Una nuova idea di imparzialità si aggira per l’Europa: i tanti volti dell’attacco alla libertà di parola e di associazione dei magistrati
Dalla “legge-museruola” in Polonia alla proposta (per ora respinta) dell’“emendamento-bavaglio” in Francia: nel panorama europeo si limita e si tenta di limitare la libertà di parola dei magistrati.
Con le accuse di interferenze all’Anm, che interviene sulla riforma della giustizia, e di militanza politica ai giudici e ai pubblici ministeri per i provvedimenti adottati nell’esercizio delle loro funzioni, anche nel nostro Paese si ripropone l’attacco all’associazionismo giudiziario e ai valori della giurisdizione.
1. Francia, 8 giugno 2023 / 2. Mayotte / 3. Significative coincidenze e l’importante posta in gioco / 4. Uno sguardo all’Europa
1. Francia, 8 giugno 2023
Nella seduta dedicata all’esame del disegno di legge relativo «all’apertura, alla modernizzazione e alla responsabilità della magistratura», i senatori approvano un emendamento per inquadrare la libertà di associazione dei magistrati, stabilendo che deve essere esercitata «nel rispetto del principio di imparzialità che si applica ai membri della magistratura»[1]. Philippe Bonnecarrère, autore dell’emendamento, ricorda nel suo intervento che l’indipendenza e l’imparzialità sono due aspetti centrali quando si parla di giustizia e che, se certo va riconosciuta piena libertà di espressione alle associazioni, comprese quelle giudiziarie, tuttavia la nozione di imparzialità deve caratterizzare non solo l’agire individuale dei magistrati, ma anche la loro azione collettiva. E rassicura: «non crediamo che il concetto di imparzialità possa essere visto come un ostacolo alla libertà di espressione collettiva dei magistrati».
L’origine e il senso dell’emendamento diventano più chiari nelle parole di Agnès Canayer: lo scopo di questa previsione è ribadire che il diritto di fare attività associativa per i magistrati deve essere compatibile con il dovere dell’imparzialità inerente al loro status perché, «se si può riconoscere che il principio di imparzialità esiste, non è superfluo fissarlo nella legge, come dimostrato dai recenti incidenti di Mayotte»[2].
2. Mayotte
Nei mesi di marzo e aprile 2023, il Syndicat de la Magistrature[3] aveva preso pubblicamente posizione sull’operazione di sicurezza pubblica e di contrasto all’immigrazione irregolare, denominata “Wuambushu” (“ripresa”), in corso sull’isola di Mayotte. Rivendicando il diritto e la «necessità democratica» di partecipare al dibattito su questioni riguardanti i valori dello Stato di diritto, il Syndicat aveva condiviso l’allarme espresso anche da numerosi osservatori internazionali (Défenseur des droits, UNICEF, CNCDH, Consiglio d’Europa) per le ricadute sui diritti fondamentali e sulla possibilità di accedere alla tutela giurisdizionale in considerazione della portata e modalità della spettacolare operazione finalizzata allo sgombero delle persone residenti nelle bidonvilles[4].
Gli attacchi e le critiche sui media alla libertà di espressione dei magistrati e alla giudice del tribunale locale – in passato vicepresidente del Syndicat –, che aveva deciso la sospensione in via d’urgenza delle operazioni di sgombero, si inasprivano fino a determinare una chiara presa di posizione da parte del Consiglio superiore della magistratura: «in uno Stato democratico governato dallo Stato di diritto, le critiche a una decisione giudiziaria non devono mai essere espresse attraverso attacchi personali al giudice che ha preso la decisione»; «la libertà di associazione è riconosciuta ai membri della magistratura»; «le posizioni assunte da un’associazione non possono essere utilizzate come base per mettere in discussione l’imparzialità di un magistrato per il solo fatto che fa parte di tale organizzazione»[5]. In questo contesto si inseriva anche l’iniziativa del Ministro della giustizia Eric Dupond-Moretti, che richiedeva al Consiglio di esprimere un parere sui limiti del diritto di parola dei magistrati.
La magistratura francese si è fortemente mobilitata in difesa del diritto di parola e di associazione. Come denunciato nel documento «Bavaglio alla magistratura: un passo indietro per la democrazia», promosso dal Syndicat de la Magistrature, che ha raccolto in poco tempo l’adesione di molte associazioni e di numerose personalità della cultura, scopo dell’emendamento era dare concretezza all’assunto che un magistrato impegnato nell’attività associativa sia necessariamente di parte nell’esercizio delle sue funzioni giudiziarie: una limitazione alla libertà di pensiero e di parola che spetta ai singoli in quanto tali e alle loro associazioni; un vulnus alla funzione giurisdizionale, compromessa dal discredito verso ogni decisione resa da un giudice o da un pubblico ministero in quanto aderente a un’associazione[6].
