Attraversare frontiere dialogando con Carlo
Pochi hanno saputo interpretare come Carlo l’impegno per una giurisdizione all’altezza del suo «ruolo essenziale nella grande sfida democratica». Una sfida che oggi ha assunto una drammaticità e una complessità inedite, coinvolgendo il futuro dell’Europa e dello Stato di diritto, minacciato da un processo di regressione democratica che ha portato all’affermazione di regimi illiberali entro i confini dell’Unione. Medel è stata, fin dalla sua nascita, un faro nella notte delle democrazie deboli. Il progetto visionario alla base della sua nascita è sempre più vivo e attuale e continua ad ispirare il nostro impegno per un’Europa dei diritti e della solidarietà.
Dialogare con Carlo: le ragioni di un impegno collettivo
In questi lunghi anni segnati dalla sua assenza, il nostro dialogo con Carlo non si è mai interrotto.
È un confronto ideale che prosegue lungo il solco profondo tracciato dal suo pensiero, che riscopriamo ogni volta attuale rispetto alle sfide del presente, visionario e anticipatore in quelle intuizioni che ci hanno svelato nuovi orizzonti culturali e percorsi innovativi di riflessione comune e di confronto aperto, dando impulso e concretezza al nostro impegno collettivo per i diritti e per la giurisdizione.
Dialogare con Carlo, in questa epoca di disincanto e di divisioni, significa ritrovare, nella mitezza del suo approccio e del suo linguaggio, la forza e l’autenticità della spinta ideale che di questo impegno collettivo rappresenta da sempre il senso più profondo: non «rassegnarsi a credere che l’uguaglianza sia un valore recessivo»[1].
Da qui nasceva il suo orgoglio per l’appartenenza a Magistratura democratica.
Un sentimento forte di appartenenza che, per Carlo, non ha mai significato retorica rivendicazione di diversità, ma incessante e faticosa ricerca – sul piano dell’elaborazione culturale, delle attuazioni giurisdizionali, delle prassi e dell’organizzazione – di soluzioni coerenti con l’impegno per dare piena attuazione all’eguaglianza emancipatrice voluta dalla Costituzione.
Per Carlo, quell’orgoglio non è mai stato il segno di una distanza o di un distacco elitario. Era – al contrario – lo stimolo a combattere l’isolamento culturale della magistratura e dei singoli con l’apertura al punto di vista esterno, per «uscire fuori dallo steccato della giurisdizione», e «parlare ai cittadini con le armi della cultura giuridica, dell’impegno personale» e «con uno stile di pacatezza e semplicità che bisogna sforzarsi di mantenere»[2].
Non vi era, in quel sentimento, un appagamento di sé o per le proprie certezze né l’accettazione di schemi culturali precostituiti, ma la prospettiva di dover (e poter) operare per il cambiamento attraverso il dialogo con gli avvocati, con i giovani colleghi, con la società civile. E la convinzione di dover essere presenza attiva nella magistratura, per contribuire a una crescita culturale collettiva e a una comune assunzione di responsabilità rispetto all’attuazione dei valori costituzionali della giurisdizione: «le richieste di trasformazione in senso democratico della società »,scriveva Carlo, «saranno forti solo nella misura in cui Md saprà continuare a produrre trasformazioni all’interno della magistratura. Come è successo in occasione del congresso di Gardone nel 1965, quando si affermò finalmente nell’associazione magistrati una cultura egualitaria. Oggi, se vogliamo, il compito dell’Anm è solo apparentemente più modesto: dobbiamo dimostrare nei fatti che l’indipendenza del singolo magistrato è il presupposto della crescita di funzionalità della giurisdizione e di affermazione dei diritti. (…) L’Anm siamo noi, è lo specchio di Magistratura democratica. Le nostre conquiste sono venute quando la magistratura ha trovato unità non sulla base di chiusure corporative ma di un rilancio culturale e professionale»[3].
Pochi come Carlo hanno saputo praticare l’impegno per una giurisdizione all’altezza del suo «ruolo essenziale nella grande sfida democratica», sviluppandone tutte le implicazioni: nel lavoro quotidiano e nell’attività di formazione; nell’impegno associativo e nell’elaborazione culturale (contagioso è stato l’entusiasmo che ha caratterizzato la sua collaborazione alla rivista Questione giustizia); nella ricerca e sperimentazione di nuovi strumenti e luoghi di confronto, come gli Osservatori, dove far crescere fra tutti gli attori della giurisdizione una consapevolezza comune dei valori sostanziali in gioco e una responsabilità condivisa per una giustizia equa ed efficiente.
Tornare oggi a dialogare con Carlo vuol dire ritrovare intatte e ancora più forti le ragioni di quell’ostinazione a non rassegnarsi di fronte alle nuove e complesse sfide che si rinnovano per la giurisdizione, nel suo compito di dare attuazione ai valori costituzionali e al principio di eguaglianza sostanziale.
