Con il d.m. 15.10.2012 n. 209 pubblicato sulla G.U.284 del 5.12.2012, sono state apportate alcune piccole modifiche alle cd. regole tecniche del Processo Civile Telematico (PCT), di cui al d.m. 44/2011.
Con il semplice inserimento della locuzione "da parte dei soggetti abilitati esterni" all'art. 35 del d.m. 44/11, è stato, infatti, adeguato il testo delle regole tecniche a quanto già previsto in linea generale dal C.A.D. (Codice Amministrazione Digitale: d.lgs. 7.03.2005 n° 82) e, in precedenza, dal d.p.r. 13 febbraio 2001, n. 123, sancendo definitivamente (e così superando i dubbi interpretativi che erano stati sollevati da più parti) che i documenti informatici redatti dai "soggetti abilitati non esterni", e cioè, in primis, dai giudici, non necessitano, per avere pieno valore legale, di alcun decreto del dirigente del DGSIA del Ministero della Giustizia.
Nel contempo, la diffusione dell'applicativo Consolle del Magistrato ha subito una brusca accelerazione e il suo utilizzo sta decisamente aumentando negli Uffici Giudiziari, di primo e anche di secondo grado, grazie anche alle ultime modifiche migliorative.
Possiamo, così, affermare che il PCT, da grande progetto sulla carta e interessante argomento di convegni, sta davvero diventando realtà.
È naturale, quindi, che il passaggio alla gestione telematica del procedimento, stia provocando una vera e propria rivoluzione nei comportamenti e nelle prassi di tutti gli operatori del diritto.
Basti pensare, ad esempio, che il giudice che usa Consolle (a meno che non abbia la disponibilità di un assistente, ma si tratta di casi molto rari) redige da solo il processo verbale dell'udienza, sintetizzando la verbalizzazione delle deduzioni delle parti.
Il vantaggio, per il processo, è ovvio: verbalizzazioni più snelle, comprensibili anche graficamente, tutte sempre a disposizione del giudice e delle parti nel fascicolo elettronico che si forma automaticamente, anche da casa o dallo studio, con conseguente deciso sgravio del lavoro della cancelleria.
Nel codice di procedura, però, vi sono alcune norme che, almeno apparentemente, impediscono una piena – potremmo dire – "decartolarizzazione" del processo verbale.
Mi riferisco, in particolare, a quelle norme che prevedono la sottoscrizione del verbale da parte di altri soggetti (diversi dal giudice) intervenuti all'udienza.
A norma dell'art. 126 c. 2 c.p.c., infatti, "il processo verbale è sottoscritto dal cancelliere. Se vi sono altri intervenuti, il cancelliere, quando la legge non dispone altrimenti, dà loro lettura del processo verbale e li invita a sottoscriverlo. Se alcuno di essi non può o non vuole sottoscrivere, ne è fatta espressa menzione".
L'art. 207 c.p.c., inoltre, dispone che "dell'assunzione dei mezzi di prova si redige processo verbale sotto la direzione del giudice. Le dichiarazioni delle parti e dei testimoni sono riportate in prima persona e sono lette al dichiarante che le sottoscrive".
Come sappiamo, in conseguenza delle note carenze d'organico del personale amministrativo, la stragrande maggioranza dei processi verbali d'udienza non sono né redatti né sottoscritti dal cancelliere.
Ci si chiede, allora, se sia possibile omettere la sottoscrizione anche delle altre parti intervenute e, in special modo, dei testimoni e di chi presta interrogatorio formale o giuramento.
La Cassazione ha più volte ribadito che la mancata assistenza del cancelliere nella formazione del processo verbale di udienza o la sua omessa sottoscrizione non comportano l'inesistenza o la nullità dell'atto, in quanto la funzione del cancelliere ha soltanto natura integrativa di quella del giudice e le predette mancanze non incidono sull'idoneità dell'atto al concreto raggiungimento degli scopi cui è destinato (Cass. civ., sez. trib., 20-04-2007, n. 9389, Cass. civ., sez. lav., 25-05-1996, n. 4849, Cass. civ., 13-01-1984, n. 290, Cass. civ., 25-05-1983, n. 3599).
E Cass. civ., 09-03-1984, n. 1639 ha precisato che il verbale d'udienza fa fede sino a querela di falso, senza che l'eventuale mancata assistenza del cancelliere nella formazione di esso ovvero il difetto di sottoscrizione da parte dello stesso incida sul concreto raggiungimento degli scopi cui l'atto è destinato e comporti inesistenza o nullità dello stesso.
Cass. civ. Sez. lavoro, 03-09-2003, n. 12828, sollecitata sul punto specifico della mancata sottoscrizione delle dichiarazioni rese dai testimoni, ha estesamente così ricostruito il problema:
• il verbale d'udienza costituisce atto pubblico che fa fede fino a querela di falso della sua provenienza dal pubblico ufficiale che lo forma e delle dichiarazioni rese dalle persone intervenute.
• di conseguenza, la mancata sottoscrizione da parte dei testimoni delle dichiarazioni da loro rese o la mancata lettura da parte del giudice della verbalizzazione delle loro dichiarazioni costituisce mera irregolarità della prova testimoniale espletata e non già sua nullità, presumendosi, sino a querela di falso, che quanto verbalizzato corrisponda quanto dichiarato al giudice dai testi escussi (v. Cass. 19 dicembre 1991 n. 13671).
