Parlando dei temi di questo corso, che sottendono non solo l’approfondimento dei temi giuridici relativi al rapporto di filiazione posti dalle tecniche di procreazione assistita e dalla maternità surrogata, ma anche l’approfondimento del concetto di famiglia, anzi di “famiglie”, tutelato dall’ordinamento, dobbiamo sapere che abbiamo un lungo cammino alle spalle, di progressivo inveramento dei principi sanciti dalla nostra Costituzione, cui si sono aggiunte le norme sovranazionali, anch’esse di natura sovraordinata in base all’art. 117 della Costituzione. Un percorso, nonostante la nostra Costituzione sia ultra settantenne, ancora lungo ed aperto davanti a noi.
Si va affermando la necessità di tutelare il rapporto di filiazione che si fondi sui legami di affetto concretamente istauratisi, di dare rilievo ad ogni modello di famiglia che in concreto sia luogo di sviluppo e promozione della personalità del minore, il cui interesse, nel bilanciamento dei valori in conflitto, dovrebbe sempre prevalere.
Come ci insegna Stefano Rodotà, in uno splendido libro intitolato “diritto d’amore”, “il diritto viene reintegrato in un contesto culturale dove alla disciplina dell’amore si sostituisce la sua consapevolezza. Al diritto è legittimo chiedere un’assenza, ma non di abdicare al suo ruolo di essere garanzia di libertà e diritti – dunque pure del diritto d’amore. Si tratta di rimuovere ostacoli, come dice con bella lingua l’art. 3 della Costituzione, per rendere concretamente possibile, in ogni momento della vita, l’eguaglianza.”
Nell’ambito che qui interessa ciò è stato reso possibile, soprattutto nell’elaborazione giurisprudenziale, dalla considerazione, necessariamente preminente, dell’interesse del minore a mantenere i legami significativi che contribuiscono anche formare la sua identità, dal concetto di genitorialità come “autoresponsabilita” (sancito definitivamente, anche nella terminologia usata, dalla riforma sulla filiazione del 2012) fondato sul dovere di solidarietà sancito dall’art 2 della Costituzione, sul riconoscimento del diritto fondamentale della coppia di formare una famiglia e di avere figli, come espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminazione, riconducibile agli artt. 2, 3 e 31 della Costituzione, ed è di tutta evidenza che limitare questo diritto alle coppie eterosessuali costituirebbe una indebita discriminazione.
Non è stato un percorso lineare, è stato segnato da coraggiose pronunce, riforme legislative importanti, battute di arresto, timidezze, divisioni, ma possiamo dire che abbia comunque portato ad alcuni punti fermi, che oggi possiamo dare per acquisiti, quantomeno nell’elaborazione giurisprudenziale interna e sovranazionale:
1) “il dato della provenienza genetica non costituisce un imprescindibile requisito della famiglia” e quindi del rapporto di filiazione (Corte costituzionale 162 del 2014 e 272/2017).
Può sembrare scontato, dopo molti anni dall’approvazione della legge sull’adozione, ma a questo si è arrivati attraverso un tortuoso percorso di elaborazione giurisprudenziale, ove si è proceduto alla valorizzazione dei legami familiari concretamente instaurati e del preminente interesse del minore a mantenere quei legami.
Il favor veritatis a presidio del rapporto di filiazione, ritenuto per lungo tempo apoditticamente coincidente con l’interesse del minore, ha avuto un ruolo importante in una determinata fase storica, ove occorreva scardinare il principio che la famiglia “legittima”, fondata sul matrimonio eterosessuale, fosse intangibile ed il rapporto di filiazione al di fuori di essa non potesse godere delle stesse tutele.
Prima della riforma del diritto di famiglia del 1975, non solo i figli “naturali” non godevano dello stesso status dei figli “legittimi”, ma se il padre era sposato con un'altra donna (ricordiamoci che per molti anni non c’è stato l’istituto del divorzio), non poteva riconoscere il figlio, che, quindi, non poteva vantare alcun diritto nei suoi confronti.
Siamo dovuti arrivare al 2012 per vedere parificati i diritti dei figli nati nel matrimonio a quelli nati fuori dal matrimonio.
