Il giudice di pace, sia nei sistemi di civil law che nei sistemi di common law, è un “giudice di prossimità”: è , cioè, un giudice vicino al cittadino che esercita la sua funzione in modo da favorire la domanda di giustizia in termini di risoluzione dei conflitti sociali.
In Inghilterra ed in Galles i lay magistrates – che trattano un’altissima percentuale di cause penali (il 95% secondo le mie fonti) – pronunciano le loro decisioni in composizione collegiale (tre giudici di cui uno nominato Presidente) ed il collegio che decide è coadiuvato da un assitente che li consiglia sul piano giuridico e procedurale.
In Scozia il Justices of the peace non ha una formazione giuridica ed esercita le funzioni sia collegialmente che singolarmente, sempre assistito da un consigliere tecnico – giuridico.
In Spagna - che ha una tradizione giuridica più vicina alla nostra - il Jusgado de paz è un uomo onesto, non retribuito, non professionista che pronuncia su liti civili di modestissimo valore e che pronuncia spesso giudizi verbali che vengono percepiti come cogenti dalle parti alle quali sono destinati.
In Italia, l’introduzione del giudice di pace nel 1991, anno in cui egli andò a sostituire il giudice conciliatore che stava presso le Preture, il concetto di “giudice di prossimità”, pur ribadito e a parole condiviso, è stato stravolto ed appesantito soprattutto dalla esigenza deflativa che da anni tormenta il nostro sistema giudiziario, caratterizzato, nel settore civile, da una anomala quantità di controversie alimentate anche da una pioggia di norme, spesso contraddittorie, che rendono difficilissimo e gravoso il lavoro dell’interprete e creano un terreno fertile per il lavoro degli avvocati.
E quindi, pur permanendo una visione del giudice di pace come magistrato onorario volto a comporre i conflitti sociali più comuni e diffusi nelle piccole comunità, le sue competenze sono state progressivamente caricate di fette di giurisdizione che prima appartenevano ai giudici togati, con il malcelato reale scopo di alleggerire il loro carico, declassando come controversie bagattellarie cause che talvolta, invece, necessitano di una approfondita preparazione tecnico giuridica, soprattutto nella materia processuale, preparazione che presuppone una formazione estranea alla natura di “giudice di prossimità” assegnata al g. d. pace in tutta Europa.
Da una parte, dunque, nella fisiologia del sistema giudiziario il giudice di pace dovrebbe mantenere una funzione soprattutto conciliativa, funzione da recuperare anche in considerazione della recente pronuncia della Corte Costituzionale che ha ritenuto incostituzionale la normativa nazionale in materia di mediazione obbligatoria, devoluta dalla L. 28/2010 agli appositi organismi per la mediazione; da altra parte constatiamo, però, che già con l’istituzione, nel 1998, del giudice unico di primo grado e la creazione della competenza circondariale del giudice di pace, sono stati istituiti ben 846 uffici di gdp, con una pianta organica nazionale di 4700 unità a fronte di 8790 magistrati togati ed una dimensione numerica che sembra concepita per affrontare una discreta mole di contenzioso I giudici di pace, infatti, sono ormai circa la metà dei giudici togati e, nel settore civile, è loro affidato il 40% del contenzioso nazionale (dato che emerge dall’annuario statistico Italiano del 2012 sui dati 2010/2011).
Alle materie tipiche dei conflitti sociali delle piccole comunità per :
• le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;
• le cause relative alla misura ed alle modalità d’uso dei servizi di condominio di case;
• le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità;
• le controversie in materia di beni mobili per e 5000,00, sono state associate le cause in materia di incidenti stradali fino ad un valore, attualmente aumentato (dalla L. 69/2009 ) ad € 20.000,00, nonché le controversie in materia di interessi e rivalutazioni sulle prestazioni pensionistiche erogate in ritardo che comportano competenza tecnico giuridica ben diversa dall’approccio fondato sull’equità che caratterizzava inizialmente la giustizia resa dai gdp.
