1. L’esercizio delle funzioni giurisdizionali nella Provincia Autonoma di Bolzano è riservato a magistrati ordinari che abbiano superato un concorso pubblico con una disciplina speciale.
Si tratta di un concorso nazionale aperto a tutti i cittadini muniti dei necessari requisiti, che presenta le stesse prove, scritte e orali, cui sono sottoposti i candidati del concorso ordinario. In ciò non vi è alcun elemento di specialità: le regole di ammissione e di svolgimento sono le stesse, come uguale è il fine di individuare i candidati idonei sulla base del profilo culturale emerso durante l’esame. All’esito della procedura di selezione, i vincitori del concorso sono immessi nel ruolo unico nazionale dei magistrati ordinari e partecipano delle medesime guarentigie che la Costituzione riserva a tutti gli appartenenti all’ordine giudiziario.
Il presupposto della “specialità” sta nel territorio in cui i magistrati sono chiamati ad operare: un’area del paese, il Tirolo meridionale, ove coesistono diversi gruppi linguistici, l’italiano, il tedesco ed il ladino. Un tratto di assoluta peculiarità, che va evidentemente al di là delle diversità cui pure sono interessate molte Regioni di Italia, con spiccate caratteristiche storiche, culturali, di tradizione, che le differenziano le une dalle altre.
Sin dalla approvazione del Testo Unico delle leggi costituzionali concernenti lo Statuto speciale per il Trentino - Alto Adige, avvenuta con il D.p.r. 31.8.1972 n. 670, si è posto come preminente il tema della tutela delle minoranze linguistiche. L’art. 99 dello Statuto prevede che «La lingua tedesca è parificata a quella italiana che è la lingua ufficiale dello Stato», mentre il successivo art. 100 dispone che «I cittadini di lingua tedesca della provincia di Bolzano hanno facoltà di usare la loro lingua nei rapporti con gli uffici giudiziari e con gli organi e uffici della pubblica amministrazione»: tali disposizioni, di rango costituzionale essendo incluse nello Statuo speciale, costituiscono la base normativa che fa da sfondo alla disciplina sul bilinguismo, nei tribunali come nei rapporti con la Pubblica Amministrazione. L’art. 102 ha riguardo alla tutela della lingua ladina, garantendone lo studio nelle scuole dei luoghi ove è parlata, oltre alla promozione delle iniziative culturali e delle tradizioni locali.
Tutela dei gruppi linguistici e bilinguismo sono i due poli intorno a cui appare edificata l’architettura istituzionale della Provincia Autonoma di Bolzano, che permea anche l’amministrazione della giustizia.
La consistenza dei gruppi linguistici, necessaria per individuare le quote di riparto dei posti nelle amministrazioni pubbliche per ciascun gruppo, è determinata attraverso un censimento periodico tra la popolazione: la regola, prevista in via generale per tutti i posti delle amministrazioni dello Stato dall’art. 89 D.p.r. 670/72, vale anche per gli appartenenti all’ordine giudiziario. Ciò emerge anzitutto dall’art. 89 cit., ultimo comma, secondo cui: «Le disposizioni sulla riserva e ripartizione proporzionale tra i gruppi linguistici italiano, tedesco e ladino dei posti esistenti nella provincia di Bolzano sono estese al personale della magistratura giudicante e requirente. È garantita la stabilità di sede nella provincia stessa ai magistrati appartenenti al gruppo linguistico tedesco e al gruppo linguistico ladino, ferme le norme dell'ordinamento giudiziario sulle incompatibilità. Si applicano anche al personale della magistratura in provincia di Bolzano i criteri per l’attribuzione dei posti riservati ai cittadini di lingua tedesca e ai cittadini di lingua ladina, fissati nel quarto comma del presente articolo». Tale disposizione trova ulteriore specificazione nell’art. 33 delle Disposizioni di attuazione dello Statuto, approvate con D.p.r. 26.7.1976 n. 752, secondo cui: «I posti di pianta organica degli uffici giudiziari della provincia di Bolzano sono riservati ai cittadini appartenenti ai gruppi linguistici italiano, tedesco e ladino in rapporto alla loro consistenza quale risulta dalle dichiarazioni di appartenenza rese nell'ultimo censimento della popolazione».