Quel progetto autoritario che Carlo aveva visto delinearsi dietro i profondi cambiamenti prodotti dall’affermazione di «un liberismo aggressivo (per cui è il mercato che deve determinare qualsiasi scelta)»[4]e da una dilagante xenofobia razzista,ha assunto le sembianze di un progetto eversivo. Dietro l’intreccio fra quelle due anime del populismo, che vedeva avanzare, si delinea oggi un modello alternativo di società, un nuovo ordine fondato sul superamento teorizzato e rivendicato del carattere universale dei diritti fondamentali e del principio di eguaglianza. Sotto la spinta emotiva della paura fomentata da politiche razziste e xenofobe[5] e del risentimento cresciuto con l’esplosione di nuove disuguaglianze, la perdita dei diritti e delle tutele, questo progetto ha acquisito forza e consenso, e oggi mette a dura prova la legittimazione stessa della giurisdizione come luogo di attuazione dei diritti di tutte le persone e di garanzia delle libertà.
La grande sfida democratica ha assunto una drammaticità e una complessità inedite e la posta in gioco, rappresentata da«una società che metta al centro il rispetto dei diritti umani e sociali ed il valore dell’eguaglianza»[6], coinvolge il futuro dell’Europa e dello Stato di diritto, minacciato da un processo di regressione democratica che ha portato all’affermazione di regimi illiberali entro i confini dell’Unione.
Inquesto difficile scenario, la giurisdizione deve continuare ad essere all’altezza del suo ruolo essenziale per la democrazia e i giudici non possono sottrarsi al loro compito: se, come Carlo aveva previsto, le nuove e cruciali sfide chiamano in causa il ruolo delle istituzioni europee, al tempo stesso si ripropongono l’esigenza di una «giurisdizione forte e di una legalità costituzionalmente orientata, che sono da sempre l’orizzonte di Magistratura democratica», e la necessità di individuare «nuovi percorsi di intervento giurisprudenziale improntati all’affermazione dei valori costituzionali di effettività e di eguaglianza sostanziale»[7].
La grande sfida democratica, che ancora una volta chiama in causa la giurisdizione come luogo di «costante tensione, visibilità e possibile affermazione dei valori»[8],oggi ci impegna come giudici europei, consapevoli del percorso irreversibile sin qui compiuto, seguendo la prospettiva dell’integrazione, e del ruolo centrale assunto dalla giurisdizione nella costruzione dell’ordinamento giuridico dell’Unione, fondato sulla centralità della persona e dei suoi bisogni, e sui valori indivisibili e universali di dignità umana, libertà, uguaglianza e solidarietà.
2. Medel e Magistratura democratica: una storia parallela
2.1. È per dare forza a questa prospettiva che è nata Medel, alla cui fondazione Magistratura democratica ha contribuito, mantenendovi poi sempre una presenza attiva[9].
Nelle testimonianze dei protagonisti di quella stagione che portò alla sua fondazione si avverte la consapevolezza che stava nascendo qualcosa di veramente nuovo[10].
Medel si rivelò sin dal principio molto più di una semplice rete di stabile collegamento fra diverse associazioni nazionali: nasceva una comunità di persone unite da valori comuni, aspirazioni condivise e solidi legami di amicizia, mai indeboliti dalle distanze e dal tempo.
In questa comunità Magistratura democratica ha espresso il suo impegno per l’Europa dei diritti e attraverso Medel è cresciuta la nostra consapevolezza che, solo agendo per il rafforzamento nella logica dell’Unione, i giudici potranno continuare ad assolvere al loro compito di garanti e di promotori dei diritti.
Chi ha vissuto e vive questa esperienza può testimoniare quanto questa consapevolezza sia oggi diffusa anche fra le magistrature delle democrazie più giovani, e quanto forte sia la spinta ideale che nasce dal sentirsi tutti giudici europei, accomunati nella difesa dei valori dell’Unione oggi minacciati dalla deriva populista e sovranista.
L’Europa dei diritti e della solidarietà: è oggi la prospettiva per Medel da difendere e da consolidare; era l’idea da realizzare per il progetto visionario alla base della sua costituzione[11].
Era il 15 giugno 1985 quando a Strasburgo, nel Palazzo del Parlamento europeo, un gruppo di magistrati di diversi Paesi – giudici e pubblici ministeri – appartenenti alle poche associazioni progressiste dell’epoca, dava vita a Medel[12].
Nell’Europa delle Comunità con limitate competenze economiche e dei blocchi contrapposti divisi dal muro di Berlino, quei magistrati seppero guardare molto lontano: verso l’ambizioso obiettivo di un’unione politica europea edella sua integrazione sociale e giuridica, da promuovere anche attraverso il confronto e il dialogo fra le magistrature di diversi Paesi[13].
Un processo di integrazione che, nell’originario progetto politico-culturale, doveva necessariamente riguardare i sistemi giudiziari come presupposto della realizzazione di uno spazio comune di tutela dei diritti dell’uomo, di sviluppo della democrazia e di condizioni di equità sociale.