Nel frattempo è cambiata la società ed il senso comune, nuove tecniche procreative hanno posto nuovi problemi inerenti al rapporto di filiazione e nuovi legami familiari hanno rivendicato tutele e diritti.
2) L’esistenza del legame genitoriale deve essere accertata in concreto, sulla base degli effettivi rapporti esistenti e deve, comunque, trovare una tutela adeguata anche in assenza di un legame genetico. La famiglia da tutelare è quella fondata sugli affetti e sulla solidarietà reciproca, ove si svolge e si sviluppa la personalità del singolo.
L’affermarsi di questo principio, apparentemente semplice e di buon senso, è sostanzialmente andato di pari passo con lo smantellamento del dogma secondo il quale dare la prevalenza alla verità genetica del rapporto di filiazione significava tutelare l’interesse del minore alla sua identità.
Anche il concetto di identità personale è, così, profondamente mutato nel corso del tempo.
È anche “attraverso il rapporto amoroso”, citando sempre Stefano Rodotà, “che si riconosce un’identità e si attribuisce una cittadinanza”, la sua tutela si fonda sul “riconoscimento di tutti i diritti necessari perché ciascuno possa definire e manifestare nella dimensione giuridica la propria identità”.
Sebbene questo principio sia stato autorevolmente affermato, non sempre ha trovato adeguata applicazione.
3) Esiste un diritto fondamentale della coppia di formare una famiglia e di avere figli, come espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminazione, riconducibile agli artt. 2, 3 e 31 della Costituzione (Corte costituzionale sentenza n. 162 del 2014) e del diritto fondamentale alla vita privata e familiare (art. 8 Cedu)
È stato il principio cardine, insieme a quello della tutela della salute, anche psichica, della donna e della coppia, in base al quale la Corte costituzionale ha via via smontato l’impianto di limiti e divieti alla realizzazione della genitorialità contenuti nella legge n. 40 del 2004. Si afferma una definizione di genitorialità fondata sul consenso e sull’assunzione di responsabilità in ordine al progetto genitoriale.
4) In tema di genitorialità è irrilevante l’orientamento sessuale dei genitori, assumendo rilievo l’effettività del consenso, della scelta di divenire genitori e della relazione genitoriale. La famiglia fondata su una coppia omosessuale deve, quindi, ricevere anch’essa tutela dall’ordinamento.
Qui il percorso è stato ancora più lungo e sicuramente non è concluso, perché anche per i giuristi il pregiudizio non è facile da superare.
Questo diritto, ripetutamente affermato trova ancora numerosi ostacoli.
Il fatto che l’accesso all’adozione piena, cd legittimante, sia consentito solo a coppie unite in matrimonio è l’ostacolo che ancora si frappone alla possibilità per le coppie omosessuali di accedere a questo istituto, con l’unica possibilità, per realizzare un legittimo progetto di genitorialità, di fare ricorso alle pratiche di procreazione medicalmente assistita ed alla maternità surrogata.
Si pensi alla pronuncia della Corte costituzionale (n. 138/2010) sul matrimonio omosessuale che, pur affermando la rilevanza costituzionale delle unioni omosessuali, comprendendole nella nozione di formazioni sociali, che a norma dell’art. 2 sono meritevoli di tutela con diritti immediatamente azionabili, ha ritenuto che la scelta, di estendere alle stesse anche il matrimonio civile era invece riservata al legislatore, rinunciando così a dare piena attuazione, in questo campo, all’art 3. della Costituzione, in relazione all’art. 29 (norma che non accenna al sesso delle persone unite in matrimonio), negando alle coppie omosessuali eguaglianza e pari dignità rispetto a quelle eterosessuali, quando in molti paesi di democrazia avanzata il matrimonio tra coppie omosessuali è stato introdotto proprio grazie a pronunce delle corti supreme (Rodotà, nel libro di cui ho parlato più sopra, ha portato una critica molto dura allo scarso coraggio dei giudici costituzionali che non hanno così dato attuazione piena ai principi sanciti nella carta). Principi sostanzialmente ribaditi nella sentenza n. 170/2014 ove la Corte costituzionale, pur dichiarando illegittima la norma che prevedeva l’automatico scioglimento del matrimonio in caso di rettifica del sesso di uno dei coniugi, ribadisce il principio secondo il quale l’art. 29 della Costituzione tutelerebbe solo il matrimonio tra persone di sesso diverso.