Nella sua dichiarazione del 13 giugno, Medel ha ribadito che il tentativo di limitare la libertà di espressione appare ancora più grave quando si prendono di mira le posizioni assunte dalla magistratura per ricordare il compito di salvaguardia dei diritti fondamentali che spetta all’autorità giudiziaria in ogni società democratica, e l’indipendenza che le deve essere per questo riconosciuta[7].
3. Significative coincidenze e l’importante posta in gioco
L’iter legislativo di approvazione della legge organica sullo status della magistratura non si è ancora definitamente concluso, ma nella votazione del 18 luglio da parte dell’Assemblea nazionale l’emendamento è stato respinto. L’allarme è – per ora – rientrato, ma non è cessato. E resta un segnale preoccupante: ovunque la libertà di espressione dei magistrati e delle loro associazioni è sotto accusa.
La vicenda francese ci dice quanto radicata e diffusa sia l’insofferenza per l’idea di una magistratura che “prende la parola”, e comune il linguaggio di chi si fa portavoce di tale insofferenza nel dibattito politico e pubblico.
Dietro all’impropria sovrapposizione fra l’imparzialità del giudice, garanzia essenziale del giusto processo e di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, e i limiti alla sua libertà di espressione c’è la visione di una magistratura silente, di un corpo burocratico e separato dalla società, escluso dal confronto pubblico e dal dibattito democratico; c’è l’idea di magistrati ripiegati su se stessi e sulle loro “carte”, incapaci di elaborare ed esprimere posizioni collettive che non siano rivendicazioni salariali e di carriera; c’è la prospettiva di una magistratura che, come scriveva Stefano Rodotà, si sottrae al difficile confronto con la realtà quando chiama in causa la funzione di garanzia della giurisdizione, tornando a chiudersi dietro alle alte mura della sua separatezza.
Abbiamo avvertito l’eco del dibattito francese quando il nostro Ministro, che annuncia e promuove importanti riforme della giustizia, anche costituzionali, ha accusato di interferenze l’Anm (il “sindacato dei magistrati”) per le opinioni espresse nel dibattito pubblico sul punto[8].
Difficile considerare questa accusa come un’innocua affermazione perché, come sempre, la forza persuasiva che può acquisire un messaggio immesso nel dibattito pubblico prescinde dalla sua fondatezza.
E, nel dibattito pubblico, l’allarme del Ministro per lo sconfinamento è stato condiviso e rilanciato da interventi che hanno evocato un deragliamento istituzionale, causato dalle modalità con le quali i magistrati, in quanto singoli o per mezzo dall’Anm, manifestano il loro pensiero travalicando la separazione e l’equilibrio dei poteri, o la stortura democratica di una Anm che si pone come titolare di sovranità. E anche da questo dibattito è arrivato il richiamo improprio all’imparzialità quale limite al diritto di parola dei magistrati che partecipano al confronto democratico sui temi della giustizia e dello Stato di diritto[9].
Significative coincidenze, che nel nostro contesto fanno parte di una nuova stagione di difficoltà per la magistratura e la giurisdizione.
Aperto il cantiere delle riforme della giustizia all’insegna della necessità di intervenire per porre fine agli abusi di una magistratura “di parte”, politicizzata e consapevolmente strumentalizzata dall’opposizione politica, ciò che ci si può attendere è che si porti acqua al mulino di queste riforme delegittimando ogni presa di posizione critica da parte dei magistrati, singoli e associati.
E il fronte di attacco si va pericolosamente spostando verso la giurisdizione: dopo la denuncia di interferenza alla magistratura che ostacola il percorso delle riforme con prese di posizione nel dibattito pubblico, il passo successivo è stato l’accusa ai giudici e ai pubblici ministeri di perseguire finalità politiche con le decisioni nei processi e nelle indagini. Le recenti gravi affermazioni provenienti da fonti governative sul ruolo di “opposizione politica” assunto dalla magistratura con i procedimenti che riguardano titolari di cariche politiche dimostrano chiaramente quale può diventare la posta in gioco: il ruolo della giurisdizione e la sua legittimazione. E l’allarme, questa volta lanciato dall’Anm, per le ricadute sulla separazione dei poteri e sulle prerogative di una giurisdizione indipendente non ha trovato una eguale attenzione, neppure nell’organo di tutela dell’indipendenza della magistratura[10].
