Quante volte abbiamo pensato che “il valore di un computer sta nei dati che gli vengono messi dentro”!
Riflessione quanto mai attuale tra tutela dei dati sensibili, obsolescenza tecnologica, processo telematico, consegna dei nuovi pc in ufficio e corsi per l’uso di consolle.
E’ da questa considerazione – “lanciata” in realtà dall’autore al lettore a circa metà dell’opera – che bisogna partire per parlare di “Argento vivo”, ultima fatica letteraria di Marco MALVALDI che per una volta ha messo da parte gli omicidi, i vecchietti rompiscatole del “Barlume” e altri ben più illustri personaggi (suo il Pellegrino Artusi-investigatore di “Odore di chiuso”, 2011) per dedicarsi ad un più apparentemente banale furto.
Questa la trama : alcuni ladri svaligiano la villa di Nicola, scrittore alla ricerca dell’ispirazione perduta, portandogli via il portatile dove era contenuta l’unica copia del suo ultimo romanzo (dropbox docet!).
Per compiere il colpo usano la malandata Clio di Stefano, informatico con la testa tra le nuvole e lettore appassionato, dimenticando sotto il sedile dell’auto proprio il computer.
Ritrovata la macchina e scoperta la presenza dell’oggetto, Stefano lo accende, vi ritrova il romanzo e comincia a correggerlo, stizzito per l’ovvietà della trama e segnalando gli opportuni suggerimenti a Nicola con una serie di lunghe telefonate anonime, il tutto sotto gli occhi - all’inizio preoccupati - di Livia e Marta, mogli dei due protagonisti.
Tra indebite sottrazioni, fatti di rilievo non penale (ivi comprese multe e correlate cartelle Equitalia!) e una serie di personaggi di contorno (l’editore di lungo corso e la giovane editor “tutta marketing-poca trama”, la bella e sveglia poliziotta e il non altrettanto sagace suo superiore, il direttore d’albergo e il suo “matematico” gemello, il tecnico in cerca di lavoro), Marco Malvaldi costruisce un rutilante intreccio in cui le tante piccole storie di cui è composto il romanzo si sovrappongono e si snodano con agilità e con gran divertimento del lettore, il tutto con l’ immancabile ironia e le tante incursioni nel mondo della scienza a cui l’autore da tempo ci ha abituato.
Morale della storia?
Anche da piccole vicende nascono profonde trame, rivelandoci che la vita - proprio come le schegge impazzite di mercurio che saltano qua e là quando si rompe un termometro - altro non è che una zona franca fatta di caso, volontà e sentimenti, in cui ogni pezzo (materiale o “umano”) che all’inizio del romanzo sembra fuori posto trova, alla fine della giostra e quasi per magia, la sua giusta dimensione.