Magistratura democratica
cinema e letteratura

La costola di Adamo

di Giovanni Zaccaro
Giudice del Tribunale di Bari
La violenza di genere fra gli scaffali delle librerie
La costola di Adamo

Una folla di investigatori occupa gli scaffali delle librerie!

Spicca, per qualità degli intrecci o forse solo per l’esotica ambientazione aostana (ancora di più esotica, se si bada alla romanità del protagonista), Rocco Schiavone, figlio della penna di Antonio MANZINI.

Politicamente scorretto, dalla canna mattutina fino all’invocare ripetutamente e puntigliosamente il suo grado di vicequestore a fronte dei tanti , vittime delle suggestioni vigatesi, che si ostinano a chiamarlo commissario.

Dopo La pista nera (Sellerio 2013) ed un po’ di racconti, è la volta de La costola di Adamo (Sellerio 2014).

Non sta bene svelare la fine di un giallo.

Ma, qualunque cosa si nasconda nelle ultime pagine, è una storia di violenza in danno di una donna.

Del resto, il titolo del romanzo già elegantemente annuncia il suo probabile epilogo.

Un tema di grande attualità, come bene ha compreso il legislatore che si è affannato a seguire i drammi della cronaca.

Ed un tema che è cresciuto nell’immaginario collettivo.

Se nel mito di Barbablù l’attenzione era centrata sul crudele assassinio seriale, nella narrativa pop contemporanea la donna vittima guadagna dignità di eroina letteraria.

I maggiori successi letterari del XXI secolo riflettono storie di donne che si vendicano.

Lisbeth Salender nella trilogia di STIEG LARSSON svela al grande pubblico le storie della tratta di ragazze dall’Est, in una (volontaria?) spietata critica della socialdemocrazia svedese che non sa tutelare i soggetti deboli.

Del resto, anni prima e con minore eco commerciale, il tema della violenza di genere affiorava in molti “gialli” scandinavi, dalla prolifica coppia SJÖWALL – WAHLÖÖ al norvegese NESSER.

La Aomane di 1Q84 di Murakami HARUKI, ad una latitudine opposta, rompe l’ipocrisia che circonda la società giapponese, facendosi aguzzina dei maschi violenti.

In Italia, già più di dieci anni fa, in Ad occhi chiusi, CAROFIGLIO spiegava ai non addetti ai lavori il profilo dello stalker, poi divenuto oggetto preferito delle rubriche televisive pomeridiane.

Negli ultimi mesi, per la collana Stile Libero di Einaudi, Massimo CARLOTTO e Marco VIDETTA hanno presentato Le vendicatrici.

Quattro storie di donne che si ribellano ai maschi e rovesciano gli stereotipici di genere.

Siano lontani dal cinismo dell’Alligatore dei tempi passati.

Qui le protagoniste sono eroine, le cui avventure attingono a pieni mani alla (narrativamente) saccheggiata mitologia della criminalità romana. Fra sbirri corrotti, cravattari cattivissimi, neofascisti amici dei mafiosi, poliziotti irregolari e generone romano sono oramai tantissimi i romanzi criminali dopo il primo, era il secolo scorso!, dell’avv. Bruio.

Ma torniamo alla Costola di Adamo, il cui merito è raccontare una storia normale, di una famiglia normale, ambiente fertile per la violenza di genere.

Nessuna eroina, nessun contesto sociale criminogeno, nessuna vendetta alla Kill Bill.

Solo persone normali, eppure bisogna stare “attenti all’amore degli uomini comuni: il loro è un amore che mira alla mediocrità”.

 

16/02/2014
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