Lo Statuto di Medel disegnava i tratti della nuova identità del giudice europeo, impegnato nella difesa di tutti i valori dello Stato democratico di diritto[14] e dei diritti fondamentali, soprattutto delle minoranze e dei migranti, nella prospettiva dell’emancipazione dei più deboli[15].
Medel nasceva con la prospettiva di far crescere una cultura giuridica democratica europea, base dell’impegno comune “per la democrazia e per le libertà” e, dunque, per una Giustizia attrice del processo democratico, garante dei diritti individuali e di quelli sociali [16].
Si ponevano le basi per una nuova visione del ruolo e della funzione del giudice, e per la costruzione di una magistratura europea, indipendente e democratica, capace di aprirsi alle istanze della società, partecipe delle sue dinamiche innovative e positive, responsabile di fronte alla collettività e all’opinione pubblica del suo operato[17].
«Lo statuto dei magistrati è rivelatore della concezione che si fanno gli Stati del ruolo e della funzione dei giudici nella società, così come quello della giustizia nell’apparato di Stato; una concezione democratica di questo statuto impone una magistratura libera da ogni influenza del potere esecutivo e da interessi particolari, una magistratura che rifletta il pluralismo del corpo sociale e permetta l’esercizio di un controllo dei cittadini sul funzionamento della giustizia»[18]: la costruzione di un effettivo spazio comune di giustizia, dove a tutte le magistrature fosse riconosciuto un ruolo effettivo di garanzia dei diritti individuali e sociali, e di controllo di legalità, richiedeva standard di indipendenza comuni (sia a livello di reclutamento che delle condizioni di esercizio della professione[19]) e un processo di democratizzazione della magistratura, per garantire il pluralismo e il rifiuto di una strutturazione gerarchica, fattore di rischio per l’effettiva indipendenza della funzione giudiziaria, e di induzione al formalismo e alla passività culturale nell’attività di interpretazione della legge.
Si proponeva una nuova idea di legittimazione democratica (e non solo istituzionale) della magistratura e dell’indipendenza, valore da promuovere e da difendere non solo come garanzia dalle interferenze esterne[20], ma in quanto portatore di “potenzialità democratiche”: fattore di responsabilizzazione del magistrato, in grado di prendere posizione di fronte alle differenti logiche che si confrontano nella società, nella cultura e nella legislazione; presupposto di un’emancipazione culturale che deve renderlo sempre più all’altezza di valorizzare tutta la complessità degli elementi che compongono la “legalità”, compresi quelli che esprimono i punti di vista e i bisogni dei più deboli, spesso sacrificati nelle prassi giudiziarie[21].
2.2. Dall’incontro che sanciva la sua nascita, Medel ha compiuto un lunghissimo percorso.
Le vicende e i cambiamenti che rappresentano le tappe più significative della sua storia, dell’evoluzione dell’associazione e della sua struttura, gli eventi che hanno segnato la sua presenza nel dibattito pubblico e istituzionale, in quello interno alla magistratura, nei contesti nazionali, europeo e internazionale, danno conto delle specificità e dell’unicità di questo esperimento di associazionismo giudiziario sovranazionale e del ruolo che ha avuto nella crescita della nuova identità di giudice europeo.
Fedele ai suoi valori e alle sue aspirazioni originarie, Medel ha svolto una costante attività di sorveglianza democratica e di denuncia presso le istituzioni europee e presso l’opinione pubblica delle situazioni di crisi dello Stato di diritto registrate nei singoli contesti nazionali, spesso rappresentate da interventi sui sistemi giudiziari (dalle riforme strutturali incompatibili con l’assetto di indipendenza della magistratura a tutte le altre forme di interferenza e di limitazioni alla libertà d’espressione e d’azione dei magistrati e delle associazioni)[22].
Nella prospettiva di sostenere un’effettiva integrazione europea e di rafforzare dovunque le istituzioni democratiche, Medel è stata protagonista di quella che è stata definita un’azione di interferenza positiva verso gli Stati interessati a far parte dell’Unione europea, e in altre aree, per il raggiungimento di standard adeguati di indipendenza ed efficienza dei sistemi giudiziari e, dunque, di effettività della tutela dei diritti e delle libertà.
Medel ha arricchito il suo percorso con l’apporto delle nuove associazioni via via nate nelle nuove democrazie[22] e ha promosso e difeso l’associazionismo giudiziario, in quanto strumento per l’affermazione dei principi dello Stato di diritto, luogo di un impegno comune sui valori della giurisdizione e della democrazia, strumento di crescita culturale e di democratizzazione della magistratura[23].
Medel è stata protagonista attiva del processo culturale e politico di integrazione europea: si è impegnata per far conoscere, sin dalla sua proclamazione, la Carta di Nizza e le prime decisioni delle corti che davano attuazione ai suoi principi; ha sviluppato attivamente il suo rapporto di partenariato con le istituzioni europee[24], che si è intensificato in questi ultimi anni con l’aggravarsi delle situazioni di criticità per lo Stato di diritto nei Paesi membri, attraverso prese di posizione, documenti e report sui sistemi giudiziari; ha promosso l’elaborazione di principi per uno statuto europeo di indipendenza della magistratura con documenti sui giudici, sui pubblici ministeri e sui consigli di giustizia[25].