O, successivamente, alla legge sulle unioni civili, ove si è deciso di non prendere posizione sull’adozione da parte delle coppie omosessuali, lasciando ai giudici un compito arduo, che, comunque, già stavano portando avanti, tenuto conto che a legge invariata, sembra precluso l’accesso all’adozione legittimante.
Hanno iniziato i giudici di merito, c’è stato l’avallo della Corte di cassazione e, per finire, della stessa Corte costituzionale, che, con la sentenza n. 272/2017, ha dato un avallo pieno alla cd stepchild adoption attraverso lo strumento dell’adozione in casi particolari, di cui all’art. 44 legge n. 184/83, idoneo, secondo la Corte, a consentire «la Costituzione di un legame giuridico col genitore contestato» ed in grado di garantire al minore «una adeguata tutela» (ma si sta ancora parlando di casi in cui almeno uno dei genitori ha un legame genetico con il figlio).
Le modalità procreative incidono, in realtà, ancora in maniera significativa sulle scelte giurisprudenziali, impedendo di assumere decisioni pienamente logicamente coerenti con i principi ripetutamente affermati – consacrati in norme interne e , soprattutto, sovranazionali –, in particolare con l’asserito preminente interesse del minore (il quale certamente non ha concorso a determinare le condizioni nelle quali è stato messo al mondo, e che, per sua natura, esige una valutazione ancorata al caso concreto) e con il principio di non discriminazione.
E veniamo alle pronunce il cui commento mi è stato assegnato con questa relazione.
Il parere della Corte EDU del 10 aprile del 2019
La Corte è stata adita per un parere preventivo previsto dal protocollo 16 alla Cedu, recentemente entrato in vigore, che l’Italia ha sottoscritto nel 2013, ma non ancora ratificato. Si tratta di pareri consultivi non vincolanti su questioni relative all’interpretazione o all’applicazione dei diritti contemplati dalla Convenzione.
La Corte di cassazione francese, adita per definire la controversia relativa al rapporto di filiazione di una coppia che aveva avuto due bambini in California attraverso la pratica della maternità surrogata e che chiedeva la trascrizione degli atti di nascita regolarmente formati negli Stati Uniti.
In questo caso, non era in discussione la paternità (il padre aveva infatti un legame genetico con entrambi i figli), ma la situazione della madre “sociale o d’intenzione”, posto che in Francia la pratica della maternità surrogata è vietata dalla legge.
La Cedu è intervenuta in diverse occasioni sul tema della maternità surrogata.
Con le sentenze gemelle del giugno 2014 (Cedu Menesson c. Francia del 26.6.2014 e Labassee c. Francia, in pari data) aveva già condannato la Francia che aveva rifiutato di trascrivere gli atti di nascita relativi a dei bambini nati negli Stati Uniti grazie ad un contratto di «maternità surrogata», nonostante l’ordinamento francese non impedisse che i figli vivessero regolarmente con i genitori, ma rilevando gli inconvenienti per i minori derivanti dal dovere utilizzare per ogni adempimento burocratico gli atti di nascita statunitensi tradotti ed apostillati e dal mancato riconoscimento della cittadinanza francese (in questo caso il padre era anche il genitore genetico dei bambini, mentre l’ovocita era proveniente da un terzo donatore). La mancata trascrizione dell’atto di nascita è stata considerata violativa del diritto dei minori al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 Cedu). L’interesse preminente del minore ha condotto la Corte a riconoscere nel divieto di trascrizione dell’atto di nascita, la violazione del diritto all’identità dei minori e della vita privata e familiare.
