1. Il tema che mi chiedete di trattare non è un tema facile: tutt’altro.
In primo luogo, per quanto ne so, nessuno, neppure coloro che ne hanno scritto, ha fino ad ora definito in modo rigoroso che cosa sia o cosa possa essere un regime totalitario.
La maggior parte di coloro che hanno scritto più diffusamente a riguardo – Hannah Arendt e Raymon Aron – hanno trattato principalmente del regime e dell’esperienza nazista.
Quando ne ha scritto, Raymond Aron ha sempre operato una distinzione fra i regimi nazista e fascista ed i regimi socialisti dell’epoca.
In effetti, diversamente dai comunisti, i nazisti, e i fascisti in Italia, hanno sempre considerato il totalitarismo come una qualità della loro ideologia.
I fascisti sono stati i primi ad identificarsi, con una connotazione positiva, come totalitari, ad agire allo scopo di ottenere l’obiettivo totalitario di unire in maniera coerente le vite pubbliche e private dei cittadini.
Altri regimi, ad esempio quelli socialisti, in altre fasi storiche, hanno utilizzato metodi arbitrari e violenti, ma non hanno mai considerato come totalitaria la loro intenzione, né che i propri metodi fossero illegali; al contrario, hanno sempre rivendicato di essere più democratici di qualunque altro sistema politico.
Ovviamente, non era questo il caso dei regimi nazista e fascista italiano, che erano orgogliosi dell’ispirazione totalitaria della propria ideologia e non ne facevano mistero.
E’ questa una delle ragioni per cui se cerchiamo di rintracciare nei libri di Hannah Arendt e Raymond Aron una definizione sintetica ed esplicita di cosa sia un regime totalitario, non riusciamo a trovarla.
Essi hanno preferito analizzare le esperienze totalitarie e le loro azioni, risultati ed evoluzione.
2. In un certo senso, possiamo dire che il romanzo distopico 1984, il più importante di George Orwell, è il libro che meglio descrive ed offre un’idea di come possa essere un sistema totalitario coerente e quali metodi di controllo possano essere complessivamente utilizzati.
Tuttavia, leggendo oggi quel libro, possiamo notare che molti aspetti soffocanti che l’autore ha preconizzato sono oggi presenti nelle nostre democrazie moderne e liberali senza che essi siano seriamente criticati: mi riferisco ad esempio alle intercettazioni di polizia e di intelligence e alla sorveglianza digitale, e persino al controllo digitale privato e alle interferenze nelle nostre vite private.
Secondo gli insegnamenti dei due filosofi ricordati, sarebbe più corretto parlare di esperienze concrete che non dei sistemi.
Entrambi i filosofi, ma principalmente Aron, concordano che i regimi legittimamente governati da un determinato partito possono cambiare ed assumere, nel corso delle loro vite e delle diverse fasi politiche, aspetti più o meno totalitari, più o meno autoritari, più o meno rispettosi della legge.
Come Arendt ha ripetutamente scritto, ed Aron ha concordato con ciò, le esperienze totalitarie devono essere analizzate caso per caso, concentrandosi sui diversi momenti terroristici della loro esistenza.
Non c’era un principio – una razionalità – che guidasse il terrore.
Come sapete, i livelli di terrore, che sono una delle più rilevanti caratteristiche che governano il totalitarismo, e l’attaccamento al rispetto della legge possono mutare e non sono continuativi. Ad esempio, il regime nazista divenne progressivamente più terrificante fino alla sua caduta, non solo con i prigionieri nemici catturati, ma principalmente con quelli interni, specialmente con gli ebrei.
Ecco perché, se decidiamo di utilizzare questo termine – totalitarismo – dobbiamo, come hanno fatto Arendt e Aron, operare una distinzione fra semplici dittature e i sistemi e le metodologie autoritarie.
Essi possono assumere – ed in effetti spesso così fanno – numerose caratteristiche comuni, ma non possiamo confonderli.
In Responsabilità e giudizio, riferendosi al regime nazista, Arendt scrisse:
«Le forme di governo totalitarie e le dittature comunemente intese non sono la stessa cosa, e la gran parte di ciò che ho da dire si applica al totalitarismo.
3. La dittatura nel senso che questa parola aveva nella Roma antica era stata ideata ed era rimasta quale misura emergenziale di governo costituzionale, legittimo, strettamente limitato nel tempo e nel potere; lo conosciamo ancora piuttosto bene come stato di emergenza o di legge marziale proclamato in aree disastrate o in tempo di guerra: conosciamo oltretutto dittature moderne come nuove forme di governo, nelle quali o l’esercito prende il potere, abolisce il governo civile e priva i cittadini dei loro diritti politici e delle loro libertà, o un partito si impadronisce del sistema dello Stato a spese di tutti gli altri partiti e dunque di ogni opposizione politica organizzata.
