Introduzione
Il numero raccoglie le relazioni aggiornate del convegno che si è tenuto in Cassazione il 18 febbraio 2020 con la partecipazione attenta e dialogica di un pubblico numeroso e variamente composto (giudici di legittimità e merito, avvocati, operatori del settore). Il primo presidente ha aperto i lavori, evidenziando una forte consapevolezza dell’impatto e dell’impegno della giurisdizione nel riconoscimento del diritto alla protezione internazionale e umanitaria, e anche il procuratore generale ha seguito una parte consistente dei lavori.
È stata un’occasione di confronto tra i soggetti impegnati nella tutela del diritto alla protezione internazionale e umanitaria nell’ambito della giurisdizione che si è rivelata particolarmente proficua proprio per la pluralità dei punti di vista espressi, che hanno permesso di condividere i problemi comuni e di conoscere quelli che più specificamente caratterizzano la giurisdizione di merito e di legittimità con l’aiuto del respiro sistematico e, se necessario, problematico della dottrina.
La metodologia, sperimentata felicemente grazie alla sapienza del coordinatore, Carlo De Chiara, ha permesso di limitare gli interventi introduttivi alla indicazione sintetica delle questioni e degli stimoli utili alla successiva riflessione comune e ha consentito un reale ed ampio dibattito, di cui i contributi che pubblichiamo danno ampio riscontro.
Il risultato più rilevante del lavoro svolto è la consapevolezza comune del ruolo centrale della giurisdizione civile, pur nella inevitabile frammentarietà degli interventi a livello costituzionale, eurounitario, convenzionale ed interno. Certo la giurisdizione nazionale, nei tempi più recenti, si è trovata ad affrontare modifiche legislative che hanno progressivamente operato una forte contrazione delle garanzie processuali (in particolare mediante l’eliminazione del giudizio di appello) e una successiva compressione dei diritti sostanziali, che sembra in via di revisione, come appare dalla lettura del dl n. 130/2020 ancora non convertito, ma la restrizione del varco d’ingresso dovuto a contingenti e mutevoli modifiche normative non ha distolto l’attenzione dal quadro costituzionale, eurounitario e convenzionale della tutela dei diritti umani, all’interno del quale si collocano la protezione internazionale e umanitaria. La centralità della giurisdizione nella valutazione del fenomeno delle migrazioni attraverso il prisma della protezione internazionale e umanitaria dura da oltre un decennio e ha avuto un’intensificazione qualitativa con l’introduzione delle sezioni specializzate per l’immigrazione. Quella giurisdizionale si è rivelata l’unica risposta proveniente da un’autorità statuale, per definizione non politica né amministrativa (salvo le commissioni territoriali di prima istanza, che tuttavia svolgono funzioni paragiurisdizionali e agiscono come organi muniti di discrezionalità tecnica e con personale ad alta professionalità, selezionato per concorso), non impegnata nel compito di contenere il fenomeno, ma rivolta esclusivamente al riconoscimento delle condizioni per la titolarità e l’esercizio dei diritti umani della persona che il complessivo sistema delle fonti impone di accertare. Il che non significa che la funzione della giurisdizione anche interna e non solo ricoperta dalle corti europee e costituzionali non richieda anche una delicata attività di bilanciamento, ma solo che tale equilibrio deve essere ricercato nella comparazione tra diritti di pari rango e non rispondendo alla generica esigenza di tutelare la sicurezza pubblica o nella limitazione delle risorse pubbliche.
In questo orizzonte si colloca la peculiarità del giudizio relativo al riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria, all’interno della giurisdizione civile. Peculiarità che introduce significative deroghe all’applicazione “classica” del principio dispositivo sia in relazione alla proposizione delle domande che agli oneri allegativi e probatori. Le relazioni che compongono il numero si concentrano su questa profonda modificazione dei poteri-doveri del giudice nell’accertamento del diritto alla protezione internazionale e umanitaria imposto dalla legislazione di derivazione eurounitaria e favorito dai riti prescelti dal legislatore (il sommario e il camerale), e in particolare sul dovere di cooperazione istruttoria officiosa attribuito al giudice, fondato sull’obbligo di assumere informazioni aggiornate sulla nazionalità del richiedente e sulle condizioni generali del Paese di origine, sul rilievo predominante dell’audizione e sulla correlata valutazione di credibilità.
Il tratto comune dei contributi è la forte consapevolezza dello spazio centrale nel processo degli strumenti di facilitazione probatoria forniti al giudice dal legislatore evitando un’applicazione delle norme che ne svuoti il contenuto e gli effetti, pur senza rinunciare al rigoroso accertamento dei fatti costitutivi del diritto azionato.
In particolare è stato sottolineato, da un lato, che l’attivazione del dovere di cooperazione istruttoria officiosa non può mai essere omessa, in quanto costituisce il riferimento necessario all’interno del quale valutare la credibilità del ricorrente; che l’audizione non deve mai ridursi a un ascolto rituale e, infine, che il giudizio di credibilità costituisce lo snodo più complesso dell’accertamento del diritto e non può essere liquidato con formule di stile prive di una specifica giustificazione o incentrato su mancanze d’informazioni che possono essere colmate con l’integrazione dell’audizione in sede giurisdizionale o l’acquisizione officiosa di informazioni.
Completa il quadro dei contributi un puntuale esame della norma primaria e del decreto ministeriale che la integra sui Paesi di origine sicuri, che ne indaga la legittimità e ne prospetta un’interpretazione costituzionalmente orientata.
Il contributo dei Relatori merita, in conclusione, un ringraziamento speciale per aver collaborato non soltanto alla splendida riuscita dell’incontro ma anche alla realizzazione di questo prezioso lavoro d’insieme, con l’auspicio di un sempre più intenso impegno comune anche in futuro.