Il Decreto Legge 21 giugno 2013 n.69 è apprezzabile innanzitutto perché abbandona l’illusione che il problema dei tempi e dell’efficacia della giustizia, in particolare civile, derivi principalmente dalla disciplina del processo.
L’idea strategica sottostante è che il terreno dell’organizzazione e della dotazione di risorse qualificate sia quello vincente e, al di là della debolezza e incongruità di alcune delle soluzioni prescelte, è questo il campo su cui occorre misurarsi.
Per questo abbiamo provato, partendo da alcune esperienze positive svolte in uffici giudiziari, a delineare proposte migliorative ed emendamenti al Decreto Legge che sottoponiamo al confronto.
La creazione dell’ufficio del processo, sia pure oggi realizzato parzialmente solo con stagisti, è la prima seria risposta allo stato di abbandono in cui versano i magistrati italiani, privi di uno staff di collaboratori.
La solitudine del giudice italiano non gli consente in alcun modo di gestire il ruolo e certamente rende impossibile la speranza di aggredire l’arretrato; è dunque essenziale incidere sui moduli organizzativi del lavoro del giudice.
La possibilità di effettuare stages formativi presso gli uffici giudiziari, abilitanti al concorso in magistratura e ad altri concorsi, nella sostanza introduce in nuce una figura di assistente al giudice.
Le esperienze finora effettuate, principalmente a Firenze e a Milano, hanno dato risultati entusiasmanti e, se generalizzate, potrebbero dare una seria possibilità di ridimensionare sensibilmente l’arretrato: un aumento di produttività, come sentenze, rispettivamente del 55 % e del 17 %, un miglioramento della qualità del lavoro, una pressoché unanime soddisfazione dei magistrati e degli stagisti interessati.
Queste esperienze permettono di individuare le seguenti caratteristiche comuni: a) individuazione di mansionari delle attività degli assistenti (riprese poi nelle delibere sul tema dal Consiglio Superiore delle Magistratura); b) inserimento dei tirocinanti nei processi di informatizzazione degli uffici, specie nel PCT; c) partecipazione dei tirocinanti alle ricerche giurisprudenziali ed alla redazione di bozze di atti e provvedimenti; d) possibilità di rendere partecipi i tirocinanti anche dei primi esperimenti di massimazione delle sentenze e di costruzione banche dati di merito; e) apertura di un dialogo continuo e proficuo con gli ordini degli avvocati e le università, sia sugli aspetti formativi per i tirocinanti sia sulle problematiche organizzative degli uffici, alle quali i tirocinanti inevitabilmente assistono; f) utile raccordo tra il magistrato e le cancellerie.
E’ sicuramente l’aspetto di formazione di cultura comune condivisa, sia sulle questioni giuridiche, sia sui temi dell’organizzazione, che ha costituito il fulcro delle sperimentazioni sino ad oggi effettuate negli uffici giudiziari italiani.
Ma al di là dell’utilità per gli uffici giudiziari va sottolineata la fortissima valenza formativa che una tale esperienza di durata significativa rappresenta per dei giovani laureati: si tratta di veri e propri master che completano ed integrano una formazione universitaria fondamentalmente teorica e che costituiscono canale di accesso privilegiato per accedere alla professione di magistrato o di avvocato.
Aiutare la giustizia puntando sui giovani è un bel messaggio che possiamo e dobbiamo dare.
Le modifiche che proponiamo agli articoli relativi agli stages formativi hanno diversi fini:
- estendere a tutti gli uffici giudiziari questi tirocini, onde allargare la platea disponibile, pur lasciando una preferenza per il settore civile. Non vi sono problemi di riservatezza o segretezza tali da escludere le Procure o il settore penale, dati i doveri e obblighi che ricadono sui tirocinanti;
- centralizzare la gestione dei tirocini in capo agli uffici giudiziari e ai loro dirigenti, per evitare personalismi e garantire una gestione responsabilizzata sia quanto all’assegnazione, sia quanto ai momenti di formazione, sia in relazione al monitoraggio;
- assicurare la continuità con gli stage già in corso, qualora siano rispettati i requisiti dati dalla legge;
- coinvolgere nel coordinamento, in caso di praticanti o specializzandi, gli Ordini degli Avvocati e le Scuole di specializzazione;
- prevedere un limite minimo di permanenza onde dare un crisma di serietà e durata;
- valorizzare e dare un ruolo nell’ufficio per il processo alla magistratura onoraria.