Entrambe le tipologie marcano la fine della libertà politica, ma la vita privata e l’attività non politica non sono necessariamente toccate.
E’ vero che questi regimi solitamente perseguitano gli oppositori politici con grande efferatezza e che certo essi sono molto lontani dall’essere forme di governo costituzionali nel senso in cui siamo giunti ad intenderle – nessun governo costituzionale è possibile senza che vi siano norme relative ai diritti di un’opposizione – ma non sono neppure criminali nel senso comune di questo termine. Se commettono dei crimini, questi sono compiuti nei confronti dei nemici dichiarati del regime al potere. Ma i crimini dei regimi totalitari riguardavano persone che sono “innocenti” persino dal punto di vista del partito al potere».
4. Per esempio, la dittatura portoghese, sebbene inizialmente, ed in molti aspetti, completamente, ispirata dall’ideologia fascista italiana, tentava di trasmettere l’idea del rispetto della legge e delle decisioni dei tribunali, principalmente con riferimento ai conflitti comuni e privati.
Tuttavia, nel corso dell’intera sua esistenza, il regime creò diversi ordini di corti: i tribunali giudiziari, i tribunali amministrativi (che dipendevano più direttamente dal Governo), i tribunali sociali (molto più legati a quell’amministrazione parallela e complementare dello stato chiamata, secondo i principi politici dottrinali del regime, “organizzazione corporativa”).
Si riteneva che l’esistenza di questi diversi ordini di corti consentisse un miglior controllo sul reclutamento dei giudici e sulle decisioni relative ai casi più delicati, che potevano incidere sugli obiettivi politici del regime.
Tuttavia, ciò che era veramente significativo per identificare la natura di quel regime monolitico era il fatto che i reati politici erano giudicati – quando tali erano, ed in molti casi non lo erano neppure – da tribunali speciali e non da quelli ordinari.
La legge era generalmente ed apparentemente rispettata anche se contraria alla costituzione stessa sotto molti aspetti, i metodi investigativi per i reati politici includevano torture illecite e crudeli, ed i giudici e i pubblici ministeri che intervenivano in tali processi erano chirurgicamente e politicamente scelti per far parte di tali tribunali speciali.
Per ragioni politiche, specialmente a seguito della stabilizzazione del regime, la dittatura portoghese voleva preservare all’esterno un’immagine di indipendenza dei giudici ordinari, di coloro che trattavano i casi comuni.
In generale, il governo portoghese voleva che la società percepisse che la legge era rispettata, che la vita delle persone comuni fosse regolata dalla legge.
5. Al contrario, a seconda della specifica fase del regime, nelle esperienze politiche totalitarie, spesso la legge era completamente ignorata senza alcun accorgimento che potesse nascondere tale violazione; ciò al fine di accrescere il terrore e spezzare la resistenza degli oppositori.
Nei regimi totalitari – come talvolta accade anche nei regimi autoritari – la legge e le decisioni giudiziarie altro non erano se non strumenti specifici finalizzati al raggiungimento dello scopo politico ultimo dell’ideologia e, frequentemente, l’ideologia era utilizzata per giustificare la volontà contingente ed arbitraria del leader.
In molti casi, l’arbitrarietà prevaleva sul rispetto della legge da parte delle autorità competenti, senza alcun senso di colpa o giustificazione istituzionale.
L’arbitrarietà era la legge di tali regimi.
L’insistenza su una maggiore o minore arbitrarietà dipendeva, tuttavia, dall’oscillazione dei regimi al potere e dal loro sviluppo politico e dalle loro esperienze; dal fatto che intendessero perseguire ulteriormente o mantenere gli obiettivi “rivoluzionari” iniziali o che piuttosto dessero già per acquisiti tali obiettivi, e che fosse quindi giunto il momento di normalizzare la vita interna quotidiana della società.
Dipendeva inoltre dal livello di razionalità del regime e dei suoi leader: ciò faceva la differenza tra questi regimi.
6. Ecco perché, se volessi chiudere qui il mio discorso su rule of law e rule by law nei regimi totalitari e nelle relative esperienze politiche, potrei semplicemente dire che nel contesto delle esperienze totalitarie non esistevano rule of law e rule by law.
Le cose, tuttavia, non sono così semplici e per questo dobbiamo adesso analizzare il secondo aspetto dell’argomento proposto: rule of law e rule by law.
Quali sono le differenze fra queste due formulazioni e che importanza rivestono?