Con la richiesta di standard minimi di indipendenza dei sistemi giudiziari, comuni a tutti gli Stati membri e richiesti a quelli in fase di adesione, Medel ha contribuito in maniera decisiva all’affermazione di una visione europea dello Stato di diritto, non più espressione della sovranità statale, protetta dalla insindacabilità delle scelte relative all’assetto costituzionale e all’equilibrio fra i poteri negli Stati membri, ma garanzia dell’insieme dei diritti discendenti dal diritto dell’Unione e dei valori comuni agli Stati membri. Una visione che è alla base del nuovo meccanismo di tutela dello Stato di diritto (presentato nel 2014) attivato per la prima volta dalla Commissione europea contro la Polonia, e delle recenti pronunce della Corte di giustizia, che hanno ribadito il valore di elemento strutturale che l’indipendenza dei sistemi giudiziari riveste per l’ordinamento europeo[26].
Medel è stata una voce sempre presente nel dibattito in ambito europeo, con conferenze tematiche e interventi sui temi cruciali – dal terrorismo internazionale alle politiche securitarie, e a quelle europee di austerità – che interpellano la democrazia e il ruolo della giurisdizione nella difesa dei diritti e delle libertà; si è attivamente impegnata sul tema dei crimini di guerra e contro l’umanità, a servizio dei principi e dei valori della Cedu, sviluppando capacità di critica e di “resistenza” a sostegno del rafforzamento ovunque della democrazia.
Consapevole che si tratta di uno dei terreni sui quali la democrazia europea sta giocando la partita decisiva per il suo futuro, Medel è da tempo presente nel dibattito sul tema dell’immigrazione per reclamare politiche europee e nazionali conformi agli obblighi internazionali e al rispetto dei diritti umani e per richiamare l’Unione europea e gli Stati membri ai doveri imposti dalla Carta dei diritti fondamentali. E ha fatto sentire, in tempi più recenti, la sua voce contro la politica degli accordi con la Libia, l’attacco alle ong che svolgono attività di soccorso in mare, le scelte di più dirompente rottura con i valori costituzionali compiute dal Governo italiano in attuazione della cd. “politica dei porti chiusi”[27].
3. Un osservatorio privilegiato per comprendere e agire. Le sfide di Medel nell’Europa dei populismi
Promuovere e difendere lo Stato di diritto non è mai stato un compito facile, e questa consapevolezza fa parte della storia di Medel: più che un insieme di condizioni esistenti, lo Stato di diritto esprime un “processo” nel quale valori ed equilibri che sembrano acquisiti sono soggetti a minacce che si ripresentano in forme mutevoli, spesso insidiose e impercettibili.
Chi da tempo analizza i meccanismi delfenomeno globale di arretramento della democrazia ha evidenziato che il grande rischio, in questo momento storico, per le democrazie è una morte più o meno lenta e, il più delle volte, silente: è un processo di erosione e di svuotamento dall’interno, che progredisce in assenza di gesti clamorosi di sovvertimento dell’assetto esistente, e per vie pericolosamente ingannevoli perché “legali”, che spesso lasciano intatte le costituzioni e le istituzioni democratiche, sono avallate dai parlamenti e accettate dai tribunali[28].
L’attenzione rivolta al ruolo della giurisdizione, quale componente chiave dello Stato di diritto democratico e attore del processo di integrazione costruito sulla promozione dei diritti e dei valori posti a fondamento dell’Unione, ha consentito a Medel di svolgere in questi anni un’attività di costante monitoraggio dei pericoli provenienti da direzioni diverse e di scorgere in anticipo, nei contesti nazionali, i mutamenti che preannunciavano l’avvio di pericolose involuzioni poi giunte a compimento[29].
Raggiunti dai messaggi dei colleghi di Yarsav, molti arrestati sulla base di liste che erano state già preparate da tempo (come dimostra l’inserimento dei nominativi di magistrati nel frattempo deceduti o trasferiti ad altre sedi), e dei loro familiari, siamo stati diretti testimoni dei tragici momenti vissuti durante il tentato colpo di Stato del luglio 2016 in Turchia e di tutti gli eventi che hanno impresso una rapida accelerazione verso la deriva autoritaria: l’introduzione dello stato di emergenza; la deroga generalizzata e permanente alle garanzie per i diritti e le libertà fondamentali delle persone; gli arresti di massa di giornalisti, avvocati, magistrati, professori e funzionari pubblici; le destituzioni e le confische dei beni personali; i processi sommari conclusi con condanne durissime[30].
Una deriva che non ci ha colti di sorpresa.
Medel è stata l’attento osservatore dei cambiamenti in atto da tempo nel Paese.