La Corte in questi casi non è entrata nel merito della discrezionalità del legislatore francese di vietare il ricorso a tali tecniche di procreazione, sul quale non c’era peraltro adeguato consenso tra gli stati aderenti alla convenzione, ma ha fatto riferimento al prevalente interesse del minore a vedere riconosciuti i legami familiari concretamente instaurati e consolidati nel tempo, legami che avevano concorso a costruire l’identità dei minori coinvolti.
Nel parere la Corte prende in considerazione una situazione in tutto e per tutto analoga, ed afferma che l’art. 8 della Cedu richiede che la legislazione nazionale preveda la possibilità di riconoscere una relazione genitore-figlio con la madre designata nel certificato di nascita formato all’estero, ma afferma che ciò non necessariamente deve essere realizzato attraverso la trascrizione dell’atto di nascita estero, ma anche attraverso altri strumenti legali, quali l’adozione, purché producano effetti del tutto simili a quelli prodotti dal riconoscimento e sia assicurata una procedura tempestiva ed efficace.
E qui, secondo, me c’è l’aspetto dolente e contraddittorio in alcune pronunce della nostra giurisprudenza (compresa, come vedremo, quella delle Sezioni Unite), perché in realtà l’adozione in casi particolari (del figlio del partner), prevista nel nostro ordinamento non garantisce, la medesima tutela che sarebbe garantita dalla trascrizione dell’atto di nascita dello stato estero.
L’adozione particolare è stata impiegata per dare una risposta ad una casistica assai varia, a problemi diversi da quelli sui quali il legislatore del 1983 aveva focalizzato la sua attenzione, in particolare la zona grigia tra adozione e affidamento e l’esigenza di offrire tutela a realtà familiari diverse dal modello tradizionale e di “genitori sociali” o “di fatto” che sovente svolgono un ruolo non irrilevante nell’educazione del bambino.
Ma l’adozione in casi particolari produce effetti diversi e più limitati rispetto a quelli dell’adozione legittimante ed, a maggior ragione, rispetto alla trascrizione dell’atto di nascita, che garantirebbe un rapporto genitoriale “pieno”: ad esempio il minore non acquista alcun legame di parentela rispetto ai familiari dell’adottante (anche se nascono gli impedimenti matrimoniali), l’adottato ha nei confronti dell’adottante i medesimi diritti successori del figlio nato nel matrimonio, ma non nei confronti degli ascendenti e degli altri parenti, l’adottante non ha alcun diritto sulla successione del figlio adottivo.
Senza contare che potrebbero esserci accadimenti che potrebbero intervenire nel corso della procedura, quali la morte del genitore biologico o la separazione della coppia, tali da impedire il suo perfezionarsi e, quindi, il riconoscimento giuridico del legame con il genitore “d’intenzione”.
Tutti gli strumenti normativi sovranazionali imporrebbero che nel bilanciamento degli interessi coinvolti, l’interesse del minore, necessariamente valutato in concreto, dovrebbe essere considerato prevalente.
Ciò dovrebbe comportare che gli altri interessi in conflitto, quali quelli relativi alle modalità della procreazione, alla legittimità dell’atto di nascita secondo la legge del paese di nascita, alla discendenza genetica da uno dei genitori, dovrebbero essere considerati recessivi rispetto all’interesse del minore, come ripetutamente affermato anche dalla Cedu.
La Grande Camera della Corte Edu, che ha ribaltato la decisione della sezione semplice nel caso Paradiso e Campanelli contro Italia (sentenza 24 gennaio 2017, ricorso n. 25358), ha affermato che in questo caso non c’era un interesse prevalente del minore che dovesse avere tutela preminente in considerazione del breve tempo nel quale il bambino era stato con la famiglia costituitasi attraverso la pratica di maternità surrogata (otto mesi), ed, aggiungo io, dei numerosi anni trascorsi da quando era stato collocato presso la famiglia affidataria. Sicché nel caso di specie poteva darsi rilievo alla mancanza del legame genetico con entrambi i genitori ed alla violazione, non solo del divieto italiano di maternità surrogata, ma anche della legge del paese dove tale pratica era stata effettuata, che esigeva, per il riconoscimento del rapporto di filiazione, il legame genetico con uno dei genitori.