Guardando all’esperienza portoghese ricordata sopra, ho definito più o meno quale potrebbe essere un sistema di governo fondato sulla rule by law nel contesto di un regime autoritario.
Possiamo chiamarlo uno stato di mera legalità, ma non si trattava in effetti di uno stato in cui la rule of law fosse rispettata.
Ciò significa che un regime autoritario può essere fondato sulla rule by law, anche se ciò non significa che ci si trovi di fronte ad un regime fondato sulla rule of law.
In questo contesto, il rispetto per la rule of law include necessariamente tre aspetti importanti:
- La legge ordinaria deve rispettare i principi di libertà costituzionali e le relative garanzie;
- Le corti – e i giudici – devono essere indipendenti e devono avere la possibilità di pronunciarsi in base a tali principi e garanzie costituzionali;
- Tutte le autorità statali devono rispettare le decisioni delle corti anche quando queste mettano in crisi l’orientamento politico del governo.
Quanto detto significa anche che l’organizzazione costituzionale dei poteri sovrani dello Stato deve offrire un sistema giudiziario indipendente; deve prevedere un potere giudiziario costituzionalmente indipendente.
Quando parliamo di potere giudiziario, intendiamo anche che nella costituzione dello Stato deve essere prevista la separazione dei poteri, così escludendo ogni possibilità di monopolio istituzionale delle decisioni politiche.
7. Questa divisione dell’autorità dello Stato condivisa e distribuita fra differenti organi costituzionali presuppone un regime pluralista: un regime istituzionale e politico pluralista.
Non a caso, in una serie di decisioni relative a mandato di arresto europeo e ordine europeo di indagine penale, la CGUE ha affermato che il concetto di autorità giudiziaria – d’ora in avanti da intendersi come concetto di diritto europeo – corrisponde a quello di un’autorità indipendente dagli altri organi costituzionali del potere dello Stato.
Per questo tale suddivisione – l’assegnazione di diversi poteri sovrani a differenti organi costituzionali – non può efficacemente sussistere in un regime totalitario ove solo un partito politico sia legittimato ad esercitare il governo.
Per sua natura, un regime totalitario non può ammettere divisioni. Ugualmente accade in alcuni momenti della vita politica di alcuni regimi autoritari.
Il controllo della decisione politica da parte di organi costituzionalmente indipendenti dotati di poteri paralleli ed equivalenti a quelli detenuti dal governo o dai suoi leader non può essere ammessa, in tali regimi.
Tale separazione introdurrebbe un contrasto interno alla coerenza del regime: infrangerebbe i suoi scopi rivoluzionari e, così, la sua razionalità ideologica.
Ecco perché, anche nei regimi autoritari – e non solo in quelli totalitari – non possiamo parlare propriamente di potere giudiziario, ma unicamente di autorità giudiziaria: è una delle eredità ideologiche giacobine.
In questo contesto, quando decidono un caso, i giudici sono semplici delegati del popolo: si suppone che essi applichino la legge al caso concreto nel nome del popolo e non come detentori di uno dei poteri costituzionali.
Essi non hanno legittimazione costituzionale come detentori di un potere sovrano dello Stato: agiscono principalmente come delegati della volontà del potere politico, come astrattamente e fermamente dichiarato dalla legge ordinaria.
Come diceva Montesquieu, sono unicamente «bocca della legge».
Le loro opzioni interpretative sono di conseguenza limitate.
L’interpretazione dev’essere quanto più possibile vicina alla lettera della legge. Non c’è margine per appellarsi alla guida della costituzione e ai limiti ivi definiti.
I giudici inoltre non possono dichiarare – neppure quando si pronunciano su un caso concreto – l’incostituzionalità di una norma ordinaria e non possono neppure rivolgersi alla corte costituzionale affinché sia essa a farlo.
La valutazione sull’incostituzionalità di una legge o norma ordinaria è considerata una competenza politica che dev’essere esercitata dagli organi politici dello Stato che governano il Paese.
Ovviamente, si potrebbe dire che ciò accade anche in molti paesi democratici.
E’ vero; questa è la ragione per cui Arendt e Aron hanno anche affermato che non possiamo guardare al totalitarismo come uno schema coerente, ma come ad un insieme di esperienze straordinarie.
8. E vorrei aggiungere che non possiamo guardare a tutti i sistemi liberali e democratici come esempi di coerenza e perfezione per ciò che riguarda il rispetto della rule of law o persino della rule by law.
Dobbiamo piuttosto guardare alle esperienze vive dei diversi paesi nel contesto della rispettiva evoluzione e prendere in considerazione la relativa storia.
