Con l’art. 16 del D.L. n. 341 del 2000, convertito dalla L. n. 4/2001, il legislatore ha previsto, all'art. 275 bis del codice di rito, che il giudice, nel disporre la misura degli arresti domiciliari - anche in sostituzione della custodia cautelare - possa prescrivere, in considerazione della natura e del grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, l'adozione di mezzi elettronici o altri strumenti tecnici di controllo, cioè il cd. braccialetto elettronico. Con gli stessi provvedimenti normativi, si è previsto all’art. 47 ter comma 4 bis Ord. Penit. che le disposizioni di cui all’art. 275 bis c.p.p. trovino applicazione anche in caso di esecuzione della misura alternativa della detenzione domiciliare.
Dopo iniziali difficoltà di natura logistica, legate alla stipula di contratti di noleggio degli apparecchi con cinque diverse società, nel 2003 il Ministero dell’Interno ha firmato una Convenzione con Telecom S.p.A. per la fornitura su tutto il territorio nazionale dei dispositivi elettronici. La convenzione prevede sia il noleggio, l'installazione e l'assistenza (attualmente) di 2000 dispositivi elettronici di controllo nei confronti di persone sottoposte alle misure cautelari e detentive per l’intero territorio nazionale, sia la predisposizione infrastrutturale e la gestione operativa della piattaforma tecnologica. In particolare, il materiale tecnico occorrente - segnatamente i terminali (computer) ed i software necessari - sono stati da tempo installati presso le centrali operative di Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza della maggiore parte delle città italiane.
Nonostante siano perfettamente funzionanti ed operativi dal 2005, i braccialetti elettronici sono da sempre applicati dai giudici italiani in numero assai ridotto, di gran lunga inferiore ai 2000 disponibili: si consideri infatti che sono attualmente attivi circa 55 braccialetti, su disposizione di giudici di soli otto uffici giudiziari. Il sottoutilizzo dei braccialetti elettronici è stato stigmatizzato dal TAR del Lazio nella sentenza n. 4997/2012 del primo giugno 2012 (con la quale è stato annullato l’accordo tra il Ministero degli Interni e Telecom Italia, pur lasciando comunque la convenzione in vigore fino al 31 dicembre 2013), dalla Corte dei Conti nella deliberazione n. 11/2012/G (che ha evidenziato il costo esorbitante del sistema - di oltre dieci milioni annui - a fronte di esigue unità applicate dall’A.G.) ed in un’interrogazione al Ministro dell'interno alla Camera dei Deputati nella seduta n.700 del 10 ottobre 2012.
Lo scarso appeal registrato dai dispostivi elettronici – invece largamente utilizzati e con successo in diversi Paesi europei - pare riconducibile, più che ad una preconcetta diffidenza dei magistrati italiani, ad un colossale – quanto incomprensibile - difetto di informazione: pochi di noi sono difatti a conoscenza della concreta possibilità di applicare i braccialetti elettronici pur previsti dal codice di rito. D’altra parte, i segnali che vengono dal legislatore sono tutti nel senso di incentivare l’utilizzo dei dispositivi in oggetto. Ed invero, non solo gli artt. 275 bis c.p.p. e 47 ter comma 4 bis Ord. Penit. sono ancora vigenti, ma, con il decreto c.d. svuota carceri (D.L. n. 211/2011, convertito con L. n. 9/2012), è stata ampliata la rosa dei soggetti ammessi alla detenzione domiciliare, cui appunto può applicarsi il braccialetto elettronico e, di recente, con il decreto sulla violenza di genere (D.L. n. 93/2013 convertito con L. n. 119/2013), si è prevista la possibilità di applicare il braccialetto elettronico anche in caso di misura diversa da quella domiciliare, id est in caso di allontanamento dalla casa familiare per i reati previsti dall’art. 282 bis comma 6 c.p.p. Il che impone di apprestare e mantenere attivi tali strumenti elettronici, alcuni dei quali con l’ulteriore funzionalità GPS per consentire il monitoraggio sul territorio del soggetto sottoposto alla misura ex art. 282 bis.
D’altra parte, non si può fare a meno di notare come, in un momento – quale quello attuale - di forte emergenza del sistema carcerario del Paese, un maggiore ricorso ai dispositivi elettronici potrebbe consentire in concreto un alleggerimento del sovraffollamento degli istituti penitenziari: l’adozione del braccialetto – in quanto valido deterrente alle violazioni - incide direttamente sulla capacità effettiva di autocustodia dell’indagato o imputato sottoposto a misura e, di fatto, rafforza il divieto di allontanamento dalla propria abitazione, di tal che è suscettibile di riverberare positivamente sul giudizio di adeguatezza della misura domiciliare, consentendone l’applicazione in luogo di quella inframuraria in una casistica più ampia. Tra l’altro, il servizio è già totalmente pagato e il giudice che lo applica non deve liquidare alcun compenso.