A nostro avviso è sull’ufficio per il processo che occorre puntare anche nelle Corti di Appello ed in Cassazione, senza correre il rischio di ripetere esperienze negative come le “sezioni stralcio” e senza creare nuove figure ordinamentali quali gli assistenti di studio in Cassazione.
La disciplina delineata con i nuovi giudici ausiliari in Corte d’Appello è costosa e crea una nuova figura di magistrati onorari che si affiancano per dieci anni a quelli esistenti, i G.O.T, che attendono da anni invano un assetto definitivo.
Per contro le esperienze di stage e tirocini anche in Corte d’appello ( ad es. Napoli) e in Corte di Cassazione insegna che la strada migliore, non straordinaria, è quella di costituire l’ufficio per il processo anche nei gradi superiori.
La norma che proponiamo ha la finalità di consentire un pieno e migliore funzionamento dell’istituendo ufficio del processo attraverso l’assistenza del giudice onorario di tribunale, grazie alla valorizzazione della sua professionalità acquisita nell’esercizio dell’attività giurisdizionale (previa valutazione positiva del Consiglio Giudiziario), e alla previsione dell’incompatibilità con altre professioni (che garantisce continuità nell’attività).
In previsione della generale riforma della magistratura onoraria, l’attribuzione di compiti ausiliari anche in Corte di Appello consente di sperimentare (attraverso la facoltatività dell’accesso alle funzioni di assistenza), una nuova forma di collaborazione con la magistratura professionale, ottimizzando il contributo della magistratura onoraria e risolvendo le criticità attuali.
L’attività sostitutiva del G.O.T. in udienza, infatti, viene limitata a vantaggio di una prevalente attività di collaborazione in seno all’ufficio, e sottoposta, comunque, ad un più puntuale controllo da parte del magistrato affidatario.
L’attività di assistenza del G.O.T., sotto la direzione del giudice affidatario, può esprimersi anche nella fase iniziale di formazione dei tirocinanti e, successivamente, nel coordinamento della loro attività di collaborazione, al fine di realizzare una maggiore efficienza dell’ufficio.
La disciplina della retribuzione ha il merito di non gravare la finanza pubblica di nuovi o maggiori oneri: la misura dell’indennità corrisponde a quella già in vigore (equiparando il criterio di liquidazione a quello previsto attualmente per i vice procuratori onorari), e la diversa attività svolta dal G.O.T. in seno all’Ufficio del Processo non si cumula a quella già esercitata.
Infine, sulla istituzione di un ruolo di magistrati assistenti di studio della Corte di cassazione, prevista dall’articolo 74 del decreto legge 69/2013 - pur apprezzando come essa sia mossa dal lungimirante intento di costituire anche in Cassazione un primo nucleo di ufficio del processo -si devono segnalare rilevanti criticità.
A prescindere dall’assoluta indeterminatezza delle funzioni a cui tali magistrati dovrebbero essere destinati (funzioni la cui definizione è interamente rimessa al Primo Presidente, sentito il Procuratore Generale), appare concreto il rischio che i medesimi non siano in condizione di contribuire efficacemente né al lavoro individuale dei singoli consiglieri - perché l’esiguità del rapporto tra il numero di assistenti di studio ed il numero dei consiglieri addetti al civile è incompatibile con lo schema organizzativo del supporto individuale al giudice, tipico dell’ufficio del processo (e dell’ esperienza di altre corti supreme) - né all’attività di ricerca e studio necessaria per le Sezioni nel loro complesso, perché il lavoro degli assistenti di studio finirebbe con il sovrapporsi all’attività del Massimario.
Meglio sarebbe, allora, investire sul Massimario, ampliandone l’organico e attribuendo ad una parte dei suoi componenti la possibilità di integrare i collegi; un Massimario potenziato nell’organico, parzialmente coinvolto nell’esercizio della giurisdizione ed informaticamente attrezzato potrebbe infatti costituire la base di un più fecondo processo di riorganizzazione complessiva del lavoro della Cassazione.
Per contro, sul versante dell’ufficio del processo, si possono valorizzare anche in Cassazione - soprattutto nell’attività delle sezioni incaricate dell’esame preliminare dei ricorsi ai fini della relativa definizione in sede camerale - le esperienze degli stages formativi di giovani laureati; esperienze già positivamente sperimentate ed alle quali la nuova disciplina può offrire sicure prospettive di sviluppo.
Con le somme complessivamente risparmiate ( per i giudici ausiliari sono stanziati circa 6 milioni annui) si potrebbero sia pagare i Giudici onorari, sia garantire ai giovani laureati meno abbienti borse di studio.