Articoli di Questione Giustizia su diritto del lavoro
Il quarto intervento al panel Appalti, sfruttamento lavorativo e retribuzione costituzionale: percorsi giurisprudenziali verso la parità di trattamento, nell’ambito del IV convegno annuale della Labour Law Community, tenutosi a Bari il 15 e 16 novembre 2024
Il terzo intervento al panel Appalti, sfruttamento lavorativo e retribuzione costituzionale: percorsi giurisprudenziali verso la parità di trattamento, nell’ambito del IV convegno annuale della Labour Law Community, tenutosi a Bari il 15 e 16 novembre 2024
Il secondo intervento al panel Appalti, sfruttamento lavorativo e retribuzione costituzionale: percorsi giurisprudenziali verso la parità di trattamento, nell’ambito del IV convegno annuale della Labour Law Community, tenutosi a Bari il 15 e 16 novembre 2024
Pubblichiamo il testo introduttivo al panel Appalti, sfruttamento lavorativo e retribuzione costituzionale: percorsi giurisprudenziali verso la parità di trattamento, nell’ambito del IV convegno annuale della Labour Law Community, tenutosi a Bari il 15 e 16 novembre 2024
Il Diritto e la sua Giurisdizione sono sempre quello che sono stati in tutta la loro storia: né fughe in avanti di un Legislatore o di un Giudice, né cieca e a-storica conservazione; piuttosto, la correlazione mutevole fra ordine giuridico e rapporti sociali
Il contributo sviluppa la nota questione dei profili discriminatori del licenziamento intimato per superamento del "comporto", fornisce una lettura complessiva delle sette pronunce espresse finora dalla Corte di Cassazione, ponendole a confronto con le tesi proposte in dottrina, concludendo, poi, con considerazioni, anche de iure condendo, in chiave applicativa.
La Corte di giustizia stigmatizza la Romania
Probabilmente costituisce un record il numero di pronunce di incostituzionalità che hanno colpito il d.lgs. n. 23 del 2015 (cd. Jobs act): ciò che ne esce sconfessata è soprattutto la filosofia che vi era sottesa
Il processo del lavoro, nella struttura voluta dal legislatore del 1973, era un processo pensato per regolare un conflitto tra parti diseguali, costruito, come era costruita la disciplina del rapporto di lavoro in quegli stessi anni, intorno all’attribuzione di giuridica rilevanza a tale disuguaglianza sostanziale. In quel modello di processo il giudice era un attore centrale, il cui potere ufficioso serviva a superare la disparità delle parti nell’accesso alla prova e insieme a controbilanciare il regime di forti preclusioni, in vista del raggiungimento rapido di una decisione di merito il più possibile conforme alla verità materiale dei fatti. Quel modello è stato attraversato da una profonda trasformazione, culturale, più che normativa, che ha accompagnato le modifiche legislative che hanno interessato la regolamentazione sostanziale del rapporto di lavoro. L’esito è stato nel senso, non del superamento, ma della rimozione dall’orizzonte regolativo del rapporto e culturale degli operatori del diritto della disuguaglianza sostanziale delle parti, che tuttavia nel frattempo non è affatto diminuita. Ne è seguito un mutamento, nelle prassi processuali, anche del ruolo del giudice, sempre meno disposto a fare uso dei propri poteri ufficiosi. Solo in tempi recentissimi la giurisprudenza ordinaria e costituzionale ha riportato il crudo fatto della disuguaglianza sostanziale al centro dell’argomentazione giudiziale.
Le conseguenze di un’inattesa interpretazione delle norme sulla sicurezza dei luoghi di lavoro
Questione Giustizia pubblica, aggiornata al 2023, un'ampia raccolta di giurisprudenza di legittimità dedicata ai profili processuali del diritto del lavoro e della previdenza sociale
Proprium dello speciale rito del lavoro, ormai diffusa anche nel processo civile ordinario, la conciliazione nel processo è ancorata alla prospettiva per cui scopo del processo non è la sentenza, ma la migliore composizione della lite e del conflitto. Momento autonomo della professionalità sia del giudice che dei difensori, vera e propria sfida, culturale e organizzativa, nei contesti giudiziari più gravati, molto più di un mero strumento deflattivo, riporta il processo al ruolo centrale dell’udienza e del rapporto del giudice con i difensori e le parti.
