Sin dalla pronuncia nelle cause riunite Costa-Cifone, la Suprema Corte, sulla questione relativa alla sussistenza del reato di cui all’art. 4 L.n. 401/1989 e sull’eventuale contrasto della normativa nazionale con quella comunitaria (che sancisce la libertà di stabilimento per qualsiasi impresa ed il divieto di porre ingiustificate limitazioni alla libera circolazioni di beni e servizi all’interno del territorio comunitario), in estrema sintesi, ha :
- ritenuto pienamente legittima la più restrittiva normativa italiana – certamente idonea a creare sbarramenti oggettivi e soggettivi all'esercizio dell’attività di stabilimento che non ricorrono negli ordinamenti di altri Stati membri - in considerazione di quanto disposto dall'art. 46 del Trattato CE, che consente restrizioni per ragioni di ordine pubblico, sempre ché tali restrizioni siano proporzionate, trasparenti e non discriminatorie ai danni dei cittadini stranieri;
- riconosciuto la peculiare posizione di pregiudizio in cui sono venute a trovarsi le società Stanley International Betting ltd e Stanley Malta ltd, cui è stata equiparato il gruppo Goldbet, nella partecipazione alle gare indette per il rilascio delle concessioni;
- stabilito la "sopravvivenza" del reato nella ipotesi in cui l’esercente sul territorio, non collegato a tali società,abbia svolto l’attività senza le autorizzazioni necessarie;
- chiarito che la posizione di discriminazione che ha caratterizzato la “vicenda Stanley”(e Goldbet) non è automaticamente estensibile all’esercente sul territorio che si sia limitato a lamentare genericamente tale “pregiudizio”, senza allegare specifiche circostanze in virtù delle quali egli ritenga che l’allibratore straniero, diverso da Stanley e Goldbet, si sia trovato nella stessa situazione di queste ultime in occasione della partecipazione alle gare per la concessione.
Il punto tuttora controverso è, però, quello relativo al se, nel caso di referente sul territorio italiano dei gruppi Stanleybet e/o Goldbet, l’avere richiesto l’autorizzazione ex art. 88 Tulps sia o meno requisito necessario per la sussistenza o meno del reato.
Ciò perché, se è chiaro che le società Stanley e Gold Bet sono state certamente discriminate in occasione delle gare indette per il rilascio della concessione in Italia, tale pregiudizio non parrebbe potersi automaticamente riverberare sulla posizione dell’esercente sul territorio che non abbia mai chiesto l’autorizzazione ex art. 88 Tulps; situazione ictu oculi ben diversa da quella in cui l’autorizzazione sia stata chiesta, ma negata sol perché il bookmaker straniero sia privo della concessione.
Partendo da tale ultima considerazione, molte corti di merito avevano ritenuto impraticabile la disapplicazione e, conseguentemente, sussistente il reato nel caso in cui il gestore autorizzato sul territorio, anche ove referente di gruppi “discriminati”, non avesse mai richiesto l’autorizzazione ex art. 88 Tulps.
Sul punto, si registrano pronunce della Corte di Cassazione che paiono in contrasto tra loro.
Infatti, in Cass. Pen. Sez. 3, Sentenza n. 42323 del 2013, imputato Mortella + 2, la Corte ha affermato che,“applicando i principi della sentenza Costa-Cifone al caso in esame - nel quale i ricorrenti agivano in forza di un contratto di "ricevitoria Stanley di scommesse sportive", stipulato con la Stanley International Betting Limited, società di nazionalità britannica che svolge attività come allibratore sulla base di una regolare autorizzazione rilasciata dalla competente autorità britannica” - senza prendere (quanto meno espressamente) in considerazione l’aspetto dell’omessa richiesta da parte dell’imputato della autorizzazione ex art. 88 Tulp “deve essere non applicata la disciplina contenuta nella L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 3”.
E ciò nonostante gli appellanti – come si dava atto nella sentenza della Corte d’Appello – non avessero mai chiesto, quanto meno precedentemente alla data della contestazione (unica ritenuta rilevante) – la licenza di pubblica sicurezza di cui all’art. 88 Tulps.
A diversa conclusione è giunta, più di recente, la stessa Corte, Sez. 3, Sentenza n. 12335 del 2014, imp. Ciardo, in occasione della quale, nel confermare una sentenza della Corte d’Appello di Lecce e la già richiamata opzione interpretativa, ha chiarito che “l'art. 4 della legge n. 401 del 1989 può essere disapplicato, con conseguente esclusione del reato a carico dei gestori dei punti di commercializzazione, sia con riferimento alla peculiare posizione della società "Stanley International Betting Ltd", sia con riferimento alla posizione della società GoldbetSportwettenGmbh di Innsbruck, che si caratterizzano, entrambe, per alcune rilevanti e specifiche circostanze: a) la illegittima esclusione dai bandi di gara del 1999; b) la mancata partecipazione alle gare indette nell'anno s2006, nonostante il manifestato interesse, a causa della non conformità del nuovo regime concessorio ai principi del Trattato; c) la successiva presentazione di richiesta di autorizzazione R.D. 18 giugno 1931, n. 773, ex art. 88, richiesta respinta a causa dell'assenza di concessione”.
Diversamente opinando si finirebbe per attribuire una ingiustificata ed irrazionale posizione di favore agli intermediari in Italia delle società straniere (quali Stanleybet e Goldobet) che non si siano mai sottoposti al controllo statuale, omettendo di chiedere la licenza ex art. 88, sul presupposto (sovente neppure dedotto) per nulla scontato che quest’ultima sarebbe stata rifiutata perché la società cui erano collegati non aveva, a sua volta, potuto ottenere in Italia le necessarie concessioni o autorizzazioni a causa di illegittima esclusione dalle gare.
Pubblichiamo una recente sentenza della Corte di Appello di Lecce che ha affrontato esaurientemente la questione.