E’ dunque necessario assicurare una distribuzione dei posti, anche rispetto al personale della magistratura, che tenga conto di un riparto equilibrato tra gli appartenenti ai diversi gruppi linguistici, secondo la consistenza di essi risultante dal censimento della popolazione.
L’adesione ad un gruppo linguistico non è preordinata, né potrebbe ragionevolmente esserlo, risolvendosi in una dichiarazione riservata del singolo cittadino indirizzata all’autorità pubblica. L’art. 20 ter D.p.r. 752/76 disciplina modalità ed effetti di tale dichiarazione che deve considerarsi come atto personalissimo, non coercibile né condizionato, con il quale l’interessato si esprime secondo un sentimento di appartenenza che nessuno può sindacare. A tutela della riservatezza di tale dichiarazione sono fissati rigidi presidi normativi.
Certo, ai fini dei concorsi pubblici la questione assume una rilevanza esterna, perché sulla base della consistenza dei gruppi linguistici viene concepito il riparto dei posti e, salvo alcune deroghe, ciascun candidato concorre in relazione al gruppo linguistico di appartenenza. Va segnalata in questo senso una recentissima modifica, che interessa tutti i concorsi pubblici, incluso quello in magistratura: sino ad ora l’inquadramento in un gruppo linguistico non era di ostacolo all’uso nelle prove di concorso di una lingua diversa; sicché poteva darsi il caso di soggetti appartenenti al gruppo linguistico tedesco (tali essendosi dichiarati ai sensi dell’art. 20 ter D.p.r. 752/76) che, del tutto legittimamente, sostenevano le prove in italiano. Per effetto della riformulazione dell’art. 20 D.p.r. 752/76 (avvenuta con d.lgs. 15.5.2023, n. 65) da ora in avanti le prove di esame dovranno essere tenute nella lingua del gruppo linguistico di appartenenza: chi dichiara di appartenere od essere aggregato al gruppo tedesco dovrà svolgere almeno una delle prove scritte e l’orale in tedesco; lo stesso vale per l’italiano.
Come è intuibile, il tema del bilinguismo si intreccia con la necessità di dare effettività alla tutela dei diversi gruppi linguistici che coesistono nella Provincia Autonoma di Bolzano. Ciò impone, nei rapporti con le autorità pubbliche e quindi anche in ambito giudiziario, che sia assicurata la possibilità di utilizzare sia l’italiano che il tedesco.
Gli articoli 13 e seguenti del D.p.r. 574/88 prevedono l’uso di entrambe le lingue in tutti i procedimenti giudiziari; per quanto riguarda la giurisdizione penale l’utilizzo dell’una o dell’altra lingua dipende dalla indicazione fornita dalla persona sottoposta ad indagine alla autorità procedente e la violazione di tale garanzia è accompagnata da una nullità, ai sensi dell’art. 18 bis D.p.r. 574/88, il cui regime varia a seconda dei casi.
Se dunque il presupposto è quello del bilinguismo, potendo essere svolti i procedimenti giudiziari in entrambe le lingue, è necessario disporre di personale adeguato, che abbia conoscenza sia dell’italiano che del tedesco. Ciò incide sui meccanismi di selezione, nel senso che il presupposto stesso per la partecipazione al concorso è la conoscenza certificata di queste due lingue. L’art. 1 D.p.r. 752/1976 prevede a tal fine che: «La conoscenza della lingua italiana e di quella tedesca, adeguata alle esigenze del buon andamento del servizio, costituisce requisito per le assunzioni comunque strutturate e denominate ad impieghi nelle amministrazioni dello Stato, comprese quelle con ordinamento autonomo, e degli enti pubblici in provincia di Bolzano… Lo stesso requisito è richiesto per il personale degli uffici giudiziari e degli organi ed uffici della pubblica amministrazione con competenza regionale aventi sede in provincia di Trento…». Le successive disposizioni disciplinano le modalità di accertamento della conoscenza di entrambe le lingue, in base al titolo di studio conseguito, ad un esame di lingua tenuto davanti ad una apposita commissione presso la Provincia (rilascio del cd. patentino di bilinguismo) o ad altra certificazione equipollente. Nell’ambito del quadro europeo di conoscenza delle lingue straniere, il livello richiesto per la partecipazione al concorso in magistratura è C1.
