resa priva di significato; anche perché i lobbisti fossili (la Parte maggiormente rappresentata in questa COP 28) è riuscita a inserire nel documento finale molti passaggi ambigui, primo fa tutti che si «riconosce che i combustibili di transizione possono svolgere un ruolo nel facilitare la transizione energetica, garantendo al contempo la sicurezza energetica»[13].

Bisognerà quindi attendere i prossimi mesi per capire se alcuni passaggi della decisione finale della COP 28 avranno realmente portata storica (ovvero, se saranno applicate secondo buona fede), oppure se saranno sterilizzati e resi l’ennesima occasione persa.  


 
[1] Global, regional, and national burden of mortality associated with non-optimal ambient temperatures from 2000 to 2019: a three-stage modelling study - The Lancet Planetary Health.

[2] The mortality cost of carbon | Nature Communications.  

[3] Più precisamente, l’IPCC pubblica periodicamente alcune relazioni sia generali, sia relative a problematiche specifiche, che si dividono in due parti: 
1) una parte scientifica, contenente i dati e gli studi, che viene trasmessa sotto forma di bozza agli Stati, i quali possono inviare eventuali osservazioni. Raccolte le osservazioni, il panel di esperti dell’IPCC decide se integrare o meno il report, il quale viene poi sottoposto agli Stati per la sua approvazione;
2) una parte divulgativa, denominata “Sintesi per Decisori Politici” che viene discussa parola per parola dai delegati degli Stati.
I rapporti dell’IPCC, per l’autorevolezza degli autori e per l’accettazione fattane dagli Stati possono essere considerati come quelli contenenti le acquisizioni scientifiche più avanzate e condivise in materia di cambiamento climatico.  

[4] https://www.ipcc.ch/assessment-report/ar6/   

[5] https://www.cop28.com/   

[6] https://tg24.sky.it/ambiente/2023/07/28/clima-guterres-ebollizione-globale   

[7] https://www.npr.org/2023/12/07/1217504214/a-record-number-of-fossil-fuel-reps-at-cop28-climate-talks   

[8] https://unfccc.int/documents/636608   

[9] «Despite overall progress on mitigation, adaptation and means of implementation and support, Parties are not yet collectively on track towards achieving the purpose of the Paris Agreement and its long-term goals» (punto 2).

[10] «Expresses concern that the carbon budget consistent with achieving the Paris Agreement temperature goal is now small and being rapidly depleted and acknowledges that historical cumulative net carbon dioxide emissions already account for about four fifths of the total carbon budget for a 50 per cent probability of limiting global warming to 1.5°C» (punto 25).

[11] «Transitioning away from fossil fuels in energy systems, in a just, orderly and equitable manner, accelerating action in this critical decade, so as to achieve net zero by 2050 in keeping with the science» (punto 28 - d).

[12] Le novità della COP28 tra uso delle parole e Costituzione – laCostituzione.info

[13] «Recognizes that transitional fuels can play a role in facilitating the energy transition while ensuring energy security» (punto 29). 

19/01/2024
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