Non solo l’8 marzo. L’impegno di Questione Giustizia sulle tematiche di genere non si limita alle ricorrenze, ma accompagna l’elaborazione della Rivista con costanza e, potremmo dire, ostinazione. Perché non è la riflessione di una sola giornata che può bastare per colmare quel vuoto culturale prima che politico, che separa ancora la nostra società dal traguardo di una parità che sappia esaltare tutte le potenzialità che il genere femminile deve ancora riuscire ad esprimere. Al “diritto femminile” Questione Giustizia ha dedicato l’ultimo numero della Trimestrale https://www.questionegiustizia.it/rivista/il-diritto-femminile
Questo breve testo riproduce il discorso pronunciato, venerdì 16 dicembre 2022, a nome dell’Ateneo di Bologna e del Magnifico Rettore, da Federico Martelloni, membro del Comitato scientifico di questa Rivista, durante la commemorazione di Umberto Romagnoli presso la Cappella dei Bulgari in Archiginnasio, a Bologna. Lo pubblichiamo a due mesi dalla sua scomparsa.
Il testo riproduce l'intervento alla sessione Città e lavoro, a cui hanno preso parte anche Carla Ponterio e Rita Sanlorenzo, nell’ambito del Festival Parole di giustizia intitolato Una città per pensare svoltosi a Pesaro, Fano e Urbino tra il 20 ed il 23 ottobre 2022
Il testo riproduce l’intervento alla sessione Città e lavoro, a cui hanno preso parte anche Rita Sanlorenzo e Sandra Burchi, nell’ambito del Festival Parole di giustizia intitolato Una città per pensare svoltosi a Pesaro, Fano e Urbino tra il 20 ed il 23 ottobre 2022
Il testo riproduce l’introduzione alla sessione Città e lavoro, a cui hanno preso parte anche Carla Ponterio e Sandra Burchi, nell’ambito del Festival Parole di giustizia intitolato Una città per pensare svoltosi a Pesaro, Fano e Urbino tra il 20 ed il 23 ottobre 2022
L’ordinanza in commento è stata già esaminata in diverse sedi e sostanzialmente demolita dal Tribunale del Riesame, sì che indulgere oltre in critiche potrebbe sembrare vano accanimento, ma c’è qualcosa in essa che continua ad interrogare e di cui si ode l’eco in vicende giudiziarie succedutele, nel medesimo od in analoghi contesti lavorativi. Qualcosa che, nel contempo, si fa eco di vicende antiche che non hanno mai smesso d’interrogare e rimbombano alle orecchie di un giudice del lavoro in questo nuovo millennio.
La più recente giurisprudenza ha messo in crisi il consolidato equilibrio raggiunto nella disciplina della prescrizione delle prestazioni spettanti per le malattie professionali, grazie ad un meditato orientamento che teneva insieme l‘impianto originario delle garanzie dettate dal TU INAIL, le istanze di tutela fatte valere dalla Corte Costituzionale in alcuni casi particolari, la disciplina generale della prescrizione (Sez. Un. 576/2008). E’ quanto mai urgente perciò ripristinare una interpretazione più plausibile rispetto al sistema ed ai suoi principi fondamentali. Quelli che portavano la Corte Costituzionale (n.206 del 1988) ad affermare che “ quand'anche la tardiva presentazione della denunzia fosse ascrivibile in tutto o in parte all'ignoranza o alla negligenza o alle stesse pessime condizioni di salute del lavoratore, il privarlo per ciò solo di ogni indennizzo rappresenta pur sempre una manifesta violazione del principio di cui all'art. 38 Cost.”