• tale irregolarità, assimilabile a una nullità relativa, ai sensi dell'art. 157 c.p.c., secondo comma, dev'essere denunciata dalla parte interessata al momento dell'espletamento, ossia al momento in cui il giudice, preso atto dell'istanza della parte e del suo interesse a proporla, può procedere alla reiterazione della prova in modo formalmente regolare.
• la mancata sottoscrizione del verbale ad opera della parte personalmente intervenuta in udienza non riceve specifica sanzione normativa (Cass. n. 13671 del 1991 ribadita da ultimo daCass., sez. II, 18-04-2011, n. 8874).
Accertato, dunque, che la mancata verbalizzazione costituisce mera irregolarità e comunque non riceve alcuna sanzione, viene da chiedersi se sia possibile, ad oggi, procedere sistematicamente alla redazione del processo verbale telematico di assunzione delle prove orali, senza quindi far sottoscrivere ai testi (debitamente identificati) e alle parti le loro dichiarazioni.
Concretamente si potrebbe:
1) redigere il verbale telematicamente mediante Consolle del Magistrato, senza far sottoscrivere il teste, e inserire una clausola che indichi che il verbale è redatto telematicamente e che il teste, magari in quanto privo di firma digitale, o in quanto il sistema non prevede l'apposizione di firma digitale da parte di soggetti diversi dal giudice, è tecnicamente impossibilitato a firmare e dunque "non può sottoscrivere" secondo quanto previsto dall'art. 126 c.p.c..
2) redigere il verbale telematicamente, senza far sottoscrivere il teste e senza aggiungere alcunché. In assenza di contestazioni immediate della parte interessata, secondo le decisioni sopra richiamate, il verbale fa fede fino a querela di falso di quanto in esso riportato. Se dovessero sorgere contestazioni, non resterebbe che la terza alternativa e cioè:
3) redigere il verbale sempre mediante l'applicativo Consolle, ma stamparlo e farlo sottoscrivere ai dichiaranti, in modo tale da creare un originale cartaceo.
Nulla vieta, in questo caso, di procedere al deposito telematico del verbale non sottoscritto, così inserendolo anche nel fascicolo informatico e in modo da consentire alla cancelleria, se del caso, la comunicazione telematica alle parti e comunque, in ogni caso, in modo da rendere possibile alle parti la consultazione del verbale tramite il Portale dei Servizi Telematici del Ministero della Giustizia (o i punti d'accesso privati).
La versione telematica del verbale costituirebbe, però, una mera copia non sottoscritta dell'originale cartaceo.
La terza alternativa, senz'altro più aderente al dato codicistico, risulta essere macchinosa e, per quanto ciò non comporti conseguenze, implica la creazione di un verbale cartaceo e di una copia informatica che è, però, priva delle sottoscrizioni dei testi e del giudice.
A ciò si potrebbe ovviare imponendo alla cancelleria di scansionare l'immagine del verbale cartaceo e poi di inserirlo nel fascicolo informatico dal registro di cancelleria (SICID), ma, oltre ad un notevole aggravio di tempo, il file immagine che ne deriverebbe non sarebbe "navigabile", nel senso che non permetterebbe al giudice e alle parti la possibilità di copiare (per poi riutilizzare in altri atti) parti del verbale stesso, perdendosi, così, una funzione essenziale dei documenti informatici.
Di sicuro, la soluzione sub 1) (che non avrebbe gli inconvenienti della terza ed eviterebbe il rischio della seconda soluzione di avere, in caso di contestazione, un verbale in parte sottoscritto e in parte no) comporta la necessità di forzare leggermente l'interpretazione del dato normativo ritenendo chesistematicamente il teste non possa sottoscrivere la propria dichiarazione.
Tale forzatura ermeneutica appare, peraltro, del tutto accettabile.
Da una parte, infatti, va considerato che le norme che impongono la sottoscrizione sono state concepite in epoca in cui la futura esistenza di un Processo Telematico non era umanamente ipotizzabile (non a caso l'obbligo di sottoscrivere il verbale non è presente nel Codice di Procedura Penale del 1988); dall'altra, è tranquillamente sostenibile che, essendo un diritto-dovere per il giudice redigere verbali e atti telematici (in tal senso va inteso l'impegno ad utilizzare Consolle del Magistrato recentemente assunto dai magistrati che hanno richiesto la fornitura di nuovi computer portatili), e non consentendo l'architettura attuale del PCT di associare al verbale telematico una firma digitale (o comunque elettronica) di terzi, il dichiarante risulta davvero tecnicamente impossibilitato a firmare il verbale.
È chiaro, però, che le soluzioni prospettate costituiscono un palliativo rispetto alla vera "cura" che sarebbe certamente costituita dall'adeguamento normativo del codice di rito alla mutata realtà del processo telematico.
Sarebbe, infatti, sufficiente a risolvere i problemi una semplicissima modifica normativa che espunga dal codice l'obbligo di sottoscrizione delle dichiarazioni.
Se, poi, si ritenesse imprescindibile mantenere l'obbligo della sottoscrizione, sarebbe allora possibile (e sicuramente opportuna)un'implementazione del software PCT che consenta l'inserimento di una firma all'interno del verbale telematico, magari consentendo l'utilizzo di strumenti di apposizione della cd. "firma grafometrica", che consentono, cioè, di associare ad un documento elettronico un insieme di dati ottenuti rilevando e digitalizzando l'immagine grafica di una comune firma autografa, del tipo di quelli già utilizzati, ad esempio, negli istituti bancari.