Domenica 10 dicembre si è spento Giuseppe Tarantola.
Non soltanto per noi “superstiti” di quella straordinaria esperienza professionale e umana che è stata l’VIII sezione civile del Tribunale di Milano, e non soltanto per i carissimi amici e valorosi colleghi che sono mancati prima di lui, ma per tutti egli è stato l’esempio concreto di ciò che significa essere magistrato, la prova tangibile che il fondamento della giurisdizione non riposa sul consenso popolare o sul gradimento di questa o quella maggioranza politica, ma sul principio di soggezione del giudice solo alla legge, perché è questa la garanzia che la giurisdizione verrà esercitata imparzialmente nei confronti di tutti senza distinzione.
Esempi di magistrati che hanno tradito questo principio purtroppo non sono mancati, e quando un magistrato cessa di essere fedele alla legge, non possono chiudersi gli occhi o avere indulgenze.
Ma la storia ci insegna che troppo volte singoli episodi e fatti specifici vengono presi a pretesto per trarne ingiustificate generalizzazioni, ignorando o fingendo di ignorare la stragrande maggioranza dei magistrati che, assolvendo con impegno e dedizione il proprio lavoro senza timore di reazioni e senza speranza di vantaggi, pur tra grandi difficoltà hanno saputo assicurare giustizia.
Giuseppe Tarantola, in ognuna delle molteplici funzioni che ha svolto nel settore civile e in quello penale, come pure nell’esercizio di compiti direttivi impegnativi e complessi, è stato appunto uno degli esempi più luminosi. Anche i numerosi messaggi che continuano a pervenire esprimendo il dolore per la sua scomparsa ne costituiscono unanime attestazione.
Egli ha svolto il suo compito, anche in contesti di forte esposizione per la magistratura e in processi estremamente delicati, con la fermezza e la serenità derivanti dalla convinzione che essere soggetti solo alla legge non significa starsene comodamente indisturbati dietro lo scudo protettivo dell’indipendenza, ma significa nutrire la consapevolezza che anche il giudice, nel disegno del costituente, è un tramite per l’attuazione dei valori racchiusi nella Costituzione e per l’affermazione dei diritti.
Gli scritti raccolti nel volume intitolato Nel segno della giustizia, di cui è autore, raffigurano la trama di vita che ha caratterizzato Giuseppe Tarantola come magistrato, come persona e come uomo profondamente permeato del suo ambiente, che non è stato solo il mondo professionale, quello degli affetti familiari e dell’amicizia, ma anche quello del borgo alpino che è stato parte della sua vita e con il quale ha sempre mantenuto i contatti: quel paese posto all’estremo limite della Alpi Retiche, ai piedi dello Stelvio, che gli ha suggerito altri preziosi scritti, immagini e pensieri nel volume Malato di penna, un diario di storie personali, di emozioni e di sentimenti.
Molte cose sarebbero da raccontare di lui. Alcune sono state già dette nei messaggi di cordoglio e nelle commemorazioni apparse subito dopo la sua scomparsa. È stata splendida l’omelia pronunciata per il suo funerale dal sacerdote celebrante nella parrocchia di Santa Francesca Romana a Milano, e ci sarà modo di raccogliere il suo esempio e la sua testimonianza in un ricordo più ampio e compiuto.
Io voglio ricordare che Giuseppe è stato, senza volerlo essere, un maestro, che ha saputo trasmettere a tutti noi serenità e fiducia, mitezza e tenacia con il suo stesso modo di essere e di agire, con la delicatezza che affiora anche dai suoi racconti, dagli album di famiglia di cui ci ha fatto dono, dalle poesie in cui ha raffigurato con arguzia e con affetto volti, amici, storie, luoghi e paesaggi, le montagne a cui era tanto affezionato, quegli scritti e quei pensieri da cui traspare l’immenso affetto per la sua sposa Nicoletta, per le figlie e per tutte le persone che hanno costituito la salda rete della sua famiglia.
Caro Giuseppe, un giorno crudele ti ha rapito senza che avessimo il tempo di ritrovarci nella casa in cui ci accoglievi ogni volta con un grande sorriso e con deliziosi pasticcini, e senza poterci più dare un appuntamento in qualche posto vicino al tribunale, in cui eri solito arrivare, con aria fiera e spavalda, con la toga sulla bicicletta.
Ma è certo che sarai sempre tra noi, sarai davvero per noi il maestro e l’amico indimenticabile.