E, probabilmente, di tale cambiamento ne era consapevole sia il legislatore che nel parere al disegno di legge sulla loro istituzione (1989) sottolineò la necessità di stabilire cosa fosse l’equità, sottolineandone l’arretratezza rispetto alla legge ed alla cultura giuridica professionale; di escludere la generalizzata esclusione della difesa tecnica; di vedere in modo problematico, rispetto alle ripercussioni sul lavoro della Cassazione, l’inappellabilità delle sentenze; sia la Corte Costituzionale che ha reiteratamente precisato che, comunque, l’equità impone l’osservanza dei principi regolatori della materia, sicchè il relativo giudizio non prescinde dalla qualificazione giuridica del fatto e non preclude al giudice di decidere la lite secondo le norme di diritto (Corte Cost. 258/1989) , e che nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 113 , II° co cpc (Corte Cost 206/2004) ha precisato che la sola funzione che alla giurisdizione di equità può riconoscersi, in un sistema caratterizzato dal principio di legalità a sua volta ancorato al principio di costituzionalità, nel quale la legge è dunque lo strumento principale di attuazione dei principi costituzionali, è quella di individuare l’eventuale regola di giudizio non scritta che , con riferimento al caso concreto consenta una soluzione della controversia più adeguata alle caratteristiche specifiche della fattispecie concreta alla stregua, tuttavia, dei medesimi principi cui si ispira la disciplina positiva: principi che non potrebbero essere posti in discussione dal giudicante, pena lo sconfinamento nell’arbitrio, attraverso una contrapposizione con le proprie categorie soggettive di equità e ragionevolezza.
La Corte ha pure precisato che “il giudizio di equità, in altre parole, non è e non può essere un giudizio extragiuridico . Esso deve trovare i suoi limiti in quel medesimo ordinamento nel quale trovano il loro significato la nozione di diritto soggettivo e la relativa garanzia di tutela giurisdizionale”.
In tale cornice storica, normativa e giurisprudenziale come deve essere inquadrato oggi il giudice di pace nella giurisdizione civile ?
E’ ancora attuale la visione del giudice di prossimità o il gdp è diventato solo un giudice che – persa la propria funzione tipica - serve ad aiutare il giudice di primo grado a sostenere un gravosissimo carico di controversie?
Sembrerebbe che la scelta più o meno consapevole del legislatore sia la seconda e ciò emerge in modo ancor più chiaro nel disegno contenuto nel Dlvo 156/2012 che, nella revisione delle circoscrizioni giudiziarie , ha letteralmente falciato via ben 674 uffici dei giudici di pace ( 1944 giudici ) , prevedendo una rideterminazione della pianta organica e quindi rinunciando chiaramente all’opzione del “giudice di prossimità” strettamente collegato al territorio.
Alcuni territori, infatti, rimarranno completamente privi di presidi giudiziari e dovranno riferirsi ad uffici che , se pur geograficamente non sono molto distanti , lo diventano nella assoluta difficoltà dei collegamenti.
La loro eliminazione cancella il concetto di giudice di prossimità che per definizione, soprattutto nelle controversie civili, è un giudice che deve essere strettamente collegato con il territorio e che deve avere la possibilità di intervenire subito con una presenza personale costante.
E’ stato previsto, poi, come già ricordato nell’introduzione , che la soppressione potrà essere evitata, ove i comuni provvedano, anche mediante un accorpamento, a farsi carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia nelle relative sedi .
Ciò ha suscitato, anche da parte del CSM che ha espresso il proprio parere nella delibera del 19.4.2012, non poche perplessità perché collega il mantenimento degli uffici non all’esigenza di incrementarne l’efficienza, ma alla mera esigenza di realizzare risparmi di spesa e a dividere la giustizia dei giudici di pace in quella amministrata ( più efficacemente e tempestivamente ) nei comuni ricchi da quella abbandonata dei comuni poveri, con un’evidente violazione dell’eguaglianza dei cittadini e della loro parità nell’aspirare alla tutela dei diritti.
