Magistratura democratica
Giurisprudenza e documenti

DSA e strumenti compensativi nei concorsi pubblici

di Vittoria Hayun
avvocata del foro di Firenze

Nota all’ordinanza del Consiglio di Stato n. 3683/2024 

1. Premessa

Uno studente con Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA), non è «affetto», come si legge nell’ordinanza del Consiglio di Stato n. 3683/2024 che qui si commenta, da nessuna malattia, ma apprende in maniera differente. 

I DSA hanno un QI nella norma o superiore, e sono tutelati dalla legge 170/2010[1] e dai successivi decreti e linee guida. 

I Disturbi Specifici dell’Apprendimento sono 4 e sono dislessia (difficoltà nella lettura), discalculia (difficoltà nel calcolo), disgrafia (difficoltà nella scrittura) e disortografia (una grafia poco chiara e lineare). 

E’ possibile che siano presenti tutti e 4 i DSA in contemporanea, o uno solo, o due o tre alla volta. 

Ogni singolo DSA può essere più o meno grave e di conseguenza l’apprendimento di ogni singolo studente può variare ed è per questo che si rende necessario personalizzare le strategie di apprendimento. 

Si nasce, si cresce e si muore DSA, non esiste una “cura”, pertanto è possibile considerare un DSA come una caratteristica dell’individuo, pari all’essere alto, basso, magro o grasso. 

Nel momento in cui uno studente presenta difficoltà di apprendimento, dove solitamente i primi campanelli d’allarme sono la discrepanza tra le ore studiate e i risultati ottenuti, una lettura lenta e poco corretta che può sfociare in un vero e proprio rifiuto di quest’ultima, o ancora in una difficoltà eccessiva nel memorizzare le tabelline, la famiglia si rivolge al pediatra o medico di base per procedere con l’iter per la certificazione.

Solo dopo aver ottenuto la certificazione presso l’ASL o un ente accreditato, come previsto all’3 della legge 170/2010, viene data comunicazione alla scuola del certificato e della necessità di stipulare un Piano Didattico Personalizzato (PDP).

Avere una conoscenza approfondita di questa caratteristica, non pensarla come una malattia, perché tale non è, non pensarla come una disabilità, perché tale non è, e neanche come un disturbo del linguaggio, perché, di nuovo, tale non è, sicuramente è molto utile per evitare che possano verificarsi violazioni di diritti.

Come anticipato, la legge 170/2010 prevede che durante gli anni di scuola, dalle elementari fino all’esame di maturità, lo studente DSA abbia diritto al Piano Didattico Personalizzato (PDP). 

Il PDP è un accordo tra studente, famiglia e scuola in cui vengono concordati gli strumenti compensativi più adatti, vale a dire quegli “ausili” necessari per apprendere in maniera standard e fare in modo che le ore studiate e il voto ottenuto siano proporzionati. 

Quello che ha reso necessario l’intervento legislativo è infatti il sentimento di frustrazione che si veniva a creare nello studente DSA che non riceveva il voto meritato. La stessa norma all’art.1 individue come finalità della legge 170: «b) favorire il successo scolastico, anche attraverso misure didattiche di supporto, garantire una formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle potenzialità; c) ridurre i disagi relazionali ed emozionali».

Per raggiungere tale scopo si rendono necessarie numerose strategie tra cui l’utilizzo degli strumenti compensativi, come ad esempio: le mappe concettuali, utili per non perdere il filo del discorso, il dizionario digitale, fondamentale per trovare più velocemente le parole visto che solitamente un DSA non automatizza l’ordine delle lettere nell’alfabeto, l’utilizzo della calcolatrice per velocizzare il calcolo e ancora l’utilizzo della tavola periodica vista la difficoltà di imparare quest’ultima a memoria. 

Come già detto in precedenza, lo studente DSA non è uno studente che non parla o non apprende, semplicemente apprende in maniera differente e pertanto ha necessità, in una scuola standardizzata, di uno strumento che gli permetta di apprendere come i compagni. 

La legge 170/2010 nasce per tutelare gli studenti con DSA solo nel mondo scolastico e purtroppo si limita ad un solo breve riferimento, all’art.5, al mondo universitario[2].

Oramai la scuola italiana, non senza fatica e sebbene sicuramente sia ancora necessario molto altro lavoro di informazione sul punto, è piuttosto preparata sul tema e fortunatamente sempre più spesso gli studenti DSA si diplomano e si avviano al mondo universitario.  

Terminate le scuole però, quando lo studente DSA deve affrontare concorsi pubblici, ovvero nel caso in cui si debbano affrontare test di ingresso universitari, non vi è un sufficiente quadro normativo a tutela e si rischia, pertanto, di incorrere in profonde ingiustizie. 

Per tutti gli anni della scuola dell’obbligo, infatti, grazie agli strumenti compensativi e al PDP, si è studiata una strategia di apprendimento spesso basata sull’utilizzo di questi ultimi. 