A livello europeo abbiamo ancora molti sistemi diversi fondati su modelli storici: abbiamo molti paesi che essenzialmente adottano l’antico modello austro-ungarico, ne abbiamo altri ispirati dal modello francese repubblicano e napoleonico, abbiamo quelli – come quello italiano, spagnolo e portoghese – inizialmente ispirati dal modello francese e poi evolutisi fino a creare un sistema più coerente ed indipendente e poi ancora abbiamo quelli ispirati al modello anglosassone con varie differenziazioni.
Nei sistemi giuridici di antiche e moderne democrazie liberali, vi sono così molte caratteristiche che oggigiorno non possono essere viste come rigorosamente finalizzate a supportare o a rafforzare la rule of law.
Attualmente, alcune di esse possono essere giustificate unicamente tenendo a mente lo spirito democratico e la coerenza dell’intero sistema democratico e della sua storia istituzionale.
Le democrazie non sono nate senza processi rivoluzionari e molti di essi hanno comportato, per un certo periodo, terrore e metodi autoritari; queste esperienze hanno necessariamente influenzato la costruzione delle democrazie e delle loro istituzioni, principalmente dell’organizzazione giudiziaria.
Oggigiorno, tuttavia, possiamo dire che la rule of law deve consentire al giudice, quando questi debba decidere un caso, la possibilità di richiamarsi direttamente ai principi e alle garanzie costituzionali: tale possibilità dovrebbe essere considerata la pietra angolare di un potere giudiziario realmente democratico e indipendente.
Ciò significa che una norma fondamentale – Grundnorm, come la definì Hans Kelsen – prevale sulla decisione politica anche se questo potere decisionale rappresenta la specifica volontà della maggioranza che governa lo Stato in un certo periodo.
Ci sono principi costituzionali che non possono essere messi da parte dalla maggioranza politica; diritti costituzionali, libertà e garanzie appartengono a tutti – maggioranza e minoranze – e come tali devono essere da tutti rispettati.
E oltre a questo, si suppone che le altre autorità dello Stato debbano rispettare le decisioni delle corti e ciò che esse ordinano, anche se contrarie all’orientamento politico del governo o dei suoi leader.
8.In molti casi, non è semplice per il potere politico accettare tali decisioni. Dobbiamo poi riconoscere che in molte situazioni alcune di queste decisioni giudiziarie non sono del tutto razionali e comprensibili.
I giudici e i pubblici ministeri non sono angeli – hanno un sesso – e conseguentemente hanno anche le proprie preferenze e opzioni ideologiche; anche quando affermano di essere neutrali e sono veramente convinti di ciò.
Ecco perché un sistema pensato per aumentare il rispetto della rule of law deve anche prevedere un sistema interno di impugnazioni capace di sottoporre a controllo anche le decisioni giudiziarie.
Anche il pluralismo all’interno del sistema giudiziario – diversi livelli di corti, decisioni collegiali, giuria – può essere uno strumento per evitare l’autoritarismo.
Riassumendo: si può considerare un sistema come fondato sulla rule by law senza che esso rispetti la rule of law.
Ciò accade talvolta nel contesto di regimi autoritari, spesso sotto i regimi totalitari e persino sotto alcuni regimi – presumibilmente – democratici.
Vorrei aggiungere un’ultima cosa: il semplice funzionamento delle corti e il rispetto della rule of law non sono sufficienti a moderare e controllare scopi totalitari e autoritari.
Ciò che sta accadendo in Brasile mostra come sia possibile cambiare la natura di un regime democratico anche dall’interno di organi istituzionali democratici e come questo sovvertimento implichi l’erosione della legittimazione della Corte Suprema e la limitazione dei suoi poteri costituzionali.
Solo la sorveglianza del popolo e la mobilitazione democratica dell’opinione pubblica e delle organizzazioni sociali possono fermare gli scopi anti-democratici dei sostenitori moderni degli antichi ideali e demagogie totalitari.
Se isolata e non ispirata dai movimenti progressisti e democratici, anche la funzione giudiziaria può essere corrotta, strumentalizzata per scopi anti-democratici e, alla fine, sconfitta.
Il rispetto della rule of law richiede un’analisi costante e profonda dei principi costituzionali e la volontà di rispettarli permanentemente.
Intervento alla conferenza di Cluj – 18 Marzo 2022 , organizzata da MEDEL (Magistrats européens pour la démocratie et les libertés), National Union of Romanian Judges, Law school- Babeș Bolyai University.
Come per l’intervento introduttivo di M. Guglielmi pubblicato ieri, si è preferito mantenere i termini inglesi rule of law, corrispondente all’italiano “Stato di diritto”, e rule by law, da intendersi come “predominio della legge formale” e dunque come principio di mera legalità.
Traduzione dall'originale inglese a cura di Sara Cocchi.