Il tema emozionante dell’omosessualità ci apre una visione complessa e affascinante dalla quale l’eterossesuale rimane abbacinato.
Questa narrazione, quasi angelicata, tocca tante corde dell’immaginario e si rende capace di essere, ad un tempo, virilissima e paziente, impudica e mistica, ascetica e carnale.
Questo romanzo del collega Eduardo Savarese lambisce, con toccante pudore, la storia di un’omossessualità nascosta e, accompagna, dolente, il protagonista, attraverso le sue sofferenze, fino alla riscoperta della propria carnalità e dei propri desideri omosessuali verso una nuova spiritualità fatta di legami misteriosi ma ineludibili.
Per questo comprendiamo, alla fine della storia, il senso dell’inutilità della vergogna di Benedetto approdata, dopo incubi e nascondimento continui scanditi da noia e cupezza, al misticismo officiato, fin dall’infanzia del protagonista, dalla contemplativa zia Gilda, figura vibrante e malinconica tesa ad una rinuncia all’amore, trasfigurata dalla comunione con Dio, quella che annulla la distanza dall'altro e apre il protagonista, attraverso il riconoscimento del proprio io più intimo, ad una nuova identità.
Come Benedetto danzava da piccolo, con la zia Gilda sull’aria de La Cavalleria Rusticana, così il romanzo si apre e si chiude con una danza dove il protagonista riscopre il privilegio del corpo e celebra la sua nuova carnalità.
E qui la danza –liberatoria- diviene luogo di rappresentazione dei sentimenti, ma anche una forma di preghiera e di ringraziamento.
E’ questa la storia di Benedetto cinquantenne di nobile famiglia e ginecologo rispettabile che nasconde, per anni, la propria omosessualità, prima dentro un fidanzamento impossibile e claustrofobico, poi in un’esistenza irreprensibile fatta anche d’impegno sociale. Così, fino all’incontro rivelatore con Gaetano proprio sul cammino mistico verso Santiago di Compostela.
Un incontro che si rivelerà totalizzante ed appagante della sessualità del protagonista soggiogato dall’amore di Gaetano, uomo semplice ed arrendevole che non ha affatto rinunciato ad esprimere la propria omosessualità fino al rischio della segregazione e dell’emarginazione sociale, a differenza di Benedetto.
Gaetano non prova vergogna, non dubita, non cerca appagamenti in feticci come la collezione di Barbie che, ossessivamente, Benedetto cura ed idolatra come un doppio improbabile di sé, di quel sé vergognoso che lo integra, paradossalmente, in una società che, con quella collezione di cose morte, lo giustifica e lo etichetta come collezionista raro di questi artificiali simulacri di femminilità.
Gaetano, invece, nella sua dionisiaca sessualità corre verso la disapprovazione sociale fino all’irreparabile violenza che Benedetto preferisce allontanare da sé impaurito e riluttante fino al rifiuto di un Gaetano perduto nella follia.
Benedetto si chiude, allora, nella sua casa nobile più somigliante ad una chiesa. "Lo sai dotto’ Pare una chiesa….”, esclama Nunziatina. Quasi luogo monastico un po’ contaminato da quella femminilità artificiale traslata sulle inespressive Barbie che lo circondano.
Ma chi è Nunziatina?
E’ una sciamana, una sacerdotessa delle trasformazioni sessuali, un transessuale che vuole essere assistito proprio da Benedetto per una gravidanza impossibile e quasi mistica: come le immacolate concezioni? S’interroga un esasperato Benedetto che la fugge, ma ne rimane, comunque, intrigato e turbato.
Invece sarà proprio la bizzarra, ma reale, Nunziatina a rendere possibile il cammino di riconoscimento di Benedetto verso il ricongiungimento con la propria identità sessuale attraverso la mistica dei corpi e l’accettazione della propria condizione verso una verità possibile di accettazione del proprio destino.
Mistica è anche la zia Gilda la quale, attraverso la propria esperienza di rinuncia ad un amore vero per paura e convenzione sociale, potrà illuminare la scelta di Benedetto e la rinuncia al feticismo e alla cupezza di incontri sessuali tristi e clandestini con persone di cui il protagonista non desidera condividere nulla oltre ad un appagamento meccanico e fugace.
Questi amori pesantissimi e problematici da Gilda a Benedetto, da Gaetano a Nunziatina, da Benedetto a Don Vittorio penetrano acri e difficili nell’emotività del lettore.
Ma la diversità sessuale traspare anche dai personaggi più insospettabili come il virilissimo e sportivo Jean-André futuro sposo dell’amatissima nipote che spinge Benedetto all’esasperazione di una scelta continuamente rimossa o nel sacerdote Don Vittorio che appare e scompare nella vita di Benedetto non si sa bene se vittima o complice di scelte mai fatte.
Benedetto si dibatte, stremato, tra il disincanto degli amori via chat e la superstiziosa collezione di Barbie, nei cui orpelli sintetici ha sepolto la propria identità sessuale sublimandola, finché ha potuto, nell’impegno sociale.
Pregare, darsi…scrive zia Gilda attraverso i simbolismi disseminati nelle apparizioni mistiche sullo specchio lasciato in eredità a Benedetto e che custodisce non solo un prezioso segreto, ma prefigura una scelta non più rinviabile.
Svelarsi e sfidare dice Nunziatina, transessuale depositaria di una verità resa possibile dalla sua ubiquità sessuale e dalle sue imprevedibili capacità divinatorie, di un futuro possibile scelto nella totalizzante misticità dell’amore, fino al colpo di scena finale.
Liberare, sciogliere e recidere nodi, danzare e pregare perché alla fine sarà la preghiera e la spiritualità che libererà i corpi capaci ora di muoversi sciolti dalla cupezza della rimozione e dall’immobilità funerea di quelle Barbie già morte da sempre, Nunziatina lo indovina, nel suo furore di Menade.
La tristezza chiude la porta del cielo, la preghiera apre le porte chiuse e la fede riesce a spezzare le muraglie (Baal Shem Tov.)