Gli spilli possono servire a molte cose.
A fissare una foto o un foglietto di appunti su di una bacheca.
A tenere provvisoriamente insieme due lembi di stoffa in attesa di un più duraturo rammendo.
A infliggere una piccola puntura, solo leggermente dolorosa, a qualcuno che forse l’ha meritata.
Lo spillo di oggi è dedicato a:
Ancora il caso Delmastro. Perché stupefatti?
Sconcertati. Increduli. Magari basiti. E chi più ne ha più ne metta.
Da esponenti di governo e da parlamentari di maggioranza si è levato un coro di reazioni stupefatte e indignate dopo la condanna per rivelazione di segreto di ufficio del Sottosegretario Delmastro decisa dal Tribunale di Roma dopo - e nonostante - la richiesta di assoluzione del pubblico ministero romano.
Ed è solo il preludio del tumulto a mezzo stampa che inevitabilmente seguirà.
Ignoranza? Malafede? O entrambe?
Forse solo l’abitudine, sperimentata per anni con successo, a giocare, con cinismo e spregiudicatezza, sulle regole fondamentali del processo penale italiano per rappresentare decisioni giudiziarie sgradite come frutto di ostilità politica.
La verità – se ancora questa parola ha un senso – è più semplice.
Nel nostro ordinamento il pubblico ministero non è – grazie a Dio - il padrone incontrollato dell’azione penale e del processo.
Al contrario la sua azione è sottoposta al vaglio del giudice sia quando “agisce” chiedendo il processo o la condanna, sia quando “resta inerte”, sia, infine, quando chiede l’archiviazione di un procedimento o l’assoluzione di un imputato.
E’ questo ciò che è avvenuto nel caso Delmastro.
Dapprima quando il GIP di Roma ha ordinato al p.m. romano di formulare l’imputazione nei confronti di Delmastro (si chiama “imputazione coatta”) non ritenendo plausibile la tesi della Procura secondo cui l’avvocato Delmastro non aveva “compreso” che fossero segreti gli atti da lui passati al collega Donzelli e da questi utilizzati per una polemica politica nei confronti di parlamentari dell’opposizione.
E, da ultimo, ieri quando il Tribunale di Roma ha condannato Delmastro nonostante la richiesta di assoluzione della Procura di Roma.
Non è un complotto, non è una congiura. E’ il processo, con la sua fisiologia e la sua logica.
Ed i cittadini italiani dovrebbero sentirsi rassicurati dal fatto che il pubblico ministero non possa insabbiare, in assenza di controlli, inchieste e procedimenti penali e deciderne da solo l’esito finale.
QG
Per approfondire:
Nello Rossi, Il caso Delmastro e il ruolo del pubblico ministero: le lezioni “americane” del governo, https://www.questionegiustizia.it/articolo/il-caso-delmastro-e-il-ruolo-del-pubblico-ministero-le-lezioni-americane-del-governo
Nello Rossi, I casi Almasri e Delmastro: sta nascendo una nuova dottrina sulla discrezionalità del pubblico ministero?, https://www.questionegiustizia.it/articolo/nuova-dottrina-pm