Magistratura democratica
giurisprudenza di merito

Sulla legittimità del nuovo redditometro un’invasione di campo del giudice ordinario

di Enrico Manzon
Consigliere della Corte di cassazione
La questione prospettata al giudice napoletano coinvolge soltanto in via incidentale l’applicazione delle norme sul trattamento dei dati personali, perciò resta competente il giudice tributario
Sulla legittimità del nuovo redditometro un’invasione di campo del giudice ordinario

1. Premessa

Diversamente da Alberto Marcheselli, credo che l’ordinanza in data 21.2.2013 del Tribunale di Napoli, sez. dist. di Pozzuoli, sul “nuovo redditometro” non abbia alcun merito.

Prima di tutto, essenzialmente e dirimentemente, perché si tratta di un atto giudiziario emesso in carenza di giurisdizione.

In secondo luogo ed in ogni caso, perché il dictum ossia il contenuto dispositivo del provvedimento, oltre che palesemente indeterminato, al limite dell’ineseguibilità e forse oltre lo stesso, contiene statuizioni (quasi tutte) che non possono considerarsi consentite al giudice ordinario in subjecta materia.

Queste considerazioni di natura processuale potrebbero di per sé essere sufficienti a “cassare criticamente” l’ordinanza, la quale peraltro presenta altrettanti profili di incongruità sul piano delle valutazioni di diritto sostanziale, in particolare costituzionale e tributario (procedimentale e materiale).

Osservo tuttavia ancora in limine che i giudici non sono “lanciatori di sassi”, bensì sono Istituzione che interpreta ed applica le leggi nell’ambito di competenze giurisdizionali definite con riguardo a “liti vere”.

Non a lites fictae. Ciò premesso, passiamo dunque ad argomentare in ordine alle questioni di tipo processuale sopra indicate.

2. La questione di giurisdizione correttamente intesa

Afferma il Tribunale di Napoli-Pozzuoli che la fattispecie propostagli ex art. 700, Cod. proc. civ. rientra nella giurisdizione ordinaria perché “verte manifestamente in materia di diritti fondamentali della personalità” e perché “il ricorrente né direttamente né indirettamente ha impugnato alcun provvedimento amministrativo, chiedendo esclusivamente emanarsi una pronunzia di accertamento e tutela inibitoria dei propri diritti fondamentali”. Aggiunge poi l’ordinanza de qua un preciso riferimento normativo (art. 152, d.lgs. 196/2003) e giurisprudenziale (Cass. civ., S.U., n. 8487/2011), quanto alla giurisdizione in materia di tutela della “riservatezza”.

Bastano queste due considerazioni a fondare la giurisdizione affermata ?

La risposta non può che essere negativa. Seguendo ordinari e corretti criteri interpretativi, in particolare sistematici, entrambi gli argomenti spesi nell’ordinanza risultano infatti fallaci.

Ogni giudice, in quanto tale, si occupa, almeno indirettamente, di diritti “fondamentali della personalità”, anzi si può dire che lo stesso semplice esercizio della potestà giudiziale riguarda tali diritti.

Ciò è del resto “codificato” dall’art. 6 della CEDU e dagli artt. 24, 111, Cost. E’ perciò del tutto evidente che il criterio attributivo di “competenza giurisdizionale” non può essere quello evocato dal giudice nel caso di specie, ma va invece ricercato nelle norme dell’ ordinamento positivo.

In altri, più sintetici, termini la “materia dei diritti fondamentali della personalità” non delimita proprio nulla e non può considerarsi, in sé, quale presupposto di attribuzione di “competenza giurisdizionale”.

Come noto, il nostro “ordinamento di giustizia” è “plurale”, avendo la Costituzione previsto, e la giurisprudenza costituzionale salvaguardato, più Istituzioni giudiziarie, ordinarie (civili, penali) e speciali (amministrative, tributarie, militari).

Ed appunto in tal senso va rilevato che, normalmente, tanto quanto i giudici civili, penali ed amministrativi, anche quello tributario “conosce” di diritti fondamentali della persona, sotto i più svariati profili di diritto processuale e sostanziale, procedimentale e materiale.

Ciò perché la materia fiscale è letteralmente “intrisa” di diritti di tal natura, che anzi ne costituiscono la vera essenza.

“Costituzionalizzata”, come detto, questa speciale giurisdizione dalla giurisprudenza del giudice delle leggi, ad essa, ex art. 2, commi 1-3, d.lgs. n. 546/1992, quale modificato/ampliato dal D.L. n. 203/2005, spettano “tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati ..” nonché la risoluzione in via incidentale “di ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione, fatta eccezione per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o la capacità delle persone, diversa dalla capacità di stare in giudizio”; ex art. 7, comma 5, stesso d.lgs., al giudice tributario speciale è inoltre attribuito il potere di disapplicare il regolamento ovvero l’atto amministrativo illegittimo, qualora sia rilevante ai fini della decisione e fatta salva l’impugnazione nella diversa sede competente.

Il perimetro della giurisdizione in materia tributaria è questo. E’ un perimetro determinato, ma ampio, sicuramente comprendente anche la tutela dei “diritti fondamentali” della persona, peraltro, come già rilevato, implicati in misura assai rilevante in subjecta materia.

