Articoli di Questione Giustizia su avvocatura
Pubblichiamo, con il consenso dell’autore, il testo della mail inviata alla lista “iscritti” di Magistratura democratica, unitamente ai documenti in essa citati
Il contributo – partendo dal rapporto di ricerca sulla cultura giuridica dei giovani magistrati, che compone il fascicolo n. 4/2023 della Rivista trimestrale – esplora due delle principali cause dei lunghi tempi della giustizia in Italia: un eccessivo carico di lavoro dei magistrati, ulteriormente gravato da un arretrato “patologico”, e un elevato turnover. I rimedi non vanno tanto cercati in una nuova riforma del processo, né tantomeno in un contenimento della domanda giudiziaria, quanto piuttosto in una soluzione che coinvolga tutti gli stakeholder del settore giustizia, puntando su potenziamento dell’organico, tecnologia e innovazione.
La riforma del sistema sanzionatorio pone in discussione il “primato del carcere” e prefigura un diverso punto di equilibrio tra istanze retributive e risocializzanti che coesistono nel momento sanzionatorio. Le nuove pene sostitutive potranno riavvicinare il momento dell’esecuzione penale al momento della condanna e decongestionare il carcere. Perché questa svolta modernizzatrice del sistema penale funzioni sono necessarie risorse e soluzioni organizzative; ma, prima ancora, è necessario un nuovo approccio degli operatori giudiziari: anzitutto, da parte di chi – come l’avvocato – si trova istituzionalmente dalla parte della persona che quella pena dovrà espiare.
Recensione a L’avvocato nel futuro (Einaudi 2022) di F. Gianaria e A. Mittone
La riforma dell’ordinamento giudiziario frutto dei lavori della Commissione Luciani appare non solo incapace di risolvere i profili di criticità del nostro sistema, ma anche figlia di una cultura conservativa che contrasta con la necessità di operare un ripensamento del tradizionale paradigma ordinamentale e di realizzare una sua radicale riforma. L’ostilità dimostrata nel tempo da alcuni settori della magistratura verso l’idea del superamento del mero diritto di tribuna in favore di un più accentuato ruolo partecipativo dell’avvocatura nell’organizzazione e nell’amministrazione della giustizia, costituisce soltanto uno dei sintomi di un pericoloso arroccamento che confligge con le aspirazioni di una giustizia moderna, democratica ed aperta alla società. Il riconoscimento dell’insicurezza e del bisogno di giustizia che attraversano la collettività, impone a tutti noi di dare risposte urgenti e concrete perché se manchiamo questa sfida nella società non resteranno che la paura e l’insicurezza, che cercheranno e troveranno soddisfazione altrove, in un non auspicabile ritorno al passato.
I diritti sono una conquista e il loro riconoscimento effettivo la meta spesso lontana di una strada impervia. La ricerca del diritto allo studio e al lavoro si snoda in un racconto che intreccia il vissuto personale di un giovane avvocato con l’evoluzione sociale e normativa del nostro Paese: dalle aperture dell’Avvocatura sull’accesso alla professione alle sfide nel pubblico impiego e, in divenire, in tutto il mondo del lavoro.
Nel progetto di riforma della Commissione Luciani viene istituzionalizzato il diritto di tribuna dei membri laici dei Consigli Giudiziari, cui verrebbe riconosciuto pieno diritto di parola (ma non di voto) in materia di valutazioni di professionalità: forse un’occasione per ridare credibilità all’autogoverno locale, contro la furia iconoclasta imperante in materia di giustizia.
La riforma dell’ordinamento giudiziario così come auspicata dalla Commissione Luciani appare non solo insufficiente a risolvere i profili di criticità del nostro sistema, ma mostra anche nelle sue articolazioni minori, una cultura conservativa che contrasta con la necessità di operare un ripensamento del tradizionale paradigma ed una radicale rivisitazione dell’ordinamento. L’ostilità dimostrata nel tempo da vasti settori della magistratura verso l’idea del superamento del mero diritto di tribuna in favore di un più accentuato ruolo partecipativo dell’avvocatura nell’amministrazione della giustizia costituisce soltanto uno dei sintomi di un pericoloso arroccamento che confligge con le aspirazioni di una giustizia moderna, democratica ed aperta alla società.