Murat Arslan, presidente di Yarsav (arrestato il 19 ottobre 2016 e condannato lo scorso anno a dieci anni di reclusione[31]) era una presenza molto attiva in Medel che, attraverso il raccordo con Yarsav, ha seguito e denunciato negli anni tutte le tappe della grave involuzione del quadro democratico[32]: la legislazione penale autoritaria (soprattutto per i reati di opinione) e la lunga carcerazione preventiva; la destituzione e gli arresti, sin dal 2013, di giudici e pubblici ministeri; le riforme che hanno segnato un’inversione di tendenza rispetto a quella costituzionale del 2010, riportando il Consiglio giudiziario sotto l’influenza dell’esecutivo[33].
A partire dal 2015, Medel ha monitorato il processo di sistematica demolizione dello Stato di diritto in Polonia, e il progressivo smantellamento delle garanzie di indipendenza della magistratura prodotto da riforme che, nel giro di tre anni, hanno portato all’assoggettamento dell’intero sistema giudiziario e del suo Consiglio di giustizia al controllo dell’esecutivo.
La mobilitazione di Medel, in sinergia con le associazioni polacche aderenti (Iustitia e Lex super omnia), è stata costante ed è stata segnata da continue prese di posizione per denunciare quel che accadeva nel Paese all’opinione pubblica e alle istituzioni europee. Medel ha espresso il suo sostegno alle iniziative della Commissione europea e seguito con attenzione gli interventi della Corte di giustizia; ha promosso una mobilitazione culturale coinvolgendo l’accademia, esponenti della politica, delle istituzioni europee e della società civile nelle conferenze dedicate alla crisi dello Stato di diritto[34]; ha sostenuto i magistrati sottoposti a procedimenti disciplinari per il loro impegno a difesa dell’indipendenza della magistratura e dei valori della democrazia.
Medel continua ad essere l’osservatorio privilegiato dal quale si può ricostruire la trama coerente che tiene insieme tutti i cambiamenti prodotti dall’avanzata del populismo e riconoscere le situazioni di crisi dello Stato di diritto nelle mutevoli forme nelle quali si ripresentano. I rischi di contagio in tutta Europa sono evidenti, e ricorrenti situazioni di minaccia all’indipendenza dei sistemi giudiziari si registrano in un’area sempre più estesa (numerosi sono stati, anche di recente, gli interventi di Medel per denunciare gli attacchi alla magistratura e allo Stato di diritto in Bulgaria, in Romania e in Serbia).
Ciò che è accaduto in Polonia e in Turchia è una chiara dimostrazione che i nostri valori comuni possono essere cancellati e sovvertiti in qualsiasi momento e che questi sviluppi nazionali non sono il risultato di tensioni occasionali e locali, ma piuttosto semi di un indebolimento generale dell’ideale dell’Europa come spazio di democrazia, solidarietà e protezione dei diritti fondamentali di tutti e della sua capacità di difendere questi valori oltre i suoi confini.
Neppure lo sguardo lungo e preveggente dei padri fondatori di Medel avrebbe potuto immaginare un’epoca così buia per la nostra Europa e la difficile stagione che si è aperta per la nostra democrazia, contagiata dai veleni del populismo e dalle sue politiche xenofobe, minacciata dagli attacchi ai valori della nostra Costituzione e dell’Unione europea, che ha contribuito a fondare.
Ma l’impegno per un’Europa dei diritti, della solidarietà e dello Stato di diritto resta la stella polare da seguire, sulle tracce di chi ha dato avvio al percorso di Medel e, attraversando frontiere, ha contribuito alla costruzione di uno spazio giuridico europeo «né burocratico né poliziesco: uno spazio giudiziario europeo di amicizia»[35].
[1] L’orgoglio di stare in Magistratura democratica, in questa Rivista, edizione cartacea, Franco Angeli, Milano, n. 5/2011, pp. 819 ss., intervento svolto da Carlo Verardi al XIII Congresso di Magistratura democratica, Venezia, 23-26 novembre 2000.
[2] Cfr. l’intervento richiamato nella nota 1.
[3] Ibid.
[4] Quale giustizia? I nuovi percorsi dei giudici progressisti, forum con C. Castelli, L. Ferrajoli, G. Palombarini, N. Rossi, C. Verardi, G. Viglietta, in questa Rivista, edizione cartacea, Franco Angeli, Milano, n. 5/2000, pp. 891 ss.
[5] Come ricordava Denis Salas nel suo intervento al XXII Congresso di Magistratura democratica (Roma, 28 febbraio-3 marzo 2019), il bisogno di nemici è una caratteristica degli attuali regimi populisti e la paura ne rappresenta un elemento costitutivo:è proprio la paura che sostiene partiti xenofobi, eurofobi, islamofobi, accompagnata dal risentimento per l’identità “minacciata” e, di volta in volta, da una volontà manifesta di reprimere e stigmatizzare una categoria di “indesiderabili”, di “pericolosi”, di “parassiti” (www.magistraturademocratica.it/congresso/2019/intervento-denis-salas).
[6] Cfr. l’intervento richiamato nella nota 1.
[7] Ibid.