Oltre tutto non è stata presa in considerazione la previsione dell’art. 116 Cost che devolve alle Regioni e non ai Comuni il compito di individuare particolari forme di autonomia per la giustizia di pace: tale scelta, oltre che maggiormente conforme a Costituzione , sarebbe stata certamente più opportuna se solo fosse stata presa in considerazione – allontanando ogni forma di localismo – la penosa condizione economica di moltissimi Comuni Italiani costretti a tagliare anche i servizi di prima necessità (mense scolastiche, asili nido etc).
La revisione della geografia giudiziaria, dunque, che va salutata positivamente e che è stata da noi tutti invocata a fronte di evidenti irrazionalità collegate a sprechi o cattivo impiego di risorse – è stata, però, realizzata in modo disattento sia rispetto alle caratteristiche dei territori su cui andava ad incidere (ciò va detto anche per alcuni Tribunali soppressi) sia rispetto alla funzione ed alle aspettative che il sistema ha nei confronti della magistratura onoraria.
E’ proprio nei luoghi economicamente più disagiati, infatti, la giustizia civile ed il suo buon funzionamento costituisce un vero baluardo per l’ordine pubblico: le liti condominiali, quelle sui confini, quelle sulle immissioni costituiscono davvero le forme primordiali di conflitto dei cittadini che meritano un intervento immediato ed una soluzione tempestiva che abbia funzione di pacificazione. Anche come prevenzione rispetto alla commissione di fatti di rilevanza penale.
La soppressione delle centinaia di sedi dei gdp – che dovrà comunque superare il vaglio della Corte Costituzionale ( udienza fissata all’8.10.2013 ) – rappresenta, insomma, una soluzione che desta alcune perplessità.
Peraltro, fermo restando che si dovrà attendere per una razionale e definitiva riorganizzazione delle sedi il verdetto della Corte Costituzionale, credo che si debba prendere atto che la scelta del legislatore nazionale sia, riguardo alla figura del giudice di pace, abbastanza lontana da quella effettuata negli altri paesi europei e si va allontanando progressivamente dal concetto di giudice di prossimità .
E quindi i punti cardine sui quali sviluppare alcune osservazioni sono tre e cioè :
1) la deontologia;
2) la professionalità;
3) l’efficienza.
DEONTOLOGIA
Va richiamata la circolare del CSM che equipara i doveri del gdp a quelli dei giudici togati in quanto inseriti nel sistema giuridico nazionale . Ed infatti il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 14 settembre 2011, ha adottato la seguente delibera: “La crescente considerazione del ruolo della magistratura onoraria nel sistema della amministrazione della giustizia ha suggerito un intervento di riforma sulla disciplina sostanziale secondaria in materia di “doveri dei giudici di pace”, attualmente prevista dal capo XII della Circolare n. P. – 15880/2002 del 1° agosto 2002 e successive modifiche". Il testo vigente della norma è il seguente: “I giudici di pace sono soggetti ai doveri previsti per i magistrati ordinari, come stabilisce l’art. 10 della legge n. 374 del 1991: tra questi va annoverato il dovere di svolgere le funzioni in posizione di assoluta indipendenza e autonomia, nel rispetto della imparzialità e del ruolo di terzietà richiesto dalla funzione giurisdizionale". Per un migliore adempimento di questo dovere essenziale il citato articolo 10 della legge dispone che il giudice di pace ha l’obbligo di astenersi non solo nei casi tipizzati dall’art. 51 del codice di procedura civile, ma anche ogni qualvolta abbia avuto o abbia rapporti di lavoro autonomo o di collaborazione con una delle parti.
Il dato normativo di cui all’art. 10 della legge n. 374 del 1991, che in via generale dispone che i giudici di pace sono soggetti ai doveri previsti per i magistrati ordinari, impone la necessità di uniformare la disciplina per i giudici di pace a quella prevista per i magistrati professionali.
In tal senso appare necessario precisare nella normativa secondaria che i giudici di pace devono esercitare le funzioni loro attribuite con imparzialità, diligenza, laboriosità, correttezza, riserbo ed equilibrio, rispettando la dignità della persona nell’esercizio delle funzioni, analogamente a quanto previsto dal primo comma dell’art. 1 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, rubricato i “Doveri del magistrato”.
PROFESSIONALITA’
L’equità è uno strumento importantissimo ma la sua applicazione non può trasformarsi in arbitrio.