4. Uno sguardo all’Europa
Come spesso accade, il dibattito sulla giustizia e sullo statuto dei magistrati nei contesti nazionali, e nel nostro in particolare, prende direzioni opposte a quelle suggerite dall’esperienza e dal confronto in ambito europeo. E, oggi, a quelle imposte dagli sviluppi della “crisi europea” dello Stato di diritto. L’involuzione democratica nei confini dell’Unione ha significato, in Polonia, assoggettamento all’esecutivo di tutto il sistema giudiziario; un Consiglio superiore della magistratura (KRS) che – anziché agire come garante della magistratura – è risultato attivamente coinvolto nella demolizione dell’indipendenza dei giudici e dei tribunali[11]; una Corte costituzionale che oggi sfida apertamente non solo il primato del diritto dell’Unione europea, ma anche il sistema della Cedu; ritorsioni disciplinari e penali contro i giudici e i pubblici ministeri che hanno osato prendere la parola contro le riforme della giustizia adottate per sovvertire il principio di separazione dei poteri.
La scure della repressione autoritaria più dura, con la quale si è colpita a morte la democrazia in Turchia, si è abbattuta sul sistema giudiziario, su tutto il sistema di garanzie giurisdizionale, e sui singoli magistrati – come sugli avvocati e i difensori dei diritti umani – attraverso la privazione della libertà personale e le condanne definitive di coloro che si sono impegnati pubblicamente nella difesa dell’indipendenza della magistratura e dei valori della democrazia. Murat Arslan, presidente di Yarsav (associazione di giudici e pubblici ministeri turchi aderente a Medel, sciolta in base alla legislazione di emergenza dopo il tentativo di colpo di Stato, nel luglio 2016), è stato il testimone non silenzioso della fine dello Stato di diritto in Turchia: detenuto dall’ottobre 2016 e, dopo un processo condotto in violazione di tutte le essenziali garanzie del giusto processo, condannato a dieci anni di reclusione, Murat ha pagato in prima persona il prezzo del suo impegno a favore dei diritti e di una giustizia indipendente.
Rispetto a questo contesto, proprio per quanto riguarda la partecipazione del magistrato al dibattito pubblico, oggi si afferma la sussistenza di un dovere dei giudici di prendere la parola quando la democrazia, lo Stato di diritto e i diritti fondamentali sono a rischio (così la Rete dei Consigli di giustizia nella dichiarazione di Atene del giugno 2022 e il Consiglio consultivo dei giudici europei nel parere del dicembre 2022 sulla libertà di espressione dei giudici)[12].
Due importanti pronunce delle Corti europee sono intervenute di recente sulla libertà di parola e su quella associativa.
Il 6 giugno la Corte europea dei diritti dell’uomo ha accertato la violazione dell’articolo 10 (libertà di espressione) della Convenzione da parte della Turchia per la sanzione disciplinare inflitta dal Consiglio dei giudici e dei pubblici ministeri alla ricorrente – magistrata, all’epoca dei fatti segretaria generale del sindacato dei giudici – a seguito di un’intervista pubblicata da un quotidiano nazionale in cui si esprimeva criticamente sulle conseguenze delle modifiche apportate al Consiglio superiore dei giudici e dei procuratori (HCJP) dagli emendamenti costituzionali. La Corte chiaramente afferma che, se da un lato esiste un dovere di riserbo e di continenza correlato alle funzioni di magistrato, il ruolo di segretaria generale di un sindacato magistrati è un «ruolo di attore della società civile». La ricorrente aveva dunque il diritto e il dovere di esprimere la propria opinione sulle riforme costituzionali suscettibili di avere un impatto sulla magistratura e sull’indipendenza della magistratura[13].
È del 5 giugno la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che ha accolto il ricorso della Commissione contro la Polonia e bocciato la cd. “legge museruola”[14]. Una riforma approvata nel 2019, con la quale la Polonia ancora una volta si è posta in rotta di collisione con i principi dello Stato di diritto e il primato del diritto dell’Unione. Oltre a misure per consentire di sanzionare disciplinarmente i giudici per gli interventi critici sulle riforme e quelli chiamati a verificare il rispetto dei requisiti essenziali per la tutela giurisdizionale effettiva, sanciti dal diritto dell’Unione, e di far valere il suo primato, la legge ha imposto ai giudici anche l’obbligo di comunicare informazioni relative alle loro attività nell’ambito di associazioni o fondazioni, nonché una eventuale precedente appartenenza politica, e ha previsto la pubblicazione di tali informazioni.