Al termine del percorso scolastico, improvvisamente, tali strumenti vengono tolti e il candidato DSA si trova in una condizione di fortissimo svantaggio. 

 

2. L’ordinanza

Nel caso di specie la studentessa ricorrente aveva fatto richiesta di poter utilizzare gli strumenti compensativi per lo svolgimento del test d’ingresso per accedere al corso di laurea di medicina e chirurgia e al corso di odontoiatria e protesi dentaria.  

Vistasi negata dall’Università la possibilità di utilizzarli, si rivolgeva al TAR del Lazio, il quale negava a sua volta la possibilità di utilizzare gli strumenti compensativi presenti nel PDP concordato a suo tempo durante la scuola superiore. 

Nei concorsi pubblici e nei test di ammissione alle facoltà, è sempre possibile segnalare se si è DSA o meno e si ha diritto al tempo aggiuntivo (33% in più), l’utilizzo della calcolatrice non scientifica, talvolta la lettura ad alta voce da parte di terzi o video ingranditore in alternativa al Lettore, ma, a detta del Ministero dell’Università e Ricerca, non è possibile continuare ad utilizzare gli strumenti compensativi presenti nel PDP quali ad esempio dizionari, formulari o mappe concettuali[3]

Avendo utilizzato gli strumenti compensativi fino all’esame di maturità ed essendo evidentemente consapevole dell’indispensabilità al fine di poter essere messa nelle identiche condizioni degli altri candidati per affrontare il test di ammissione, la studentessa decideva di impugnare l’ordinanza davanti al Consiglio di Stato, chiedendo che le venisse concesso con la massima urgenza l’utilizzo degli strumenti dispensativi e compensativi presenti nell’ultimo PDP concordato con la scuola secondaria di secondo grado di provenienza. 

Il Consiglio di Stato accoglieva l’appello e l’istanza cautelare concedendo alla studentessa la possibilità di utilizzare tutti quegli strumenti presenti nel suo ultimo PDP.

 

3. Riflessioni

L’ ordinanza del Consiglio di Stato n. 3683/2024, in commento è indubbiamente un precedente di grande importanza per i numerosi DSA che dovranno affrontare test di ammissione all’Università o concorsi pubblici, sebbene presenti l’utilizzo di alcuni termini inappropriati come ad esempio «affetto da DSA» che lasciano intuire una conoscenza ancora molto superficiale della materia. 

Privare uno studente con DSA dei propri strumenti compensativi equivale, infatti, a privare un miope dei propri occhiali e pretendere che quest’ultimo veda comunque bene. 

La nostra Costituzione all’art.34 prescrive che «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». Uno studente con DSA può indubbiamente essere uno studente capace e meritevole, ma se privato di strumenti compensativi e dispensativi, si trova privato di quei mezzi che lo metterebbero nelle condizioni di affrontare determinate prove al pari degli altri studenti. 

Ecco perché, come giustamente rilevato dalla difesa, vi è una lesione del principio di cui all’ art. 34 della Costituzione. 

Se ai concorsi pubblici effettivamente la legge 170 non fa alcun riferimento, il suo art. 5 garantisce che per tutto il percorso di istruzione e formazione scolastica vi siano adeguate forme di valutazione e verifica, anche nel caso di test di ammissione al percorso universitario. 

Non si comprende, quindi, perché si ritenga necessario non fornire gli strumenti compensativi e dispensativi agli studenti e futuri studenti che ne possano avere bisogno.

Ecco che questa ordinanza non fa altro che esplicitare e chiarire quanto già affermato dalla legge 170/2010. 

Troppo spesso si teme che fornendo una mappa concettuale piuttosto che una tavola periodica si possa in qualche modo alterare l’esito della prova. 

Proviamo a dare un codice penale, anche commentato, ad un chimico e una tavola periodica ad un avvocato. Successivamente forniamo loro un test, al primo di diritto penale e al secondo di chimica. Si pensa veramente che uno dei due possa superare il test senza aver studiato per la sola presenza di questo strumento compensativo?

Il cittadino DSA ha il diritto di proseguire negli studi come gli altri e deve essere messo nella condizione di farlo. Questa condizione è strettamente legata al Piano Didattico Personalizzato e all’utilizzo degli strumenti compensativi che ha utilizzato nei lunghi anni di studi. Ma ancor prima è necessario accrescere la conoscenza e la consapevolezza sull’argomento e capire che tra il miope e il dislessico non c’è così tanta differenza, entrambi hanno necessità di strumenti compensativi senza i quali saranno costretti a fare sforzi inutili. 

 


 
[1] https://www.istruzione.it/esame_di_stato/Primo_Ciclo/normativa/allegati/legge170_10.pdf 

[2] «4. Agli studenti con DSA sono garantite, durante il percorso di istruzione e di formazione scolastica e universitaria, adeguate forme di verifica e di valutazione, anche per quanto concerne gli esami di Stato e di ammissione all'università nonché gli esami universitari».

[3] Decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2021, n. 113.

11/07/2024
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