Fascicolo 1-2/2024
Magistrati: essere ed apparire imparziali
Sommario
Editoriale
Presentazione
Le ragioni di questo fascicolo
Essere imparziali
L’imparzialità del giudice: il punto di vista di un civilista
Il tema dell’imparzialità del giudice, di cui molto si discute riferendosi soprattutto all’esercizio della giurisdizione penale, presenta spunti di interesse anche dal punto di vista civilistico. Se è ovvio che il giudice debba essere indipendente e imparziale, meno ovvio è cosa per “imparzialità” debba intendersi. Si pongono al riguardo tre domande: se e quanto incidono sull’imparzialità del giudice le sue convinzioni ideali e politiche e il modo in cui egli eventualmente le manifesti; se l’imparzialità debba precludere al giudice di intervenire nel processo per riequilibrare le posizioni delle parti quando esse siano in partenza sbilanciate; entro quali limiti la manifestazione di un qualche suo pre-convincimento condizioni l’imparzialità del giudice all’atto della decisione. Un cenno, infine, all’intelligenza artificiale e il dubbio se la sua applicazione in ambito giurisdizionale possa meglio garantire l’imparzialità della giustizia, ma rischi di privarla di umanità.
L’imparzialità del giudice come risultato
L’imparzialità del giudizio può essere compromessa nel giudizio quando, soprattutto nei processi ritenuti minori, il giudice si sente lontano, non partecipe dei fatti della vita che va a giudicare, quando la pigrizia, la superficialità o il conformismo prendono il sopravvento. Sono le motivazioni che devono essere considerate, poiché in esse può nascondersi un non equilibrato giudizio.
Magistratura democratica nasce dalla critica delle sentenze “ingiuste” e su questo piano dovrebbe proseguire, anche al fine di contrastare l’accusa di “non imparzialità” rivolta dalla politica per decisioni semplicemente non condivise. Il magistrato deve preservare anche l’immagine della imparzialità, ma il punto più delicato è il “soggettivismo”: quando il giudice, anziché essere sottoposto alla legge, ritiene di potersi fare creatore di giustizia. Anche in tal caso, l’antidoto è rappresentato dalla possibile verifica delle motivazioni e dalla discussione pubblica delle decisioni assunte.
L’imparzialità del giudice: un obiettivo raggiungibile
L’imparzialità non è “neutralità” (di pensiero), ma si avvale del raziocinio, della coscienza, con senso di responsabilità, di competenza e di umanità, per consentire al magistrato di analizzare il caso dell’altro: la consapevolezza di aver esaminato la questione (di fatto e di diritto) in tutte le sue complesse dimensioni senza arrestare il giudizio a una parte superficiale e preconcetta delle argomentazioni già costituisce un prezioso esercizio di imparzialità. La Costituzione e le leggi – assistite dalla capacità di interpretare le norme e la realtà nella quale si inseriscono – ne rappresentano l’ossatura; le testimonianze di vita di chi ci ha preceduto rappresentano l’esempio da seguire (il volto dell’imparzialità).
Nella società dei social media è fondamentale chiedersi se essa sia ancora un obiettivo raggiungibile e soprattutto se il magistrato, per essere e apparire imparziale, debba assumere tratti disumanizzati e neutri. Una giustizia robotizzata alimenterebbe false illusioni di imparzialità perché il giudizio non può prescindere dal carattere ontologicamente etico e responsabile della decisione umana.
Essere e apparire imparziali: il giudice del lavoro
Il giudice del lavoro, nell’interpretazione delle norme da applicare ai casi umani sottoposti al suo esame, deve tenersi ben stretto alla Costituzione, che colloca il lavoro tra i diritti sociali fondamentali, presupposto stesso dei diritti di libertà, senza che possa in alcun modo confondersi il piano della imparzialità con il doveroso controllo di conformità delle leggi ai valori-principi costituzionali e sovranazionali.
Imparzialità e indipendenza
L’imparzialità del magistrato è l’altra faccia dell’indipendenza della giurisdizione.