La Polonia ha difeso la riforma dinanzi alla Corte, affermando che l’obiettivo di queste misure era rafforzare la neutralità politica e l’imparzialità dei giudici, nonché consentire alle parti di essere informate delle precedenti attività politiche dei giudici interessati, e di un eventuale pregiudizio all’obiettività del giudice in una determinata causa.
Torna l’argomento della imparzialità, un passe-partout a tutte le latitudini per agire con strette autoritarie sulla libertà di pensiero e di associazione dei magistrati.
Non siamo in Polonia e non siamo in Turchia. Ma, come sempre, alzare lo sguardo verso quello che accade oltre i confini nazionali, aiuta ad acquisire consapevolezza dei mutamenti che preannunciano l’avvio di pericolose e inarrestabili involuzioni. E di capire su quale piano inclinato ci si pone quando la torsione strumentale riguarda i principi che tutelano l’indipendenza della giurisdizione e quelli che sono alla base della sua legittimazione.
* Considerando i riferimenti fattuali e le fonti ivi citate, si segnala che il presente articolo è stato pubblicato, nelle lingue italiana e inglese, su Questione giustizia online il 27 luglio 2023 (www.questionegiustizia.it/articolo/polonia-ungheria-francia).
Sono disponibili in italiano, alla stessa pagina, anche l’appello di Medel, Dopo Polonia e Ungheria, la Francia?, del 13 giugno 2023 (www.questionegiustizia.it/data/doc/3613/dopo-la-polonia-e-l-ungheria-la-francia_.pdf), e il comunicato del Syndicat de la Magistrature, Bavaglio alla magistratura: un passo indietro per la democrazia, del 17 giugno (www.questionegiustizia.it/data/doc/3613/bavaglio-alla-magistratura.pdf).
1. www.senat.fr/amendements/2022-2023/662/Amdt_38.html.
2. www.senat.fr/seances/s202306/s20230608/s20230608001.html#Niv1_SOM1
3. L’Associazione di giudici e pubblici ministeri, costituita nel 1968, è membro fondatore di Medel.
4. www.syndicat-magistrature.fr/component/tags/tag/mayotte.html.
5. https://rassemblementnational.fr/communiques/le-syndicat-de-la-magistrature-contre-linteret-des-mahorais.
Il Deputato LR per Mayotte, Mansour Kamardine, in un comunicato (aprile 2023), denunciava «l’accanimento giudiziario orchestrato da associazioni “droitdelhommistes”, mano nella mano con giudici di parte» (www.zinfos974.com/Wuambushu-Mansour-Kamardine-parle-de-harcelement-judiciaire-orchestre-par-des-associations_a195255.html);
www.conseil-superieur-magistrature.fr/publications/avis-et-communiques/communication-du-4-mai-2023.
6. www.syndicat-magistrature.fr/notre-action/defense-des-libertes/liberte-d-expression/2601-tribune-baillonner-la-magistrature-une-regression-democratique.html.
7. https://medelnet.eu/after-poland-and-hungary-france/.
8. www.ilsole24ore.com/art/nordio-contro-l-anm-loro-interferenze-l-associazione-magistrati-hanno-diritto-dovere-parlare-AEtzVrjD.
9. www.ildubbio.news/interviste/cassese-cosi-lanm-rischia-di-violare-la-separazione-dei-poteri-o6yscdsn;
www.corriere.it/economia/lavoro/23_luglio_09/violante-governo-accerchiato-sindrome-diffusa-ma-dall-anm-toni-sbagliati-7066f8aa-1e8b-11ee-9790-534f50182f9e.shtml.
10. www.associazionemagistrati.it/doc/3999/rispettare-le-prerogative-della-giurisdizione.htm;
www.associazionemagistrati.it/doc/4000/lessenziale-ruolo-dellanm.htm.
11. Cfr. la proposta di esclusione del KRS dalla Rete dei consigli di giustizia (ENCJ): https://pgwrk-websitemedia.s3.eu-west-1.amazonaws.com/production/pwk-web-encj2017-p/EGA%20Vilnius%202021/ENCJ%20EB%20propsal%20to%20expel%20KRS%20.pdf (27 maggio 2020 – agg.: settembre 2021).
12. https://pgwrk-websitemedia.s3.eu-west-1.amazonaws.com/production/pwk-web-encj2017-p/GA%2022/ENCJ%20Athens%20Declaration%202022.pdf; https://rm.coe.int/opinion-no-25-2022-final/1680a973ef%0A%0A.
13. https://hudoc.echr.coe.int/eng#{%22itemid%22:[%22001-225022%22]}.
14. https://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2023-06/cp230089en.pdf.