Ciò vale anche con riguardo allo specifico campo, evocato nell’ordinanza napoletana, dell’applicazione del Codice della privacy (d.lgs. n. 196/2003).

Il rapporto tra la disposizione di cui all’art. 152 di tale Codice, secondo il quale “Tutte le controversie che riguardano, comunque, l’applicazione delle disposizioni del presente codice .. sono attribuite all’autorità giudiziaria ordinaria”, e quelle citate del decreto sul processo tributario speciale non può infatti che essere configurato se non in termini di relazione tra una lex generalis ed una lex specialis; dunque, in base al comune canone ermeneutico correlativo, regolato dalla prevalenza della seconda sulla prima.

In tal senso non risulta pertinente il richiamo giurisprudenziale sul punto fatto dal Tribunale di Napoli-Pozzuoli a Cass. civ., S.U., n. 8487/2011, trattandosi di pronuncia afferente la giurisdizione sul ricorso avverso un provvedimento dell’Autorità garante prevista dal d.lgs. n. 196/2003, in ordine ad una controversia affatto diversa da quella in oggetto.

Più in generale la “controversia”, tramite anticipazione cautelare, prospettata al giudice napoletano a ben vedere coinvolge, al più, soltanto in via incidentale l’ “applicazione” delle norme sul trattamento dei dati personali, avendo quale oggetto “principale” un particolare modulo procedimentale di attuazione dell’IRPEF denominato “accertamento sintetico”, rispetto al quale l’utilizzazione del c.d. redditometro è una variante operativa.

E’ quindi esclusivamente all’interno di questo procedimento amministrativo-tributario tipicizzato che assume rilevanza l’acquisizione di “dati sensibili” del contribuente e questa “endoprocedimentalità” ne implica la soggezione alle relative norme, generali e particolari, che disciplinano il procedimento stesso e, ciò che maggiormente interessa in questa sede, la tutela giurisdizionale.

Altrimenti ragionando e ragionando come nell’ordinanza de qua, il sistema di riparto tra la giurisdizione tributaria e le altre giurisdizioni (in particolare civile ordinaria ed amministrativa) attualmente configurato dal diritto positivo (specialmente dagli artt. 2, commi 1-3; 7, comma 5, d.lgs. n. 546/1992) verrebbe completamente stravolto.

Ogni qualvolta infatti nell’ambito delle procedure attuative dei tributi venissero in discussione questioni astrattamente inerenti i “dati personali” del contribuente e la correlativa disciplina generale del Codice della privacy si dovrebbe profilare una concorrente e pregiudiziale competenza giurisdizionale del giudice ordinario che sicuramente è del tutto estranea alla ratio della norma processuale dell’art. 152, comma 1, del Codice medesimo.

E’ chiaro invece che tale disposizione mira a regolare il confine tra la giurisdizione civile ordinaria e quella amministrativa, così opportunamente prevenendo un contenzioso processuale su tale questione.

Altrettanto chiaro è che il tèlos della norma non è quello di incidere in misura così pesante ed “eversiva” sull’attuale assetto della competenza giurisdizionale in materia tributaria.

3. Conclusioni

Le considerazioni che precedono sono dirimenti.

Il giudice ordinario non aveva né ha giurisdizione sulle questioni oggetto della procedura cautelare di cui si è occupato il Tribunale di Napoli-Pozzuoli e conseguentemente le ulteriori argomentazioni spese nell’ordinanza che si commenta hanno l’impalpabile peso giuridico che loro è dato dalla “fittizietà” della lite.

Giusto per aggiungere su esse solo qualche brevissima notazione, forti dubbi si profilano circa la ritualità delle statuizioni, assai late, del dispositivo ed è anche da sottolineare, criticamente, che nella pur non breve parte motiva del provvedimento non vi è alcun minimo cenno alla sussistenza, in concreto, del periculum in mora.

In conclusione, l’ordinanza appare irrimediabilmente illegittima, ma i rimedi endoprocessuali ci sono (reclamo ex art. 669 terdecies, Cod. proc. civ.; regolamento preventivo di giurisdizione ex art. 41, primo comma, Cod. proc. civ. nell’eventualmente instauranda causa di merito).

Se il “contribuente reale” di questa lis ficta verrà in qualche modo attinto da atti impositivi fondati sull’impiego del “nuovo redditometro” avrà le sue vie di tutela codificate ed in particolare, sul piano giurisdizionale, potrà adire, anche cautelarmente (ex art. 47, d.lgs. n. 546/1992), il giudice tributario speciale.

Il che toglie rilievo al riferimento fatto da Marcheselli alla sentenza CEDU Ravon/France 21.2.2008, caso dal quale effettivamente risultava la carenza del sistema giurisdizionale francese rispetto ai principi di cui all’art. 6, § 1 della Convenzione.

Altra cosa sarebbe quella di valutare l’attuale sistema interno di tutela giurisdizionale in materia tributaria sul piano dell’ “effettività” ossia della sua “qualità” nei gradi meritali.

Ma questa è tutta un’altra questione. E’ una questione non de jure condito, ma de jure condendo, dunque non una questione di diritto, ma di politica giudiziaria.

27/03/2013
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