L’imparzialità rispetto al pregiudizio inconsapevole: lo stereotipo sessista
Investigatore e narratore, sì, ma imparziale: nella rappresentazione razionale dei fatti, che porta alla motivazione, il giudice ricorre – come ogni attore sociale – a una “conoscenza del mondo”. Quest’ultima, tuttavia, comporta l’attivazione di regole di esperienza, non fondate su saperi empiricamente verificati. Nella misura in cui sono espressione di un gruppo egemone (nel caso qui considerato: gli uomini “bianchi” eterosessuali), esse diventano prescrittive, esponendo il giudice al rischio di stereotipi. Con riferimento alle relazioni di genere, ciò traspare sia dal linguaggio sia dagli argomenti usati per motivare le decisioni – ad esempio, per stabilire quale sia la “vera” vittima di un reato sessuale. A tacere del danno subito dalle persone offese, ad essere intaccata sarà proprio l’imparzialità, e con essa la verità processuale che ne discende.
Apparire imparziali
Imparzialità del magistrato e credibilità della magistratura
Premesse alcune considerazioni sull’inevitabilità dei giudizi di valore nell’interpretazione delle disposizioni normative, l’Autore tenta di chiarire i termini delle convergenze e delle divergenze tra imparzialità e indipendenza dei magistrati. Il tradizionale concetto di “prestigio” della magistratura, di estrazione autoritaria, dovrebbe sempre essere sostituito da quello di “credibilità”, che evoca il rapporto di fiducia che deve esistere tra magistrati e cittadini. L’imparzialità deve accompagnarsi all’immagine di essa (apparenza) proprio per mantenere viva la fiducia. Quest’ultima non ha, però, motivo di venire meno se il magistrato palesa, anche in pubblico e con energia, la propria adesione ai principi costituzionali di libertà, eguaglianza e tutela della dignità di tutte le persone, senza discriminazione alcuna.
Apparire imparziali: ma agli occhi di chi?
Ad un severo esame critico la richiesta ai giudici di apparire imparziali si mostra, in realtà, assai prossima a un disegno di omologazione alla maggioranza e al pensiero dominante. Un inganno, dunque, più che un chiarimento. Conviene, allora, rovesciare il paradigma e agire non sull’apparenza ma sulla sostanza, chiedendo ai giudici non di conformarsi all’immagine gradita alla maggioranza, ma di essere “trasparenti”.
Una questione di fiducia
Il difficile equilibrio dell’imparzialità. Riflessioni sulla base dei principi costituzionali e assumendo il punto di vista di una persona che, per le vicende della vita, viene a trovarsi dinanzi a un giudice.
Su imparzialità e indipendenza del magistrato: concetti, principi, casi
È imparziale il magistrato che nei suoi atti ricerca la veritiera ricostruzione del fatto e la corretta applicazione del diritto secondo le regole del giusto processo, senza farsene deviare da interessi estranei. È indipendente il magistrato immune da influenze potenzialmente capaci di renderlo non imparziale nel concreto esercizio della giurisdizione. Il magistrato privo di indipendenza esteriore soffre la presunzione assoluta di non essere imparziale. Non così chi abbia tale indipendenza: ma per sfuggire ad ogni sospetto di parzialità egli ha l’onere di provare la propria indipendenza interiore. Il modo è la motivazione dei suoi atti, che si attende di qualità tanto più elevata quanto più il magistrato partecipi, sia pure col giusto “stile”, al pubblico dibattito delle idee. Su questi criteri, la giudice Apostolico non merita alcun addebito di parzialità riconducibile alle sue visioni del fenomeno migratorio; al contrario, con le sue esternazioni il magistrato Degni ha pregiudicato gravemente la propria immagine di indipendenza.
L’imparzialità dei magistrati e la loro partecipazione alla vita politico-sociale
Termine polisenso, l’imparzialità non va confusa con la neutralità, causa di un «lento esaurimento interno delle coscienze» che mina l’essenza della funzione giurisdizionale, bensì intesa come intima vocazione e sfida che il magistrato deve compiere anche con se stesso, coltivandola nel corso di tutta la sua vita professionale.
Contro lo spettro del “carrierismo” e i rischi di facili consensi, che tradiscono la fiducia dei cittadini, la risposta non sta in un formalismo esasperato o nella cancellazione del pluralismo – che contribuirebbe a favorire tentazioni regressive – ma deve essere un recupero, da parte delle associazioni, della funzione di politica della giustizia, nel segno dell’indipendenza (interna ed esterna) e dell’autonomia di ogni magistrato.
