Nel primi mesi del 2013 la Corte di Giustizia, in composizione di grande chambre alla presenza di quindici giudici, si è pronunciata sul tema cruciale della portata della Carta dei diritti fondamentali e del relativo ambito di applicazione. La Corte ha indicato chiaramente la propria volontà di statuire in materia penale, inizialmente appropriandosi di tale settore attraverso l’attivismo giudiziario(Grande sezione, sentenza 16 giugno 2005, causa C-105/03, Pupino) e successivamente al Trattato di Lisbona avendone una diretta competenza riconosciutale dal venir meno della struttura a pilastri dell’ordinamento comunitario.
Precedentemente al 2001 la riunione della Corte in formazione plenaria costituiva la regola per il suo funzionamento, successivamente all’entrata in vigore del Trattato di Nizza la soluzione proposta è al contrario la riunione della Corte in sezioni o in una grande sezione conformemente a quanto disposto nello Statuto della Corte stessa. La seduta plenaria viene adita in casi specifici previsti dallo Statuto (per le dimissioni del Mediatore europeo o di un commissario europeo che sia venuto meno agli obblighi a lui incombenti) e quando la Corte ritiene che una causa rivesta un’eccezionale importanza. Essa si riunisce nella composizione di grande sezione quando lo richiede uno Stato membro o un'istituzione parte della causa, nonché per le cause particolarmente complesse o importanti.
Si richiama all’attenzione del lettore l’analisi della Corte sulle seguenti questioni:
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Il principio del ne bis in idem nella sentenza CGUE Aklagaren/Akerbergdi Marika Piazza La CGUE interpreta la portata del principio del ne bis in idem sulla base dell'art. 50 della Carta ed esclude che il diritto dell'Unione regoli i rapporti tra CEDU e diritto interno
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Estradizione e primazia
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Mandato d'arresto europeo
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