Ai coordinatori di due sindacati di base della logistica operanti nel territorio di Piacenza la Procura della Repubblica ha contestato il reato di associazione a delinquere e una lunga serie di reati fine (tra cui violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale, interruzione di pubblico servizio, sabotaggio) ed il Gip ha applicato nei loro confronti misure cautelari. La vicenda ha suscitato dure critiche e reazioni nel mondo del lavoro, tra gli intellettuali e sulla stampa, facendo nascere un “caso Piacenza”. L’articolo sottopone ad un rigoroso esame critico tanto l’imputazione provvisoria di associazione a delinquere presa in considerazione nell’ordinanza cautelare del GIP di Piacenza quanto le imputazioni concernenti i reati fine delle presunte associazioni. Sottolineando come nell’ordinanza piacentina sia stata trascurata la valutazione delle reali finalità della lotta sindacale e si sia costruita l’esistenza di un programma criminoso su azioni o condotte meramente eventuali, non programmate né programmabili al momento della nascita dell’associazione, il cui unico elemento unificante è rappresentato dal perseguimento di uno scopo del tutto lecito e costituzionalmente garantito.
Le significative modifiche della disciplina limitativa dei licenziamenti, quali quelle apportate dalla legge Fornero e dal cosiddetto Jobs Act, hanno avuto effetti immediati e sicuri sulla materialità dei rapporti di lavoro, che è fatta anche di relazioni di potere, ridisegnando gli equilibri di quel potere, attribuendone una quota ulteriore alle imprese: è allora inevitabile pensare che, come un contrappasso, ai nuovi confini della reintegrazione corrisponda una diversa disciplina della prescrizione e della sua decorrenza, strumento sussidiario, e certo insoddisfacente, di tutela della parte debole del rapporto, quando diventa più debole.
Recenti pronunce di legittimità rimettono in discussione gli approdi interpretativi maturati negli anni a proposito dell’ambito di indennizzabilità dell’infortunio occorso “in occasione di lavoro”, nozione nella quale si facevano rientrare tutti i fatti, anche straordinari ed imprevedibili, inerenti all’ambiente, alle macchine o alle persone, purché attinenti alle condizioni di svolgimento della prestazione, ivi compresi gli spostamenti spaziali del lavoratore. Tanto la pausa di lavoro, quanto il passaggio al collega, rappresentano situazioni giustificate, ragionevoli e correlate al lavoro, in quanto rispondenti, comunque le si valuti, ad un interesse tanto del lavoratore quanto dello stesso datore di lavoro.
L’esperienza straniera in tema di salario minimo: i casi di Svezia, Germania e Regno Unito
Un recente provvedimento del Giudice del lavoro di Ravenna riapre la discussione sulle sanzioni per il licenziamento disciplinare illegittimo per la tardività della contestazione degli addebiti, pur dopo l’arresto della Cassazione a Sezioni Unite del 2017
Note a margine del convegno promosso da Magistratura democratica e dall’Associazione Comma 2 svoltosi presso la Corte di Cassazione il 25 marzo 2022
Il tema dei cd. controlli difensivi ha impegnato per anni dottrina e giurisprudenza e si ripropone anche con il nuovo testo dell’art. 4 della L n. 300/70 Statuto dei lavoratori, complicato dall’uso generalizzato nelle attività aziendali di dispositivi informatici, dati in dotazione ai lavoratori. L’intreccio tra disciplina dei controlli a distanza e tutela della privacy è stato oggetto di alcune sentenze emesse dal Giudice di legittimità all’esito di una udienza tematica. Su una in particolare si sofferma l’articolo, cogliendo l’occasione per osservazioni di carattere più generale.
Un recente volume, a carattere interdisciplinare, La Dignità del lavoro. Nel cinquantenario dello Statuto (a cura di P. Passaniti), Franco Angeli (2021), offre contributi importanti per una riflessione ricostruttiva con finalità prospettiche sul modello regolativo adottato nel 1970, sulla sua perdurante attualità e su quanto possa essere rilanciato nel mondo produttivo di oggi (e soprattutto di domani) ad altissima densità tecnologica.