Il caso
L’ordinanza del tribunale di Milano del 10 aprile 2013 affronta il tema della domiciliazione ex art. 82 r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 alla luce delle norme del codice di rito che impongono al difensore della parte l’obbligo di indicazione, negli atti introduttivi del processo civile,dell’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine (artt. 125 e 366 c.p.c. come novellati dall’art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183) e i relativi effetti in ambito di comunicazione telematiche di cancelleria.
L’ordinanza riservata con la quale il giudice del tribunale di Milano ammette le parti alla prova orale per testi non viene comunicata dalla cancelleria all’indirizzo di posta elettronica certificata delprocuratore, debitamente indicato in citazione al momento della costituzione ai sensi dell’art. 125 c.p.c., mentre al domiciliatario milanese viene “comunicata”, ai sensi dell’art. 51 comma terzo deld.l. 112/2008, ovvero con il mero deposito in cancelleria del provvedimento.
Né il domiciliatario né il procuratore costituito ricevono quindi un biglietto di cancelleria chenotizi loro dello scioglimento dell’ordinanza riservata e dell’esito della stessa.
Nessuno per la parte attrice ovviamente si presenta all’udienza indicata per l’assunzione della prova orale, il giudice dichiara l’attore decaduto dalla prova per testi.
All’udienza successiva il procuratore della parte attrice, adducendo che la comunicazione dovesse essere effettuata direttamente a lui e al suo indirizzo PEC debitamente indicato nell’atto introduttivo, chiede la rimessione in termini, la quale viene concessa dal giudice meneghino.
Il quadro tecnico e normativo di riferimento dell’ordinanza del tribunale di Milano
La fattispecie all’attenzione del tribunale di Milano descrive una problematica assolutamente attuale e che ben può presentarsi in molti uffici italiani.
Il Tribunale di Milano è attivo con le comunicazione telematiche, così come ad oggi lo sono, almeno “sulla carta” molti uffici italiani: ai sensi dell’art. 16 del d.l. 179/2012, convertito in legge17 dicembre 2012, n. 221, tutti gli uffici di tribunale e tutte le corti di appello dal 18 febbraio 2013hanno l’obbligo di comunicare ai difensori “esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni”.
Le comunicazioni telematiche di cancelleria sono quindi un obbligo per la maggior parte degliuffici del territorio nazionale e le problematiche giuridiche ad esse connesse, quale quella oggetto della pronuncia milanese che qui si commenta, sono quindi ormai da considerarsi realtà processuale e non casistica riservata ad una presunta élite di tribunali telematici.
Il quadro legislativo in cui si muove il tribunale di Milano è quello delle comunicazioni telematiche di cancelleria, le cui norme di riferimento, estremamente sintetizzando, prevedono chenel caso i destinatari siano i procuratori delle parti le relative comunicazioni debbano effettuarsi per via telematica all’indirizzo PEC dei legali rinvenuto in pubblici elenchi e, ove non reperito, le comunicazioni si considerano per eseguite e perfette con il semplice deposito del provvedimento in cancelleria.
Quella che è quindi a tutti gli effetti una vera e propria “sanzione” per il procuratore della parte che non abbia provveduto a dotarsi di PEC, ovvero la comunicazione che si perfeziona con il deposito del provvedimento, era contenuta nell’art. 51 del d.l. 112/2008 comma terzo, richiamato nell’ordinanza in commento, norma che è stata in realtà abrogata dal d.l. 179/2012, ma il cuicontenuto è stato tuttavia ripreso in modo pressoché similare dall’art. 16 comma sesto del d.l. 179/2012, a mente del quale “le notificazioni e comunicazioni ai soggetti per i quali la leggeprevede l'obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, che non hanno provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria”.