2. Per quanto nello specifico riguarda il concorso in magistratura, la relativa disciplina è regolata dagli articoli 33 e seguenti del D.p.r. 26.7.1976 n. 752.
Gli articoli 33 e 34 riguardano la ripartizione dei posti tra i gruppi linguistici e l’aggiornamento della pianta organica.
L’art. 35 prevede che il numero dei posti da mettere a concorso, in relazione alle vacanze, venga determinato dal Ministro della Giustizia, previa delibera del Consiglio Superiore della Magistratura di intesa con la Provincia Autonoma di Bolzano. Anche la selezione della Commissione di esame è stabilita dal Consiglio Superiore della Magistratura di intesa con la Provincia di Bolzano, con la individuazione di sei componenti (quattro magistrati e due professori universitari) che conoscano entrambe le lingue, di cui tre appartenenti al gruppo tedesco e tre a quello italiano. Ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 35 il concorso si svolge a Roma.
Rispetto alle prove di concorso, che sono le stesse previste per il concorso ordinario, l’art. 36 introduce un elemento aggiuntivo, specificando che esse «devono tener conto del particolare ordinamento giuridico-amministrativo della provincia di Bolzano».
L’art. 37 specifica che la copertura dei posti vacanti negli uffici giudiziari di Bolzano può avvenire solo da parte di magistrati che abbiano superato il concorso indetto nella provincia di Bolzano ed ivi abbiano svolto il relativo periodo di tirocinio: ciò implica che non sono consentiti trasferimenti presso la sede di Bolzano di magistrati che abbiano superato il concorso ordinario, neppure se muniti di certificazione linguistica che assicuri il bilinguismo. Eventuali scoperture possono essere colmate con applicazioni temporanee disposte dal Presidente delle Corte d’Appello o dal Procuratore Generale competenti (appartenenti alla Corte d’Appello di Trento, di cui Bolzano è sezione distaccata), per un periodo non superiore ad un anno e attraverso la preferibile individuazione di magistrati che conoscano la lingua tedesca. L’art. 38 ribadisce a favore dei magistrati di Bolzano la garanzia della inamovibilità come anche la disciplina sulle incompatibilità. I trasferimenti a domanda per coloro che sono stati immessi in ruolo a Bolzano sono possibili solo dopo dieci anni.
Si trae da questo insieme di disposizioni l’impronta di un sistema fortemente protettivo: accanto alla sfera dei diritti - doveri che riguardano tutti gli appartenenti all’ordine giudiziario, si pone la necessità di un rigido percorso interno, con la permanenza obbligatoria presso gli uffici giudiziari di Bolzano per un periodo decisamente più lungo rispetto alla mobilità altrimenti riservata ai magistrati ordinari. Tale impostazione, con l’obbligo di permanenza minimo di dieci anni, è stata ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale con la sentenza 22 luglio 2002 n. 372: nel bilanciamento tra questa previsione normativa e la tutela delle esigenze sottese alla legge 104/92 (legge quadro sulla assistenza delle persone portatrici di handicap) la Corte Costituzionale ha affermato la prevalenza dell’art. 38, evidenziando l’importanza della stabilità nel tempo della funzione per la tutela del bilinguismo e dei gruppi linguistici e ritenendo comunque recessive le previsioni della legge 104/92, che in ogni caso non garantiscono un trasferimento incondizionato del dipendente pubblico, ricorrendo la stessa legge alla perifrasi «ove possibile» [la sentenza va segnalata perché riguardava proprio il caso di un magistrato, vincitore del concorso riservato alla Provincia di Bolzano, che aveva chiesto il trasferimento a Genova prima del decorso dei dieci anni previsto dalla legge, invocando l’applicazione della legge 104].
L’istituzione di organismi europei chiamati ad esercitare funzioni giurisdizionali direttamente negli Stati membri è destinata comunque ad incidere, almeno in parte, su questo quadro. Nell’ambito della giurisdizione penale, ad esempio, la Procura Europea ha competenza unica nazionale per i reati che offendono gli interessi finanziari dell’Unione Europea (reati di cui alla Direttiva UE 2017/1371, cd. Direttiva Pif): rispetto ai procedimenti penali che rientrano nella sua sfera di attribuzione la Procura Europea esercita i propri poteri anche nell’ambito della sede giudiziaria di Bolzano, senza che possano essere opposte le limitazioni derivanti dallo Statuto e dalle relative disposizioni di attuazione. Del resto, la istituzione della Procura Europea trae origine da un regolamento comunitario (Reg. UE 2017/1939) che ha a sua volta la propria base legale nel Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (art. 86 TFUE): anche sul piano della gerarchia delle fonti, non dovrebbe sussistere dubbio circa la prevalenza della disciplina comunitaria sulla difforme regolamentazione interna.
