In tutti i nostri tribunali, ormai da anni, i giudici onorari svolgono una funzione insostituibile.
E’ necessario, tuttavia, differenziare il compito dei Giudici di Pace da quello dei GOT che, pur appartenendo alla categoria più ampia della magistratura onoraria giudicante, sono caratterizzati dall’assenza di una legge che ne disciplini le competenze e il ruolo, all’interno della giurisdizione.
Nell’esperienza dei nostri tribunali, sia nel civile che nel penale, i GOT tengono udienze, redigono provvedimenti, decidono controversie, senza che, formalmente, venga loro riconosciuto l’apporto fondamentale reso all’amministrazione della Giustizia in Italia.
Provate ad immaginare cosa accadrebbe se si decidesse, anche senza una ragione plausibile, ad esempio per effetto di una sciagurata operazione di spending review, di non riconfermare, per l’ennesima volta, le funzioni dei GOT in servizio preso i nostri tribunali.
Si fermerebbero le esecuzioni civili, affidate, in alcuni tribunali e per alcuni settori, esclusivamente alla magistratura onoraria, si rallenterebbe la trattazione di numerosi processi penali celebrati col rito monocratico, affidata ai GOT in modo numericamente almeno pari rispetto ai togati.
E che dire degli affari di volontaria giurisdizione, soprattutto da quando anche le tutele e i procedimenti in materia di famiglia non sono stati esclusi dalle materie che possono essere affidate ai GOT.
A ciò si aggiunga l’opera di supplenza nei ruoli dei magistrati ordinari, atteso il fallimento del tentativo di risolvere, attraverso i magistrati distrettuali, il problema delle lunghe assenze, soprattutto dovute ai periodi di maternità.
Eppure, nonostante i GOT siano divenuti indispensabili, ci si ostina a considerare la loro presenza come un evento occasionale. A livello di normativa primaria, l’art. 43 bis dell’ordinamento giudiziario stabilisce che “I giudici onorari di tribunale non possono tenere udienza se non nei casi di impedimento o di mancanza dei giudici ordinari” confermando, così, la natura “straordinaria” del loro impiego nelle aule di giustizia.
La stessa norma pone alcuni limiti nei criteri di assegnazione ai GOT, criteri oggetto di rielaborazione “ a fisarmonica”, ad opera della normativa consiliare.
In ogni caso, si tratta di una competenza determinata in negativo, che rivela una sorta di pregiudizio nei confronti dei magistrati onorari e non in positivo, per valorizzarne il contributo, in termini di ausilio concreto all’opera della magistratura togata.
E’ chiaro che questo utilizzo dei GOT, nonostante la definizione e l’importanza che vi si possa attribuire, è, per l’esperienza degli uffici, solo residuale, rispetto alle funzioni, quelle sì “ordinarie”, svolte dalla magistratura onoraria.
Consapevole dell’impossibilità che i giudici togati si possano occupare dell’enorme congerie di affari che, quotidianamente, affollano i loro ruoli, il CSM, in sede di normazione secondaria, ha disciplinato l’utilizzo dei GOT, interpretando in senso estensivo l’”impedimento” di cui alla norma citata.
Abbandonata l’impostazione della circolare sulle tabelle 2004-2005, che consentiva l’attribuzione ai GOT di un ruolo autonomo e individuava alcune materie da affidare alla loro competenza, il CSM, nella risoluzione del 16 luglio 2008, ha compreso,nella nozione di impedimento, di cui all’art. 43 bis citato, “tutte quelle situazioni non strettamente riconducibili ad impegni processuali coincidenti con una certa udienza, ma in cui debba comunque considerarsi il complessivo carico di lavoro del giudice in un determinato arco temporale e quindi la trattazione di un certo numero di processi particolarmente impegnativi per complessità o numero delle parti in concomitanza dell’ordinario carico di lavoro”.
Il tentativo di disancorare il ruolo del GOT dalla mera supplenza si scontra, però, con le modalità di corresponsione del compenso, parametrato esclusivamente alle udienze tenute, a differenza di quanto avviene per i giudici di pace e i vice procuratori onorari, cui viene attribuito un compenso ulteriore in relazione all’attività di redazione dei provvedimenti e di permanenza in ufficio.
Mentre il CSM prospetta , con la circolare sulle tabelle, per il triennio 2012-2014, un magistrato onorario che affianchi il giudice, cui possa essere riconosciuto un ruolo importante anche nello smaltimento dell’arretrato (circ. cit. par. 5.1.2), l’assetto normativo dei GOT rimane immutato, nei limiti di un ruolo residuale ed eventuale.
La retribuzione ad udienza, infatti, ben si concilia con l’utilizzo di un supplente, ma è del tutto incompatibile con quello di un collaboratore del giudice, componente, a pieno titolo, del suo ufficio.
Anche il CSM appare avvertire questa discrasia quando raccomanda, nello stesso paragrafo dell’ultima circolare sulle tabelle, di evitare che il GOT sia impiegato esclusivamente in attività “che prescindano del tutto dalla celebrazione delle udienze”.
Il modello organizzativo di affiancamento appare sicuramente preferibile (ed è lo stesso CSM a raccomandarne l’applicazione) perché consente l’inserimento del GOT nella complessa dinamica dell’ufficio del giudice.
Nel disegno consiliare il giudice onorario collabora nella gestione di tutto il ruolo del giudice cui è affiancato, tanto da poter essere delegato al compimento di singole attività endoprocessuali, coinvolto nello studio delle controversie, nella redazione di atti funzionali alla decisione, ma ciò è in stridente contrasto con l’assetto retributivo, elemento che non può lasciare indifferente chi è chiamato, in ragione del proprio ruolo, a garantire il rispetto dei diritti costituzionali.
La posizione dei GOT dovrà essere elaborata in termini complessivi e brevi, soprattutto per il settore civile, data l’imminente avvio del PCT.
Ancora in pochissimi tribunali i GOT sono stati dotati di smartcard e consolle per il deposito telematico degli atti: saranno riconosciuti formalmente come componenti dell’ufficio, ma, a differenza dei giudici togati, non potranno depositare da remoto,perché non dotati di pc portatili, forniti dall’amministrazione.
Nulla è dato sapere per coloro che non avranno, entro giugno 2014, accesso a consolle, né può pensarsi che i tribunali debbano scegliere fra ottemperare all’obbligo del deposito telematico e avvalersi dell’ausilio dei GOT.
A tutto ciò si aggiunga un’altra riflessione: anni di proroghe hanno creato, da una parte, ingiustificate aspettative di “regolarizzazione” ma, dall’altra, una folta schiera di professionisti delle cui prestazioni la giustizia italiana non può e non deve privarsi.