Il giudice deve guardare il mondo con gli occhiali dell’imparzialità perché è attraverso l’imparzialità che il mondo guarda il giudice
Il nesso fra la qualità di giudice e l’imparzialità è imprescindibile e su di esso si fondano la credibilità e la legittimazione della magistratura. L’imparzialità non può risolversi nella sola qualità del giudizio e della decisione. Non può, infatti, prescindersi da ciò che un giudice risulta essere all’interno della collettività nella quale esercita la propria funzione in virtù delle proprie azioni e manifestazioni di pensiero. L’imparzialità del giudice è, pertanto, soprattutto garanzia di indipendenza dell’intera giurisdizione.
L’imparzialità del magistrato e gli altri poteri
Libertà di espressione e imparzialità del magistrato. A partire da un caso recente
L’imparzialità del magistrato si misura non dalla partecipazione a una manifestazione, ma dall’esercizio della funzione e dai provvedimenti.
Per una concezione “piena” dell’imparzialità
Nella crisi della capacità regolatoria della legge e nella moltiplicazione dei conflitti politici, dei quali è parte anche la crisi dei confini fra politica e giurisdizione, l’imparzialità diventa il fondamento di una moderna legittimazione del giudice, come condizione e garanzia che gli consente di essere pienamente credibile e degno di fiducia nella società in cui vive.
Giudici imparziali solo se consapevoli della loro funzione contromaggioritaria
Il dibattito sull’imparzialità del giudice è impregnato del pregiudizio verso le correnti progressiste, ritenute “politicizzate”, a differenza di quelle di centrodestra, ritenute “apolitiche”, sebbene la storia smentisca questa narrazione, che sconta l’idea di una magistratura allineata alle scelte di governo. L’imparzialità è un dovere tanto quanto la consapevolezza della funzione contromaggioritaria propria degli organi di garanzia. Che non è “opposizione giudiziaria”, ma sana dinamica istituzionale di una democrazia costituzionale.
Imparzialità apolitica. La restaurazione giudiziaria in atto tra “politica” e neo-tecnicismo
Non si possono normalizzare la pubblica accusa e anche il giudice penale senza trasformare gli stessi caratteri della cultura dei giuristi in generale. La peggiore imparzialità che potrebbe verificarsi è quella di un giudice burocrate, ma anche di un interprete in generale che non può “fare politica”, perché non gli è neppure assicurata la dimensione giuridico-costituzionale della critica del diritto implicita nel controllo di legittimità (anche europea) delle leggi ordinarie e della interpretazione conforme.
Un controllo, deciso sempre più dall’alto e comunque sottomesso al dominio della volontà maggioritaria sulla gestione dei valori costituzionali. Si prospetta così, nel segno dell’efficientismo del diritto, un ruolo del giudice come esecutore di massime delle giurisdizioni superiori, ispirato a un neo-tecnicismo acritico.
Imparzialità o normalizzazione?
L’indiscutibile ricerca dell’imparzialità, per quanto riguarda la magistratura, non può giustificare un esercizio omissivo del controllo di legalità. La magistratura batta un colpo, quando la democrazia è in pericolo (e il caso più insidioso è quando è sfidata dall’interno delle istituzioni), poi dovrà essere la vigilanza democratica di tutti a fornire le necessarie risposte politiche. Un rilancio, all’altezza del presente, del progetto etico-politico della nostra Costituzione dovrebbe vedere partecipe anche la magistratura.
Il dilemma del giudice che non deve produrre diritto, ma che non può non produrlo: il costituzionalismo e le ragioni di Creonte
L’avvento dello Stato costituzionale di diritto ha comportato una trasformazione nel conflitto tra politica e magistratura? Che «i giudici sono soggetti soltanto alla legge» significa senz’altro che devono essere e apparire imparziali, ossia che non devono avere pre-giudizi. Tuttavia, il confine tra un pre-giudizio e un’idea politico-morale che (può) trova(re) qualche appiglio testuale in documenti costituzionali (nazionali, sovranazionali e internazionali) è, date le caratteristiche di questi ultimi e dei diritti in essi coinvolti, assai labile. E infatti qui sta il punto: anche il diritto costituzionale deve essere interpretato. Se non si prende sul serio questa ovvia constatazione non si può uscire dal campo di battaglia, perché da qui discendono tutte le altre questioni, più o meno sensazionali e clamorose, che riempiono le cronache quotidiane.