3. Il Tirolo è un’area che si sviluppa tra Italia ed Austria, la geografia odierna è la risultante di un assetto definito alla fine della prima guerra mondiale.
L’inclusione del Sud Tirolo in Italia non è stata un percorso indolore.
La popolazione locale è stata esposta a tentativi di sradicamento culturale nel periodo fascista, con forme di italianizzazione forzata a partire dalla imposizione della lingua nelle scuole.
Vi sono stati atti di incredibile violenza sul territorio, come la formazione di un lago artificiale per l’alimentazione di una centrale idroelettrica che nei primi anni ‘50 sommerse il paese di Curon: ne è rimasto, unica testimonianza visibile, il campanile della Chiesa di Santa Caterina, che emerge dalle acque, icona di tutto quello che non c’è più.
Su queste vicende nel 2018 lo scrittore Marco Balzano ha pubblicato per Einaudi un bellissimo romanzo, Resto qui.
Anche il Sud Tirolo è stato bagnato dalla scia di sangue del terrorismo indipendentista: tra il 1956 ed il 1967 vi è stata una lunga catena di attentati con la uccisione di 17 appartenenti alle forze dell’ordine, in una cornice peraltro di tensioni, a tratti di fratture, tra Italia e Austria. Una coda di violenze di matrice terroristica si è avuta sino agli anni ’80, con una saldatura - così si evince dalle cronache - tra eversione nera e criminalità organizzata, in modo non dissimile a quanto verificatosi in altri contesti territoriali.
Dietro l’assetto odierno vi è un lungo percorso politico e istituzionale: dal patto De Gasperi-Gruber del 1946, con il quale si preservarono i confini del 1919 con la garanzia per il Sud Tirolo di quella autonomia che l’esperienza fascista aveva sottratto, sino all’ingresso dell’Austria nell’Unione Europea nel 1995, le tappe di sviluppo intermedio sono state numerose. Fondamentale è stata l’approvazione dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige, nel 1972, nel quale la tutela dei gruppi linguistici e la garanzia del bilinguismo sono stati assicurati.
Accanto agli assetti istituzionali un ruolo di coesione fondamentale è costituito dal formante culturale. Lo sforzo di adattamento sul piano amministrativo ad un territorio così eterogeneo non si sarebbe potuto realizzare senza che fossero plasmati percorsi di formazione adeguati.
L’Università di Innsbruck ha rappresentato in questo senso un avanzatissimo esperimento culturale, il banco di prova per una vocazione intellettuale aperta e consapevole, capace di contribuire al progresso della società.
La storia di questa università, almeno per quanto riguarda il percorso di studi giuridici, si intreccia con lo sviluppo della autonomia riconosciuta al Sud Tirolo: la specificità dell’assetto istituzionale richiedeva nel corpo delle articolazioni pubbliche, inclusa la magistratura, personale qualificato, in grado di governare gli strumenti giuridici del diritto italiano, conoscendo le peculiarità dell’ordinamento territoriale ed utilizzando indifferentemente la lingua italiana e tedesca. Tutto ciò richiedeva un bagaglio di conoscenze non alla portata di chiunque e soprattutto estraneo ai percorsi di formazione seguiti in Italia.
Parlare di scambi universitari e riconoscimento di titoli accademici esteri non è certo una novità, al giorno di oggi. Lo era però in un passato neanche troppo lontano, soprattutto per gli studi giuridici, tutti orientati verso il diritto interno, dove anche la conoscenza delle lingue era spesso recessiva.