Né può condividersi quanto affermato dalla Corte di cassazione nel 2014 (sent. n. 24001/2014) in un caso del tutto analogo a quello affrontato dalla CEDU nel caso Paradiso e Campanelli contro Italia, nell’ambito di un ricorso contro la dichiarazione dello stato di adottabilità del bambino.
La Corte ha sostenuto che nel caso in questione non erano applicabili le sentenze CEDU gemelle nei casi Menesson e Labassee c. Francia (26 giugno 2014) di poco precedenti, perché anche il padre, così come la madre, non era il padre genetico del bambino, il divieto di pratiche di surrogazione era di ordine pubblico (come già suggeriva la sanzione penale prevista) in considerazione della tutela della dignità umana della gestante e della violazione della legge sull’adozione, alla quale solo l’ordinamento affiderebbe la realizzazione di progetti di genitorialità privi di legami biologici con il nato. Ha, quindi, ritenuto che il preminente interesse del minore si realizzasse, attraverso una valutazione effettuata a monte dal legislatore, attribuendo la maternità a colei che partorisce e affidando all’istituto dell’adozione (con le conseguenti garanzie giurisdizionali) e non all’accordo delle parti, la realizzazione di una genitorialità disgiunta dal legame biologico.
Ma tale affermazione incorre in una evidente aporia logica, essendo la valutazione del preminente interesse del minore necessariamente ancorata alla considerazione della situazione concreta nella quale si trova a vivere un determinato minore in carne ed ossa, il quale non può essere danneggiato da scelte effettuate da adulti ed alle quali egli non ha in alcun modo partecipato.
Successivamente la Corte di cassazione (sentenza n. 19599 del 2016) e diverse pronunce di merito erano approdate ad una nozione diversa di ordine pubblico, rinvenendo i principi di ordine pubblico solo in quei principi supremi, relativi ai diritti fondamentali della persona umana, contenuti nella nostra Costituzione o nelle norme sovranazionali, che non potrebbero essere sovvertiti dal legislatore ordinario, escludendo che la contrarietà all’ordine pubblico possa derivare dalla semplice incompatibilità con norme interne, anche se imperative ed inderogabili, che rappresentano comunque una delle possibili modalità di espressione della discrezionale del legislatore ordinario in un dato momento storico.
La sentenza n. 19599 del 2016 aveva ad oggetto la trascrizione in Italia dell’atto di nascita spagnolo del figlio di una coppia di donne, unite in matrimonio in Spagna, attraverso la fecondazione eterologa di un ovocita di una delle madri impiantato nell’utero dell’altra, autorizzato dalla Corte d’appello di Torino con provvedimento confermato dalla Corte di cassazione.
Facendo applicazione dello stesso concetto di ordine pubblico, la Corte d’appello di Trento aveva riconosciuto efficacia nel nostro ordinamento, ex art. 67 della legge n. 218/95, al provvedimento giudiziario straniero che riconosceva la paternità di due gemelli al marito del padre biologico degli stessi. Si trattava di figli nati a seguito di un progetto di genitorialità condiviso dalla coppia, che era ricorsa alla tecnica della maternità surrogata con utilizzazione del liquido seminale di uno dei due partner.
Si è ritenuto che il divieto di maternità surrogata corrisponda ad una scelta discrezionale del legislatore, non costituzionalmente necessitata.
In effetti tale pratica non è necessariamente ancorata ad una mercificazione del corpo della donna e del bambino e non necessariamente comporta una lesione significativa della loro dignità, potendo anche essere attuata, come in molti paesi di democrazia avanzata, in una logica del “dono”, non dissimile da quella della donazione di organi tra viventi.
La questione è arrivata alla Corte di cassazione ed è stata trasmessa alle Sezioni Unite, arriviamo, così, alla pronuncia n. 12193 del 2019 (6.11.2018-8.5.2019), che, decidendo nel merito, ha rigettato la domanda.
La Corte ribadisce alcuni importanti principi che possono essere considerati, come dicevo, ormai punti fermi nell’elaborazione giurisprudenziale in tema di rapporto di filiazione: l’irrilevanza dell’orientamento sessuale degli adulti, il riconoscimento che la genitorialità omoaffettiva possa trovare attuazione ai sensi dell’art. 44 lett. d) della legge n. 184/1983, il superamento del rilievo preminente della discendenza genetica, il rilievo del consenso e dell’effettività della scelta di divenire genitori (autoresponsabilità).