Da un punto di vista pratico, il braccialetto elettronico si applica alla caviglia della persona, è impermeabile (quindi non deve essere rimosso per le abluzioni), è autoalimentato, sopporta fino a 70 gradi di temperatura e 40 kg. di trazione prima di rompersi. E’ collegato alla centrale operativa della forza dell’ordine deputata al controllo (solitamente Carabinieri o Polizia di Stato) e segnala in tempo reale la rottura dell’apparecchio ovvero l’allontanamento del soggetto dal perimetro del domicilio. La centralina installata a cura del personale Telecom traccia infatti un sistema di allarme perimetrale che si attiva in caso di allontanamento dell’individuo cui sia applicato il braccialetto, consentendo dunque di avvisare in tempo reale la struttura di P.G. competente sul territorio per un immediato controllo in loco. La centralina è comunque dotata di un telefono che consente alle forze dell’ordine deputate ai controlli di contattare immediatamente il soggetto e riscontrare eventuali falsi allarmi.
E’ opportuno che gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico siano applicati quale misura in sostituzione di quella carceraria – e non quale prima misura -, essendo imprescindibili sia l’acquisizione del previo consenso dell’interessato all’applicazione del dispositivo (da raccogliere in un apposito verbale da trasmettere al giudice che ha emesso il provvedimento e alla P.G. deputata ai controlli); sia e soprattutto la preventiva verifica - mediante sopralluogo a cura della P.G. - dell’idoneità dell’abitazione. E’ sufficiente che l’alloggio abbia la corrente elettrica ed, in caso di assenza di linea telefonica, provvederà la Telecom a portarla. Lo strumento funziona anche in zone periferiche e campestri, ma può essere installato soltanto in un’abitazione vera e propria (non una baracca o una roulotte di un campo nomadi). E’ possibile prevedere la disattivazione dell’allarme in caso di concessione di permessi ad allontanarsi dall’abitazione, saltuari o permanenti.
Una volta raccolto il consenso dell’interessato e verificata l’idoneità del domicilio, le forze di polizia coordineranno le operazioni necessarie per dare corso all’effettivo svolgimento della misura ed, in particolare, concorderanno con Telecom la data per l’installazione del dispositivo e ne daranno comunicazione alla Polizia Penitenziaria per la traduzione sul posto del detenuto. E’ importante che la traduzione del soggetto presso il domicilio avvenga a cura della Polizia Penitenziaria, atteso che, in caso di sopravvenuta impossibilità di installazione del braccialetto per problemi tecnici, il detenuto dovrà essere immediatamente ritradotto in carcere. Affinchè vi siano i tempi necessari per il completamento delle procedure tecniche da eseguire in loco, è opportuno che l’esecuzione concreta dell’ordinanza di sostituzione sia rinviata dal giudice di almeno tre giorni lavorativi rispetto alla data di deposito in Cancelleria (a Torino si è previsto il termine di quattro giorni lavorativi).
Prima di dare avvio all’applicazione dei braccialetti elettronici in un nuovo ufficio giudiziario sarà opportuno fissare degli incontri preliminari sia con il responsabile della convenzione della Telecom, sia con le forze dell’ordine interessate (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza e Polizia Penitenziaria) allo scopo di concordare un protocollo operativo per l’installazione dell’apparecchio e le modalità di controllo. Si consideri, al riguardo, che a Roma il controllo dei braccialetti elettronici è stato centralizzato ed unificato presso la Divisione Anticrimine della Questura, mentre a Torino si è previsto che, in linea di principio, ai controlli provveda l’ufficio della forza di polizia che abbia tratto in arresto la persona destinataria del provvedimento da eseguire, se trattasi di misure da eseguire in città, ovvero la Stazione dei Carabinieri territorialmente competente in relazione al luogo in cui la misura sarà applicata, in caso di misura applicata in provincia.
L’esperienza maturata negli uffici nei quali si fa uso da tempo dei dispositivi in oggetto (a Roma dall’ottobre 2012, a Torino dal maggio 2013) è assolutamente positiva. A Torino non si sono mai registrati falsi allarmi, né evasioni. A Roma v’è stato un caso di evasione di un soggetto che è stato tuttavia immediatamente ritracciato dalle forze dell’ordine giunte sul posto a seguito dell’allarme.
DOCUMENTI UTILI:
Modello per arresti domiciliari con braccialetto elettronico
Decreto GIP Torino sull’istanza di sostituzione della misura coercitiva
Presentazione piattaforma Telecom