La ratio dell’art. 51 comma terzo del d.l. 112/2008, e ora dell’art. 16 comma sesto del d.l. 179/2012, è chiaramente quella di incentivare l’uso della PEC da parte dell’avvocato per facilitare le comunicazioni telematiche di cancelleria, sanzionando il difensore che non provvede a munirsi diPEC con l’onere di recarsi in cancelleria per avere notizia del provvedimento oggetto di comunicazione, anche in considerazione del fatto che gli avvocati iscritti in albi hanno l’obbligo legale di dotarsi di PEC espressamente previsto dall’art.16 del d.l. 185/2008.
La stessa finalità di agevolazione delle comunicazioni telematiche di cancelleria è da rinvenirsinell’obbligo di indicazione dell’indirizzo PEC contenuto negli artt. 125 e 366 c.p.c., e della conseguente sanzione dell’aumento del contributo unificato nel caso di omissione (l’obbligo di indicazione lo si ricorda non è peraltro relativo a qualsiasi indirizzo PEC ma è posto in relazione al solo indirizzo PEC comunicato al proprio ordine di appartenenza).
Sotto il profilo tecnico le comunicazioni di cancelleria civile per via telematica si realizzano in modo automatico, e piuttosto semplice per l’operatore di cancelleria, attraverso i sistemi dei registri informatizzati.
Cercando di illustrare in modo sintetico l’architettura informatica dell’impianto delle comunicazioni di cancelleria può dirsi che nel caso in cui l’avvocato è inserito nel fascicolo correttamente con il codice fiscale ed abbia indirizzo telematico (ovvero la PEC) censito nel Registro degli Indirizzi Elettronici (ReGindE ) - registro gestito direttamente dal Ministero della giustizia e alimentato dalla trasmissione degli albi da parte degli ordini degli avvocati-, il sistema di cancelleria provvede in modo automatico a rilevare l’esistenza dell’avvocato e del suo indirizzo telematico e quindi ad inviare la comunicazione. Nel caso in cui invece l’avvocato, pur inserito correttamente nel fascicolo, non sia censito nel ReGIndE perché non dotato di PEC il sistema risponde, sempre in modo automatico, all’operatore fornendo l’indicazione che l’avvocato non ètelematico, ed il cancelliere non provvede quindi ad altro incombente, essendo la comunicazione perfetta con il semplice deposito del provvedimento ai sensi dell’art. 16 co. 6 del d.l. 179/2012 (prima ai sensi dell’art. 51 co. 3 d.l. 112/2008).
Ove tuttavia l’avvocato, pur munito di PEC e pur “censito” nel ReGIndE, non è inserito dalle cancellerie nel fascicolo telematico la comunicazione telematica semplicemente non parte.
E’ quanto tecnicamente e concretamente è successo al Tribunale di Milano, dove la cancelleria aveva provveduto a inserire nel fascicolo, al momento dell’iscrizione al ruolo, il solo domiciliatario e non anche il difensore realmente munito di procura a difendere.
La soluzione del tribunale di Milano e la pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione n.10143/2012
In realtà, ai sensi dell’art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 la comunicazione è correttamente eseguita ove effettuata nei confronti del domiciliatario e, ove non sia stato eletto il domicilio all’atto di costituzione in giudizio, la parte si intende elettivamente domiciliata in cancelleria. La evidenteratio di tale disciplina è quella di creare uno stretto collegamento territoriale con l’ufficio onerato dalle comunicazioni in una realtà organizzativa in cui le comunicazioni si operavano materialmente con ufficiale giudiziario o postale.
Il disposto dell’art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 è peraltro il motivo per cui nella prassi comune a molti uffici italiani al momento dell’iscrizione al ruolo le cancellerie ponevano attenzione nell’inserire il nome e i dati identificativi del domiciliatario più che del difensore della parte.
Avendo riguardo solo al disposto dell’art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, pertanto, la cancelleria del tribunale milanese avrebbe operato correttamente, considerare unico destinatario della comunicazione del provvedimento il domiciliatario.