Vanno tenuti presente i principi sottolineati dalla Corte Costituzionale sopra riportata.
E’ necessario che la capacità tecnico –giuridica del magistrato onorario venga sempre più ad allinearsi con quella del togato soprattutto nella materia processuale dove noi giudici d’appello constatiamo che i gdp trovano maggiore difficoltà perché non hanno alle spalle una formazione specifica: forme , termini, decadenze sono spesso trascurate e finiscono per creare un contenzioso di ritorno nei successivi gradi di giudizio.
In questo senso credo che un buon contributo possa essere dato dalla Scuola per la Magistratura che si occupa anche della formazione permanente ed obbligatoria degli onorari: per il 2013 sono stati banditi alcuni corsi specifici per i giudici di pace soprattutto in materia processuale .
EFFICIENZA
La chiusura di 667 sedi crea certamente un problema di efficienza che già prima del provvedimento era evidente.
Pensiamo, nel civile, ai tempi lunghissimi di pubblicazione dei provvedimenti.
Rilevo, come giudice d’appello:
1) lunghissimi tempi di deposito e di pubblicazione;
2) lunghissimi i tempi di svolgimento del processo: bisognerebbe incentivare non il numero di udienze ma la celerità della decisione, rivedendo il sistema di remunerazione ;
3) la motivazione deve reggere al vaglio del giudice superiore: gli avvocati mostrano di infilarsi nelle pieghe delle incertezze giuridiche della magistratura onoraria e di creare dei veri e propri filoni giurisprudenziali , con un costo complessivo sproporzionato rispetto al valore della controversia;
4) nella sezione che presiedo e che è gemellata ad altra che ha un carico pressoché uguale ( quindi il dato che vi fornisco deve essere raddoppiato ) su 3100 sopravvenienze dell’ultimo anno circa il 30% sono appelli alle sentenze del gdp, in gran parte ( circa il 70% ) sulla immotivata compensazione delle spese di lite in materia di opposizione alle ordinanze ingiunzioni. Pensiamo alle opposizioni a sanzioni amministrative con valore di € 36,00 : il costo del processo è incredibilmente superiore a quello del valore della controversia e spesso importa il prezzo di tre gradi di giudizio.
Vorrei concludere, però, ricordando anche i meriti dei giudici di pace e l’impegno profuso in alcune loro pronunce che sono state di grande stimolo anche per noi togati.
Pensiamo alle remissioni alla Corte Costituzionale : dal maggio 2011 al luglio 2012 i gdp italiani hanno pronunciato 13 ordinanze di rimessione alla C.Cost contro 5 delle SU della Corte di Cassazione, mostrando sensibilità anche in alcuni delicati aspetti relativi alla tutela dei diritti fondamentali: ricordo, in materia di beni comuni, l’ordinanza n. 196/2011 (GdP di Anzio) che affronta il tema della iniquità del sistema di distribuzione dell’acqua e del pagamento del relativo servizio a carico del cittadino , le ordinanze di rimessione in materia di mediazione obbligatoria , quelle recenti , aventi per oggetto la normativa di soppressione dei 674 uffici del gdp; infine , in materia risarcitoria, l’ordinanza di rimessione del gdp di Macerata in materia di improponibilità dei giudizi per RCA se non preceduti dalla comunicazione alla Consap.
Va inoltre riconosciuta la difficoltà in cui lavorano, e la scarsità delle risorse con la quale, come noi, hanno a che fare.
Qualunque sia il ruolo che vadano ad assumere all’esito delle modificazioni normative sottoposte al vaglio della corte Costituzionale, è necessario che i gdp – che sono ormai un asse portante della giustizia civile nazionale – siano all’altezza delle aspettative del cittadino e si prefiggano l’obiettivo di giungere ad una soluzione della controversia che eviti, per quanto possibile , ulteriore contenzioso.
Certamente è auspicabile che il provvedimento di soppressione venga ridimensionato e riveduto riavvicinando al cittadino il giudice onorario, senza rinunciare, però all’intento di razionalizzazione delle risorse che credo non possa essere eluso.