[8] Ibid.
[9] Magistratura democratica ha espresso anche tre presidenti di Medel: Vito Monetti, Ignazio Juan Patrone e Gualtiero Michelini; Edmondo Bruti Liberati è stato a lungo componente del bureau (organo eletto dal Consiglio d’amministrazione, di cui fanno parte tutti i rappresentanti delle associazioni aderenti).
[10] Il 23 maggio 2015, per celebrare il suo trentesimo anniversario, Medel ha organizzato una conferenza ed è stato presentato il documentario Les forces imaginantes du droit, che raccoglie le testimonianze, fra gli altri, di Simone Gaboriau, Salvatore Senese, Christoph Strecker, Edmondo Bruti Liberati, Vito Monetti, Antonio Cluny, Ignazio Juan Patrone (www.magistraturademocratica.it/articolo/l-anniversario-medel-compie-30-anni_30-05-2015.php).
[11] Sulla storia di Medel, dalla fondazione sino al 1999, cfr. C. Wettinck, Magistrats Européens pour la Démocratie et les Libertés: dall’idea alla realizzazione, in questa Rivista, edizione cartacea, Franco Angeli, Milano, n. 6/2000, pp. 1143 ss.
[12] Magistratura democratica era rappresentata in quella riunione da Pierluigi Zanchetta, Giovanni Palombarini e Domenico Gallo. All’assemblea generale di Parigi del 29 novembre 1987 venne eletto il primo Consiglio di amministrazione nelle persone di Simonis – Wettinck (Belgio); Belloch – Mena (Spagna); Froment – Guichard (Francia); Stavropoulos – Rammos (Grecia); Senese – Zanchetta (Italia); Van der Schans – Reiling (Paesi Bassi); Pinto Dos santos – Torres (Portogallo); Stotzel – Strecker (Repubblica Federale Tedesca). Il Movimento per la Giustizia ha aderito a Medel nel 2003.
Nel suo intervento «MEDEL, yesterday, today and tomorrow», tenuto il 20 maggio 2005 a Roma, in occasione della celebrazione del 20° anniversario di Medel presso la Sala conferenze del Csm, Christoph Strecker ricordava il contesto storico e politico nel quale era maturato il progetto di questa associazione: l’Europa aveva ereditato dalla caduta dei regimi autoritari una magistratura che aveva fallito nel suo compito, legittimando la “tirannia” anziché difendere lo Stato di diritto; nel dopoguerra, molti giudici erano rimasti in servizio e le loro associazioni non avevano interesse a discutere del “passato”; erano piuttosto interessate prevalentemente alle condizioni di lavoro e alla difesa dei privilegi; solo quelle dei magistrati più giovani si confrontavano sulla “storia” e la conclusione di questo confronto fu che la difesa della democrazia richiede sistemi giudiziari democratici. Le nuove associazioni progressiste scelsero di enfatizzare anche nella scelta del nome questo “approccio democratico”: in Francia, in Belgio e in Portogallo presero il nome di «Syndicat» o «Sindicato»; in Germania, i magistrati progressisti confluirono nei sindacati della pubblica amministrazione dello stesso orientamento; in Spagna nacquero la Unión progresista de Fiscales e l’associazione dei giudici Jueces para la Democracia; in Italia fu fondata Magistratura democratica. Queste associazioni stabilirono i primi contatti verso la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta; nel 1983, in Francia, il Syndicat de la magistrature organizzò con l’Università di Lille un congresso, «Judiciary and Democracy in Europe», i cui atti vennero poi pubblicati nel volume, curato da J.-P. Royer, Être juge demain, Presses Universitaires de Lille, Lille, 1983. Questo seminario, che per la prima volta riuniva magistrati (fra questi, Salvatore Senese), accademici e personalità di vari Paesi europei, fu il preludio alla creazione di Medel.
[13] L’art. 2 dello Statuto, sugli obiettivi dell’associazione, prevede, al punto 1), «l’instaurazione di un dibattito fra magistrati di diversi Paesi al fine di sostenere e promuovere l’integrazione comunitaria europea e la creazione di una unione politica europea».
[14] Punto 4) dello Statuto: «il rispetto in ogni circostanza dei valori giuridici propri dello Stato di diritto democratico».
[15] Punto 8) dello Statuto: «la proclamazione della difesa dei diritti delle minoranze e degli emarginati, in particolare dei diritti degli immigrati e dei meno abbienti, in una prospettiva di emancipazione sociale dei più deboli».
[16] Medel costituì il gruppo di lavoro Medel-social, composto da magistrati europei specializzati in diritto del lavoro e legislazione sociale, per portare avanti una riflessione progressista in tale ambito. Una delle iniziative più significative fu il seminario di Barcellona del 2007, dedicato al “Libro verde” che la Commissione europea aveva presentato nel novembre 2006 per aprire un dibattito pubblico sull’evoluzione del diritto del lavoro; il seminario si concludeva con l’adozione della dichiarazione di Barcellona, che ribadiva il ruolo del diritto del lavoro di garante della coesione sociale, in quanto risultato delle lotte per l’eguaglianza dei cittadini ed espressione del diritto alla cittadinanza sociale;Medel riaffermava la necessità di mantenere il modello sociale europeo come elemento fondamentale dell’identità dell’Europa, per lottare contro le diseguaglianze.