Il tribunale di Milano con l’ordinanza 1o aprile 2013 dichiara però la prevalenza, in via interpretativa, dell’applicazione delle norme del codice di rito di cui all’art. 125 c.p.c e delle normesulle comunicazioni telematiche rispetto alla disposizione dell’art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, “che con l’introduzione delle notificazioni a mezzo di posta elettronica certificata, risulta del tutto superata divenendo centrale nell’attuale sistema la comunicazione al procuratore costituito all’indirizzo di posta elettronica certificata” (così si legge nell’ordinanza).
Nel far ciò il tribunale di Milano segue un recente indirizzo della Suprema Corte, la quale con pronuncia a Sezioni Unite del 20 giugno 2012 n. 10143, analizzando proprio gli artt. 125 c.p.c. e 366 c.p.c. come modificati dalla legge 183/2011, è giunta a concludere, con interpretazione adeguatrice in senso evolutivo, per la mancata applicazione delle norme sulla domiciliazione nel caso in cui il procuratore costituito abbia correttamente indicato negli atti introduttivi l’indirizzo di posta elettronica certificata rilasciato al proprio ordine.
Nella sostanza nel caso milanese la prevalenza intepretativa accordata alle norme sulle comunicazioni telematiche e all’artt. 125 e 366 c.p.c hanno fatto correttamente ritenere come non applicabile alla fattispecie l’art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, con la conseguenza quindi chedestinatario della comunicazione era da considerarsi non il domiciliatario, al quale peraltro la comunicazione era stata effettuata con il solo deposito in cancelleria in quanto non provvisto di indirizzo telematico, ma direttamente il dominus, al quale per contro la comunicazione doveva essere eseguita in via telematica all’indirizzo di posta elettronica debitamente inserito nell’atto introduttivo.
Da qui la rimessione in termine della difesa attorea al fine di assumere le prove orali.
Un nuovo concetto di domiciliazione: gli effetti sulle comunicazioni telematiche al difensore della parte. Nuovi obblighi e nuove opportunità per avvocati e cancellerie.
Dal principio espresso dalle Sezioni Unite e applicato dal tribunale di Milano nell’ordinanza del 10 aprile 2013 si desume un’evoluzione del concetto di domiciliazione e dei suoi effetti in caso di comunicazioni di cancelleria. Le Sezioni Unite appaiono decisamente orientate in senso di una disapplicazione dell’art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, in virtù della normativa sull’indicazione obbligatoria dell’indirizzo PEC ai sensi dell’artt. 125 e 366 c.p.c. e dell’intero quadro normativo delle comunicazioni.
Le conseguenze concrete di una tale interpretazione conducono quindi a ritenere che la comunicazione di cancelleria dovrà avere sempre come destinatario il dominus, procuratore della parte, il quale andrà quindi sempre inserito nel fascicolo relativo alla causa con corretta indicazione degli estremi identificativi (specie il codice fiscale che ne permette l’associazione automatica all’indirizzo telematico, ovvero alla PEC).
Le ipotesi concrete che possono immaginarsi e le soluzioni conseguenti in questa prospettivaallora possono così essere delineate:
La prassi e l’elaborazione giurisprudenziale potranno condurre ad altre soluzioni interpretative rispetto a quelle qui prospettate, e probabilmente ulteriori casistiche, che ad oggi non ci rappresentiamo, potranno emergere.
Può in ogni caso affermarsi come il tribunale di Milano, con l’ordinanza in commento, delineiuna strada maestra che potrà essere seguita in fattispecie analoghe: il ricorso all’istituto della rimessione in termini nei casi di incolpevole recezione della comunicazione telematica da parte dell’avvocato.
Certamente non può non sottolinearsi come agli uffici e al personale amministrativodovrebbero essere offerte, anche e in primo luogo dall’Amministrazione centrale, chiare indicazionisu come operare al momento dell’iscrizione a ruolo, essendo evidente che ormai il solo inserimentodel domiciliatario nella scheda del fascicolo al momento dell’iscrizione al ruolo non è operazione giuridicamente corretta.