Per una magistratura non corriva al senso comune
Cantare nel coro” vuol dire cedere alla compiacenza che porta a sorvolare sulla parzialità del dato (sia esso il fatto giornalistico, o quello su cui il magistrato fonda il proprio convincimento nella decisione di un caso): un monito alla coscienza in difesa dell’indipendenza dal senso comune, meno tangibile e diretto dei poteri “forti”, pena la perdita, per il magistrato, di quella funzione anti-maggioritaria che è connaturata ad ogni organo di garanzia.
L’imparzialità degli antichi e l’imparzialità dei moderni
L’imparzialità del giudice riposa oggi sul recupero di un corretto rapporto fra i poteri dello Stato, in cui la politica torni a fare buon uso delle prerogative attribuite dalla Costituzione, legiferando in modo adeguato e non delegando ai giudici la risoluzione dei problemi di sua competenza, e il potere giudiziario applichi le leggi contando sulla garanzia dell’autonomia e indipendenza, con la soggezione alla legge che impedisce che tali guarentigie diventino, per via interpretativa, arbitrio.
Imparzialità
Fermo restando che la professionalità resta la cifra dell’imparzialità del giudice, il conflitto fra magistratura e politica su temi di rilievo rimanda a un’incompiuta diffusione della cultura dei diritti fondamentali nella sfera della politica.
Il pubblico ministero e l'imparzialità
Il pubblico ministero “parte imparziale”?
Al pubblico ministero non si addice la veste di “parte imparziale” (un ossimoro!), ma non gli è estraneo il dovere di «agire e apparire agire liberi da qualsiasi influenza esterna indebita sui procedimenti giudiziari», con speciale riguardo agli effetti perversi del populismo penale e del processo mediatico. All’esito di una rilettura della garanzia di indipendenza dell’organo, seguono alcune riflessioni critiche sul progetto di separazione delle carriere dei magistrati.
Il più debole dei poteri
Sono molte le occasioni in cui l’imparzialità del pubblico ministero viene messa in discussione. Essa si lega alla terzietà del giudice e si caratterizza per la particolare forza del principio – che discende dal rapporto con i valori costituzionali di eguaglianza dinanzi alla legge e di tutela dei diritti – alla cui attuazione è mirata. Tema centrale è quello della responsabilità, nel senso di accountability. Se il pm risolve questo problema all’interno del circuito della giurisdizione, attraverso il controllo del giudice sulle scelte di azione/non azione, restano profili di grande rilievo che sfuggono o, strutturalmente, non sono sottoposti a tale controllo. Queste scelte si legano alla prevedibilità dell’agire giudiziario, fondamentale per assicurare l’eguaglianza dinanzi alla legge. La complessità delle scelte del pm, sin da quelle interpretative nell’ambiente multilivello della giurisdizione, costituisce una sfida all’imparzialità e rende assai incerta l’antica definizione della giurisdizione come “il più debole dei poteri”.
L’imparzialità del pubblico ministero
In qualunque sistema è pacifico che il pm sia parte. In Italia, si usa dire che è “parte imparziale” – un ossimoro, sì. Ma il tema dell’imparzialità ovunque è visto come nodo centrale nella definizione della figura del pm, sotto il profilo della collocazione istituzionale, della professionalità e della deontologia. Negli ultimi decenni vi è stata una straordinaria proliferazione a livello internazionale di testi che pongono il principio dell’imparzialità del pm. Egli può essere definito “avvocato dell’accusa” solo a patto che si precisi “avvocato della pubblica accusa” e, dunque, con ruolo e doveri radicalmente distinti dall’“avvocato della difesa”. Il pm ha un duplice volto: costruisce e sostiene l’accusa, ma come parte pubblica ha un dovere di verità che lo differenzia radicalmente dall’avvocato difensore.
