Con la sentenza, qui annotata, la suprema Corte ha affermato che sulla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, avanzata in sede di opposizione a decreto penale di condanna, è competente a decidere il giudice per le indagini preliminari e non il giudice del dibattimento.
Con ciò, la suprema Corte si è discostata dal suo precedente arresto n. 25867/16[1], con cui aveva invece affermato che la competenza a decidere spettasse al giudice del dibattimento e non al giudice per le indagini preliminari[2].
Nel caso di specie, l'imputata proponeva opposizione al decreto penale di condanna emesso nei suoi confronti, avanzando in via principale richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova e, in via subordinata, richiesta di giudizio abbreviato.
Con apposita ordinanza, il gip dichiarava inammissibile l'istanza ex art. 464 bis, cpp, ritenendo che «in sede di opposizione non possa essere avanzata richiesta di messa alla prova poiché il suo eventuale fallimento determinerebbe una stasi processuale non rimediabile» e, conseguentemente, rinviava ad altra udienza per decidere in merito alla richiesta di giudizio abbreviato avanzata in subordine.
Contro l'ordinanza del gip, l'imputata proponeva ricorso per cassazione deducendo l'inosservanza di norme processuali e l'abnormità del provvedimento impugnato.
Secondo la ricorrente, infatti, l'ordinanza aveva omesso di considerare che l'art. 464 bis, comma 2, ultimo periodo, cpp, prevede espressamente che nel procedimento per decreto la richiesta di messa alla prova va presentata con l'atto di opposizione.
Le censure mosse dalla ricorrente vengono ritenute fondate dalla Corte che, accogliendo il ricorso, annulla il provvedimento impugnato.
In particolare, i giudici di legittimità riconoscono che l'ordinanza impugnata era stata emessa in evidente violazione di legge, atteso che è lo stesso art. 464 bis, comma 2, ultimo periodo, cpp, a prevedere espressamente che l'istanza di messa alla prova va presentata unitamente all'atto di opposizione.
Pertanto l'ordinanza impugnata andava considerata affetta da una abnormità di tipo funzionale in quanto aveva determinato un decisivo e non più rimediabile nocumento al diritto di difesa dell'imputata, a cui era stato definitivamente precluso l'accesso al beneficio richiesto, avendo il gip, dopo aver respinto l'istanza ex art. 464 bis cpp, rinviato ad una successiva udienza per decidere soltanto sulla richiesta di giudizio abbreviato.
Come già detto, la sentenza in esame merita soprattutto attenzione perché si pone in contrasto con la precedente pronuncia della Corte n. 25867/16.
Con quest'ultima decisione, la Corte aveva affermato che la competenza a decidere sulla richiesta di messa alla prova, avanzata in sede di opposizione a decreto penale di condanna, spettasse al giudice del dibattimento e non al giudice per le indagini preliminari, a differenza di quanto accade per i riti alternativi del patteggiamento e dell'abbreviato, attesa «l'obiettiva diversità della richiesta di messa alla prova rispetto a quella di ammissione a un rito alternativo».
In secondo luogo, la Corte aveva affermato che se venisse ritenuta la competenza del gip, quest'ultimo, del tutto incongruamente, potrebbe venirsi a trovare nelle condizioni di acquisire delle prove relativamente al giudizio che, nel caso di revoca dell'ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova, verrebbe poi celebrato, per la restante parte, dal giudice del dibattimento, così che «il legislatore avrebbe introdotto una nuova ipotesi di incidente probatorio, ulteriormente derogando in maniera tra l'altro non espressa al principio di oralità della prova».
Da ultimo, la Corte aveva precisato che, in caso di revoca dell'ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova, quando l'ordinanza di revoca diventa definitiva, il procedimento riprende il suo corso dal momento in cui era stato sospeso e, dunque, dinanzi «al giudice davanti al quale sarà espletato il giudizio, che nel caso di specie è senz'altro quello dibattimentale».
A queste tre osservazioni, la sentenza in esame muove le seguenti critiche.
Quanto alla prima osservazione relativa alla supposta diversità tra la richiesta di messa alla prova e quella di ammissione a un rito alternativo, la Corte afferma che tale assunto non convince affatto, dal momento che l'istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova è «comunque disciplinato nell'introdotto Titolo V-bis del Libro VI del codice di rito che prevede proprio i procedimenti speciali».
Quanto alla seconda osservazione relativa alla supposta introduzione di una nuova ipotesi di incidente probatorio, la Corte sottolinea che è lo stesso art. 464 sexies cpp, norma del tutto analoga a quella dell'art. 392 cpp, che regola l'incidente probatorio, a prevedere che «durante la sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice, con le modalità stabilite per il dibattimento, acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili e quelle che possono condurre al proscioglimento dell'imputato».
La Corte, poi, sottolinea che l'uso dell'espressione «con le modalità stabilite per il dibattimento», contenuta nell'art. 464 sexies, cpp, parrebbe costituire un'ulteriore riprova del fatto che debba essere proprio il gip a decidere sulla richiesta di messa alla prova, «perché se la competenza fosse – sempre – riservata al giudice del dibattimento, non vi sarebbe stata ragione alcuna per tale precisazione, riservata alle forme da adottare».
Quanto alla terza ed ultima osservazione relativa alla corretta individuazione del giudice davanti al quale il procedimento deve riprendere il suo corso in caso di revoca dell'ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova, la Corte, dopo aver premesso che anche in ordine al rito speciale della messa alla prova il giudice competente a decidere è quello che procede, conclude affermando che tale giudice, nell'ipotesi in cui la richiesta di messa alla prova sia presentata con l'atto di opposizione a decreto penale di condanna, «va individuato nel gip, che avendo la disponibilità del fascicolo è da considerare il giudice che (ancora) procede».
Oltre a questo, la soluzione prescelta dal provvedimento in commento dà all'imputato la possibilità di richiedere eventualmente, in via subordinata, come in concreto verificatosi, «la definizione mediante altri riti alternativi la cui richiesta non risulti ancora preclusa».
In conclusione, credo che si possa dire che la sentenza nel complesso sia assolutamente condivisibile in quanto classifica il nuovo istituto della messa alla prova come procedimento speciale[3], per l'accesso al quale il sistema ha individuato sedi, limiti temporali e scansioni assolutamente analoghi a quelli previsti per l'accesso al patteggiamento o al giudizio abbreviato[4].
[1] Cass. Pen. Sez. I, Sent. 3 febbraio 2016 (dep. 22 giugno 2016), n. 25867, Pres. Vecchio, Rel. Cavallo.
[2] Sull'argomento si veda, volendo, F. Piccichè, La Cassazione decide su messa alla prova in seguito ad opposizione a decreto penale, Questione Giustizia, 29 giugno 2016.
[3] La stessa Corte Costituzionale, con la nota sentenza n. 240/2015, ha sostenuto che il nuovo istituto della messa alla prova deve intendersi, per le sue connotazioni processuali, come «un nuovo procedimento speciale, alternativo al giudizio».
[4] In dottrina, a favore della tesi che attribuisce al giudice per le indagini preliminari la competenza a decidere sulla richiesta di messa alla prova presentata in sede di opposizione a decreto penale di condanna, si sono schierati: Alessandro Pasta, Il Giudice competente a decidere sulla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova proposta con l'atto di opposizione a decreto penale, Cassazione Penale, fasc. 3, 2017, pag. 1152, e Paola Spagnolo, Il diritto dell'imputato ad essere informato sulle alternative processuali: la Corte Costituzionale riduce, ma non elimina le asimmetrie, Giurisprudenza Costituzionale, fasc. 4, 2016, pag. 1427D.