Superati tuttavia tali problemi organizzativi ed il loro impatto anche su alcune conseguenze giuridiche non merita osservare come la normativa sulle comunicazioni telematiche detti unasemplificazione dell’attività organizzative delle cancellerie incidendo davvero in modo considerevole sui risparmi di tempo e sui costi degli uffici giudiziari ed introduca anche una agevolazione organizzativa per la gestione lavorativa dell’avvocato, Infatti l’avvocato non solopotrà ricevere pressoché in tempo reale e con modalità estremamente semplice la comunicazione del provvedimento di cancelleria, ma potrà verosimilmente giovarsi di un sicuro risparmio di costi in relazione al venire meno del previgente obbligo di domiciliazione nel circondario dell’ufficio presso il quale la difesa era esplicata, dal momento che l’art 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, a seguito della interpretazione offerta dalle Sezioni Unite, applicata dal tribunale meneghino, è da considerarsi norma non più di diretta applicazione (almeno per gli uffici in cui le comunicazioni telematiche sono ormai obbligatorie ai sensi dell’art. 16 del d.l. 179/2012).
Tali benefici ben consentono di “sopportare” problematiche organizzative e adeguamenti interpretativi inevitabili in questo momento di iniziale applicazione diffusa delle comunicazioni telematiche a valore obbligatorio.
Verso il domicilio digitale
La Cassazione con la pronuncia n. 10143/2012 ha anche esplicitamente affermato che l’indirizzo di posta elettronica certificata, richiamato nella normativa processuale telematica, è il luogo ove per legge si devono inviare le comunicazioni di cancelleria, chiaramente indicando unaratio legislativa di tendenziale dematerializzazione del luogo di notifica e comunicazione: l’indirizzo di posta elettronica certificata.
In quest’ottica merita segnalare che alla definizione di un concetto di “domicilio digitale” contribuiscono le novità introdotte dal decreto “Crescita”, d.l. 179/2012, laddove tra le misure introdotte nella pianificazione della “Agenda Digitale” del Governo si annoverano, proprio l’introduzione del “domicilio digitale del cittadino” all’art. 4, e all’art. 5 del d.l. 179/2012 di un pubblico elenco denominato Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti, presso il Ministero per lo sviluppo economico, nel quale confluiscono elenchi di indirizzi PEC costituiti presso il registro delle imprese, gli ordini i o collegi professionali, in attuazione di quanto previsto dall'del d.l. 185/2008.
Proprio di recente, il 9 aprile 2013, è stato emanato dal MISE il decreto concernente le modalità concrete di funzionamento e di istituzione dell’INI-PEC che già da giugno dovrebbe essere operativo.
Tali elenchi, in specie dall’INI-PEC, conterranno quindi gli indirizzi telematici, consultabili anche dal Ministero della giustizia ed in cui potranno essere rinvenuti gli indirizzi elettronici ai quali le cancellerie potranno inoltrare le comunicazioni anche alle altre parti del processo: ctu, parti personalmente, terzi destinatari di comunicazioni ecc., ai sensi dell’art. 16 d.l. commi 6 e 7 del d.l. 179/2012.
Il mondo del digitale e soprattutto il processo telematico viaggia quindi velocemente, offrendo nuove frontiere normative e interpretative.
Nonostante evidenti problemi organizzativi degli uffici, nonostante una programmazione di diffusione da parte dell’Amministrazione centrale non sempre efficacemente delineata, possiamocertamente dirci confortati dalle pronte ed illuminati risposte che, in una materia non certo semplice quale quella della gestione telematica del processo civile, la giurisprudenza della Cassazione e ancor di più delle corti di merito, sta dimostrando di sapere fornire, come nel caso dell’ordinanza del tribunale di Milano qui illustrata.