Pubblico ministero e imparzialità
Una ricognizione del quadro costituzionale e ordinamentale che riguarda il pubblico ministero porta a individuare i caratteri essenziali che ne definiscono l’imparzialità, con significato specifico e in forma autonoma anche se strettamente collegata all’imparzialità del giudice. Lo statuto di indipendenza, il carattere di imparzialità e la funzione di garanzia del pm, enucleati dall’evoluzione dell’interpretazione costituzionale e convenzionale oltre che da una pluralità di direttive di soft law, trovano riflesso anche nell’evoluzione legislativa recente, di ordinamento e processuale, ma appaiono rimessi in discussione dalle proposte di riforma.
Un ossimoro: il pubblico ministero parte imparziale
L’imparzialità è un attributo sacralizzato nel giudice, quanto trascurato per il pubblico ministero. Eppure la discrezionalità insita nella fase delle indagini e la sua qualità di parte pubblica nel contraddittorio processuale impongono una rivisitazione del rapporto tra pubblico ministero e imparzialità.
Deontologia e disciplinare
Imparzialità, libertà di espressione del magistrato e illecito disciplinare
Malgrado il dovere di imparzialità sia il primo tra quelli posti a carico del magistrato in base all’elenco che ne fa l’art. 1 d.lgs n. 109 del 23 febbraio 2006, secondo il principio di tipizzazione dell’illecito disciplinare a cui si ispira il nostro sistema, il comportamento che appaia anche solo potenzialmente lesivo di esso può essere perseguito solo laddove risulti integrata una delle fattispecie elencate negli artt. 2, 3 e 4 dello stesso d.lgs. L’analisi delle singole disposizioni mira a individuare quali, in concreto, possano essere le condotte riconducibili a un difetto di imparzialità del magistrato ritenute meritevoli di sanzione disciplinare dal legislatore: con la necessaria avvertenza che alle eventuali manchevolezze del sistema può essere solo la volontà legislativa a porre rimedio.
L’imparzialità dei magistrati come principio etico. Riflessioni per un dibattito aperto
Il contributo esamina alcuni aspetti dell’imparzialità dei magistrati – anche attraverso un’analisi della giurisprudenza costituzionale e di legittimità che si è sinora formata – e costituisce un invito alla riflessione concreta su tale valore, strettamente connesso con quello dell’indipendenza, al fine di sollecitare la formazione di un’etica condivisa fra tutti i protagonisti del servizio giustizia.
La violazione del dovere del giudice di essere e apparire imparziale
Il caso Apostolico ha riproposto il tema dell’imparzialità del giudice, facendo emergere vecchie e nuove questioni che alimentano la conflittualità tra politica e magistratura. L’applicazione del codice etico e specifici corsi di formazione della Ssm, aperti all’avvocatura, sono vie percorribili per una giustizia rispondente alle attese e alle esigenze di tutela dei cittadini.
Filosofia e storia sull'imparzialità
Giudizio, giudice e cittadino. Idee per una fenomenologia della pratica giuridica
In questo articolo si cerca di porre le basi per un ripensamento del ruolo del giudice sia rispetto alla sua funzione intrinseca, che consente di interpretarlo come organo istituzionale in grado di incidere (e decidere) sulle sorti delle vite altrui, sia come soggetto concreto, immerso nei legami sostanziali di cittadinanza. Si pone, poi, in evidenza la problematicità dell’atto del giudicare, quale attività che dovrebbe concretizzarsi in un esercizio di “empatia” nei confronti del soggetto giudicato – tramite anche il coinvolgimento esistenziale che apra a forme “politiche” di cittadinanza “attiva” –, senza che, tuttavia, questo esercizio empatico possa condurre all’abbandono dei requisiti dell’imparzialità e dell’indipendenza. Si propone, infine, un’analogia esistenziale fra il procedere della riflessione filosofica e l’articolarsi del momento del giudicare.
Dalla gravitas alla partecipazione. Spunti per una “storia” dell’imparzialità del giudice
L’imparzialità del giudice rappresenta un’esigenza consustanziale all’idea di giustizia. Il concetto ha conosciuto, nel lungo periodo, letture e declinazioni diverse, riconducibili intorno a due nuclei principali: la terzietà rispetto alle parti e l’indipendenza da poteri concorrenti o antagonisti. L’analisi storica mostra come la cultura giuridica e le istituzioni abbiano prevalentemente privilegiato i segni esteriori dell’equidistanza, nella convinzione che comportamenti e posizioni palesemente neutrali infondano nella comunità un sentimento di fiducia nella giurisdizione.