Qui l’approccio è stato un po’ diverso, rispetto a Cassazione 19599, che le Sezioni Unite non smentiscono, ma rilevano la differenza tra i due casi concreti, in quanto nel caso in esame si trattava di coppia omogenitoriale maschile che aveva fatto ricorso alla maternità surrogata.
Rispetto alla nozione di ordine pubblico le sezioni unite hanno, infatti, ritenuto di dare rilievo non soltanto al quadro dei valori costituzionali, europei e convenzionali che compongono il sistema di tutela dei diritti fondamentali, in base alle norme interne e sovranazionali, ma anche alle norme ordinarie che siano attuative di principi consacrati nella Costituzione. Tra questi, secondo la Corte, integrano la nozione di ordine pubblico le norme della legge n. 40 del 2004 (legge definita costituzionalmente necessaria) che vietano e sanzionano penalmente la gestazione per altri (art. 12, comma 6 legge n. 40/2004) in quanto poste «a regola e presidio di beni fondamentali» quali la dignità umana, costituzionalmente tutelata, della gestante e l’istituto dell’adozione. La Corte ha precisato che solo all’interno delle regole inderogabili della disciplina legislativa dell’adozione può realizzarsi un progetto genitoriale privo di legami biologici. L’incompatibilità affermata della gestazione per altri con la nozione di ordine pubblico così come delineata, nel ragionamento della Corte, non si pone in contrasto con i principi sanciti dalle Convenzioni internazionali (e dalla nostra Costituzione, n.d.r.) in tema dei diritti dei fanciulli in quanto la tutela del minore trova nell’ordinamento un adeguato riconoscimento nella «genitorialità civile», attuabile mediante l’art. 44 lettera d) legge n. 184 del 1983, disciplina già largamente riconosciuta applicabile nella giurisprudenza di merito e di legittimità nell’ambito della genitorialità omoaffettiva (Cass. n. 12692/2016).
La debolezza, ed anche la contraddittorietà del ragionamento delle Sezioni unite si rinviene, a parere di scrive, nella circostanza che è opinabile, ed infatti è discusso, che la maternità surrogata, effettuata nella logica del “dono”, ed a determinate condizioni, leda i diritti fondamentali della donna e la dignità umana.
Su questo ci sono opinioni molto diverse tra gli stessi giuristi e nel pensiero femminile. È chiaro che l’opinione sul punto è fortemente influenzata dalle convinzioni etiche e dai riferimenti valoriali di ciascuno.
Se è vero che il concetto di ordine pubblico è necessariamente mutevole nel tempo, credo che il principio espresso in altre sentenze della Cassazione e ripreso dalla Corte d’Appello di Trento, cioè quello di ancorare il concetto di ordine pubblico ai principi fondamentali ed indiscutibili dell’ordinamento costituzionale e sovranazionale, che come tali non potrebbero nemmeno essere violati dal legislatore ordinario, avesse almeno il pregio di ancorare tale concetto a canoni il quanto più possibile oggettivi.
Non pare, infine, esserci stato da parte della Corte un totale allineamento rispetto quanto affermato nel parere della CEDU laddove quest’ultima ammette che possano essere utilizzati altri strumenti legali, diversi dalla trascrizione dell’atto di nascita o del provvedimento giudiziario straniero, idonei a dare rilevanza giuridica al rapporto di filiazione, «purché producano effetti del tutto simili a quelli prodotti dal riconoscimento e sia assicurata una procedura tempestiva ed efficace», in quanto, come si è visto, l’adozione in casi particolari non costituisce un rapporto di filiazione con effetti analoghi a quello scaturente dal riconoscimento o dall’adozione “piena”. Siamo ancora abbastanza lontani dalla piena unificazione degli status filiationis.