Negli anni ’70, dopo l’approvazione dello Statuto speciale, il problema della formazione del personale delle amministrazioni pubbliche nel Sud Tirolo venne risolto non con la costituzione di una apposita università a Bolzano ma avviando percorsi formativi di diritto italiano nella università austriaca di Innsbruck. Negli anni la struttura si è progressivamente rafforzata, sul piano formativo come su quello della organizzazione. Centrale si è rivelato l’accordo siglato con l’Università di Padova, con programmi integrati, svolgimento della didattica sia in italiano che in tedesco, riconoscimento di esami e del titolo di studio finali, circolazione dei professori. Opera attualmente ad Innsbruck un Istituto di diritto italiano, a coronamento di un percorso iniziato oltre 40 anni fa, che fa di questa università il precursore di un modello con una forte vocazione internazionale, oltre a costituire una fucina culturale per tutta la regione del Tirolo e ad essere la scuola di formazione per molti tra coloro che nella Provincia di Bolzano sono investiti di funzioni pubbliche [una analisi completa sul contributo che l’università di Innsbruck ha dato allo studio del diritto italiano è offerta dallo scritto di Esther Happacher, Das Studium des Italienischen Rechts an der Universität Innsbruck: Geschichte, Gegenwart, Zukunft, in 350 Jahre Universität Innsbruck – Regionale Ausstrhalung und europäische Vernetzung, Nomos, 2020].
4. Una architettura di questo tipo non era scontata.
Non è facile la coesistenza di popoli con lingua, tradizione, senso di appartenenza diversi. La storia anche recente offre ampia testimonianza di come le tensioni legate a situazioni di questo tipo si combinino tra loro in una spirale violenta.
Quanto accaduto in Bosnia negli anni ’90, il cui punto di maggiore orrore è stato l’eccidio dei musulmani bosniaci a Srebrenica nel luglio 1995, costituisce una macchia indelebile nella storia d’Europa. Anche quella era una regione abitata da popolazioni diverse, con tradizioni religiose oltre che culturali differenti, che per alcuni decenni avevano convissuto all’interno di una struttura statale unitaria, la ex Jugoslavia, prima che la guerra civile spazzasse via tutto.
Nel panorama delle tante guerre che attraversano il mondo è passata in secondo piano l’evacuazione forzata cui è stata sottoposta negli scorsi mesi la popolazione armena del Nagorno-Karabakh, sotto la pressione militare della Repubblica azera, che si è impossessata di un territorio coabitato da azeri e armeni e conteso da anni.
E poi ci sono i curdi, stretti e sempre protesi alla tutela della propria identità tra paesi ostili, la Turchia, la Siria, l’Iraq settentrionale.
Gli esempi potrebbero moltiplicarsi, girando il mappamondo e toccando con il dito ogni continente della Terra.
Per questo la storia del Tirolo, pur con le sue cicatrici, è una storia esemplare.
L’impronta che ha portato alla struttura attuale reca da principio la firma di due uomini illuminati, Alcide De Gasperi e Karl Gruber. I profili biografici di entrambi sono emblematici per comprendere qualità, statura e lungimiranza degli statisti. Ci sono le figure politiche ed istituzionali che nel tempo si sono impegnate per un ordinamento a tutela delle comunità presenti, come i pionieri dell’università di Innsbruck, che hanno avuto cura della formazione culturale di persone destinate ad operare in un paese diverso.
Riecheggiano, osservando l’evoluzione che in questo secondo dopoguerra ha conosciuto la storia del Tirolo, gli insegnamenti della Pace perpetua. Democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e pace sono i tre anelli di un movimento storico congiunto, convergenti l’uno verso l’altro. Per Kant la vera garanzia della pace (che per essere “perpetua” non può confondersi con una transitoria sospensione delle ostilità) è data dal federalismo, una federazione di Stati liberi (foedus pacificum) che crei le condizioni per una civitas gentium universale, aperta a nuovi entranti e capace di estendersi a tutti i popoli della Terra [Kant, Per la pace perpetua, edizione Feltrinelli 2022, nella traduzione di Roberto Bordiga, con i saggi di Salvatore Veca e Alberto Burgio].
Solo in ordinamenti a base democratica e con una spiccata attenzione alla salvaguardia dei diritti dell’uomo potevano garantirsi i diritti delle minoranze, facendo prevalere le ragioni della pace su quelle della prevaricazione e del conflitto. Il federalismo, con l’adesione di Italia ed Austria all’Unione Europea, ha compiuto il percorso, facendo da collante per tutte le comunità.
Il vento della Storia nel Tirolo ha soffiato in questa direzione.