[17] Punto 6 dello Statuto: «la realizzazione di una giustizia intesa come servizio pubblico rispondente al principio di trasparenza e che permetta la partecipazione e il controllo dei cittadini».
[18] Così Simone Gaboriau, presidente del Syndicat de la magistrature, nella presentazione di uno degli incontri preparatori alla costituzione di Medel, tenutosi a Bordeaux il 15 e 16 ottobre 1983.
[19] Punto 3 dello Statuto: «la democratizzazione della magistratura sia a livello di reclutamento che delle condizioni di esercizio della professione, con particolare riferimento alla gerarchia».
[20] Punto 2 dello Statuto: «la difesa dell’indipendenza del potere giudiziario sia nei confronti del potere esecutivo che di interessi particolari».
[21] Intervento di Salvatore Senese, «La légitimité des juges», al congresso dell’Università di Lille «Judiciary and Democracy in Europe», cit. supra (nota 12), pubblicato in J.-P. Royer (a cura di), Être juge demain, op. cit., pp. 19 ss.
[22] Medel comprende oggi 24 associazioni di giudici e di pubblici ministeri di 16 Paesi europei.
Una testimonianza del dibattito in corso in Medel negli anni successivi alla caduta del muro di Berlino sull’ingresso di nuove associazioni si può leggere nell’intervento di Vito Monetti, Une petite chronique et quelques notes de réflexion sur la vie et les activités de Medel, in Syndicat de la magistrature (Aa. Vv.), Les mauvais jours finiront, La fabrique éditions, 2010. Posta di fronte alla necessità di ritrovare il suo “centro di gravità ideologica”, Medel si confrontò all’epoca con due posizioni emerse all’interno del Consiglio di amministrazione rispetto alle associazioni dei Paesi dell’ex blocco sovietico e dei sistemi dove non era garantita l’indipendenza del sistema giudiziario: l’una favorevole all’allargamento e alla presenza in tutti i Paesi; l’altra più attenta alle esigenze di conservazione della propria identità. Finì per prevalere la prima posizione, e Medel partecipò in Romania al lavoro di un gruppo di magistrati che avevano creato una nuova associazione.
In Serbia, nel 1997, era nata l’associazione dei giudici – JAS – contrastata dal governo, che negava libertà di associazione ai magistrati e quando, nel 2000, cambiò ilgoverno, l’associazione riprese a operare e ad avere contatti con Medel, di cui oggi è membro attivo.
In Turchia, Medel ha sostenuto, sin dalla sua fondazione (nel 2008), Yarsav, la prima associazione di magistrati che venne sciolta subito dopo. I magistrati che avevano presentato un ricorso al Consiglio di Stato presero contatto con Medel, che intervenne con una lettera indirizzata a tutte le autorità del Paese (fra queste, il Presidente della Repubblica), esprimendo la propria preoccupazione per la libertà di associazione dei magistrati. Il ricorso fu accolto e Medel ottenne una risposta dall’ambasciatore di Turchia a Roma, che dava rassicurazioni sul rispetto dei principio dello Stato di diritto. Il Primo ministro dell’epoca era Recep Tayyip Erdoğan.
In Christian Wettinck, Magistrats Européens, op. cit., si può leggere il racconto delle prime esperienze extraeuropee di Medel (in Cile, Colombia, Bolivia, Nicaragua).
[23] Fra gli ultimi interventi, si segnala la presa di posizione di Medel in data 11 giugno 2019 sulle dichiarazioni del ministro Salvini contro i giudici della protezione internazionale (accessibile online: https://medelnet.eu/index.php/news/60-featured-news/538-blacklisting-of-judges-is-a-breach-of-the-rule-of-law).
[24] Medel ha lo statuto di osservatore all’interno dell’Unione europea e del Consiglio d’Europa; partecipa ai lavori della Cepej, del Ccje e del Ccpe.
[25] Una delle prime e più significative testimonianze di questo impegno è la Dichiarazione di Palermo del 16 gennaio 1993, «Elementi di uno statuto europeo della magistratura», alla base della Carta europea sullo statuto dei giudici (adottata il 10 luglio 1998). Tale documento, elaborato nell’ambito del Consiglio d’Europa con il contributo di Medel, che aveva intanto acquisito lo statuto di organizzazione non governativa consultiva nel Consiglio, ebbe larga diffusione grazie a Medel fra le associazioni dei magistrati dei Paesi da poco aderenti al Consiglio d’Europa. Il documento non fu recepito in una raccomandazione, ma fu alla base dell’elaborazione della raccomandazione del Comitato dei ministri (2010)12 «sui giudici: indipendenza, efficacia e responsabilità». Rispetto alla precedente raccomandazione (94)12, il documento proponeva una visione dell’indipendenza meno “conservatrice” e formale, correlandola anche alla giurisprudenza della Corte europea per i diritti dell’uomo sull’equo processo di cui all’art. 6 Cedu.