Riferimenti bibliografici e giurisprudenziali:
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- A. Ruggeri, Famiglie, genitori e figli, attraverso il “dialogo” tra corti europee e corte costituzionale: quali insegnamenti per la teoria della costituzione e delle relazioni interordinamentali?, relazione all’incontro di studi su Vecchie e nuove ‘famiglie’ nel dialogo tra Corti europee e giudici nazionali, Catania, 29 maggio 2014.
- A. Ruggeri, Procreazione medicalmente assistita e Costituzione: lineamenti metodicoteorici di un modello ispirato ai valori di dignità e vita, in www.federalismi.it, 11 maggio 2016.
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- S. Rodotà, Diritto d’amore, Laterza, 2015.
- A. Schuster, GPA: la tutela del minore limite invalicabile, nota a Corte EDU, parere 10 aprile 2019, in www.articolo29.it.
- S. Albano, Tecniche di procreazione assistita e direttive di fine vita, in questa Rivista on-line, 4 maggio 2015, http://questionegiustizia.it/articolo/tecniche-di-procreazione-assistita-e-direttive-di-fine-vita_04-05-2015.php.
- S. Albano, I giudici, i due papà e l'interesse del minore, nota a Corte di appello di Trento 2 febbraio 2017, in questa Rivista on-line, 2 marzo 2017, http://questionegiustizia.it/articolo/i-giudici_i-due-papa-e-l-interesse-del-minore_02-03-2017.php.
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Oltre alle sentenze citate espressamente nel testo della relazione si veda:
- Cass., sent. n. 2315/1999, divieto di disconoscimento di paternità in caso di fecondazione eterologa.
- Corte cost., sent. nn. 429/1991 e 341/1990 in materia di accertamento della paternità e maternità naturale.
- Corte cost n. 31/2012 sulla pena accessoria del reato di alterazione di stato; Tribunale di Napoli 28 aprile 2000; Tribunale Civitavecchia 19 dicembre 2008; Tribunale di Roma 5 ottobre 2012, sull’impugnazione del riconoscimento di compiacenza.
- Corte cost. n. 50/2006 che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 274 cc.
- Corte d’appello di Bari, 13 febbraio 2009, sul diritto dei minori, nati all’estero da maternità surrogata a mantenere il legame con i genitori “d’intenzione”.
- Cass., n. 19405/2013, sul concetto d’ordine pubblico internazionale, ripreso anche da Corte d’appello di Napoli del 30 marzo 2016.
- Tribunale minorenni Milano, sent. n. 626/2007, Corte d’appello di Firenze 1274/2012, Tribunale minorenni Roma 23 dicembre 2015, e sent nn. 299/2014, 291/2015, sull’adozione del figlio del partner.
- Cass., sent. n. 12962/2016, sull’adozione in casi particolari.
- Cass., n. 14787/2017, trascrizione atto di nascita minore generato da due donne mediante il ricorso alla fecondazione assistita.
- Cass. Pen., n. 13525/2016 e Gup Varese 8 ottobre 2014, che hanno escluso il reato di alterazione di stato in caso di rapporto di filiazione legittimamente costituitosi all’estero mediante maternità surrogata, consentita in base alla lex loci.
- Tribunale di Roma, ordinanze 8 agosto 2014 e 22 aprile 2015 sulla nota vicenda del cd. “cambio di embrioni”.
- Corte d’appello di Torino 29 ottobre 2014, trascrizione dell’atto di nascita del figlio di due madri.
- Corte d’appello di Milano, 16 ottobre 2015, riconoscimento sentenza di adozione (piena) straniera della figlia di due madri.
- Corte cost. n. 76/206 sul riconoscimento automatico di sentenza straniera di adozione (piena).
- Corte d’appello di Napoli, 30 marzo 2016, su riconoscimento delle sentenze straniere di adozione (piena) dei figli di due madri.
- Cass., n. 601/2013, sul diritto del bambino a vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale.
- Corte d’appello di Milano, ordinanza 25 luglio 2016 n. 273 che solleva la questione di costituzionalità decisa con la sentenza decisa con la sent. n. 272/2017.
- Cass., n. 14987/2017 su riconoscimento provvedimento giudiziario straniero di adozione (piena) del figlio di due padri.