Il paradosso del giudice (im)politico
Il contributo si sofferma sul possibile paradosso causato dalla presenza di un sottofondo politico nel lavoro del giudice, con particolare riferimento al momento interpretativo dell’attività giudiziaria, esaminandone i termini, le ragioni e le possibili vie di uscita.
Neutralità o imparzialità? Un sentiero storico-giuridico
Il contributo affronta in prospettiva storica la questione dell’imparzialità del giudice. Traccia, in particolare, un sintetico itinerario che, muovendo dalla visione di Beccaria e arrivando al presente, tenta di collocare le differenti declinazioni ricevute dal tema della imparzialità all’interno di un discorso più generale, avente ad oggetto la relazione tra le diverse fonti del diritto.
Cronache dall'Europa e dalla scena internazionale
Una nuova tutela “genetica” dell’indipendenza-imparzialità giudiziaria nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo?
Il caso polacco illustra una particolare evoluzione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, nella quale, contrariamente al modello del giudice silente, ha acquistato consistenza il valore eticamente positivo del diritto – il cui esercizio si trasforma talora in dovere – del magistrato di esprimersi a tutela degli istituti del giusto processo e fino alla difesa dello Stato di diritto e dell’indipendenza della magistratura.
Imparzialità del giudice e fiducia nella magistratura nella prospettiva costituzionale europea
Il contributo ricostruisce la portata del principio di imparzialità del giudice in una prospettiva costituzionale europea integrata e indugia sulla sua connessione con il principio di precostituzione, saggiando in particolare la compatibilità dei criteri di assegnazione degli affari giudiziari rispetto agli orientamenti giurisprudenziali illustrati.
L’imparzialità giudiziale e la sua apparenza nell’esperienza giuridica inglese: uno schizzo
Il presente contributo affronta il tema della rilevanza dell’imparzialità giudiziaria nel diritto inglese, al fine di verificarne le conseguenze sul piano della regolarità e legittimità del processo nel caso della sua mancanza o del suo appannamento. Il principio fondamentale è che l’imparzialità implichi, in primo e decisivo luogo, l’assenza di pregiudizi nella mente del giudice, nozione riassunta nell’espressione inglese “bias”. Tipica manifestazione della ricorrenza di una simile condizione è quella dell’esistenza di un interesse, diretto o indiretto, del giudice all’esito del processo. L’indagine si svolge attraverso l’esame della lunga linea di precedenti giurisprudenziali del common law inglese sul tema.
Un connubio inconciliabile: legittimazione democratica e imparzialità dei giudici e dei prosecutors negli Stati Uniti
L’articolo descrive il dilemma vissuto dal sistema statunitense statale che – unico al mondo – ha scelto di eleggere tanto i giudici quanto gli organi dell’accusa. Quanto più cresce la loro legittimazione democratica, tanto più diminuisce la legittimazione quali organi imparziali. La tensione fra democrazia e imparzialità si è decisamente accentuata negli ultimi decenni, creando un’impasse di difficile soluzione che – se non risolta – rischia di trasformare a tutti gli effetti il giudiziario e i prosecutors statali statunitensi del XXI secolo in un terzo potere politico, come tale privo della capacità di rappresentare la giustizia.
L’imparzialità dei giudici e della giustizia in Francia… … in un mondo dove gravitano i diritti fondamentali
Un viaggio nella storia del pensiero giuridico alla luce dell’esperienza francese, sulle tracce di un concetto connaturato al funzionamento della giustizia, reattivo ai tentativi di soppressione o mascheramento tuttora capaci di incidere sul ruolo del magistrato all’interno della società. Una società complessa e plurale, di cui egli è parte attiva a pieno titolo. Nella lucida e personalissima testimonianza di Simone Gaboriau, l’imparzialità emerge come principio-cardine dell’ordine democratico, fondato – necessariamente – sull’indipendenza dei poteri che lo reggono.
L’indipendenza e l’imparzialità delle corti internazionali tra accountability e judicial restraint
Dalla fine della Seconda guerra mondiale, il numero delle corti internazionali è aumentato in modo esponenziale. Il loro campo di azione è molto ampio e l’impatto delle loro decisioni, vincolanti sulle politiche interne e sui sistemi giuridici degli Stati, induce a interrogarsi sulla loro legittimità, efficacia e indipendenza.