Altro documento “storico” è rappresentato dalla «Dichiarazione di principi concernenti il pubblico ministero», adottata a Napoli il 1° marzo 1996: ancora una volta precorrendo i tempi, Medel gettava le basi per l’elaborazione, a livello europeo, di principi sullo statuto di indipendenza del pm quale necessario corollario dell’indipendenza dei sistemi giudiziari. Prendendo a modello l’assetto della magistratura requirente in Italia, la dichiarazione ribadiva la necessità di un pm soggetto solo alla legge e ai criteri di legalità e imparzialità, e di assicurare – nella varietà di possibili modelli ordinamentali – un parallelismo con lo statuto, i diritti e le garanzie del giudice.
Al ruolo dei Consigli di giustizia fu dedicato il convegno di Torino del settembre 1985, organizzato da Magistratura democratica, su «Governo e autogoverno della magistratura nell’Europa occidentale» – atti pubblicati, a cura di P. Zanchetta, in Quaderni di Questione giustizia, Franco Angeli, Milano, 1987.
[26] Cfr., in particolare, la sentenza della Cgue [GS] del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses c. Tribunal de Contas (C-64/16); la sentenza della Ggue [GS] del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality c. LM (C-216/18 PPU), su rinvio della High Court irlandese, nel corso di una procedura di esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria polacca nei confronti di un cittadino polacco per reati comuni; l’ordinanza della vicepresidente della Corte nella causa C-619/18 R, Commissione c. Polonia, adottata l’ 19 ottobre 2018.
[27] Medel, «Statement on the rescue ship Aquarius», 15 giugno 2018 (www.medelnet.eu/index.php/news/60-featured-news/454-medel-statement-on-the-rescue-ship-aquarius); «Statement on the Italian security decree of June 2019», 14 agosto 2019 (https://medelnet.eu/index.php/news/europe/540-medel-statement-on-the-italian-security-decree-of-june-2019).
[28] S. Levitsky e D. Ziblatt, Come muoiono le democrazie, Laterza, Roma-Bari, 2018.
[29] Il 23 maggio di ogni anno, Medel celebra, come tributo alla memoria di Giovanni Falcone, l’«Alert Day on Justice in Europe», con iniziative finalizzate a richiamare l’attenzione sulla giustizia in Europa. Nel 2015 e nel 2017, con il contributo delle valutazioni fornite dalle associazioni associate, Medel ha pubblicato un Rapporto che analizza i sistemi giudiziari in relazione alla tutela effettiva dei diritti fondamentali e all’indipendenza della magistratura (https://medelnet.eu/images/rapports%20sur%20la%20justice%20DEF%203.pdf;
[30] Dopo le prime traduzioni curate da Vito Monetti, con la collaborazione delle associazioni aderenti, il 24 maggio 2019 Medel ha pubblicato un e-book con una selezione dei messaggi tradotti in dodici lingue. «Les lettres»– rese anonime – sono state pubblicate senza commenti, come testimonianza unica e toccante di quei tragici giorni vissuti dalla Turchia (cfr. Bureau di Medel, Lettere dai magistrati turchi, in questa Rivista online, 23 maggio 2019, www.questionegiustizia.it/articolo/lettere-dai-magistrati-turchi_23-05-2019.php).
[31] https://medelnet.eu/index.php/news/europe/485-medel-statement-turkey-heavy-and-unjustified-conviction-of-murat-arslan-vaclav-havel-human-rights-prize-winner.
[32] Un’importante testimonianza di questi eventi si può leggere in M. Arslan e M. Tank,Turchia, il segnale d’allarme della sentenza della Corte costituzionale sul Csm e alcune problematiche relative allo Stato di diritto,in questa Rivista online, 4 giugno 2014, www.questionegiustizia.it/articolo/turchia-il-segnale-d-allarme-della-sentenza-della-_04-06-2014.php.
[33] Medel ha promosso, con altre tre associazioni europee di magistrati –l’Associazione dei giudici europei amministrativi (AEAJ), l’Associazione europea dei giudici (EAJ), e la Fondazione Judges for Judges – la costituzione della «Platform for an Independent Judiciary in Turkey» allo scopo di portare avanti iniziative congiunte sulla situazione in Turchia. Con il supporto delle associazioni della Platform e insieme all’UIM («Union internationale des magistrats»), Medel ha promosso la candidatura di Murat Arslan per il «Premio “Václav Havel” per i Diritti Umani» 2017, che gli è stato assegnato dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa nella sessione del 9 ottobre 2017.
[34] Tre conferenze sul tema si sono svolte a Cracovia nel dicembre 2017, a Berlino nel maggio del 2018, e a Varsavia nel marzo 2019.
[35] C. Wettinck, Magistrats Européens, op. cit., p. 1157.