Riprendo volentieri lo stimolantissimo dibattito a distanza con Enrico Manzon in tema di fiscalità, diritti fondamentali e riparto di giurisdizione, raccogliendo la sua sapiente e autorevolissima argomentazione, occasione non comune di arricchimento del dibattito su un tema di grande pregio concettuale e importanza pratica.
Condivido convintamente le premesse del suo ragionamento, e precisamente, innanzitutto, il carattere generale della giurisdizione tributaria, ex art. 2 del d. lgs. 546/1992. E condivido, nello stesso modo, l’affermazione secondo la quale la giurisdizione tributaria comprende anche la cognizione delle violazioni dei diritti fondamentali, che inficino i provvedimenti tributari.
Il passaggio sul quale le nostre strade argomentative si dividono, in modo tuttavia molto meno pronunciato di quanto non sembri, è, mi pare, quello che risponde alla domanda se la giurisdizione sulle “controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie”, ai sensi del predetto articolo 2, comprenda solo le controversie nelle quali ci si lamenta se un certo tributo sia effettivamente e legittimamente dovuto, o anche quelle in cui si lamenti una qualsiasi violazione di diritti e interessi legittimi avvenuta in occasione, in vista o in conseguenza di atti connessi con l’applicazione dei tributi, ma senza contestazione della (o di una) pretesa tributaria.
Se non ho capito male, la tesi del mio autorevolissimo contraddittore è per la sussistenza di una giurisdizione estesa e onnicomprensiva, che precluderebbe ogni invasione di campo, di altre giurisdizioni.
Io nutro, a prima vista, qualche perplessità circa questa soluzione, per le ragioni che espongo immediatamente.
Intanto, se così fosse, mi pare che, forse, la giurisdizione tributaria dovrebbe coprire non solo le controversie inibitorie come quelle di cui all’ordinanza del Tribunale di Napoli, ma pure quelle risarcitorie, conseguenti agli eventuali danni ingiusti cagionati dall’attività della Amministrazione Finanziaria, controversie per cui la affermazione della giurisdizione del G.O. corrisponde a una giurisprudenza non isolata della Suprema Corte (Cass. SS.UU. 29 aprile 2008, n. 10826; Id. Cass. SS.UU. 16aprile 2007, n 8958).
In entrambi i tipi di situazione si azionano diritti “non tributari”, ma in entrambi la lesione è determinata dall’attività tributaria dello Stato: potrebbe ritenersi imposta, forse, la stessa soluzione.
In secondo luogo, la giurisdizione ordinaria sulle lesioni subite nel corso della istruttoria è stata direttamente riconosciuta dalla medesima Corte (Cass. SS.UU. 16 marzo 2009, n. 6315; Id, 7 maggio 2010, n. 11082).
È ben vero che, come autorevolmente argomenta il mio contraddittore, se dopo gli atti istruttori viene emanato un avviso di accertamento, questo è impugnabile e, se questo è impugnabile ne viene consentita la sospensione.
Ed è anche vero che le due sentenze predette della Corte di Cassazione hanno ritenuto non lesivo e legittimo differire la tutela dei diritti compressi nell’istruttoria al momento della impugnazione dell’atto di accertamento, impugnabile davanti al Giudice tributario.
In questa prospettiva, la giurisdizione del GO scatterebbe solo in caso di mancanza di un provvedimento tributario finale e successivo.
Qui si annida la – piccola - ragione della mia perplessità: la Corte Europea dei diritti dell’Uomo, nel caso Ravon (Cedu, 21 febbraio 2008, 18497/03) ha formulato due premesse che a me paiono non irrilevanti.
La prima è che la domanda volta alla tutela della privatezza (o del domicilio o altri diritti fondamentali) avrebbe carattere civile e non tributario: sul punto la Corte insiste perché decisivo per consentire la sua pronuncia: solo per questo motivo la questione rientra nella giurisdizione di quella Corte, che invece non si occupa di tributi, avendo quanto meno negato la sua giurisdizione rispetto alla clausola del giusto processo con riferimento al giudizio tributario. Ciò significa che, per la Corte dei diritti umani, la questione della tutela dei diritti coinvolti nell’istruttoria tributaria non è una controversia tributaria ma, appunto, di diritti civili.
La seconda, più rilevante ancora, è che la stessa sentenza reputa contrario ai diritti fondamentali il differimento della loro tutela al momento della impugnazione del successivo provvedimento tributario (circostanza eventuale, atteso che al momento dell’istruttoria non è dato sapere se l’indagine illegittima produrrà un avviso di accertamento).
A me pare, in definitiva, che la Corte Europea imponga di attribuire al contribuente il diritto ad agire immediatamente per paralizzare una istruttoria illegittima.
La Corte Europea ha condannato la Francia perché, pur essendo previsto il controllo di un giudice durante l’istruttoria(cosa che in Italia manca), non è garantita l’efficacia, immediatezza, l’esecutività e la reclamabilità dei suoi provvedimenti.
Tale principio di diritto è, secondo la giurisprudenza costituzionale in materia di rapporti Cedu-diritto interno, parametro di costituzionalità della normativa interna.
Per cui, sempre mi pare, per chi voglia accettare queste premesse, delle due l’una: o sussiste la giurisdizione del giudice ordinario (che, nella mia tesi, non sarebbe necessariamente preclusa dalla giurisdizione sulle controversie in materia di tributi delle commissioni tributarie, proprio perché qui non si litiga di tributi, ma di interferenze asseritamente illecite nella sfera dei diritti fondamentali di carattere civile).
O, se sussiste la giurisdizione, preclusiva, del giudice tributario, il sistema è di assai dubbia costituzionalità: l’art. 19 del d. lgs. 546/1992 non comprende gli atti istruttori tra quelli impugnabili (e tale autonoma impugnabilità è in effetti negata dalle sentenze delle SS.UU. sopra citate) e, non essendo questi impugnabili, va da sé che non possono neanche essere provvisoriamente sospesi. E, se non possono essere sospesi, alla luce della giurisprudenza Cedu, vi è lesione dei diritti fondamentali.
Sul tappeto abbiamo, pertanto, a voler seguire questa modestissima tesi, o una giuridizione già sussistente del GO (e satisfattiva, se si ammette, come fa il Tribunale di Napoli, la possibile pronuncia in via urgente di provvedimenti inibitori), o una questione di legittimità non manifestamente infondata e rilevante, perché alla giurisdizione tributaria non sarebbe attribuito (secondo la giurisprudenza finora in auge delle SS.UU.) il potere di intervenire, come imposto dalla giurisprudenza internazionale.