In forma di dialogo
Autonomia vuol dire (anche) farsi comprendere
L'apertura della discussione sulla Rivista
Il caso Apostolico: essere e apparire imparziali nell’epoca dell’emergenza migratoria
È ancora possibile, nell’epoca della emergenza migratoria, ragionare dell’imparzialità dei magistrati andando oltre le aggressioni, le mistificazioni e l’elogio del silenzio e dell’ipocrisia?
La giusta esigenza di garantire anche l’“apparenza” dell’imparzialità riguarda soprattutto il “come” un magistrato si comporta nel processo o prende la parola in pubblico e partecipa alla vita collettiva. In particolare, il cittadino ha il diritto di attendersi che il suo potenziale accusatore o giudice parli e argomenti in modo chiaro e comprensibile; che partecipi al discorso pubblico come un attore razionale; che non prorompa nell’urlo fazioso, nell’invettiva, nella semplificazione. È il rispetto di questi criteri di misura, di sobrietà, equilibrio, ragionevolezza e disponibilità al dialogo e al confronto nella vita pubblica che vale a preservare, meglio di ogni silenzio, astensione o mascheramento, la credibilità e l’immagine di imparzialità dei magistrati.
I nodi del costituzionalismo contemporaneo e la sfida per l’Associazione nazionale magistrati
Il costituzionalismo contemporaneo è segnato da una serie di nodi ancora tutti da sciogliere: il depotenziamento della funzione costituzionale di indirizzo fondamentale e il parallelo potenziamento della funzione di garanzia; quale equilibrio fra la sovranità popolare e il potere dei giudici di interpretare la legge; l’imparzialità dell’interprete e i confini della libertà di espressione del magistrato. A quasi cinquant’anni dal Congresso di Gardone, il prossimo congresso dell’Anm può essere l’occasione per un contributo della magistratura associata alla risoluzione di questi nodi.
Una nuova idea di imparzialità si aggira per l’Europa: i tanti volti dell’attacco alla libertà di parola e di associazione dei magistrati
Dalla “legge-museruola” in Polonia alla proposta (per ora respinta) dell’“emendamento-bavaglio” in Francia: nel panorama europeo si limita e si tenta di limitare la libertà di parola dei magistrati.
Con le accuse di interferenze all’Anm, che interviene sulla riforma della giustizia, e di militanza politica ai giudici e ai pubblici ministeri per i provvedimenti adottati nell’esercizio delle loro funzioni, anche nel nostro Paese si ripropone l’attacco all’associazionismo giudiziario e ai valori della giurisdizione.
Magistrato e cittadino: l’imparzialità dell’interprete in discussione
Dopo la fase del costituzionalismo politico che, superando la concezione dell’applicazione burocratica del diritto, aveva immesso la giurisdizione nell’attuazione dell’indirizzo politico-costituzionale, ponendo all’inizio dell’interpretazione del diritto i valori dell’interprete, nell’odierna stagione del costituzionalismo per principi l’imparzialità dell’interprete è affidata all’assunzione di un dovere di indipendenza da se stesso. Che il magistrato debba anche apparire imparziale non significa però astenersi dal prendere parte al dibattito democratico, cui il magistrato partecipa esprimendo le proprie scelte politiche al pari di ogni cittadino, ma significa essere ed apparire indipendente da formazioni politiche e soggetti operanti nel settore economico o finanziario, perché la sostanza dell’imparzialità è l’indipendenza.
La libertà di espressione dei magistrati e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo
L’argomento che mi è stato affidato riguarda la libertà di espressione dei giudici secondo la CEDU. Prima di affrontare questo tema, però, vorrei allargare un po’ la prospettiva, fornendo un panorama più generale delle principali norme e principi applicabili in materia a livello mondiale, degli standard internazionali di tutela di questo diritto e dell’evoluzione giurisprudenziale. Anticipo qui le mie conclusioni: la giurisprudenza della Corte Edu non solo è conforme agli standard internazionali di tutela, ma ha anche svolto e svolge un ruolo fondamentale nella creazione di tali standard.